Bimota e la citt&agrave; di Rimini. Un connubio indissolubile, parte integrante dell&rsquo;alchimia che ha generato una delle storie pi&ugrave; belle del motociclismo. Quella della factory - fondata nella citt&agrave; romagnola, nel 1973, da Massimo Tamburini, Valerio Bianchi e Giuseppe Morri - che ha innovato con i suoi telai avanzatissimi e ha dato vita ad alcuni dei gioielli a due ruote pi&ugrave; preziosi di sempre. Ed &egrave; proprio la storica sede di Rimini, secondo quanto riferisce Cycle World, ad essere stata smantellata in questi giorni.  RIMANE BEN POCO - Via i cartelli dalla strada. Via ogni riferimento. A quanto pare i locali Bimota in via Lea Giaccaglia, 38 sarebbero oramai completamente vuoti; mentre in un magazzino, qualche centinaio di metri pi&ugrave; in l&agrave;, sarebbero state ammassate le rimanenze e i pezzi di ricambio, in particolare dell&rsquo;ultimo modello prodotto, la sfortunata BB3. Al momento (stiamo verificando) i dipendenti ancora attivi sarebbero appena 3 o 4, impegnati pi&ugrave; che altro nella gestione/smaltimento di ci&ograve; che rimane di Bimota.  UNA LENTA AGONIA - Alla base del declino del marchio, volumi di vendita non sufficienti a rientrare dei corposi investimenti decisi per allargare la propria presenza sul mercato; sfociati poi in continui guai finanziari, fino al fallimento dichiarato nel 2000. Nel 2003 arriva il rilancio, grazie all&rsquo;intervento di un gruppo di investitori ma di nuovo, subito dopo, un lento declino. Oggi, solo un progetto serio e strutturato, sostenuto da un adeguato investimento finanziario, potrebbe salvare dall&rsquo;oblio una delle eccellenze motociclistiche italiane nel mondo. Anche se la situazione sembra ormai disperata... forza Bimota! 

<p>Il marchio italiano ha smantellato la storica sede di Rimini. Si teme la fine per la &ldquo;creatura&rdquo; di Massimo Tamburini, di cui fu cofondatore e direttore tecnico</p> 

Bimota sul punto di chiudere definitivamente

        "L&rsquo;era d&rsquo;oro Bimota" ripercorre la storia del glorioso Marchio attraverso il racconto dei uno dei suoi fondatori, Giuseppe Morri, che questa storia l&rsquo;ha vissuta in prima persona, e ha portato la Casa italiana ad affermarsi nel panorama motociclistico mondiale. L&rsquo;appuntamento per la presentazione &egrave; venerd&igrave; 16 giugno alle 18.30 da Andreani Group International a Pesaro, in Strada della Romagna 361. Insieme all&rsquo;autore Saverio Livolsi interverr&agrave; Giuseppe Morri, il co-fondatore di Bimota. Il libro svela numerosi retroscena, fatti realmente accaduti e alcuni davvero curiosi quanto inediti, ma soprattutto fa piena luce sulle vicende che hanno condotto ai differenti &ldquo;momenti storici&rdquo; e passaggi societari. Dalle prime moto ai primi successi, dalle trepidazioni per i titoli mondiali sfiorati all&rsquo;amarezza per quelli conquistati e non riconosciuti sino al trionfi in quei Campionati del Mondo vinti ufficialmente da Bimota, senza tralasciare il rapporto del Marchio con piloti, sponsor e team &ldquo;clienti&rdquo;. A chiusura di ciascuna decade il volume riporta una carrellata di tutti i modelli, sia da competizione sia stradali prodotti, ordinati cronologicamente e completi di schede tecniche, spingendosi sino ai giorni nostri. Il libro &egrave; ricco di foto, anche inedite. Giorgio Nada Editore: Formato: 26x25 cm - Pagine: 360 - Foto: circa 700 in b/n e a colori - Cartonato con sovraccoperta - Testo: italiano - Collana: Marche Moto       

Appuntamento venerd&igrave; 16 giugno all'Andreani Group di Pesaro per la presentazione del libro di Saverio Livolsi. Ci sar&agrave; anche il co-fondatore di Bimota Giuseppe Morri

