        Non sono moto enduro specialistiche, ma neanche crossover semplici e adatte solo al turismo stradale per neopatentati. Sta nascendo la nicchia delle mini enduro stradali che uniscono la possibilit&agrave; di essere guidate a 18 anni - quindi il limite di 48 CV - con la presenza di una ruota anteriore da 21" e di conseguenza la capacit&agrave; di montare pneumatici molto tassellati per avventure in fuoristrada un po' pi&ugrave; serie della classica strada in terra battuta. Queste sono le proposte per il 2024, nella classica forma della Top5 di InMoto.it: Indice:  CFMOTO 450MT Honda CRF 300 Rally Royal Enfiled Himalayan 450 Rieju Aventura 500 Le crossover pi&ugrave; grandi, ma depotenziate  CFMOTO 450MT Lei fa parte degli argomenti "caldi" di questo inizio anno, perch&egrave; grazie alla sua estetica e al suo carattere avventuroso ha conquistato parecchi appassionati a EICMA 2023, sia giovani che meno giovani. L'abbiamo provata di recente e non possiamo che metterla in questa lista perch&egrave; rappresenta in modo del tutto fedele il concetto di avventurosa per il fuoristrada guidabile con la patente A2. I suoi punti forti? Di sicuro l'ottima attitudine al fuoristrada e le dimensioni compatte, con in pi&ugrave; la configurazione da crossover che permette il montaggio di borse. Le sospensioni sono ben tarate bench&egrave; non premium e i freni sono buoni ma non eccellenti. Far&agrave; strage di cuori considerando anche il prezzo d'attacco di 5.990 euro.  &nbsp; Honda CRF 300 Rally Possiamo definirla la veterana di questa lista, una moto che si trova nei listini da diversi anni e che ha raccolto una serie di affezionati attorno alla sua nomea di indistruttibile macinachilometri. Lei non &egrave; bicilindrica come la precedente e la potenza in certe situazioni scarseggia con soli 27 CV, ma &egrave; un prodotto del tutto coerente alla sua natura di endurina facile e ottima scuola per imparare ad andare per sassaie. In configurazione Rally ha di sicuro un appeal maggiore per via del cupolino protettivo e della possibilit&agrave; di montare navigatore e altri strumenti utili a chi vuole fare un po' di avventura (a velocit&agrave; non esagerate). Non c'&egrave; un modello 2024 a listino, ma il 2023 &egrave; ancora disponibile a 6.890 euro, un pelo superiore alla concorrenza ma il prodotto vale ogni centesimo... e poi &egrave; Honda.  &nbsp; Royal Enfiled Himalayan 450 Quando Himalayan &egrave; esplosa sul mercato, nessuno se lo aspettava davvero. Una moto basica, rozza e con poco motore che per&ograve; ha stimolato la curiosit&agrave; e la voglia di avventura di tutti quei motociclisti che badano al sodo e all'esperienza minimale. C'&egrave; solo quello che serve e quel che non c'&egrave; non si rompe.&nbsp; Con la versione 2024, dotata di motore aggiornato e con il raffreddamento a liquido, la Himalayan riceve un boost di prestazioni e versatilit&agrave;, oltre che migliori doti di guida su strada senza tradire la sua attitudine da scalatrice di passi di montagna. Anche per lei tanta sostanza e poca "fighettagine", con la possibilit&agrave; di montare borse o taniche di benzina sui fianchetti del serbatoio e partire per terre sconosciute. Anche qui, senza fretta. Prezzo? 6.450 euro.  &nbsp; Rieju Aventura 500 Lei &egrave; una novit&agrave; vera e propria che prova a conquistare un posto in questa nicchia di enduro stradali per tutti, offrendo la possibilit&agrave; di caricare una quantit&agrave; enorme di benzina e garantire un'autonomia impareggiabile dagli altri concorrenti. Questo grazie al secondo serbatoio montato sotto la sella che fa salire la capacit&agrave; totale a 40 litri, ovvero circa 1000 km tra un rifornimento e l'altro. Ha anche sospensioni regolabili e un'impostazione offroad marcata, bench&egrave; risulti un po' simile esteticamente alla Honda Africa Twin. Di fatto, questa moto &egrave; un rebranding di un prodotto cinese e le ispirazioni alle moto di successo europee sono sempre dietro l'angolo per questo tipo di prodotti. Non ci resta che vedere come performer&agrave; sul mercato nostrano, dato che il prezzo di listino &egrave; anche abbastanza alto: 8.500 euro  &nbsp; Le crossover pi&ugrave; grandi, ma depotenziate La quinta non &egrave; una moto, ma sono tutte le moto crossover medie con ruota da 21" che hanno la possibilit&agrave; di essere depotenziate e quindi guidate con la patente A2. Di chi stiamo parlando nello specifico? Aprilia Tuareg 660, Yamaha T&eacute;n&eacute;r&eacute; 700, KTM 790 Adventure, Honda Transalp 750 e Suzuki V-Strom 800DE.&nbsp; A differenza delle precedenti, queste sono vere medie con motori pi&ugrave; corposi e dimensioni pi&ugrave; importanti, dotate di kit di depotenziamento che dimezzano (pi&ugrave; o meno) le vere prestazioni di queste moto. In questo caso &egrave; un confronto non equo dato dalla componentistica e dal prezzo superiori rispetto alle moto nate per patente A2, ma non avendo messo un paletto ai limiti di spesa di questa comparativa virtuale, meritano di diritto una menzione.   E voi quale 21" guidabile a 18 anni vi mettereste in garage?       

Sono la soluzione ideale per i neopatentati che hanno voglia di adventouring con tanto sterrato. Ecco le proposte pi&ugrave; interessanti del mercato 2024

Top 5 crossover per patente A2, con ruote da 21"

        Si parla tanto della nuova generazione di sportive carenate, e pi&ugrave; se ne parla, pi&ugrave; la voglia di moto con i semimanubri cresce anche fra quelli che non hanno intenzione di andare in pista. Di fatto, le nuove sportive sono pensate per la strada e per divertire fra le curve dei passi di montagna, per questo non hanno motori estremi, ciclistiche tiratissime e materiali preziosi, ma sono allineate ai listini di naked e crossover e con loro condividono piattaforme e filosofie costruttive. Abbiamo raccolto 5 fra le pi&ugrave; interessanti, o per lo meno quelle che vale la pena osservare con la lente d'ingrandimento. Aprilia RS 457 Dotata di un motore bicilindrico parallelo da 457cc&nbsp;sviluppato da zero,&nbsp;limitato a 48 CV per rispettare le regole della patente A2, la RS 457 presenta un telaio doppio trave in alluminio, sospensioni avanzate e tecnologie come display TFT da 5", ride-by-wire, TC regolabile e tre riding mode. Con un peso dichiarato di 159 kg a secco (170 kg con i liquidi), promette prestazioni notevoli nel segmento "under 500" carenate. La presenza di dischi di generose dimensioni, pinze ByBre e dettagli aerodinamici ispirati alla RS-GP la rendono un'opzione interessante. Perch&egrave; dobbiamo tenerla d'occhio? &Egrave; la prima vera 500 per patente A2 che arriva da un marchio italiano e che ha uno sviluppo interamente realizzato qui in Italia, e avendo un pedigree Aprilia punta alla vetta delle prestazioni nel segmento delle moto da 48CV. Il prezzo &egrave; altino rispetto alla concorrenza (7.199 euro), ma i contenuti sembrano essere superiori. Ruber&agrave; il cuore degli italiani?&nbsp;  &nbsp; Voge Brivido 525RR Si tratta di una carenata dall'indiscutibile equilibrio estetico, con un muso affilato e un codino sfuggente che rende lo stile armonico e molto europeo. L'abbiamo gi&agrave; vista in qualche foto dell'estate scorsa ma abbiamo messo le mani su di lei per la prima volta allo stand di EICMA 2023, e nel complesso &egrave; una moto che ci ha convinto in modo particolare, con personalit&agrave; e look accattivante. A livello di contenuti, possiamo dire che il motore &egrave; lo stesso montato sulle altre 525 della gamma Voge, quindi il bicilindrico parallelo da 494cc che in questa configurazione eroga 48 CV (ovviamente limitati rispetto ai 52 CV della versione prevista per l'Asia) con 44,5 Nm di coppia massima e un peso di 175 kg a secco. Se si tratta di una moto anche bella e agile alla guida, potrebbe rubare molti cuori anche qui in Italia, perch&egrave; gi&agrave; sappiamo che il prezzo sar&agrave; concorrenziale.  &nbsp; Triumph Daytona 660 Con questo modello, Triumph torna alle carenate e lo fa con uno stile perfettamente in linea con il passato della serie Daytona e con gli standard contemporanei del brand, che prevedono qualit&agrave; costruttiva superiore alla media. A spingerla, il gi&agrave; conosciuto motore&nbsp;tricilindrico 660, aggiornato a 95 CV di potenza massima a 11.250 g/min, con oltre l&rsquo;80% dei 69 Nm di coppia massima disponibili a partire da 3.125 g/min, quindi una discreta spinta ai bassi e un allungo fin oltre i 12.000 giri, tipica caratteristica dei propulsori a tre pistoni. 201 kg o.d.m. &egrave; il peso. La teniamo d'occhio perch&egrave; &egrave; al momento l'unica alternativa europea alla Yamaha R7, che fra le sportive di questa cilindrata &egrave; quella che pi&ugrave; di tutte ha conquistato gli appassionati. Sulla carta, sembra possa offrire qualcosa in pi&ugrave; rispetto alla giapponese, quindi siamo curiosi di scoprire come andr&agrave; questa sfida. &nbsp;Sar&agrave; disponibile a partire dalla primavera del 2024 a 9.795 euro.  &nbsp; Honda CBR650R E-Clutch Non &egrave; una moto totalmente nuova, perch&egrave; restyling di quella che &egrave; forse la pi&ugrave; longeva delle carenate stradali di media cilindrata, e sappiamo che non sgomiter&agrave; per le posizioni pi&ugrave; alte della classifica, ma nel 2024 porta con s&egrave; un'innovazione che potrebbe dare una scossa vera al mercato, ovvero la nuova frizione Honda E-Clutch. Si tratta di un sistema di controllo automatico della frizione che lavora con il cambio tradizionale ed &egrave; capace di offrire partenze da fermo e cambi marcia fluidi senza richiedere l'intervento manuale del pilota sulla leva della frizione, ma grazie all'azione di servomotori elettrici collegati allo spingidisco. In pratica &egrave; lo step successivo rispetto al quickshifter, perche in questo caso la frizione proprio non la si deve toccare, nemmeno in partenza. Sar&agrave; un'applicazione di successo? La sperimentazione che sta facendo MV Agusta con il sistema SCS sta dimostrando che la tecnologia c'&egrave; e si pu&ograve; fare, sta a Honda ora evolverla e metterla a disposizione di tutti anche nelle fasce basse del mercato.  &nbsp; 5. Le medie che stiamo aspettando Occhi apertissimi per le moto che ancora non sono arrivate, perch&egrave; saranno loro - probabilmente - quelle che faranno battere i cuori pi&ugrave; delle altre citate. Stiamo parlando di Yamaha R9, KTM 990 RC e qualche altra proveniente dal giappone, come la QJ Motor SRK 800RR (che abbiamo visto a EICMA 2023) e la CFMOTO 675 RR.&nbsp; Stiamo parlando ovviamente di moto che occupano una fascia superiore rispetto alle altre novit&agrave; 2024, e che forse saranno le protagoniste della prossima edizione di EICMA. Quest'anno la strada &egrave; stata aperta dalla Suzuki GSX-8R, e siamo curiosi di scoprire come andr&agrave; e se effettivamente le medie carenate saranno un fenomeno del mercato dei prossimi anni.&nbsp;          

