Un robot motociclista ci salverà

Un robot motociclista ci salverà

Abbiamo intervistato un ingegnere che si occupa di testare il comportamento delle auto a guida automatizzata con i motociclisti, scoprendo le difficoltà che incontra nella costruzione dei robot da crash-test

29.01.2024 ( Aggiornata il 29.01.2024 10:01 )

Alp.Lab è un istituto di ricerca austriaco nato nel 2017 per sviluppare metodologie, servizi e strumenti per testare veicoli automatizzati. È parzialmente finanziato dal Governo austriaco, e fra gli azionisti figurano aziende di primaria importanza nel settore dell’automazione dei veicoli. Gerhard Greiner di Alp.Lab è Managing Director, e in virtù dell’amicizia che abbiamo con lui, gli abbiamo strappato questa interessante chiacchierata sul suo riservatissimo lavoro.


Gerhard Greiner, ingegnere, si occupa di testare i sistemi ADAS delle auto. Anche per conto di EuroNCap

Il polo tecnologico Alp.Lab

Dunque Ing. Greiner, di cosa si occupa Alp.Lab?

Abbiamo tre aree di lavoro. La prima è relativa agli ADAS, i sistemi elettronici di ausilio alla guida, che negli ultimi anni hanno fatto molti progressi, tanto che gli incidenti si sono ridotti, sebbene il traffico sia aumentato. Poi ci sono i test EuroNCap, per i quali da quest’anno siamo laboratorio accreditato. Con EuroNCap siamo molto coinvolti nella parte che riguarda la sicurezza attiva, vale a dire i sistemi per prevenire gli incidenti. Facciamo dunque un ‘monitoraggio intelligente’ del traffico, con largo uso di sensori applicati alle infrastrutture, per individuare oggetti in movimento. Con questa tecnologia possiamo registrare gli “almost accidents”, gli incidenti mancati, quelli evitati grazie alle azioni dei guidatori. Dall’altra parte, lavorando per EuroNCap acquisiamo anche i dati di studio sugli ADAS, visto che ogni scenario nel database EuroNCap è basato sugli incidenti. Combinando i due tipi di dati ci troviamo a disporre di un set di dati veramente molto importante per fare studi sulla sicurezza. Il terzo filone sul quale lavoriamo è nuovo ed è un autobus elettrico sul quale stiamo implementando funzioni automatizzate di guida. Il nostro obiettivo non è sviluppare direttamente un autobus a guida autonoma; piuttosto lo offriremo ad altre compagnie di ricerca che abbiano finalità di sviluppo o di test sulla guida automatizzata per autobus”.

Con EuroNCap state lavorando sugli incidenti con gli utenti vulnerabili, giusto?

Gli scenari di EuroNCap sono in costante sviluppo, e ci sono molti nuovi protocolli per testare l’efficienza degli Adas nella protezione degli utenti vulnerabili. Nelle prove che facciamo il target può essere un pedone, un ciclista o una moto, ed è montato su una piattaforma robotizzata pilotata con un GPS. Il veicolo oggetto di test è guidato da un robot che gestisce sia il volante che i pedali. In questo modo la prova si può ripetere più volte, con risultati comparabili. E il veicolo sotto test genera moltissimi dati, a partire dalla sua reazione al target, se lo colpisce o meno… Di prove di questo tipo se ne fanno tantissime. Basti pensare che per svolgere tutto un test di EuroNCap si effettuano oltre 300 test singoli, con differenti velocità, scenari e target”.

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Un robot specifico per i test auto VS moto

Chi produce i robot che usate?

Ci sono 3 principali produttori. Uno è AB Dynamics, società con sede nel Regno Unito, poi ce ne sono due in Austria, 4activeSystems e Humanetics. Abbiamo molto know-how qui in Austria, e sviluppare un robot non è affatto semplice”.

Qual è il problema?

I target visti dai sensori debbono essere simili al vero obiettivo. Non è solo un fatto di somiglianza e di dimensioni, debbono essere comparabili con i target reali anche per i sensori radar. Quindi, ad esempio per le moto, sono stati sviluppati dei meccanismi rotanti per le ruote, cosicché il radar possa identificare il target con la medesima 'firma' del vero target, la moto, che ha le ruote in rotazione. E vanno ricreati anche gli effetti fisici del passaggio di una moto, a cominciare dall’effetto Doppler. Per questo EuroNCap ha sviluppato una proceduta di approvazione dei robot. Si prendono i sensori di diversi produttori, li si mette in fila e quindi ci si fa passare davanti dapprima una moto vera, quindi i robot. Ogni sensore deve riconoscere come motociclo il robot target”.

Qualcosa di veramente complesso.

Anche la piattaforma che trasporta il target è sofisticata. È dotata di elettronica e di capacità di muoversi. Il problema si pone se il veicolo testato non reagisce al target, perché può passare sopra la piattaforma. E se si tratta di un camion possono passarci sopra 40 tonnellate. Quindi la piattaforma deve essere robustissima. Ma non deve riflettere il segnale radar, perché si corre il rischio che il veicolo reagisca alla piattaforma piuttosto che al target”.

Quanto costa un robot?

Sui 200mila euro. L’investimento che abbiamo fatto per i target, con differenti piattaforme, è stato di circa 1 milione di euro.

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Le auto vedono noi motociclisti?

Ci interessa molto la correlazione auto-moto, visti anche gli incidenti che hanno caratterizzato in passato le Tesla.

Le auto sono sicure quando danno senso alla fusione delle varie tecnologie. Tesla è focalizzata sull’uso dei sensori video, che non sono sufficienti però a individuare gli oggetti circostanti. Serve assolutamente affiancare a tali sensori quelli radar. E per le auto autonome servono anche quelli Lidar. Tutti i robotaxi che ci sono in California e a San Francisco, sebbene ci siano alcuni problemi, hanno i sensori Lidar. E serve anche la connettività. Per una guida autonoma veramente sicura, il veicolo e gli oggetti, che siano pedoni, moto o altri ostacoli, debbono trovare il modo di comunicare l’uno con l’altro. Gli C-ITS, appunto”.

E i vostri test che risultati stanno dando?

Con le moto siamo all’inizio. Al momento ci siamo dedicati solo agli scenari standard, con un veicolo che svolta a sinistra e un altro veicolo o un pedone che proviene dall’altra parte. Per ora abbiamo la conferma che i veicoli, se viaggiano fino a 40-50 km/h, sono in grado di riconoscere molto bene gli oggetti che si avvicinano loro, anche a velocità elevate”.

Il futuro?

Stiamo preparando nuovi scenari per gli C-ITS, inizieremo nel 2024. Abbiamo anche fatto dei progetti di sensori Lidar in grado di guardare intorno alla curva, comunicando al veicolo che magari dietro la svolta c’è un pedone. Si tratta del progetto Periscope, che abbiamo svolto con i produttori di sensori Lidar e di sistemi per la comunicazione radio fra veicoli. Nei prossimi anni si testeranno scenari più complessi. Per ora si testa un veicolo con un target. Lo scenario più complesso può vedere più veicoli e più persone. Su questo stiamo lavorando. E gli scenari li generiamo da ciò che monitoriamo con i nostri sistemi piazzati sugli incroci stradali. Nella simulazione si possono facilmente cambiare determinati parametri, così si generano scenari sintetici e si possono eseguire molte simulazioni. Poi si scelgono i test limite, quelli che si avvicinano a diventare delle situazioni critiche, e li si riproduce nella realtà”.

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