L’era d’oro Bimota

A Maggio Bimota debutta al Tourist Trophy 2015 con la BB3 TTrofeo Sull'Isola di Man&nbsp;al leggendario TT,&nbsp;dal 31 Maggio al 12 Giugno, approder&agrave; anche l'italiana Bimota. Due BB3 dal nome evocativo di TTrofeo e trasformate per l'occasione con una livrea dedicata, saranno presenti all'appello di una delle competizioni pi&ugrave; famose al mondo.  I piloti che&nbsp;guideranno le Bimota tra le curve dell'isola britannica sono i due professionisti delle gare su circuito stradale Ben Wyle e Brandon Cretu.   Il primo conosce tutti i segreti del marchio riminese&nbsp;essendone assieme al socio, Costantine Bless, importatore per il Regno Unito con la sua "Amore Moto". Wyle, che &egrave; inoltre il team manager, sembra credere molto in questa nuova avventura: "Constantine ed io siamo molto felici di annunciare il nostro team Bimota con due piloti per il 2015. L'aver preso a bordo Brandon completa il nostro progetto per affrontare le grandi corse su strada e abbiamo tutto quello che ci serve per una stagione appagante. Sono fiducioso di poter mettere Brandon in condizione di dare il meglio e, avendo gi&agrave; lavorato insieme, credo proprio che potremo aiutarci a vicenda. Quest'anno vorrei correre di pi&ugrave; su una moto molto competitiva, e tornare nelle&nbsp;posizioni in cui mi sento di poter stare, ovvero fra i primi 10 in tutte e tre le gare riservate alle "grosse" del TT". &nbsp;  Brandon Cretu non parte comunque con meno esperienza,&nbsp;avendo all'attivo ben due record nel campo: &egrave; infatti il pi&ugrave; giovane pilota ad aver vinto un Tourist trophy ed il primo americano ad aver partecipato alle quattro pi&ugrave; importanti sfide su strada,&nbsp;Northwest 200, Tourist Trophy, Ulster Grand Prixu GP di Macao. "Pensavo che non avrei corso questa stagione, quindi essere riusciti a chiudere cos&igrave; rapidamente un accordo con Bimota e Ben &egrave; un sogno che si avvera, lo e Ben ci conosciamo fin dal mio primo TT, e ho la massima stima per lui, la sua famiglia ed il suo team. Non vedo l'ora di iniziare le prove, e dare il mio contributo nell'acquisizione di sponsor e nella gestione delle operazioni. Credo che la Bimota BB3 mi porter&agrave; ad alcuni dei miei migliori risultati di sempre. Il 2015 sar&agrave; un anno incredibile!". Un entusiasmo che coinvolge un po' tutti insomma e soprattutto un'occasione unica per raccontare un po' il Marchio Bimota in giro per il mondo&nbsp;grazie ad una BB3 ancora pi&ugrave; speciale in questa nuova versione TTrophy: moto preparate per "resistere" al particolare percorso stradale dell'Isola di Man (364 massacranti chilometri) e con un'autonomia fino a 24 litri che sfoggiano i&nbsp;colori della bandiera italiana e il logo del TT. Allestimento che affiancher&agrave; le altre colorazioni base del modello, bianco e baianco/rosso, e sar&agrave; presto disponibile per tutti gli appassionati pi&ugrave; racing.  Ecco in breve le caratteristiche della BB3:&nbsp;  - Tipo di motore: 4 cilindri fronte marcia, 4 tempi, 16 valvole  - Cilindrata: 999 cc  - Sistemi di assistenza alla guida: anti impennata, controllo dl trazione, ABS, cambio elettroassistito  - Potenza: 200 CV a 13.000 giri/min  - Coppia massima: 112 Nm a 9.750 giri/min  - Telaio: in tubi di acciaio in cromo-molibdeno con piastre laterali in lega leggera  - Forcellone: in lega leggera, interamente ricavato dal pieno, posizione pivot registrabile  - Inclinazione cannotto: 25 0  - Lunghezza: 2,075 mm Larghezza: 730 mm  - Altezza: 1.180 mm  - Altezza sella: 1.180 mm  - Interasse: 1.430 mm  - Peso a vuoto: 179 kg  - Serbatoio: 16 litri  Giulia Cassinelli  &nbsp;    &nbsp;  s

Al Tourist Trophy 2015 ci saranno anche le due BB3 di Bimota allestite per l'occasione con la livrea TTrofeo