Saranno fra le protagoniste del mercato e tanti costruttori stanno investendo in nuovi progetti carenati. Ecco quelle che potrebbero performare meglio sul mercato quest'anno

Top 5: le sportive da tenere d'occhio nel 2024

Una delle cose pi&ugrave; belle della passione per le moto &egrave; seguire l&#39;evolvere della tecnologia e studiare tutte le innovazioni che i nuovi modelli portano sul mercato, spesso e volentieri tracciando la strada per miglioramenti e rivoluzioni capaci di cambiare interamente il settore. Qualche esempio? Il traction control, l&#39;ABS, la forcella telescopica, l&#39;iniezione elettronica... potremmo andare avanti all&#39;infinito.  Poi c&#39;&egrave; un&#39;altra faccia della medaglia, quella delle innovazioni che sono state viste dapprima come rivoluzionarie ma che non hanno mai raggiunto una maturazione e non sono mai state utilizzate in modo massiccio dall&#39;industria motociclistica per svariati motivi. Oggi vi parliamo di 5 tecnologie che sono state messe sul mercato ma che non sono diventate parte dell&#39;evoluzione della moto.  Listino moto nuove  Cambio al manubrio  Stiamo parlando di Vespa e Lambretta, due leggende che per decenni hanno portato il cambio al manubrio nelle case di tantissime persone, ma... sono state le uniche due ruote prodotte in larga scala ad adottarlo. Il successo degli scooter di quegli anni con tutti i loro vantaggi in termini di praticit&agrave;, efficienza e prezzi contenuti, hanno fatto digerire all&#39;utenza la scomodit&agrave; della manopola sinistra con frizione e cambio assieme.  La rotazione continua del polso sinistro e la poca precisione del sistema non sono mai state accettate dal mondo della motocicletta e nessun altro l&#39;ha voluta adottare. Ora cambiare le marce con una Vespa vintage &quot;fa nostalgia&quot; ma nessuno potr&agrave; mai dire che &egrave; pi&ugrave; funzionale o efficiente del classico cambio con leva sulla pedana sinistra.    Passa alla prossima pagina  &nbsp;  Moto con il tetto  Qualche tentativo l&#39;abbiamo avuto e unicamente nel mondo scooter: stiamo parlando del BMW C1 (che aveva anche uno strano sistema di cinture di sicurezza ed era omologato per l&#39;utilizzo senza casco) e il Benelli Adiva, con una copertura (retrattile) che proteggeva dalla pioggia.&nbsp;  Sul discorso praticit&agrave;, soprattutto in citt&agrave; e negli spostamenti quotidiani, avere un grosso parabrezza davanti e un tetto sopra la testa aiutava a non bagnarsi troppo (ma dai lati la pioggia entrasse comunque) ma l&#39;estetica e la dinamica del mezzo erano fortemente penalizzati, per questo la moto ha continuato ad essere &quot;aperta&quot; e probabilmente lo sar&agrave; per sempre.    PROVA, DUCATI MULTISTRADA V4 S GRAND TOUR: TUTTO E SUBITO  &nbsp;  Trazione integrale  Le moto che hanno anche la ruota anteriore che spinge non sono mai diventate una concreta realt&agrave;. Bench&egrave; ci siano aziende che sviluppano conversioni a trazione integrale per moto fuoristrada (sia elettriche che meccaniche), si tratta di una tecnologia con molti punti negativi che rende l&#39;applicazione di serie poco conveniente in termini di benefici.  Nella guida veloce e su strada, avere anche la ruota davanti che &quot;tira&quot; la moto crea pi&ugrave; svantaggi che vantaggi in termini di stabilit&agrave; e sicurezza: la ruota anteriore, alleggerendosi in accelerazione potrebbe slittare e far perdere aderenza al mezzo. L&#39;unico utilizzo vantaggioso &egrave; in caso di salite ripide o fuoristrada a bassissima velocit&agrave;, dove aiuta a tirarsi fuori dai guai. Al momento esiste sul mercato un solo produttore di moto 2x2 e si chiama Rokon.    &nbsp;  Pistoni ovali  La Honda NR 750 &egrave; un&#39;icona delle due ruote, forse una delle moto pi&ugrave; leggendarie di sempre, e la sua tecnologia a pistoni ovali ancora affascina migliaia di appassionati. Ma come mai nessun altro modello Honda - e nessun altro costruttore - ha preso la strada dei pistoni ovali?  Il sistema era - sulla carta - geniale. unire due pistoni assieme permetteva di montare 8 valvole per ogni cilindro e avere pi&ugrave; aria e benzina combusta, ipoteticamente trasformando un V4 in un V8 in termini di potenzialit&agrave;. Purtroppo la forma allungata del cilindro e della camera di combustione dava una serie di problemi sia di lubrificazione che di turbolenze in combustione che rendeva la moto poco affidabile e non potente quanto ci si sarebbe aspettati. La soluzione non funzion&ograve; nelle moto da competizione degli anni &#39;80 cos&igrave; come nell&#39;unica moto a pistoni ovali omologata.    &nbsp;  Airbag sulla moto  La questione airbag sulle motociclette &egrave; controversa. In teoria una moto, durante una caduta o una scivolata, si separa dal pilota e l&#39;utilizzo di un airbag sulla moto sembra del tutto inutile. In realt&agrave; c&#39;&egrave; una sola situazione nel quale pu&ograve; salvare delle vite, ovvero negli impatti frontali, dove il pilota viene sparato in avanti e non in altre direzioni.&nbsp;  Honda prov&ograve; a installare l&#39;airbag sulla Goldwing e bench&egrave; ci siano documenti che confermano il salvataggio di alcune vite per l&#39;efficienza del sistema, &egrave; una tecnologia pesante e ingombrante che non ha mai preso piede nelle moto pi&ugrave; compatte. La diffusione delle giacche airbag &egrave; molto pi&ugrave; compatta, efficiente e sicura e l&#39;intera tecnologia si sta spostando sui sistemi indossati e non sull&#39;hardware nella moto.    Tour in moto: dove andare nel mese di settembre da soli o in due 

Esperimenti, tentativi e... fallimenti. Ci sono state innovazioni a due ruote che sono rimaste un unicum nel panorama motociclistico e non si sono mai diffuse

Top5: le tecnologie motociclistiche che non hanno preso mai piede

Che telaio ha la vostra moto? Potrebbe essere un doppio trave in alluminio, un traliccio d&#39;acciaio, un doppia culla o un monoscocca... giusto per citarne alcuni. Ma perch&egrave; vengono scelte diverse soluzioni e quali altre funzioni ha questo elemento oltre al tenere assieme tutto il resto del mezzo? Vi offriamo una breve guida ai concetti di base.  1 - Che materiali vengono usati e perch&egrave;?    Tra i tanti metalli che si possono utilizzare nella costruzione di un mezzo a motore, i pi&ugrave; diffusi sono senza dubbio acciaio e alluminio. Il primo &egrave; senza dubbio il pi&ugrave; importante nella storia delle motociclette, utilizzato fin da quando le biciclette a motore hanno iniziato ad essere pi&ugrave; prestazionali e veloci. L&#39;acciaio &egrave; scelto per il suo ottimo equilibrio fra rigidit&agrave; ed elasticit&agrave;. A seconda del mix di varie qualit&agrave; di acciaio si possono avere telai pi&ugrave; o meno adatti alla guida sportiva (pi&ugrave; solidi) o al turismo e commuting (pi&ugrave; elastici). Inoltre l&#39;acciaio si pu&ograve; lavorare in diversi modi e pu&ograve; prendere sia forme cilindriche che squadrate, quindi &egrave; molto versatile.  L&#39;alluminio, a confronto, &egrave; un metallo pi&ugrave; adatto per moto di tipo sportivo, perch&egrave; tende ad essere pi&ugrave; leggero e, in base alla forma, pi&ugrave; rigido. Necessita di lavorazioni pi&ugrave; particolari e complesse e d&agrave; il meglio quando ricavato dal pieno (quindi con una forma ottenuta dalla lavorazione di un unico blocco, non ideale per i telai seppure non &egrave; mancato qualche tentativo in passato rimasto per&ograve; un esperimento) o in pressofusione (con due &quot;gusci&quot; di alluminio formati e uniti tra loro). Qui siamo pi&ugrave; limitati con le forme, perch&egrave; questi elementi sono quasi sempre mono o doppio trave proprio per il tipo di lavorazione necessaria e le saldature pi&ugrave; delicate. Sono anche la bandiera della produzione delle moto sportive giapponesi dagli anni &#39;80 in poi.  Abbiamo inoltre esempi di telaio in alluminio con travi ricavate per estrusione e poi saldate al cannotto di sterzo e alle piastre forcellone, con queste ultime realizzate generalmente per fusione.  Altri materiali? Certo. Esistono esempi di telai in carbonio, in magnesio, in titanio o con elementi misti come acciaio/alluminio o alluminio/carbonio. In questi casi si tratta di prodotti di nicchia, costosi e quasi sempre dedicati alle moto da gara, e in generale pi&ugrave; estreme e sportive perch&egrave; si portano al massimo i concetti di rigidit&agrave; e leggerezza.    &nbsp;  2 - forma e struttura    La creativit&agrave; dei tecnici non ha limiti e nelle moto c&#39;&egrave; ancora spazio per soluzioni innovative. &Egrave; comunque insindacabile che esistano forme e strutture pi&ugrave; di successo di altre in termini di performance e costi.  Traliccio di tubi: come dice il nome &egrave; una struttura tubolare - quasi sempre in acciaio - che si adatta a moltissimi utilizzi, sia sportivi che turistici. Dai semplici tubi tondi delle moto inglesi degli anni &#39;50 ai complessi e bellissimi disegni delle Ducati, KTM e Kawasaki moderne.  Monotrave: in acciaio o alluminio, &egrave; un telaio che basa la sua struttura su un singolo trave (tubolare o scatolato) che passa al centro del mezzo, sotto il telaio, e si raccorda con piastre laterali che agganciano il motore al posteriore. Di solito &egrave; rinforzato da bretelle o una culla sulla parte anteriore. Ottimo per il turismo.  Doppio trave: in questo caso si tratta di una doppia struttura (quasi sempre scatolata, quindi con forme squadrate) che abbraccia il motore da entrambi i lati. Negli anni &#39;90 e &#39;00 era la soluzione pi&ugrave; in voga fra le sportive e oggi &egrave; ancora un riferimento nel mondo delle turistiche e GT.  &nbsp;Monoscocca: di recente stanno nascendo soluzioni super compatte come le monoscocca derivate dalle competizioni. Sono telai cortissimi che agganciano il motore soltanto nella parte anteriore e lasciano alla parte meccanica la funzione di elemento stressato, ovvero parte integrante della struttura. Sono telai molto rigidi e leggeri, e Ducati ne sta facendo una bandiera del suo nuovo corso tecnologico.  Altre soluzioni: come abbiamo detto, la creativit&agrave; non ha confini, quindi si possono sviluppare soluzioni diverse anche in base al motore che ci si mette in mezzo. Un esempio famoso &egrave; il telaio a doppia culla degli scooter che passa molto basso sotto la pedana, i telai a omega delle Bimota e le strutture creative delle moto cruiser e custom.    &nbsp;  3 - dimensioni e quote  Ogni moto ha una forma e quote caratteristiche, ma possiamo inserire ognuna di queste in categorie contraddistinte da specifiche dimensioni e destinazioni d&#39;uso, alle quali corrispondono strutture telaistiche pi&ugrave; o meno adatte.&nbsp;Senza andare nello specifico di tutte le moto presenti sul mercato, possiamo affermare che le quote fanno la differenza a seconda del mezzo che guidiamo:&nbsp;  Turistiche: telaio lungo a doppio trave o traliccio per massimizzare l&#39;abitabilit&agrave;, con attacco del motore basso per migliorare baricentro e agilit&agrave;&nbsp;&nbsp;  Sportive: telaio corto, rigido e leggero (alluminio &egrave; il top), il motore sta pi&ugrave; in alto per garantire stabilit&agrave; alle alte velocit&agrave; e rigore direzionale  Enduro: telaio in acciaio o alluminio compattissimo per via del motore piccolo, con buona elasticit&agrave; e culla di rinforzo nella parte bassa.&nbsp;  Naked e stradali: generalmente un compromesso fra turistiche e sportive, quindi moto capaci di performare in tutte le situazioni grazie a compromessi nelle quote e nei materiali usati. Spesso sono derivate da piattaforme pi&ugrave; turistiche, altre da pi&ugrave; sportive.    &nbsp;  4 - Il motore pu&ograve; fungere da telaio?  Abbiamo appena detto che il motore pu&ograve; avere funzione strutturale ed essere un elemento stressato. La meccanica di per s&egrave; non pu&ograve; prescindere dall&#39;esistenza di un vero telaio (un motore non pu&ograve; sostenere il cannotto di sterzo, la sella e la coda) ma per esempio pu&ograve; alloggiare il fulcro del forcellone e aumentare la rigorosit&agrave; strutturale del mezzo, quindi lavorare in coppia con un piccolo telaio per sostenere tutta la moto e regalare una specifica dinamica di guida.  Per questo i monoscocca sono al momento il miglior modo di sfruttare le caratteristiche di rigidit&agrave; del motore, che a sua volta &egrave; costruito per svolgere al meglio questo ruolo e migliorare le performance sportive di moto pensate per essere leggere e prestazionali.    5 - Che differenza c&#39;&egrave; fra un telaio da gara e uno stradale?  La differenza &egrave; enorme. A differenza di una moto omologata, un prototipo pensato per la sola pista non si deve preoccupare di buche, velocit&agrave; estreme e carichi di bagagli e passeggero. Tutta la progettazione di un telaio da pista &egrave; pensata a dare il meglio in termini di velocit&agrave; sul giro, quindi si cerca di limitare al massimo il peso e aumentare il pi&ugrave; possibile la rigidit&agrave;. Per questo si usano specifiche leghe di alluminio troppo estreme e costose per la produzione di serie, o addirittura materiali nobili come titanio e carbonio.&nbsp;  In termini di quote, invece, un telaio da pista pu&ograve; anche assomigliare a uno stradale, ma angolazione cannotto, altezza del pivot forcellone e curva dei travi sono pensati per rendere al meglio nelle specifiche funzioni di frenata, accelerazione e cambi di direzione estremi. Ricordiamoci che le moto da corsa sono pensate per andare ad altissime velocit&agrave; e tutto viene sviluppato in funzione di questo, mentre le stradali sono fatte principalmente per velocit&agrave; medio-basse.    &nbsp; 

