Le moto e la nuova Cina: una realtà che forse non conosciamo

Le moto e la nuova Cina: una realtà che forse non conosciamo

C’erano una volta le aziende europee che delocalizzavano la produzione in Oriente. Oggi ci sono cinesi e orientali che investono e a volte acquisiscono aziende occidentali. E ci sono anche i nuovi mercati, che hanno potenzialità spaventose

11.06.2021 ( Aggiornata il 11.06.2021 12:29 )

La rete di collaborazione globale delle case

Cerimonia di inizio lavori di costruzione dello stabilimento in comune fra CFMoto e Pierer Industry AG (KTM)

Dunque il mondo ha un mercato che si divide grosso modo in due: da una parte gli occidentali, che producono e utilizzano moto molto raffinate. Dall’altra ci sono gli orientali, che producono e utilizzano mezzi di cilindrata ridotta e a basso contenuto tecnologico.

Questi due mondi si incontrano sotto forma di accordi economici e di partnership. L’indiana Bajaj, che oggi detiene il 48% di KTM, in passato ha avuto accordi commerciali con la Piaggio, per la quale produceva la Vespa in India, e con la Kawasaki. Oggi oltre alla casa austriaca, per la quale produce le moto dai 125 ai 390 cc, e della quale commercializza la gamma in diversi paesi asiatici, Bajaj ha un accordo commerciale con la Triumph, per produrre una nuova gamma fra i 400 e gli 800 cc.

La Honda ha avuto accordi commerciali che hanno contribuito a far crescere molte case. La prima è l’indiana Hero, che oggi produce e commercializza moto per Harley-Davidson, ma anche Kymco e Sym. TVS, che oggi produce i motori BMW G310, in passato ha prodotto su licenza Suzuki, come la Hyosung. CF Moto invece, che in Cina è un marchio premium, ha una joint venture con Pierer Industry AG (la società che detiene il 51% di KTM) per uno stabilimento di produzione da 50mila pezzi l’anno e per la distribuzione in Cina del marchio KTM.

Case e mercati: i valori in campo

Alcuni valori in campo fra le case. La Honda, che è una vera casa globale, in un anno vende 19milioni e 280mila mezzi a due ruote. In Cina ne vende 1milione, e 1milione 140mila sono quelli che piazza in Sudamerica. In Giappone vende 170mila moto, e 340mila ne vende nell’America del Nord. 370mila le assorbiamo noi europei. Poi ci sono i paesi del Sud-Est asiatico e dell’Oceania, che assorbono… 16milioni e 250mila pezzi!

Fra le altre case citiamo Hero (5,7 milioni di pezzi), Bajaj (3,05 milioni di pezzi), TVS (2,3 milioni), Italika (800mila), Niu (580mila), Kymco (422mila), Sym (400mila). Restano le case che producono moto di prestigio. Ne citiamo qualcuna: Harley-Davidson (180mila), BMW (168mila), Benelli (63mila), Triumph (56mila), Ducati (48mila).

E ora vediamo i mercati. Cina e India da sole fanno oltre 30 milioni di pezzi. Altri 10 milioni li assorbono i paesi del Sud-Est Asiatico. Poi ci sono una serie di paesi inaspettatamente forti nel settore motociclistico. Il Pakistan significa 1,5 milioni di mezzi, e Taiwan è poco sotto il milione. Al pari dell’Europa e sopra gli Stati Uniti, che viaggiano a circa 800mila pezzi. E ci sono mercati che potrebbero esplodere a breve. Come l’Iran o la Russia.

I mercato più forti sono dunque quelli sui quali si vendono mezzi di ridotta cilindrata, a volte perché ci sono divieti specifici per le alte cilindrate, a volte perché il potere d’acquisto delle famiglie è basso. C’è spazio per le nostre aziende in questi paesi? Si, a patto di sapersi muovere.

E allora, a parte la Honda, che ha un piede dappertutto, con una linea di prodotti specifici per i differenti paesi, il caso da citare è ancora una volta quello della KTM, che con visione eccezionalmente strategica, grazie a Bajaj è entrata in paesi altrimenti irraggiungibili. Come lo Sri Lanka, che vale 300mila pezzi l’anno e che vede la Bajaj presidiarlo con un incredibile 60% delle quote. Una parte di queste, visto il limite massimo della cilindrata commercializzabile a 250 cc, è fatto dalle KTM 125 prodotte e vendute da Bajaj.

La Honda Streetster 150 è il classico esempio di piccola naked prodotta appositamente per mercati dove le cilindrate sono limitate

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