Bimota &egrave; pronta per il Tourist Trophy

Bimota Classics Parts offre a tutti l'occasione di "rivivere" i fasti di altri tempi. Una particolare attenzione al passato per continuare a trasmettere un'eredit&agrave; importante; una passione per molti motociclisti che con Bimota si concretizza in un progetto davvero interessante.  Nasce Bimota Classic Parts, una sezione del celebre Marchio riminese, che si occuper&agrave; della realizzazione e distribuzione di pezzi e componenti delle moto prodotte nella fabbrica romagnola: dagli esordi con la storica HB1 fino al 2002, anno della SB8K.  Grazie ai preparatissimi tecnici e ai ricchi archivi Bimota, sar&agrave; possibile riprodurre ogni pezzo in modo accurato al fine di garantire la massima rispondenza con l'originale:&nbsp;tutti gli appassionati potranno cos&igrave; continuare ad emozionarsi ancora oggi con le storiche due ruote italiane che torneranno allo splendore delle origini e potranno di nuovo essere utilizzate.  Bimota Classic Parts vuole soddisfare le esigenze di chiunque possieda e voglia possedere una delle sue moto, proponendo una vasta gamma di componenti di ricambio meccaniche, elettroniche, ciclistiche ed estetiche.  Presto tutto l&rsquo;archivio ricambi sar&agrave; consultabile online sul sito web www.bimotaclassicparts.com.  &nbsp;  Giulia Cassinelli  &nbsp;

Una vasta gamma di ricambi per le storiche Bimota, accuratamente realizzati per soddisfare le esigenze di tutti gli appassionati

Bimota Classic Parts

Si svolger&agrave; a Rimini, mercoled&igrave; alle 15 nella chiesa della Resurrezione in via della Gazzella il funerale di Massimo Tamburini, fondatore della Bimota.  Tecnico e designer molto conosciuto nel mondo del motociclismo, era nato a Rimini il 28 novembre 1943, fondatore e leader della CRC (Centro Ricerche Cagiva) &egrave; l&rsquo;uomo che ha creato, anche collaudandole di persona, splendide moto da corsa e da strada tra le quali spiccano la Ducati 916 e la MV F4, moto senza tempo. Creazioni che lo faranno ricordare per sempre.  Scrive Marco Melandri: &ldquo;Non lo conoscevo di persona, ma se nelle sue moto vi erano i valori in cui credeva era un Genio! R.I.P Massimo Tamburini&rdquo;

Tamburini: mercoled&igrave; il funerale 

Il frontale della Ducati 916 &egrave; la punta di una freccia. Perch&eacute; le moto, alcune moto, sono velocit&agrave;.  E la velocit&agrave; &egrave; una punta sottile, una riga non troppo dritta, un tratto leggero.  Ci sono uomini in grado di vedere le cose esattamente come stanno e dire: &ldquo;Ehy, state sbagliando!&rdquo; semplicemente mostrando la realt&agrave; per come &egrave;, e non per come ce la siamo immaginata, magari per secoli. Come per secoli ci siamo immaginati il cielo dorato e i volti e i corpi schiacciati contro un mondo a due dimensioni. Ma la prospettiva esisteva anche prima di Giotto. Bisognava solo accorgersene.  E la velocit&agrave; esisteva anche prima della Ducati 916, e le moto nude prima della Brutale, l'aerodinamica prima della Paso e i bei telai prima della HB1. Massimo Tamburini &egrave; per&ograve; riuscito, nel corso della sua troppo breve vita, a dare un volto a tutte queste cose riportandole nei leggeri tratti di alcune fra le moto pi&ugrave; belle di sempre.  Moto che&nbsp;hanno la forma bellissima del vento che le sfiora. Moto che il tempo non invecchia.  Questo lutto ci&nbsp;addolora profondamente.                  

Scomparso all'et&agrave; di 71 anni. Progettista e designer, lascia un enorme vuoto nel nostro mondo 

La scomparsa di Massimo Tamburini

La Casa riminese ha avuto una storia travagliata, fatta di grandi successi e durissimi, e dolorosi, passaggi di consegne. Fino a Settembre di quest'anno quando Marco Chiancianesi e Daniele Longoni hanno preso in mano in mano l'Azienda. Due imprenditori, ovvio, e prima ancora due grandi appassionati di moto.  Si respira aria buona e fresca, adesso, in via Giaccaglia 38 a Rimini. Tanta novit&agrave; in arrivo, tanta fiducia in un Marchio che ha fatto la storia del Made in Italy e merita lo stesso rispetto e la stessa attenzione degli altri grandi, pi&ugrave; grandi, brand italiani.  Sul prossimo numero di InMoto, in edicola il 10 gennaio, troverete il resoconto della nostra visita e il test della nuova Tesi 3D.  Intanto eccovi alcune immagini dell'interno dell'Azienda.[gallery ids="3474,3475,3477,3478,3479,3480,3476"]