&Egrave; la parte strutturale pi&ugrave; importante del mezzo e non serve soltanto a tenere tutto insieme, ma definisce la dinamica di guida. Ecco cosa devi assolutamente sapere per comprendere al meglio come funziona la tua moto

Cinque cose che devi sapere sul telaio della tua moto

Siamo abituati a sapere tutto sulle moto che ci interessano, dai pi&ugrave; piccoli dettagli estetici alle particolarit&agrave; tecniche e meccaniche pi&ugrave; nascoste. Ma quando, invece, si parla di storia del brand che amiamo, siamo sicuri di sapere davvero tutto? Essere onniscenti &egrave; impossibile, anche per i pi&ugrave; &quot;impallinati&quot;, quindi speriamo di stimolare la vostra sete di consoscenza e curiosit&agrave; con questi 5 fatti un po&#39; particolari che riguardano le motociclette BMW... le conoscevate tutte?  La R75 era fatta per non fermarsi mai    I mezzi militari devono possedere una caratteristica fondamentale: devono essere inarrestabili! Quando BMW progett&ograve; la R75 sul finire degli anni &#39;30, su richiesta dell&#39;esercito tedesco, si &egrave; pensato a tantissime situazioni di utilizzo nelle quali la moto avrebbe potuto far fatica, quindi il motore fu sviluppato con una compressione bassissima di 5,6:1 per poter girare anche con il pi&ugrave; grezzo dei carburanti, le ruote di moto e carrozzino furono montate delle stesse identiche dimensioni per essere intercambiabili e il cambio aveva otto marce in avanti e quattro in retro... un piccolo carro armato con la sella!  &nbsp;  BMW inizi&ograve; a costruire moto perch&egrave; la Germania ha perso la guerra    Subito dopo la Prima Guerra Mondiale, il trattato di Versailles decret&ograve; che nessuna azienda della perdente Germania potesse costruire pi&ugrave; dispositivi e mezzi militari. La Bayerische Motor Werke, che fu l&#39;unica azienda rimasta in piedi a costruire motori per l&#39;aviazione, fu costretta a bloccare la produzione e i vertici aziendali pensarono di convertire l&#39;attivit&agrave; nello sviluppo di motori di motociclette, per non dover definitivamente chiudere. Fu l&#39;inizio di una storia che ha portato a grandi successi a due ruote  Il boxer non era un motore da moto    Quando BMW arriv&ograve; a sviluppare il motore bicilindrico boxer (adottandolo, ma non &egrave; stato una sua invenzione), non era nelle intenzioni dell&#39;azienda realizzare motociclette ma fu un&#39;idea pensata per la produzione industriale e per la conduzione di piccoli aeromobili. Il trattato di Versailles che abbiamo citato poco sopra fu l&#39;unico motivo per il quale, in condizioni di emergenza e a rischio chiusura, l&#39;intero progetto di motore boxer fu rivisto e adattato a stare all&#39;interno della ciclistica di una moto... il futuro lo conosciamo bene.  &nbsp;  La forcella telescopica &egrave; un&#39;invenzione BMW    Oggi utilizziamo motociclette dotate di forcella, ovvero due foderi e due steli che abbracciano il telaio nella parte superiore, la ruota nella parte inferiore e hanno un effetto ammortizzante grazie al sistema di molle interno. Prima dell&#39;invenzione di questo dispositivo, le moto avevano sospensioni rigidi o particolari sistemi ammortizzanti che utilizzavano balestre o altri tipi di soluzioni meno efficienti. La prima vera sospensione telescopica fu presentata da BMW negli anni &#39;30 con la R12 del 1934. la prima con un sistema&nbsp; di smorzamento idraulico. Fu una vera e propria rivoluzione copiata da tutti gli altri produttori.  BMW poteva morire per &quot;colpa&quot; di Mercedes  Oggi identifichiamo BMW e Mercedes come i due brand che rappresentano il premium tedesco nel mondo, ma negli anni &#39;70 ci fu una situazione che avrebbe potuto portare alla fine di BMW (Motorrad e auto). Durante la guerra fredda, BMW stava passando un periodo nero a causa di scarse vendite e e crisi aziendale. Mercedes Benz prov&ograve; ad acquisire quindi l&#39;intera attivit&agrave; dell&#39;azienda di Monaco con lo scopo di assorbire e poi eliminare dal mercato il marchio, che per&ograve; - grazie all&#39;opposizione di un gruppo di investitori contrari all&#39;operazione - diedero la possibilit&agrave; a tutti i dipendenti e alle loro famiglie di acquistare parte del capitale aziendale permettendo alla BMW di non morire soffocata dai debiti e di risollevarsi. Fu una mossa azzeccatissima che allontan&ograve; per sempre il pericolo di chiusura! 

Celebriamo il secolo di vita del marchio motociclistico bavarese con una serie di curiosit&agrave; sulla storia del brand

BMW Motorrad compie 100 anni: ecco 5 cose che (forse) non sapevi

&quot;Sovralimentazione: introduzione forzata di&nbsp;miscela combustibile-comburente nei&nbsp;cilindri&nbsp;rispetto a quella che sarebbe possibile con la normale aspirazione, per garantire al motore maggiore potenza e&nbsp;coppia.&quot; Wikipedia &egrave;, come al solito, breve e precisa nello spiegare un argomento, ma non altrettanto capace di raccontare cosa davvero significa sovralimentare il motore di una motocicletta e tutte le complicazioni legate alla complessit&agrave; di sistemi turbo e compressori in uno spazio cos&igrave; ridotto.  Nella storia delle due ruote sono stati fatti parecchi esperimenti, alcuni pi&ugrave; riusciti e altri meno, e solo pochi sono arrivati fino alla produzione di serie, rimanendo comunque prodotti di nicchia dal costo elevato e dalle caratteristiche tecniche fuori dal normale. Lasciando stare prototipi e mezzi artigianali dalla produzione limitatissima, ecco 5 moto sovralimentate che vale la pena ricordare, perch&egrave; rappresentano a modo loro pietre miliari della produzione motociclistica.  1 - Yamaha XJ 650 Turbo  L&#39;ondata di motori con tecnologia Turbo di inizio anni &#39;80 &egrave; stata aperta ufficialmente da questa moto, prima ad essere entrata in commercio e a dimostrare che questa tecnologia non era assolutamente matura.&nbsp;Il motore da 91 CV derivato dalla normale XJ650 Seca non aveva prestazioni massime esaltanti e per colpa dei carburatori e dell&#39;elettronica assente il turbo lag rendeva l&#39;erogazione spigolosa e difficile da gestire. Consumi, costi di manutenzione e affidabilit&agrave; erano un altro enorme scoglio che ha portato Yamaha a rimuovere questa moto dal listino dopo appena due anni.&nbsp;    &nbsp;  2 - Honda CX 500/650 Turbo  Dopo la Yamaha arriv&ograve; Honda, che a sua volta modific&ograve; il bicilindrico trasversale della CX 500 dotandolo di turbo. A differenza di Yamaha, la moto di Tokyo aveva un motore molto pi&ugrave; affidabile grazie all&#39;adozione dell&#39;iniezione elettronica, che per&ograve; non riusc&igrave; a cancellare il turbo lag e costrinse i tecnici a rivedere il progetto aumentando la cilindrata a 650 e abbassando la pressione del turbo. Il problema fu in parte risolto e si ottenne una moto da ben 100 CV, ma il prezzo di listino esagerato per una moto di fascia media ne decret&ograve; l&#39;insuccesso. Anche questa rimase in listino solo due anni, 1982 e 83.    &nbsp;  3 - Kawasaki GPZ750 Turbo  Alla Kawasaki spetta lo scettro di moto pi&ugrave; prestazionale dell&#39;era Turbo degli anni &#39;80. A differenza dei modelli citati in precedenza, questa era una vera moto sportiva e per l&#39;adozione del turbo nel 4 cilindri 750 di casa hanno dovuto rinforzare il cambio, adottare pistoni racing e bielle pi&ugrave; robuste. I 112 CV erogati la mettevano allo stesso livello prestazionale della GPZ1100 ed era un vero prodigio di tecnica e sportivit&agrave;, con un turbo lag ridotto e una guidabilit&agrave; di tutto rispetto. Rimane ad oggi il pi&ugrave; riuscito degli esperimenti turbo anni &#39;80, ma anche lei rimase un prodotto di nicchia molto costoso.    &nbsp;  4 - Peugeot Jetforce Compressor  Dopo la morte dell&#39;era turbo passarono pi&ugrave; di 20 anni prima di vedere un altro modello di serie sovralimentato, e aveva forme e caratteristiche di uno scooter! Il progetto Compressor di Peugeot del 2003 ha portato a inserire nel piccolo sportivo Jetforce un vero compressore capace di mantenere invariati cilindrata (125cc) e potenza di 15 CV (come da legge), ma permettendo un&#39;erogazione corposissima con coppia paragonabile a un motore 250. Fu un costoso esperimento con numeri di vendita molto bassi, ma sai che spasso per quei fortunati sedicenni che l&#39;hanno potuto guidare!    &nbsp;  5 - Kawasaki serie H2  E arriviamo ai giorni nostri con Kawasaki che ha finalmente portato il concetto di sovralimentazione allo stato dell&#39;arte, con la gamma H2 (prima sportiva, poi turistica e infine naked) che unisce un motore 4 cilindri in linea a un compressore ben tarato grazie a un&#39;elettronica raffinata e capace di spingere l&#39;incredibile Ninja H2R fino a 300 CV. Per le moto di utilizzo stradale, la potenza &egrave; limitata ai 200 CV (come per la Z H2) e nonostante il peso non proprio da ballerina questo motore rimane ad oggi la massima espressione di sovralimentazione mai realizzata per una motocicletta. Non &egrave; un caso che si tratti di Kawasaki, che gi&agrave; comp&igrave; un mezzo miracolo rendendo guidabile la GPZ750 Turbo negli anni &#39;80!    Top5: moto che non ti aspetti vadano cos&igrave; forte 

