EICMA 2023, l'edizione della prima (vera) sfida Asia Vs Europa?

EICMA 2023, l'edizione della prima (vera) sfida Asia Vs Europa?

Una ricerca presentata a Milano tratteggia una crescita vorticosa dell’Asia, e che sembra destinata a travolgere il Vecchio continente. Si parla ovviamente anche di industrie moto, ed è un punto di partenza per aprire una discussione su come affrontare le sfide cui stiamo andando incontro

13.11.2023 10:43

Passata l’Eicma, cosa resta? Sicuramente tante nuove moto belle; tante novità, anche fra le case, con nuovi marchi emergenti. E diverse consapevolezze. La più importante delle quali sembra essere che il baricentro del mondo si sta spostando sempre più verso oriente.

Nel nostro piccolo lo vediamo dalle moto presentate, dalle case. I cinesi (e gli indiani) sono sempre più presenti, con modelli che stanno uscendo dal purgatorio delle moto di bassa qualità e stanno diventando sempre più competitivi con gli occidentali e i giapponesi. Poi ci sono gli analisti di mercato, che fanno ricerche che forniscono dati oggettivi sui quali discutere.

Una di queste è stata presentata in Eicma. Il titolo era Global disruption and growing complexity are raising the bar for two-wheeler industry. Che potremmo tradurre come "La'disruption' globale e la crescente complessità stanno alzando l’asticella dell’industria delle due ruote". Dove per "disruption" si intende un fenomeno con cambiamenti repentini, di rottura. La ricerca, presentata da Gianluca Di Loreto, partner di Bain&Company, era incentrata sul rapporto economico e produttivo fra l’Europa, l’Asia e gli altri continenti.

CFMoto MT-X Concept FOTO

CFMoto MT-X Concept FOTO

CFMoto ha svelato la MT-X Concept all'EICMA 2023, una moto avventurosa con design robusto e tecnologia all'avanguardia. Si prevede un motore basato sull'800MT, con ruota anteriore da 21 pollici

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I numeri dell’Asia che spaventano

Si comincia dalla demografia, con una crescita esponenziale dell’Asia, che nel 1990 aveva quattro volte più abitanti del nostro Continente. Nel 2020 ne aveva 6 volte di più; e nel 2040 si prevede che ne avrà 7 volte di più.

Poi c’è il GDP, Gross Domestic Product, quello che noi chiamiamo PIL, e che vediamo l’Asia in crescita e l’Europa in calo. Nel 1990 l’Asia produceva il 28% del GDP mondiale, l’Europa il 34%. Nel 2022 l’Asia è salita al 40%, mentre l’Europa è scesa al 24%. Un andamento che sembra confermato anche per i prossimi anni.

Come si traduce tutto questo? Parliamo di brevetti. Nel settore del 5G il 68% dei brevetti è di aziende asiatiche, ma va anche peggio in quello delle batterie allo stato solido, con l’Asia titolare dell’82% dei brevetti e l’Europa ferma a un misero 5%. Anche la produzione di metalli è in mano agli asiatici: l’acciaio proviene per il 74% da Oriente, l’Alluminio per il 66%, e la fibra di carbonio per il 43%. Tra l’altro, parlando dei singoli stati, due sono i casi citati. Il primo è l’Indonesia che sta investendo tantissimo sul Nickel, del quale ormai è larghissimamente leader mondiale nella produzione. Il nickel è un metallo necessario per la produzione dell’acciaio, ma anche di prodotti come le batterie. Il secondo è il Vietnam, che sta avendo una crescita economica vorticosa e che sta aumentando tantissimo le esportazioni nel campo dell’elettronica.

I paesi asiatici sembrano insomma avere sia le risorse economiche che il know-how, soprattutto se si parla di elettronica. In più hanno un vantaggio competitivo non da poco: un costo del lavoro 4,5 volte più basso di quello europeo.

Alcune schermate della ricerca presentata

Impossibile rompere i legami dell’Europa con l’Oriente

In questa situazione è chiaro che il reshoring – riportare le linee produttive in Europa –, annunciato da molte nostre aziende quando il Covid e la crisi dei container rendevano difficile la logistica delle merci, oggi sia praticamente impossibile da attuare. Lo stanno facendo in parte alcuni gruppi, come Pierer (KTM, Husqvarna e MV), Bosch, Xener, per rimanere nel nostro settore. Per altri però è una strada non percorribile, perché i costi di produzione salirebbero troppo e si perderebbe la competitività sui mercati globali. Meglio rischiare e continuare a produrre in Asia, tenendo questo filo (o cappio?) in tensione.

E gli asiatici che fanno? Altro che produzioni in economia: alcuni di loro stanno venendo a produrre in Europa, diventando vere multinazionali! Lo fanno ad esempio quelli della Byd, che ha messo una linea produttiva dei suoi autobus elettrici in Ungheria e ne sta aprendo una automobilistica in un altro paese UE. E lo ha fatto la Chery, azienda di stato cinese, che sta valutando di impiantare uno stabilimento auto in Turchia. Le stesse due aziende si sono organizzate anche per non correre più il rischio di avere problemi con il trasporto delle materie prime e dei loro veicoli. La Byd ha comprato 8 navi mercantili, la Chery addirittura 2 cantieri navali, così si costruisce direttamente le navi da carico. In Asia al momento c’è il 90% della produzione motociclistica mondiale, e in futuro? Si produrrà ancora in Europa? E chi produrrà nel nostro Continente?

Tutto quanto detto sin qui va in un’unica direzione: i paesi asiatici hanno il controllo delle nuove tecnologie elettroniche e di quelle legate ai veicoli elettrici. E si stanno organizzando per avere un controllo sempre più capillare del settore, a partire dalle materie prime. I numeri sembrerebbero dunque tratteggiare un’ineluttabilità del declino europeo.

La possibile risposta dell’industria

Numerosi i rappresentanti dell’industria moto presenti al convegno. Mariano Roman, della Fantic Motor, ha ribadito il problema dei dazi, con i nostri prodotti che spesso sono gravati da dazi importanti (anche il 60%) sui mercati asiatici, mentre, al contrario, alcuni paesi orientali offrono incentivi alle loro industrie per esportare in Europa. Uno squilibrio competitivo forte.
La risposta migliore che abbiamo sentito però è stata quella di Roberto Vavassori, della Brembo. Il dirigente ha aperto dicendo che la sua azienda fa solamente il 9,7% del suo fatturato in Europa. “Dunque - ha detto Vavassori-, meno male che abbiamo guardato fuori, e anni fa siamo andati in India, stabilendo un rapporto con un’azienda che oggi, a distanza di anni, è il nostro primo cliente”. L’Asia oggi è il primo mercato mondiale e noi dobbiamo andarci, non dobbiamo chiuderci. In fin dei conti l’Italia rappresenta solo il 4% della popolazione mondiale. Bisogna avere il coraggio di andare a fare affari lì. Anche perché l’autarchia storicamente ha sempre portato al fallimento.

Ecco, forse questa è la conclusione migliore. Dobbiamo prendere atto che l’Asia oggi è una potenza con la quale l’industria della moto (e dell’auto) deve fare i conti. Pensate al Gruppo Pierer, che fra India (Bajaj) e Cina (CFMoto) ha partner importanti, anche di capitale nel caso di Bajaj. Fosse quella la chiave per navigare nella disruption di questo XXI° secolo?

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