Una visita alla Bimota di Rimini: l'occasione di rifarsi gli occhi con la grande meccanica Made in Italy

Visita in Bimota

Linee anticonvenzionali ma inequivocabilmente &ldquo;made in Rimini&rdquo;, componentistica di assoluto pregio, un motore che straborda potenza, poca elettronica e prestazioni (quasi) alla portata di tutti. Questa in sintesi la nuova Bimota, non a caso chiamata Brivido  &nbsp;  Negli ultimi due anni la piccola factory riminese non ha goduto degli onori della ribalta, complice anche la crisi la struttura &egrave; stata rivista non tanto nelle figure tecniche, quanto in quelle commerciali. Il nuovo assetto ha portato la serenit&agrave; necessaria per intraprendere nuovi progetti, che hanno interessato le competizioni, con la Moto2 che ha corso anche nel Motomondiale, ma anche con nuovi progetti destinati alla produzione. Modelli come al solito esclusivi che in occasione di EICMA 2011 hanno riscosso subito univoci consensi: la DB9 protagonista di questo nostro primo piano e la DB10 Bimotard di cui siamo in ansiosa attesa. Dopo la presentazione statica a Milano nel 2011 (e la partecipazione all&rsquo;Alpen Master, che abbiamo pubblicato sullo scorso numero 9/2012), ecco il nostro test completo della DB9 Brivido, una naked che si colloca al top della categoria, forte della sua esclusivit&agrave;, dovuta oltre che al prezzo (24.000 Euro) soprattutto a una dotazione tecnica di alto livello e a doti di guida che francamente entusiasmano.  DA FERMO  Carbonio, titanio e tanto alluminio lavorato dal pieno. Sono i particolari, come su ogni Bimota che si rispetti, che la elevano al di sopra della media, niente &egrave; comune o standardizzato, e di certo il prezzo di acquisto ne risente, ma il colpo d&rsquo;occhio &egrave; unico, e la DB9 in sosta davanti a un bar alla moda o su un passo frequentato da motociclisti, attirer&agrave; subito l&rsquo;attenzione, fosse anche parcheggiata fra altre cento moto. Bimota definisce la DB9 Brivido non una naked, bens&igrave; una roadster, in gergo automobilistico &egrave; il termine che identifica le vetture scoperte che derivano da coup&eacute; sportive. E in effetti la Brivido non &egrave; una nuda nel senso classico del termine, perch&eacute; in effetti le carene ci sono anche se ridotte ai minimi termini, una scelta intelligente per rendere la moto snella per quanto possibile pur sfruttando al contempo il contributo dell&rsquo;aerodinamica nell&rsquo;assicurare stabilit&agrave; alle velocit&agrave; pi&ugrave; alte. Una roadster quindi che tradisce la stretta parentela con la sportivissima DB8, pur assumendo tratti unici, ancora pi&ugrave; netti e spigolosi, forme sottili che improvvisamente si allargano nella piccola carenatura che alloggia radiatori e impianto elettrico, per poi nuovamente rastremarsi verso il codino minimalista. Il tutto &egrave; supportato dal telaio a struttura mista con tubi a sezione ovale che fanno capo alle piastre pivot realizzate in alluminio lavorato CNC, in pratica lo stesso della DB9 al pari del serbatoio e del posteriore della moto. Il quadro globale &egrave; di assoluta eccellenza, con finiture curate e un design che riserva una posizione in sella non eccessivamente sacrificata anche per un eventuale passeggero. Qualche piccola caduta di stile solo su particolari secondari, l&rsquo;impianto elettrico appare, ma magari &egrave; solo una impressione, molto esposto alle intemperie, e fra tante raffinatezze, stonano gli indicatori di direzione anteriori che hanno un&rsquo;aria gi&agrave; vista.    