Tra esperimenti pi&ugrave; o meno riusciti, abbiamo visto diverse moto sovralimentate nel corso degli anni. Abbiamo raccolto i 5 modelli di serie degni di essere ricordati nei secoli dei secoli

Top5: le moto sovralimentate che hanno fatto storia

Ci sono moto che basano tutto sull&#39;innovazione, sul design ipermoderno e sull&#39;effetto &quot;wow&quot; dato da soluzioni tecniche mai viste prima. Dall&#39;altra parte c&#39;&egrave; invece un&#39;enorme fetta di motociclisti che preferisce le linee ispirate a leggende del passato, quelle che hanno scritto la storia di uno specifico marchio o che hanno rappresentato tutto il mondo motociclistico in un preciso periodo storico.&nbsp;  Nella Top5 di oggi raccogliamo quelle moto moderne che portano tributo a mezzi che sono entrati nel cuore di tutti gli appassionati, e che puntano tutto sull&#39;effetto nostalgia per far rivivere ai motociclisti le emozioni dei bei tempi. Quindi non si tratta di moto che portano (appropriatamente o meno) soltanto un nome storico, ma che hanno dettagli tecnico-estetici che richiamano esplicitamente al passato.&nbsp;  1- Moto Morini Seiemmezzo - 3 &frac12; anni &#39;70    Cambia qualcosa nel nome, non &egrave; esattamente lo stesso, ma c&#39;&egrave; parecchia coerenza. Il numero con la mezza cifra di queste moto rappresenta la cilindrata del motore, che nel modello contemporaneo ha 650 cc. Fra le due generazioni ci passano 50 anni (la prima 3 &frac12; era del 1973) e non c&#39;&egrave; momento migliore per celebrare la storia di un modello che ha decretato il successo dell&#39;intera Moto Morini.  I punti in comune tra passato e presente? Senza dubbio la colorazione con serbatoio rosso-nero con il logo MORINI in stampatello e il numero (scritto con il &quot;&frac12;&quot;) sul fianchetto laterale. Il resto dello stile retr&ograve; con faro anteriore circolare rende la moto una modern classic con tutti i crismi, senza copiare troppo dalla moto che fu e abbracciando il gusto retrofuturista che piace molto di questi tempi. Questa similitudine la si pu&ograve; aprezzare solo nella versione stradale STR, perch&egrave; la SCR con look da scrambler ha un gusto molto diverso.    &nbsp;  2 - Kawasaki Z900RS - Kawasaki Z1 900 anni &#39;70    Motore a quattro cilindri: c&#39;&egrave;. Cilindrata identica: c&#39;&egrave;. Colorazione bicromatiche: c&#39;&egrave;. Codino all&#39;ins&ugrave; con faro circlare: c&#39;&egrave;. Kawasaki ha fatto il suo modello nostalgico cos&igrave; fedele all&#39;originale che si potrebbero perfino confondere agli occhi di un motociclista non attento ai dettagli.&nbsp;  Ovviamente le moto sono molto diverse, ma il gusto nello stile rimane lo stesso ed &egrave; veramente ben riuscito. Ovviamente la moderna RS non &egrave; pi&ugrave; la &quot;bara volante&quot; del passato (potente e con una ciclistica non all&#39;altezza delle prestazioni), ma piuttosto una versione pi&ugrave; tranquilla della gi&agrave; pepata Z900. Per nostalgici delle care vecchie Jap o per chi vuole una bella 4 cilindri ma non vuole osare con lo stile &quot;alla giapponese&quot; dei prodotti moderni.    &nbsp;  3 - Bennelli Leoncino - Leoncino 125 anni &#39;50    Dalla 125 alla 800, Leoncino rappresenta un&#39;intera gamma del listino pesarese e ovviamente si basa su un modello che ha fatto la storia del brand. Il Leoncino 125 del 1951 nacque come motocicletta sportiva leggera e veniva impegnato anche nelle competizioni con discreti risultati. Il prodotto era cos&igrave; buono e apprezzato che rimase in listino fino agli anni &#39;70, per poi tornare soltanto nell&#39;ultimo lustro come versione moderna e decisamente meno sportiva.  Il contatto con il passato lo si pu&ograve; notare da un dettaglio di fondamentale importanza e caratteristica peculiare unica nel mercato attuale: il fregio a forma di piccolo leone sul parafango anteriore. Inconfondibile negli anni 50, inconfondibile quando lo vediamo su una moto contemporanea... un tocco di personalit&agrave; che divide anche l&#39;utenza fra chi lo adora e chi non lo vorrebbe vedere. In qualsiasi caso, &egrave; la storia che si ripete.    &nbsp;  4 - Ducati Scrambler - Scrambler 450 anni &#39;60    Con la Next Gen, Ducati ha voluto rinfrescare il progetto Scrambler nel 2023 senza comunque cambiare i connotati estetici e mantenendo una grande coerenza con il passato, bench&egrave; si tratti di un modello completamente nuovo. La Scrambler &egrave; ispirata all&#39;omonimo modello monocilindrico 450 di Borgo Panigale, icona delle moto tuttofare degli anni &#39;60.  Manubrione a curva alta, serbatoio giallo con placche laterali argentate, codino corto e look da tuttoterreno. C&#39;&egrave; molta coerenza con il passato, ma ora il target di utilizzo - con un bicilindrico 800 sotto le ginocchia - &egrave; del tutto diverso e punta a un&#39;utenza giovane e modaiola, pi&ugrave; che al motociclista vecchiotto e nostalgico. La formula funziona e la comunicazione di Ducati anche... si tratta di una delle modern classic pi&ugrave; apprezzate del mercato.  &nbsp;  &nbsp;  5 - Triumph Bonneville T120 - Bonneville T120 anni &#39;60    La Bonneville fu un modello leggendario per il marchio di Hinckley, nato come bicilindrico parallelo sportivo negli anni &#39;50 quando le case inglesi dominavano le competizioni internazionali, poi cresciuto come fenomeno di costume negli anni &#39;60 dei rocker e dell&#39;Ace Cafe di Londra. Un&#39;aura di leggenda che ha portato Triumph a riproporre nome e stile nei primi anni &#39;00 con la Bonneville 800, prima vera modern classic ispirata al passato, che ha aperto il mercato a questo genere di nostalgia a due ruote.  La moderna Bonnie T120 &egrave; qualcosa di molto diverso, ma mantiene ancora le stesse proporzioni estetiche, la stessa architettura meccanica e il vibe tipicamente inglese che ispira molti altri produttori di tutt&#39;altra nazionalit&agrave; (Brixton e Mash solo per citarne due). Con il bicilindrico da 1200cc e tutta la qualit&agrave; costruttiva moderna di Triumph, &egrave; una delle esperienze motociclistiche in stile classico pi&ugrave; belle del mercato, anche se non fa pi&ugrave; i numeri di vendita degli scorsi anni.   

Nostalgia canaglia! Alcuni modelli contemporanei basano il proprio successo sull&#39;ispirazione che arriva da leggende del passato. Ecco un esempio dei pi&ugrave; riusciti tributi del mercato

