Pericolo, gli ADAS delle auto non vedono le moto!

Pericolo, gli ADAS delle auto non vedono le moto!

Uno studio ha dimostrato che i sistemi elettronici di assistenza alla guida delle auto, nel 68% dei casi non vedono o vedono troppo tardi una moto ferma sul lato della strada. Abbiamo approfondito l’argomento con il Prof. Sergio Savaresi, del Politecnico di Milano

29.12.2022 11:25

Si parla molto degli ADAS, i sistemi elettronici di assistenza dei guidatori: ormai sono immancabili su tutti i veicoli, e in troppi li vedono come una panacea. Sicuramente aiutano, ma hanno anche delle zone d’ombra, come ha evidenziato uno studio pubblicato il 6 settembre. A realizzare la ricerca ha pensato il CMC (Connected Motorcycle Consortium), un consorzio nel quale collaborano le principali case motociclistiche, i produttori di sistemi elettronici per veicoli e diversi atenei.

Il titolo del lavoro è ‘PTW Conspicuity’, che sta per visibilità dei mezzi motorizzati a due ruote. Leggendolo ci hanno colpito le slides relative ai test che vedevano le auto munite di ADAS avvicinarsi in marcia alle moto.

Pericolo investimento per i motociclisti!

Facendo avvicinare un’auto a una moto ferma, la vettura ha dato un allarme tardivo al conducente nel 44% dei casi. Ma ciò che è peggio è che in un altro 24% dei casi non lo ha minimamente avvisato né ha frenato. Percentuali che sommate danno un errore grave nel 68% dei casi!

Va meglio quando l’auto si avvicina a una moto che viaggia più lentamente. In questo caso i mancati allarmi sarebbero l’8% dei casi. Che però, se il guidatore non è attento e non interviene, probabilmente equivalgono ad altrettanti investimenti.

Sintetizzando le criticità, il CMC indica che le moto vengono viste tardi quando l’auto si avvicina loro (o viceversa), quando non sono al centro della corsia di marcia, ma magari sono sul lato di questa. E a volte non vengono viste quando seguono a distanza un veicolo più grande. Come il caso della moto che segue un camion e la cui figura resta sempre all’interno di quella ben più voluminosa e lontana del mezzo pesante.


Il cruscotto della Ducati Multistrada dotata di Adaptive Cruise Control

Guai a fidarsi troppo dell’elettronica

Per capire qualcosa in più abbiamo contattato il Prof. Sergio Savaresi, docente di controllo automazione dei veicoli al Politecnico di Milano, noto per guidare il gruppo di ricerca che ha recentemente vinto l’Indy Autonomous Challenge. Savaresi è un’autorità nel settore dell’automazione dei veicoli, ma con il suo gruppo ha anche collaborato con molte case motociclistiche. Lui a memoria ci ha citato Aprilia, Piaggio, Ducati, MV Agusta e KTM, ma è importante che per la Ducati abbia seguito proprio lo sviluppo del Blind Spot Radar, il sistema montato sulla Multistrada.

Oggi non esistono piloti automatici – ci dice aprendo la conversazione -. Il livello di automazione comprabile oggi è il cosiddetto 2, con il quale il guidatore deve sempre monitorare, e non è previsto che si possa distrarre”. E continua: “il problema è un uso scorretto, che parte dalla cattiva interpretazione dell’ADAS come pilota automatico, piuttosto che come assistente alla guida, quale realmente è”.

Il salto tecnologico importante lo si farà con il livello 3 di automazione, “con il quale – dice Savaresi - potrò legalmente inserire il pilota automatico e disingaggiarmi dalla guida, magari leggendo il giornale pur rimanendo davanti al volante, perché avrò, ipotizziamo, 10 secondi per reingaggiarmi. Solo a quel punto si potrà veramente discutere se l’autopilota avrà commesso o meno un errore”.

