Abbigliamento moto: ma come ti vesti?

Abbigliamento moto: ma come ti vesti?

La primavera è arrivata e presto torneremo in moto. Se non siamo già ben equipaggiati, è il momento di pensare all’abbigliamento tecnico, una delle cose più importanti (e costose, ma necessarie) per usare in sicurezza la moto

11.03.2021 ( Aggiornata il 11.03.2021 10:32 )

Tre livelli d’omologazione

Per il vestiario ci sono tre livelli d’omologazione: A, AA e AAA. Fra le prove previste ci sono la resistenza all’abrasione da impatto, la resistenza allo strappo, la resistenza delle cuciture, la stabilità dimensionale (il capo non deve ritirarsi dopo un ciclo di 5 lavaggi a condizioni ben precise) e l’innocuità delle sostanze utilizzate.

Il livello A è quello richiesto per i prodotti destinati all’uso urbano. Lo si trova dunque soprattutto sull’abbigliamento più casual, quello dedicato a chi si muove con lo scooter in città. Valutate questa classe di vestiario da moto se fate solo brevi tragitti urbani, a bassa velocità. E se siete refrattari a quei capi più connotati come tecnici.

Il livello AA è proprio dell’abbigliamento destinato al turismo su strada. Quello per tranquilli macinatori di chilometri. La tripla A è infine destinata ai capi più raffinati, quelli più protettivi, perché destinati a usi specialistici.

I test d’omologazione sono differenti però, il che non significa che un capo del tipo AA sia meno resistente o meno protettivo di un capo AAA. Perché il produttore in sede d’omologazione ha scelto di affrontare il protocollo AA, ritenendolo più adeguato dell’AAA, ma magari avrebbe potuto fare pure quest’ultimo. Oltre tutto, l’omologazione resta ovviamente solo indicativa della qualità di un capo tecnico. Perché i test vengono fatti in laboratorio, con macchine che producono esclusivamente un tipo di stress per il tessuto. Ma gli incidenti si caratterizzano per avere infinite variabili, e sarebbe impossibile proporre delle prove di laboratorio che le riproducessero e prevedessero tutte.

L'airbag si gonfia in caso di caduta, offrendo una protezione supplementare

E l’airbag? Nato con il cordino a strappo, che in caso di caduta attivava meccanicamente il gonfiaggio, oggi è gestito da sensori elettronici. Serve moltissimo, perché gonfiandosi protegge la cassa toracica e la parte superiore delle spalle. Oltre che il rachide cervicale, in caso d’impatto frontale che comporti un’estensione indietro della testa. Peccato si tratti di una tecnologia ancora costosa: lo propongono diverse case, con prezzi medi che partono dai 500 euro, per arrivare ai 4mila dei top di gamma.

Poi ci sono altre classificazioni. La B ad esempio si rivolge a quei capi per i quali non è prevista la presenza di protezioni antiurto. La C è relativa ai capi in rete, come quei gilet che trattengono le protezioni rigide e si indossano sotto la giacca.

Poi ci sono le omologazioni degli accessori

A parte giacche e pantaloni, ci sono poi specifiche norme omologative per gli altri capi protettivi. Ed è un ginepraio di sigle: pronti a prendere nota?

Gli stivali devono essere conformi alla EN 13634:2015, i guanti alla EN 13594:2015, i protettori per gomiti, ginocchia, fianchi e spalle alla EN 1621-1:2012 e i paraschiena alla EN 1621-2:2014. La EN 1621-4:2013 copre i protettori airbag con cordino attivatore, mentre manca ancora una norma per gli airbag di ultima generazione, quelli che si attivano con sensori di crash.

La EN 14021:2013 regola infine i protettori specializzati, come quelli usati nel fuori strada.

Tutto chiaro? Allora non resta che imparare a riconoscere un capo d’abbigliamento omologato. Per questo dobbiamo imparare a leggere l’etichetta ovviamente (in basso ne trovate una selezione), che deve riportare delle specifiche ben precise, accompagnate dal simbolo CE e dalla normativa di riferimento. E nella confezione deve esserci anche un opuscolo che spieghi in quale classe è stato certificato il capo che state valutando.

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