Top5, tra passato e presente: le moto nate dalla storia

Abbiamo da sempre amato le moto carenate: sono aggressive, fanno sentire piloti e sono belle da guidare fra le strade tortuose e veloci di certi passi di montagna. Fino a circa 10 anni fa esistevano ancora moto supersportive adatte alla guida su strada, ma l&#39;evoluzione delle prestazioni che ha trasformato le moto super in &quot;hyper&quot; da pista ha aperto la strada a una nuova categoria di moto con i semimanubri ma pi&ugrave; adatte all&#39;uso su strada che su pista. In attesa dell&#39;arrivo di KTM 990 RC e Yamaha R9, ecco le 5 moto carenate stradali del 2023 che dovrete sicuramente prendere in considerazione se cercate emozioni sportive.&nbsp;  Aprilia RS 660  &Egrave; la carenata pi&ugrave; venduta d&#39;Europa e si merita questo traguardo. La RS ha aperto il mercato ad una nuova generazione di sportive medie versatili e piacevoli da guidare, con semimanubri non troppo estremi ed estetica molto aggressiva e ispirata dalle corse. Da guidare &egrave; un portento e l&#39;elettronica &egrave; raffinata, si tratta di uno dei migliori esempi di bicilindrico parallelo sul mercato (in quanto a prestazioni) e ha una ciclistica davvero goduriosa. Se doveste valutare un acquisto di questa tipoligia, lei sarebbe senza dubbio fra le vostre scelte. Scheda tecnica e listino qui.    &nbsp;  Triumph Speed Triple 1200 RR  In questa lista non poteva mancare anche un &quot;bombardone&quot; come la RR di Triumph, una moto in stille neoclassico, raffinata nella realizzazione e con prestazioni esaltanti, ma con un&#39;impostazione a semicarena che la rende adatta pi&ugrave; alla strada che alla pista (nonostante le ottime prestazioni anche fra i cordoli). Questa moto non &egrave; solo la massima espressione del tricilindrico inglese ma anche una goduriosissima sportiva mangiacurve, soprattutto quando sono veloci e raccordate. Le finiture sono di livello e andare in giro con una moto di questo tipo alza il vostro status sociale fino al livello di &quot;troppo figo&quot;. Per i dettagli tecnici e i prezzi, questo &egrave; il listino.    &nbsp;  Yamaha R7  Un&#39;altra moto con il bicilindrico parallelo e un altro modo di concepire i semimanubri in una moto da strada. La R7 ha il glorificato motore CP2 sotto le carene e riprende in pieno lo stile della serie R, ovvero gli animali da pista di Yamaha. In realt&agrave; la pista non &egrave; il suo terreno principale, ma piuttosto le strade quotidiane (si, va bene anche come commuter) e quelle pi&ugrave; tortuose e divertenti dei weekend in moto con amici fuori citt&agrave;. Le prestazioni non sono esagerate ed &egrave; una moto facile, anche se sembra molto pi&ugrave; estrema di quello che in realt&agrave; &egrave;. Per conoscerla meglio consultate il listino di InMoto qui.    &nbsp;  Ducati SuperSport 950  Un nome che &egrave; leggenda, un modello che &egrave; sempre stato a met&agrave; fra le moto stradali e gli animali da pista di Borgo Panigale. Con l&#39;ultima declinazione della SuperSport, abbiamo anche la pi&ugrave; stradale di sempre della serie, con una posizione di guida sportiva ma non troppo e prestazioni briose che arrivano da un motore e un telaio di derivazione Monster. Di recente &egrave; stata aggiornata con colorazioni inedite e nonostante l&#39;attitudine puramente stradale ha anche un family feeling che richiama molto le moto della serie Panigale. E ovviamente, da guidare &egrave; una vera Ducati. Qui prezzo e scheda tecnica.    &nbsp;  KTM RC 390  Cilindrata ridotta, motore monocilindrico, ma non provate a prendere sottogamba le sue prestazioni. La 390 austriaca con la carena attillata &egrave; anche molto leggera e sulle tortuose strade dei passi di montagna pu&ograve; dar filo da torcere a moto ben pi&ugrave; grandi, soprattutto in percorrenza di curva dove mostra tutta la sua verve grazie a pochi chili e una ciclistica rigorosa e ben tarata. Per scoprirla, consultate il listino di InMoto, qui c&#39;&egrave; tutto quello che dovete sapere su di lei.    Top5: le medie perfette per viaggi e vacanze nel 2023 

Il segmento delle moto da strada con i semimanubri sta lentamente rinascendo e nel 2023 possiamo scegliere fra moto carenate pensate per la strada e non per la pista. Quali sono le migliori?

Top5: le sportive stradali pi&ugrave; gustose del 2023

Una Top5&nbsp;stilata pensando a una situazione che, ultimamente, si presenta spesso. Ci sono motociclisti che sognano grandi viaggi, giorni e giorni in sella alla ricerca di cose nuove da vedere, da mangiare e da scoprire dentro s&egrave; stessi, ma che per via di un budget limitato devono ricorrere al mercato dell&#39;usato.  Ma con lo stesso budget di una BMW GS di 8 anni fa (non pi&ugrave; di 12.000 euro), si pu&ograve; trovare qualcosa di nuovo che pu&ograve; dare grandi soddisfazioni in viaggio, con un discreto comfort anche per il passeggero e parecchio spazio per i bagagli. Benvenuti nel mondo delle turistiche tuttofare a prezzi tutto sommato onesti.  Suzuki V-Strom 650 XT  Cominciamo con la veterana della classifica di vendite italiana, e una delle crossover che ha dato il via alla moda nei primi anni &#39;00. La V-Strom &egrave; perfetta per questa categoria di moto perch&egrave; si tratta di un modello dalle forme abbondanti, spaziosa per conducente e passeggero ma comunque agile e dalla ciclistica molto equilibrata.  Non ha le chicche tecnologiche di molte sue colleghe pi&ugrave; moderne, ma in versione XT con valigie laterali belle capienti (e un bel topcase optional) pu&ograve; portarvi ovunque in grande comodit&agrave;. Il suo bicilindrico a V &egrave; uno dei pochi sopravvissuti in una fascia di prezzo che ora vede unicamente motori paralleli, infatti costa 9.490 euro.    &nbsp;  Yamaha Tracer 9&nbsp;  Se la volete in versione superaccessoriata dovete comprare la GT, ma si vi accontentate di una standard per stare sotto i 12.000 euro, vi portate a casa comunque una delle migliori turistiche del mercato. La ruota anteriore da 17&quot; e la gommatura puramente stradale la rende una sport-tourer dei nostri giorni e con il motore tricilindrico CP3 di Yamaha si pu&ograve; andare anche parecchio forte.  L&#39;attitudine teppistica, per&ograve;, non offusca le grandi capacit&agrave; turistiche stradali che la mettono di sicuro nell&#39;olimpo delle migliori moto di fascia media in assoluto per il suo equilibrio generale e il divertimento alla guida a tutte le andature. Con un trittico di valigie capienti avete un ottimo compromesso fra sportivit&agrave; e turismo al prezzo di 11.799 euro.    &nbsp;  Moto Guzzi V85TT  Qui di sportivit&agrave; ce n&#39;&egrave; poca, anzi questa moto abbraccia molto di pi&ugrave; la filosofia classic che - in questa interpretazione crossoveristica - esprime personalit&agrave; e una gran voglia di far strada. La V85TT &egrave; un mezzo tranquillo, con prestazioni inferiori rispetto alla Yamaha di sopra, ma con un carattere da macinachilometri su strada e terra battuta che sta affascinando moltissimi motociclisti.  Erogazione morbida, ciclistica comunicativa e confidenza nel misto stretto la rendono un animale da passi di montagna, che non si fa intimorire dal passeggero o da un carico di bagagli per una vacanza on the road, la coppia del nuovo 850 Guzzi riesce a soddisfare queste esigenze come molte concorrenti pi&ugrave; costose e potenti. &Egrave; lei la pi&ugrave; costosa di questa lista con 12.199 euro.    &nbsp;  CB500X&nbsp;  Lo so gi&agrave; che molti di voi stanno storcendo il naso pensando che con una 500 non si possa fare vero turismo. I viaggi in realt&agrave; si possono fare anche in Ciao se si ha il giusto mindset, e con la CB500X spesso non si rimpiangono moto di potenza e cilindrata superiore. Perch&egrave;? Semplicemente il suo motore d&agrave; tutto a bassi giri facendo della Honda una mangiatornanti per eccellenza.  &Egrave; corta e agile, ma ha pure spazio per un trittico di bagaglio rigido full size, che per&ograve; rubano un po&#39; di spazio alla comodit&agrave; del passeggero. Da una macinachilometri instancabile che costa solo 7.290 euro e pu&ograve; pure fare fuoristrada in modo discretamente efficiente.    &nbsp;  CF Moto 800 MT Touring  Una cinese in una comparativa virtuale di moto non troppo costose, non poteva di certo mancare. Con il motore KTM 790 e dimensioni abbondanti si pu&ograve; giocare a fare &quot;i grandi&quot; e andare in giro per il mondo senza troppi problemi di spazio per bagagli e passeggero.&nbsp;  Il prezzo di 10.990 euro &egrave; azzeccatissimo per una moto bella vispa, non troppo pesante e che non lascia nulla al caso proponendo di serie tantissimi dettagli tra cui tubi paramotore e tripletta di valigie rigide supercapienti. Di sicuro da prendere in considerazione se pensate ad una vera turistica senza voler spendere i soldi per una GT come si deve.    Top5: le modern classic pi&ugrave; cool del 2023 

Si possono avere grande comfort e capacit&agrave; turistiche ad un prezzo &quot;umano&quot;? &nbsp;Ecco le migliori moto medie per andare in ferie in prima classe

Top5: le medie perfette per viaggi e vacanze nel 2023

Abbiamo deciso di dedicare questa piccola classifica alle moto modern classic, ma essendoci parecchie alternative sul mercato - pi&ugrave; o meno nuove - abbiamo preso moto molto diverse fra loro e a loro modo uniche nel panorama motociclistico attuale, ognuna in rappresentanza di una differente architettura meccanica ma rimanendo sempre nel mondo delle moto non premium. Quali sono? scopritelo scorrendo le pagine.  Bicilindrico parallelo: CF Moto 700 CL-X Sport  Perch&egrave; proprio lei? Non &egrave; una moto tecnologicamente o prestazionalmente migliore delle concorrenti, ma &egrave; un pezzo abbastanza unico del mercato, con quell&#39;impostazione retrofuturistica e i semimanubri che la fanno sembrare una racer uscita da qualche videogioco cyberpunk.  La CL-X Sport &egrave; spinta da un bicilindrico parallelo da quasi 700cc, capace di 70,5 CV e 61,2 Nm di coppia. Il peso di 189 kg la fa rientrare perfettamente nella media della categoria - in quanto a prestazioni - ma la guida molto caricata sull&#39;anteriore da vera sportiva stradale e un carattere estetico ben definito la rendono la nostra scelta &quot;cool&quot; per il 2023. Ah si, il prezzo &egrave; di 7.390 euro.    &nbsp;  4 cilindri: Kawasaki Z900 RS  Non poteva mancare una classic in rappresentanza dell 4 cilindri in linea. Perch&egrave; abbiamo scelto la Z900 RS? Semplice, in questa classe c&#39;&egrave; solo lei ed &egrave; una delle scelte migliori per chi ama i quattro pistoni tutti in fila, anche fuori dal contesto delle moto con stile classico.&nbsp;  La Z900 si rif&agrave; alle linee della 900 Z1, la moto che ha dato il via al segmento delle maxi a 4 cilindri giapponesi nel 1972 e che ha alzato l&#39;asticella delle prestazioni nel mondo delle due ruote stradali. Con la Z900 RS non siamo pi&ugrave; al top della performance del mercato, ma lo stile fortemente ispirato all&#39;antenata e un piacevole equilibrio generale fra sportivit&agrave; e turismo rappresentano la carta vincente di un modello di nicchia che ha uno zoccolo duro di appassionati. Ha 111 CV, pesa 215 Kg o.d.m. e costa 13.290 euro.    &nbsp;  Monocilindrico: Royal Enfield HNTR 350  Non &egrave; una media, &egrave; una piccola cilindrata, ma rappresenta uno dei successi del mercato e una moto che ormai ha messo dimora nella top30 delle moto pi&ugrave; vendute d&#39;Italia. La HNTR (Hunter, per gli amici) non &egrave; solo un&#39;ottima moto per iniziare ad andare in moto, ma &egrave; anche una delle classiche con la linea pi&ugrave; equilibrata e piacevole del listino.  Tanto semplice quanto riconoscibile, la HNTR &egrave; spinta dal motore&nbsp;serie-J monocilindrico raffreddato ad aria-olio da&nbsp;349 cc, lanciato di recente su Meteor e Classic 350. Eroga&nbsp;20,4 cv a 6.100 giri/min e 27 Nm di coppia a 4.000 giri/min. Il prezzo &egrave; interessantissimo, parte da 4.300 euro.    &nbsp;  Bicilindrico a L: Ducati Scrambler Nex Gen  In rappresentanza del bicilindrico a L Ducati, non possiamo che citare la Scrambler, che anche nella nuova versione Next Gen non rinuncia all&#39;architettura meccanica raffredata ad aria con distribuzione desmodromica, un unicum nel panorama internazionale che merita senza dubbio un posto in questa classifica.&nbsp;  &Egrave; rimasta solo lei a rinnovare il legame meccanico con il passato di Borgo Panigale, e il suo aggiornatissimo Desmodue da 803cc eroga 73 CV e 65 Nm di coppia. Dalla sua c&#39;&egrave; anche un peso limitato in 185 kg o.d.m. e uno stile classico che &egrave; a sua volt diventato un classico. &Egrave; disponibile in tre versioni (Icon, Full Throttle e Nightshift) e il prezzo parte da 12.390 euro&nbsp;    &nbsp;  Bicilindrico trasversale: Moto Guzzi V7  La V7 &egrave; anch&#39;essa un pezzo di storia motociclistica italiana che si rinnova, e il motore 850 raffreddato ad aria con distribuzione ad aste e bilancieri &egrave; figlio di una tecnologia che non vuole saperne di invecchiare e che rappresenta il cuore pulsante di un&#39;intero marchio. In secondo luogo &egrave; la naked pi&ugrave; venduta d&#39;Italia, e questo le d&agrave; diritto a un posto fisso in questo tipo di classifiche.  Cosa la rende cos&igrave; irresistibile? Senza dubbio il look equilibrato, tranquillo e fortemente identitario con quei due cilindri che spuntano di lato, in secondo luogo un ottimo equilibrio fra qualit&agrave; e prezzo che assieme alla forte italianit&agrave; del progetto, la rendono irresistibile a molti motociclisti. La potenza di soli 66 CV non &egrave; importante quanto la robusta coppia di 75 Nm, che spingono piacevolmente 218 kg (o.d.m.) di classicit&agrave; mandelliana. Il prezzo parte da 8.999 euro per la Stone.    Top5: moto che non ti aspetti vadano cos&igrave; forte  &nbsp; 