IN SELLA  &Egrave; un dato di fatto: risulta pi&ugrave; difficile realizzare una nuda ad alte prestazioni che una sportiva, perch&eacute; le prestazioni del motore devono essere assorbite da baricentri e quote ciclistiche non pensate unicamente per la prestazione, ma anche per garantire agilit&agrave; e un minimo di comfort. Il rischio &egrave; sempre quello di ottenere o una moto troppo &ldquo;lunga&rdquo;, magari docile ma che garantisce poco feeling quando si forza, oppure una belva indomita riservata a piloti esperti che soccombe ai trasferimenti di carico con continue impennate e frequenti bloccaggi del posteriore. La DB9 appare un ottimo compromesso, la posizione di guida infatti &egrave; pi&ugrave; che buona, con il pilota che sente sempre la moto e quote ciclistiche indovinate. Si guida a busto eretto ma con il peso ben caricato anche sulle pedane ed il largo manubrio che infonde sicurezza grazie anche all&rsquo;ammortizzatore di sterzo Extremetech che allontana il rischio di sbacchettate in accelerazione. I limiti maggiori della DB9 sono sostanzialmente due, il primo &egrave; facilmente risolvibile ed &egrave; legato alla sella, che risulta dura al punto che dopo anche solo un centinaio di chilometri provoca indolenzimenti alla zona del coccige, ma ad ogni modo &egrave; prevista una sella comfort per migliorare la situazione. Pi&ugrave; fastidioso &egrave; invece il limitato angolo di sterzo, che se &egrave; vero che non pregiudica la guida, rende laboriose le manovre da fermo e pu&ograve; mettere in difficolt&agrave; nelle svolte a bassa velocit&agrave; tipiche della guida urbana. Del resto solo lodi per la Brivido, che tenendo fede al suo nome regala emozioni in ogni frangente. Il motore piace a dismisura, direttamente mutuato dalla Ducati Diavel offre una curva di coppia esemplare ed una risposta anche al minimo praticamente priva di strappi senza peraltro affliggere il pilota con vibrazioni eccessive. La voce del bicilindrico &egrave; convogliata da un silenziatore Arrow in titanio che regala un sound pienissimo, se poi accidentalmente si dovesse sfilare il dB-killer&hellip; si inizierebbe ad ascoltare il tuono di una vera Superbike! Bene anche frizione e cambio, la prima con un comando non eccessivamente pesante seppure perfettibile nello stacco, il secondo che si fa apprezzare se comandato in maniera secca e decisa tipica della guida sportiva.  Rispetto alle cugine di Borgo Panigale, la DB9 presenta una elettronica minimalista, la centralina Walbro lavora bene, ma non implementa alcuna assistenza alla guida, niente ABS (questo un po&rsquo; dispiace), niente mappature, ma dobbiamo dire che la ciclistica &egrave; talmente riuscita che difficilmente si sente la mancanza della tecnologia all&rsquo;ultimo grido. Ottima &egrave; la taratura della sospensione posteriore, perch&eacute; risulta un gran bel compromesso: &egrave; vero infatti che la moto impenna tanto, anche quando si prende in mano il gas in uscita di curva l&rsquo;anteriore si alleggerisce subito, ma in compenso le sconnessioni sono ben copiate e soprattutto non viene mai a mancare il grip, una bella sicurezza quando si hanno 162 CV da gestire. Anche in frenata dal posteriore non vengono mai comportamenti strani, neanche scalando rapidamente o frenando forte. Certo se si insiste anche col freno si arriva in fretta al bloccaggio del posteriore, ma &egrave; inevitabile, consideriamo poi che l&rsquo;ammortizzatore &egrave; completamente regolabile, quindi le personali esigenze di ognuno possono essere soddisfatte. Buono, anche se un gradino pi&ugrave; in basso il comportamento dell&rsquo;anteriore. La frenata &egrave; potente ma mai eccessiva, il sistema con pinze e pompa radiale non &egrave; quello pi&ugrave; aggressivo che Brembo pu&ograve; offrire, e l&rsquo;affondata dell&rsquo;anteriore &egrave; quella che ci si deve aspettare, peccato solo perch&eacute; la forcella Marzocchi, comunque ben tarata, non brilli per scorrevolezza e questo toglie un pochino di feeling in conduzione soprattutto sul veloce quando l&rsquo;avantreno non &egrave; sufficientemente caricato. Sul misto guidato la DB9 ha poche avversarie, e il logico confronto con la Ducati Streetfighter vede il prevalere della riminese fino a quando le velocit&agrave; non si alzano a dismisura, fino a quando cio&egrave; la Ducati fa valere la sua ciclistica chiaramente pensata per eccellere nelle piste veloci e nei lunghi curvoni in percorrenza anche a velocit&agrave; prossime alla massima.  

Bimota DB9 Brivido

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