In questo discorso si inserisce anche la tecnologia utilizzata dal produttore dell’auto. Perché l’Advanced Cruise Control può funzionare con tre tipi di sensori: il radar, la telecamera o il Lidar, un raggio laser molto raffinato, e costoso. E allora ci sono auto che hanno il radar e altre, come ad esempio la Tesla, che hanno solo le telecamere. In fin dei conti, anche noi guidatori umani ci affidiamo unicamente alla vista quando guidiamo. Ma forse il nodo è che siamo iperspecializzati in questo, e capaci di cogliere e processare tantissime informazioni dall’ambiente circostante. Un qualcosa difficilmente riportabile nel programma di un computer deputato a riconoscere gli ostacoli sulla strada. Potrebbe funzionare meglio il radar?

Il problema – dice il Prof. Savaresi - è che la traccia radar di una moto un pochino decentrata rispetto al centro della carreggiata è sicuramente più debole di quella di un’automobile. Quindi si tratta di mettere delle soglie. Questi algoritmi vedono l’intensità di segnale e valutano se è sopra soglia o sottosoglia. E non c’è niente da fare, ci sono degli oggetti piccoli che più facilmente finiscono sotto soglia e oggetti grandi che più facilmente vanno sopra soglia. Uno potrebbe dire tu tieni la soglia bassa, così vedi la moto in qualunque posizione. Ma poi si generano fenomeni di falso positivo, e il veicolo fa delle frenate inutili quando non c’è nulla da evitare. Il salto di qualità lo si farà con il livello 3, per il quale siamo tutti concordi che bisognerà adottare un sistema multisensoriale, con radar, telecamere e Lidar”.

Quando arriverà il livello 3? Per ora siamo al corrente che esistono solo un paio di modelli Mercedes, che su alcuni ben definiti chilometri di autostrada tedesca, e solo fino a 60 km/h, possono operare come livello 3. Quindi in situazioni di traffico congestionato e Start&Stop.

Manca ancora qualche anno, perché ci sono molti aspetti di regolamentazione e di assicurazione da smarcare. Sempre tenendo conto che la vera sfida saranno i livelli 4 e 5. Ma prima forse bisognerà superare anche qualche altro problema”.

Di che tipo?

La tecnologia dell’auto autonoma oggi sarebbe già in grado di essere mediamente più sicura di un guidatore umano, ma culturalmente non accettiamo l’errore dalla tecnologia. Viviamo in un mondo di automobilisti che guardano il telefonino, e a volte schiacciano la gente. Ma non concediamo l’errore alla tecnologia, la vogliamo perfetta. Anche se numeri alla mano si potrebbe già dimostrare che sarebbe pronta a far scendere il numero degli incidenti. È un po’ un paradosso che dovremo affrontare”.

A che servono le moto senza pilota?

Parliamo di moto. Con il suo gruppo sappiamo che sta conducendo una sperimentazione su una moto elettrica ad alte prestazioni senza conducente. Che ricaduta può avere questa ricerca?

La moto è un oggetto molto instabile, e può diventare complicato controllarla anche per chi ci sa andare. A oggi poi non esiste l’equivalente motociclistico dell’ESC, l’Electronic Stability Control. Con la tecnologia di guida autonoma della moto si potrà sicuramente accelerare molto questo sviluppo, perché si potranno fare tanti esperimenti senza l’uomo a bordo. Che è la parte critica. Per le auto è facile, ci si mette in un piazzale, e al limite il collaudatore si gira, ma non succede nulla. Per le moto si rischiano highside e lowside. Quindi il pilota automatico di fatto diventerà un grosso aiuto per lo sviluppo di queste tecnologie di assistenza alla stabilità”.

Poi c’è il filone dell’entertainment e dello sport. Nelle auto già nei prossimi 10 anni inizieremo a vedere le sfide uomo contro macchina. Magari anche nelle moto. Senza contare che questi sistemi potrebbero essere utilizzati pure come coach in pista. Ovviamente non ha invece alcun senso togliere il pilota dalla moto. A meno però di applicazioni come, che so, il servizio di trasporto di pacchi, il postino, per il quale si potrebbe usare uno scooter autonomo”.

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