Cosa c&#39;&egrave; di meglio di una bella moto versatile e dallo stile retr&ograve; per surfare fra citt&agrave; e colline nei mesi pi&ugrave; caldi dell&#39;anno? Abbiamo scelto per voi le 5 nude classiche, una per ogni tipologia di architettura meccanica

Top5: le modern classic pi&ugrave; cool del 2023

        Le naked sono la seconda forza del mercato, subito dopo le crossover che stanno dominando le vendite. L'interesse per gli italiani per le moto nude &egrave; sempre stato alto fin dagli anni '90 e si confermano uno zoccolo duro del nostro listino anche nel 2023. Questo significa che le alternative sono tante e si pu&ograve; spaziare da mezzi supereconomici e non molto prestazionali fino a costosissime superbike scarenate. Oggi ci concentriamo in una fascia di prezzo ben precisa e fra le pi&ugrave; gettonate, ovvero quella che sta nella forbice fra i 7.000 e gli 8.000 euro. In questo preciso intervallo si trovano moto di grande successo e di qualit&agrave; medio-alta, mezzi che negli anni si sono dimostrati affidabili e belli da guidare e che - spesso - riescono a mettere d'accordo motociclisti neofiti ed esperti con parecchi anni (e km) sulle spalle. La Top5 &egrave; stilata senza seguire un preciso ordine. 5 - Kawasaki Z650 2023 Si tratta di una moto molto cara agli appassionati Kawa, perch&egrave; fin dal debutto della piattaforma bicilindrica parallela (quasi 20 anni fa con la ER-6n) ha avuto grande successo. La sua formula &egrave; senza dubbio la semplicit&agrave; e l'equilibrio d'insieme, insieme a un rigore ciclistico tipico dei prodotti del marchio e a una facilit&agrave; di guida che mette d'accordo un po' tutti. Le prestazioni non sono eccezionali, ma senza dubbio sufficienti per fare un po' di tutto (la base &egrave; la stessa di Versys e Ninja 650) e ad una potenza massima di 68 CV corrisponde una coppia di 62 Nm e un peso di 188 kg. &Egrave; la porta d'ingresso nel mondo delle "verdone" e un ottima commuter quotidiana che soddisfa anche nella gita allegra del weekend. Il listino parte da 7.690 euro.  &nbsp; 4 - CF Moto 800NK Non l'abbiamo ancora provata e non &egrave; ancora arrivata nei concessionari, ma &egrave; gi&agrave; ordinabile e rappresenta la vera novit&agrave; del 2023, un prodotto che tutti stiamo aspettanto per saggiarne le qualit&agrave; e capire se &egrave; veramente all'altezza di quello che promette. La 800NK arriva per sfidare Honda Hornet e Suzuki GSX-8S nel loro terreno di caccia, le naked medie sportiveggianti, e lo fa con contenuti in linea e con un'estetica accattivante. Di lei sappiamo gi&agrave; tutto, il motore &egrave; derivato dal 790 di KTM ed offre una potenza di 99 CV e 83 Nm di coppia, su un peso che dovrebbe essere di 186 kg a secco. Numeri da moto di fascia superiore, perch&egrave; costa solamente 7.890 euro. Rimane l'incognit&agrave; qualit&agrave; complessiva e affidabilit&agrave;, ma a scatola chiusa sembra avere tutte le carte in regola per il successo.  &nbsp; 3 - Honda Hornet 750 Abbiamo parlato spesso di lei e continua ad essere un "tema caldo" di quest'anno. La nuova Hornet bicilindrica &egrave; partita a spron battuto sul mercato ed &egrave; la seconda naked pi&ugrave; venduta del primo quadrimestre. La garanzia di qualit&agrave; ed affidabilit&agrave; del marchio Honda e il prezzo inferiore alla concorrenza diretta (parliamo di Suzuki) stanno facendo effetto. Dal lato tecnico abbiamo una moto semplice nella ciclistica ma con una quantit&agrave; di elettronica ottima per la categoria e un motore che piace sempre di pi&ugrave;, brioso agli alti ma non spompato ai bassi regimi. Esprime 92 CV e 75 Nm di coppia, su un peso di 190 kg. Il prezzo &egrave; al limite del nostro budget: 7.990 euro. Con i 10 euro rimanenti ci fate benzina.  &nbsp; 2 - Suzuki SV650 &Egrave; bello stilare una classifica e poter metterci all'interno un mezzo a due ruote dall'aura immortale, uno di quei modelli che non invecchiano e che continuano ad affascinare appassionati e a offrire emozioni al pari delle moto pi&ugrave; moderne. La SV650 di Suzuki rappresenta un unicum nel mercato delle naked ed &egrave; l'ultimo baluardo della "vecchia guardia", con motore bicilindrico a V e faro anteriore alogeno "a padellone". Non &egrave; pi&ugrave; un best seller come in passato, ma &egrave; una moto ancora validissima dal punto di vista dinamico e di equilibrio generale. Il suo motore a V ha debuttato proprio su questa moto sul finire degli anni '90 ed &egrave; ancora l&igrave;, prestante ed Euro5. Vanta una potenza di 74 CV e ha 64 Nm di coppia massima, su 200 kg di peso. Costa decisamente poco rispetto alla concorrenza, siamo a 6.890 euro.  &nbsp; 1 - Yamaha MT-07 Nel 2023 &egrave; stata rinnovata con nuovi contenuti tecnologici e uno schermo TFT di grandi dimensioni. La nuda 700 di Yamaha si conferma quindi una moto che sta al passo con i tempi e una delle prime scelte dei giovani per quanto riguarda la prima moto. Gli adulti e i pi&ugrave; smaliziati, invece, la conoscono per le sue qualit&agrave; dinamiche e il suo carattere da impennatrice seriale.&nbsp; &Egrave; molto compatta, ha un muso decisamente robotico e non &egrave; il massimo per le gite in due, ma non esiste persona al mondo che non si possa divertire in sella. Il motore CP2, un bicilindrico parallelo moderno che &egrave; gi&agrave; leggenda, offre una potenza di 74 CV e una coppia massima di 63 Nm, tutti stipati ai bassi regimi. Il peso &egrave; di 184 kg e il prezzo &egrave; di 7.999 euro. 1 euro in meno del nostro budget, con il quale possiamo comprare un paio di Goleador da condividere con il venditore.&nbsp;  Top5: le hypernaked pi&ugrave; focose del 2023        

Avete un budget limitato ma volete una nuda di qualit&agrave; medio-alta? Allora eccovi 5 scelte (nuove, non usate) fra le migliori del mercato, tutte comprese fra i 7.000 e gli 8.000 euro

Top5: che naked compro con 8.000 euro?

