Quando le naked avevano anche il cupolino: un esperimento sfortunato
Hornet S, Z750 S e FZ6 Fazer sono state le sorelle "brave" delle naked da sparo dei primi anni '90. Ma non hanno avuto lo stesso successo andando a finire dritte nel dimenticatoio

Michele Lallai
1 ott 2025
C’è stato un tempo, a cavallo del millennio, in cui le naked giapponesi erano regine indiscusse delle strade. Erano moto semplici nella forma ma equipaggiate con motori derivati dalle sportive, capaci di coniugare rabbia sportiva e praticità di utilizzo. Erano moto nate per la quotidianità e per gli spari del weekend ed erano tutte giapponesi a 4 cilindri: Honda Hornet, Yamaha Fz6, Kawasaki Z 750 e Suzuki Bandit e GSR 600: nomi che ancora oggi evocano un’epoca in cui il mercato delle due ruote sembrava aver trovato la formula perfetta. Ma sapevate che furono realizzate anche in versione semicarenata?

La nascita delle naked "cupolinate"
Le vendite delle nude a 4 cilindri con motori sportivi andavano alla grande, ma i reparti marketing delle grandi Case giapponesi non erano del tutto soddisfatti e volevano ancora di più. Osservando i grandi numeri raggiunti nei paesi mediterranei e le meno convincenti vendite nei mercati del Nord Europa (dove il vento e la pioggia dettano legge) decisero che quelle nude scattanti e spartane potevano — o forse dovevano — avere una versione più “adulta”, turistica e versatile.
Bastava un cupolino, senza toccare tutto il resto. Un piccolo tocco di protezione in più che - a fronte di un investimento minimo nello sviluppo e nella produzione - prometteva protezione aerodinamica e un’allure più razionale capace di andare a pescare anche i motociclisti di età maggiore. Nacque così una categoria ibrida a metà tra la naked e la sport-tourer, che però non trovò mai davvero il suo posto nel cuore dei motociclisti per alcuni piccoli problemi di concetto. La più venduta fu, forse, la Honda Hornet S con quel musetto che sembrava un compromesso frettoloso e troppo approssimativo. La Kawasaki Z750S, invece, era più equilibrata e abbondante nella protezione, ma anche più brutta e meno desiderata della sorella nuda. Fu decisamente poco apprezzata dagli appassionati.
Un po' diverso il discorso per la Yamaha FZ6, che grazie al nome "Fazer" riuscì a conquistare una porzione di vendite maggiore rispetto alla naked FZ6 da cui derivava, ma rimaneva comunque una moto non all'altezza delle precedenti Fazer molto più orientate al turismo. Suzuki, dal canto suo, portava avanti da anni il modello Bandit sia in versione nuda che S che avevano una concreta utenza in tutte le versioni. Anche ad Hamamatsu proposero (in ritardo) la loro naked derivata dalla sportiva GSX-R, ma la GSR 600 non ebbe mai una versione cupolinata (per fortuna).

Perchè non furono apprezzate?
Il problema, in fondo, stava proprio nell’anima di queste moto. Per quanto più pratiche sulla carta, non erano nate per i lunghi viaggi né per il turismo vero: mancavano di ergonomia per il passeggero, di predisposizione per le valigie e di quel comfort generale tipico delle moto destinate a macinare chilometri.
E i motociclisti, questa cosa, l'hanno capita fin da subito: chi voleva una naked 4 cilindri la voleva pura, cattiva e senza fronzoli. Chi cercava una tourer invece guardava direttamente altrove, verso modelli nati con quell’identità fin dal primo progetto. Il cupolino nelle 4-in-linea "nate nude" era una sorta di appendice poco sensata, percepito come un’aggiunta forzata più che come un vero valore aggiunto.
Oggi, guardando quelle versioni “S”, qualcuno potrebbe anche provare un certo fascino retrò, ma erano di fatto tentativi un po' goffi di ampliare la fascia d'utenza di quelle moto che già andavano alla grande. Il risultato è che - nonostante le Case si siano influenzate a vicenda su questi modelli - nessuno di loro ha lasciato un segno indelebile e non c'è alcun modo di riportare questo filone in vita. Negli ultimi anni le naked hanno forme aggressive e elettronica sofisticata, mentre le sport-tourer si sono reinventate in chiave crossover, relegando questi modelli decisamente poco amati al riposo eterno fra le pieghe della storia motociclistica.

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