        Negli ormai lontanissimi anni '90 c'&egrave; stato un filone di moto esclusive e davvero particolari, nate dalla volont&agrave; di creare le sportive stradali pi&ugrave; leggere e svelte possibile. Il motori monociclindrici di quei tempi equipaggiavano le enduro dual ed erano robusti e ricchi di coppia in basso e sono stati un'ottima base per alcune di queste creazioni, altre invece hanno puntato sulle prestazioni estreme con motori sviluppati unicamente per stare dentro un telaio sportivo stradale. Ma perch&egrave; sono esistite moto cos&igrave; e perch&egrave; sono rimaste una nicchia cristallizzata in quel decennio? Difficile avere una risposta precisa, ma furono la risposta alla voglia di alcuni stradisti e pistaioli di sostituire quelle che un tempo erano le piccole 2 tempi da sparo, sopravvissute fino agli anni '80 e poi uccise dal proliferare dei 4 tempi in tutte le categorie. Bench&egrave; molto diverse, queste mono carenate replicano la dinamica di quelle moto a miscela, ma con sound e carattere molto diverso. Ecco le 5 rappresentanti della categoria Supermono, oggi pezzi da collezione dal valore altissimo. Gilera Saturno Bialbero 500 Italianissima, nacque con il testa soltanto il Giappone. Gilera era impegnata nelle competizioni nazionali italiane con un prototipo monocilindrico a 4 tempi (categoria Supermono) e volle realizzare una moto stradale adatta a concorrere con la Yamaha SRX 600 nel mercato interno giapponese. Il risultato fu un prodotto esclusivo dotato di un monocilindrico 500 raffreddato ad aria da 44 CV della Dakota che entr&ograve; in produzione nel 1988 con una tiratura di 2.000 esemplari, dei quali solo 150 destinati all'Italia. Non possiamo parlare di un successo, con il suo stile a met&agrave; fra una sportivetta moderna e una classica carenata italiana anni '60 non ha trovato molti estimatori, ma si tratta di un oggetto cos&igrave; raro e particolare che ora sta avendo la sua rivincita nel mercato dei collezionisti. Se il vostro desiderio &egrave; averne una in garage, oggi &egrave; difficile trovarne una a prezzi umani, e continuano a salire!  &nbsp; Yamaha SZR 660 Erede della gi&agrave; citata SRX 600, questa versione converte il concetto di monocilindrica prestazionale della precedente versione in una vera e propria sportiva stradale con telaio doppio trave e semicarena aerodinamica. Il motore &egrave; sempre quello della Yamaha XT, ma aggiornato all'ultima versione 660 disponibile anche sulla T&eacute;n&eacute;r&eacute;, con 44 CV di potenza massima e un peso complessivo di 159 kg a secco.&nbsp; Con soli 1410 mm di interasse era anche super compatta e la posizione di guida era un po' sacrificata per i piloti pi&ugrave; alti. Se aggiungiamo anche un'estetica cos&igrave; strana e particolare e un prezzo pericolosamente vicino a quello delle 600 supersportive dell'epoca, possiamo capire come mai non se ne sono viste tante in giro. Su strada per&ograve; era una goduria assoluta e ne abbiamo parlato anche in un episodio della nostra rubrica Rewind.  &nbsp; Bimota Supermono 650 Un unicorno, come si definiscono ora le moto rare e ambite. Il nome BB1, se conoscete la tradizione della nomenclatura bimota, vi pu&ograve; far capire subito le caratteristiche fondamentali di questa Supermono. La prima B sta sempre per Bimota, la seconda lettera invece &egrave; quella dell'iniziale del fornitore del motore che qui &egrave; BMW, l'uno &egrave; ovviamente riferito al singolo cilindro.&nbsp; Considerando che si tratta degli anni '90, &egrave; facile capire che il motore incastonato nella preziosa ciclistica di questa sportiva &egrave; il mono Rotax della F650GS, quello a carburatore della prima serie capace di 48CV. La struttura a traliccio e le sospensioni sono al top della tecnica, l'estetica &egrave; accattivante e tipicamente Bimota e per avere un gioiello del genere, ora, dovrete per forza passare per una casa d'aste. Preziosissima.  &nbsp; Ducati Supermono Lei &egrave; la pi&ugrave; famosa Supermono, quella che ha dato il nome alla categoria e in assoluto il pezzo da collezione pi&ugrave; ambito per quanto riguarda moto di questa tipologia. La storia della Supermono Ducati mette le radici negli anni '80 e a capo del progetto c'erano due tipi che vi ricorderanno qualcosa: Pierre Terblanche e Claudio Domenicali. Lo scopo era realizzare una moto da pista con un futuro nella produzione di serie, ma quest'ultimo passaggio non avvenne mai e rimase una moto limitata a una piccolissima produzione per l'uso esclusivo in circuito. Ciclistica ripresa dalla 888 e telaio a traliccio disegnato per avere un mezzo agile e svelto. Il motore &egrave; un unicum nel panorama motociclistico perch&egrave; si tratta di un monocilindrico 550 orizzontale che sfrutta una "finta biella" dove di solito &egrave; allocato il cilindro posteriore Ducati che funge da contralbero di bilanciamento. Ad oggi rimane anche l'unica moto di questa lista con un palmares sportivo internazionale, perch&egrave; vinse al Tourist Trophy nel 1995 con Robert Holden in sella.  &nbsp; Honda Supermono 644 A met&agrave; degli anni '90 anche in Honda decisero di puntare sulla categoria delle sportivette monocilindriche e al Tokyo motor Show del 1995 venne presentata la Super Mono 644. Ovviamente il forte richiamo arrivava da una potenziale sfida sul mercato contro la Ducati Supermono, ma proprio come per la moto bolognese alla fine non si arriv&ograve; mai alla produzione di un esemplare omologato per l'uso stradale. Della 644 non abbiamo molte notizie perch&egrave; dopo la presentazione al pubblico e il poco materiale stampa dell'epoca, non si fece pi&ugrave; viva. Non esiste una scheda tecnica ma possimo notare che l'ispirazione alla produzione europea era palese, con il telaio a traliccio di tubi e la ciclistica parecchio sportiva, con forcella a steli rovesciati e una configurazione a semicarena che lascia in bella vista il monocilindrico raffreddato ad aria. Curiosa e bella la soluzione del mono posteriore sotto il motore e l'estetica accattivante ed equilibrata. Forse &egrave; lei la pi&ugrave; bella Supermono, ma oggi come allora possiamo solo sognare di mettercela in garage!  Top5: moto che non ti aspetti vadano cos&igrave; forte       

Sono sportive, veloci e hanno un solo cilindro. Se per voi la maneggevolezza e la velocit&agrave; in curva sono fondamentali, godetevi queste lame del passato con un po' di nostalgia

Top5, le Supermono: monocilindriche da sparo che hanno fatto storia

        Generalizzando, possiamo dire che ci troviamo in un periodo nel quale met&agrave; delle novit&agrave; appartengono alla categoria crossover, l'altra met&agrave; alla categoria delle bicilindriche parallele, e quasi sempre queste due cose si sovrappongono. Nell'incredibile numero di novit&agrave; in arrivo quest'anno, di 4 cilindri se ne sono visti pochi, soprattutto i 4-in-linea che fino a un decennio fa erano lo zoccolo duro del mercato. Cosa &egrave; rimasto, nel 2023, delle moto con quattro pistoni affiancati e quali sono le pi&ugrave; interessanti presenti ora sul mercato? Abbiamo messo insieme cinque modelli rappresentativi di diverse categorie per urlare al mondo che il 4-in-linea non &egrave; morto, ma vive e lotta con noi. Kawasaki ZX-4R Lei &egrave; forse la vera novit&agrave; di questa lista, una moto da impallinati veri che sfrutta un motore a 4 cilindri in linea da appena 399cc e potenza di 80CV ad un regime di rotazione massimo superiore ai 15.000 g/min. Sono numeri che vedevamo, in passato, su moto con 2 tempi in meno e questo rimanda alla gloria delle piccole bombe spaccaossa che giravano sulle strade fra anni '80 e '90.&nbsp; Lei &egrave; forse la bandiera della categoria delle plurifrazionate in questo periodo, perch&egrave; si tratta di una chiara presa di posizione controcorrente rispetto alle logiche di mercato attuali, che vedono il bicilindrico parallelo regnare su tutto poich&egrave; economico e versatile. Beh, in questo caso, nessuno ha pensato alle economie di scala, ma solo a far urlare un motore a regimi stellari, come piace ai veri appassionati sportivi.  &nbsp; Yamaha MT-10 Bench&egrave; rinnovata, non &egrave; una novit&agrave; assoluta la maxinaked di Iwata, ma &egrave; senza dubbio rappresentativa di un segmento che ora &egrave; dominato dalle V4 (Streetfighter e Tuono docet). In Yamaha hanno deciso di spogliare una R1 e di farlo nella maniera migliore possibile, perch&egrave; questa moto ha una guidabilit&agrave; unica, una reattivit&agrave; eccellente (aiutata dall'interasse ridottissimo) e un rigore ciclistico da prima della classe. Bench&egrave; Honda con la CB1000R e Suzuki con la GSX-S 1000 siano nella stessa categoria e siano anch'esse 4-in-linea, la menzione per la pi&ugrave; interessante maxinuda del 2023 se la merita questa Yamaha, perch&egrave; mette in campo un equilibrio generale che supera la concorrenza. Per l'estetica... c'&egrave; chi l'adora e chi si tappa gli occhi quando la vede, ma questo &egrave; puramente soggettivo.  &nbsp; Suzuki GSX-S 1000 GT Se non abbiamo messo la maxinaked Suzuki in lista, ci mettiamo la sport-touring! Con la nuda condivide motore e telaio ma il pacchetto declinato in versione turistico-stradale &egrave; decisamente pi&ugrave; azzeccato per questo tipo di motocicletta, che esalta le prestazioni su asfalto ma mentre si viaggia anche verso mete lontane. Il motore &egrave; una leggenda, il mitico K5 che qui eroga 152 CV e arriva alla sua massima evoluzione elettronica. Ha spinta ai bassi, corposit&agrave; ai medi e allunga da dio, mentre la ciclistica &egrave; la classica combinazione Suzuki fra equilibrio e facilit&agrave;. Il pacchetto funziona alla grande e la posizione di guida azzeccatissima insieme a una capacit&agrave; di carico discreta permette di portarsi a casa una sport-touring con i fiocchi, forse una delle migliori turistiche sportive a 4 cilindriche siano mai state realizzate&nbsp;  &nbsp; Honda CB650R Perch&egrave; citare una moto abbastanza datata e non aggiornata da parecchio in questa lista? Perch&egrave; Honda ha appena introdotto sul mercato la Hornet 2023. Queste due moto potrebbero sovrapporsi sul mercato per prestazioni e tipologia di utenza, ma rappresentano due facce di una stessa medaglia, quella delle naked medie giapponesi. In questo caso a 4 cilindri per la CB650R e a 2 cilindri per la Hornet. Lasciando da parte i discorsi di certi appassionati che vedono la seiemmezzo come la vera erede della Hornet (e non quella con il bicilindrico parallelo) possiamo aggiungere valore all'esistenza di questa moto sul listino Honda. Chi sceglie la CB650R, ora, lo fa perch&egrave; prende una posizione netta e dice "io voglio una Honda naked media, ma la voglio a 4 cilindri perch&egrave; mi d&agrave; gusto". E allora eccola in lista, e grazie a mamma Honda che la tiene in listino.  &nbsp; Kawasaki Z900&nbsp; Non pu&ograve; esserci una Top5 dedicata alle 4-in-linea senza la Kawa Z900. Semplicemente perch&egrave; lei &egrave; la rappresentante di lista, la plurifrazionata pi&ugrave; venduta d'Italia da diversi anni e una scelta molto precisa di certi motociclisti che vogliono un prodotto in controtendenza rispetto alle logiche di mercato attuali.&nbsp; La Z900 rispetta la tradizione dei 4-in-linea del passato e offre un pacchetto molto completo e un'esperienza di guida "puramente Jap" a un prezzo tutto sommato contenuto, considerando che stiamo parlando di una moto da 900cc. E cos&igrave; come attira certi nostalgici, attrae l'attenzione di altrettanti giovani affascinati dai 4 pistoni tutti in fila a spingere una moto dal look aggressivo e squisitamente Kawasaki. Lei &egrave; forse l'ultimo baluardo delle 4 cilindri da classifica di mercato e l'unica che ancora non &egrave; in una nicchia per impallinati.&nbsp;  Top5: moto che non ti aspetti vadano cos&igrave; forte       

In un mondo di bicilindrici paralleli c'&egrave; ancora qualche 4 cilindri che tiene botta. Quali sono le migliori e pi&ugrave; stimolanti 4-in-linea del mercato nel 2023? Ve lo diciamo noi in questa Top5

Top5: le 4 cilindri in linea più interessanti del 2023

Tra le novit&agrave; presenti al salone alcune hanno, secondo noi, lasciato pi&ugrave; il segno. Abbiamo fatto una chiacchierata sulle 5 (+2) proposte pi&ugrave; interessanti viste in questi giorni, dentro e fuori dal Salone.&nbsp;

EICMA 2022, le novità più interessanti? La TOP 5 (+2) di In Moto

Non sono stati dei veri e propri flop, perch&egrave; se pensiamo alla F650SC Scarver di BMW, ha avuto un discreto seguito di appassionati, cos&igrave; come l&#39;Aprilia Mot&ograve; 6.5 che a discapito di vendite penose e un generale &quot;feeling&quot; negativo da parte dei motociclisti sta ricevendo attenzioni e quotazioni in crescita O ancora la bistrattata Suzuki B-King che ora &egrave; un cult fra i collezionisti. Qui si parla di moto che non hanno ricevuto un minimo di attenzione, n&egrave; al momento del lancio n&egrave; dopo, che sono cadute nel dimenticatoio e che non vengono considerate pi&ugrave; da nessuno. A fatica gli appassionati le ricordano, perch&egrave; in giro non se ne vedono e nessuno ne parla n&egrave; bene n&egrave; male. Sono dei &quot;fantasmi&quot; dell&#39;era moderna di cui ci siamo dimenticati  Honda CTX 1300  Realizzata sulla base della ST Pan European 1300, la CTX &egrave; stato il tentativo di realizzare una moto dallo stile &quot;bagger-futuristico&quot; partendo da una Gran Turismo e non da una custom. Stesso discorso fatto con la Goldwing F6B, che per&ograve; ha avuto pi&ugrave; seguito e successo.&nbsp;La CTX 1300 non &egrave; di certo una moto brutta. E&#39; particolare nelle linee, ok, ma &egrave; a suo modo piacevole e ha un equilibrio generale che la rende apprezzabili da una larga schiera di utenti, soprattutto dai nordeuropei. Eppure in Europa si &egrave; vista davvero poco, diventando immediatamente un &quot;worst seller&quot; senza venire particolarmente calcolata nemmeno da quelli che la ritenevano orrenda. E&#39; stata in listino dal 2014 al 2016, appena due anni.    &nbsp;  Harley Davidson Street 750  Fu una rivoluzione. La prima Harley Davidson con raffreddamento a liquido e di cilindrata media, offerta come entry level di fascia economica pensata inizialmente per il sud-est asiatico (e prodotta in India) ma importata anche nel mercato Europeo dove venne lanciata nel 2017 con una strategia marketing un po&#39; confusa.&nbsp;  Confusi furono anche gli appassionati, che non sapevano proprio che tipo di approccio avere con questo mezzo. Non era particolarmente bella, non era fatta bene, non era proprio economica (quasi 8.000 euro per la base) e soli 41CV su 230kg non erano un biglietto da visita allettante. Ovviamente non fu calcolata da nessuno, da noi, invece in India si &egrave; diffusa di pi&ugrave;. Missione compiuta, per un certo verso, ma chi ne ha mai vista una sulle nostre strade?    &nbsp;  Hyosung Comet 650  Quando il fenomeno delle moto cinesi sul nostro mercato non era ancora esploso, il ruolo dell&#39;azienda asiatica super economica ce l&#39;ha avuto per un periodo Hyosung. L&#39;azienda koreana offriva sul mercato italiano una serie di modelli di bassa cilindrata presi dal mercato asiatico e reimmatricolati da noi. Non eravamo ancora maturi per queste motine e non sono state calcolate molto, a parte la Comet, che dal 2004 al 2016 &egrave; rimasta sul listino in modo abbastanza anonimo e nascosto. Pur essendo una sorta di clone della Suzuki SV 650, non era fatta male e faceva il suo sporco lavoro di naked da diporto, ma il marketing era inesistente e le riviste ne hanno parlato davvero pochissimo. Quando, dopo oltre 10 anni di onorata carrieria, &egrave; uscita dalle scene, nessuno se n&#39;&egrave; accorto e in molti nemmeno sapevano che era sul mercato.&nbsp;    &nbsp;  BMW R1200ST  Possiamo considerarlo il flop pi&ugrave; palese di BMW negli ultimi 30 anni. La R1200ST non era altro che una turistica su piattaforma boxer che si poneva a met&agrave; strada fra una R1200R e una R1200RT. Sar&agrave; il periodo non pi&ugrave; roseo per le turistiche, o sar&agrave; il dominio assoluto della GS che ha cannibalizzato una gran parte delle vendite degli altri modelli del brand, ma questa moto ha venduto talmente poco da non essere nemmeno stata spinta dall&#39;ufficio marketing. Come se si fossero accorti del problema che avrebbero avuto le vendite appena immessa sul mercato. La sua carriera dur&ograve; appena 4 anni e chi l&#39;ha comprata l&#39;ha quasi subito sostituita con qualcosa di pi&ugrave; &quot;rivendibile&quot; per essere una BMW. Ovviamente questo l&#39;ha resa una rarit&agrave; sulle strade italiane, e quelle che si vedono in giro di solito hanno quasi tutte targa tedesca o austriaca.    &nbsp;  Ducati Scrambler Sixty2 400  Ma vi ricordate che, non molto tempo fa, Ducati ha fatto una Scrambler 400? Se non vi salta alla mente, non preoccupatevi, non state perdendo colpi. Ducati l&#39;ha presentata con il nome &quot;Scrambler Sixty2&quot; senza calcare la matita sulla cilindrata, e questo forse ha reso il tutto ancora pi&ugrave; fallimentare. La maggior parte degli utenti che cercavano una moto piccola e pratica, manco sapevano che Ducati ne faceva una.&nbsp;  Presentata nel 2016 &egrave; rimasta in listino fino all&#39;anno scorso e il suo motore 400 raffreddato ad aria non si &egrave; visto su nessun altra moto. Le voci di una piattaforma di cilindrata piccola-media in arrivo da Borgo Panigale non c&#39;entrano nulla con questo propulsore, sar&agrave; qualcosa di completamente nuovo e questo rimarr&agrave; un unicum di scarso successo.    Morini Seiemmezzo SCR e STR: il voti del #sottoesame 

Cinque modelli di cui probabilmente non vi ricordate, anche se sono passati pochi anni dalla loro presentazione. Esperimenti poco convincenti che non meritano nemmeno il &quot;cult&quot; del fenomeno flop, perch&egrave; sono semplicemente passate inosservate

Top5: moto moderne di cui ci siamo dimenticati velocemente

Dopo la prima carrellata di 5 nomi (qui l&#39;articolo), andiamo a scoprire le storie e il significato del perch&egrave; i marchi motociclistici si chiamano cos&igrave; e quali storie si celano dietro le parole che sono state registrate al momento della nascita di grandiose aziende. Spesso sono nomi propri del fondatore, altre volte acronimi di tutt&#39;altra natura, o ancora curiose storie che vale la pena conoscere. Oggi scopriamo assieme Aprilia, Piaggio, MV Agusta, Husqvarna e KTM.  Aprilia  Alberto Beggio ha fondato l&#39;Aprilia a Noale nel secondo dopoguerra, e il business di famiglia erano le biciclette. Ci sono voluti diversi anni prima di vedere la prima moto con questo marchio che ora &egrave; uno dei riferimenti internazionali per le moto sportive. Ma Aprilia &egrave; il nome di un comune in provincia di Latina, quindi perch&egrave; ha dato il nome a un&#39;azienda nata in Veneto? In realt&agrave; il comune laziale non &egrave; il solo a portare questo nome, perch&egrave; fu utilizzato anche dalla Lancia per una sua celebre vettura degli anni &#39;30 (Beggio, di fatto, venne ispirato dall&#39;auto), che prende proprio il nome dalla cittadina. Il termine di per s&egrave; arriva per&ograve; dalla locuzione latina &quot;Venus Aprilia&quot;, ovvero Venere Feconda... da qui il significato della parola, che significa fertilit&agrave; e prosperit&agrave;. A giudicare da come sta andando bene l&#39;azienda, il nome calza.    &nbsp;  Piaggio  Enrico Piaggio &egrave; il fondatore dell&#39;azienda diventata famosa grazie alla Vespa e che oggi rappresenta un riferimento mondiale nella produzione di scooter per la mobilit&agrave; urbana. La storia del nome &egrave; breve, inizia e finisce con il cognome del suo fondatore, ma pur essendo un&#39;azienda famosa produrre due ruote in Toscana, &egrave; in realt&agrave; nata in Liguria come segheria per legname! A fine &#39;800 il business della famiglia Piaggio a Sestri Ponente incontr&ograve; una crescita notevole quando inizi&ograve; ad occuparsi di arredi navali di lusso dapprima con il nome di &quot;Societ&agrave; Piaggio&quot;, poi &quot;Societ&agrave; Rinaldo Piaggio&quot; dal nome del figlio di Enrico che a inizio del 20&deg; secolo ampli&ograve; gli interessi aziendali anche nel campo ferroviario, marino e aeronautico per scopo bellico producendo sia carrozze di treni, motoscafi antisommergibili e aerei idrovolanti. Il successo della Vespa arriv&ograve; dalle mani di Corradino D&#39;Ascanio che non era assolutamente un designer motociclistico, ma un progettista aeronautico. Tuttora l&#39;azienda &egrave; impegnata nella costruzione di aerei con l&#39;azienda &quot;Piaggio Aero Industries&quot;.    &nbsp;  MV Agusta  Nata nel 1919 come &quot;Costruzioni Aeronautiche Giovanni Agusta S.A.&quot;, possiamo chiaramente intuire che quest&#39;azienda non produceva motociclette. Il Conte Agusta era proprietario di un campo di volo nella zona di Malpensa nel quale costru&igrave; un&#39;officina di manutenzione per aeroplani. Nel primo dopoguerra venne fondata un&#39;azienda parallela con il nome &quot;Societ&agrave; Anonima Meccanica Verghera&quot; che aveva lo scopo di sviluppare mezzi a due ruote per la mobilit&agrave; come il mercato richiedeva in quegli anni. L&#39;azienda continu&ograve; con la sua carriera aeronautica diventando produttrice di aerei e soprattutto elicotteri, ma rimase il nome anche all&#39;azienda motociclistica che venne abbreviata in MV (da Meccanica Verghera) Agusta.&nbsp;    &nbsp;  Husqvarna  Uno dei nomi pi&ugrave; difficili da pronunciare e da scrivere dell&#39;universo motociclistico &egrave; senza dubbio Husqvarna (&quot;usquarna&quot; &egrave; la pronuncia corretta), che nonostante i numerosi passaggi di propriet&agrave; durante gli anni rimane un marchio di origine svedese. Il termine arriva proprio dalla cittadina che le diede i natali, Huskvarna, che all&#39;antica fondazione veniva scritta con la Q al posto della K. Inizialmente nacque come azienda produttrice di armi nel 1689 sotto il nome di &quot;Husqvarna Vapenfabrik&quot;, ma negli anni questa realt&agrave; si &egrave; ramificata in tantissime altre aziende tra cui macchine da cucire, elettrodomestici, motoseghe e ovviamente motociclette. Curioso il logo, che rispetta le origini del brand e rappresenta una canna di fucile in sezione, sormontata dal mirino, e con la H al centro.&nbsp;    &nbsp;  KTM  &quot;Kronreif und Trunkenpolz Mattighofen&quot; sembra uno scioglilingua tedesco ma non &egrave; altro che il nome dei due fondatori (l&#39;uomo d&#39;affari Ernst Kronreif e l&#39;ingegnere Hans Trunkenpolz) che lavoravano nella cittadina austriaca di Mattighofen. Nel 1936 era una semplice officina di riparazione per auto e moto ma poi il business si allarg&ograve; a produzione di bici e in seguito di motociclette. Ovviamente il nome &egrave; cos&igrave; lungo che venne abbreviato nell&#39;acronimo KTM e l&#39;azienda venne registrata nuovamente come &quot;KTM Motorfahrzeugbau AG&quot;, che in letterale traduzione significa azienda produttrice di motociclette KTM.&nbsp;    Che significato hanno i nomi dei marchi motociclistici (parte 1)  La storia di Venturi e la sua 250 GP: &quot;...e finch&eacute; sto in piedi continuo a lavorarci!&quot; 

Perch&egrave; le nostre moto preferite portano questo o quel nome? Qual &egrave; l&#39;origine dei termini che hanno reso famosi i pi&ugrave; importanti produttori di motociclette del mondo?

Che significato hanno i nomi dei marchi motociclistici? (Parte 2)

        Immaginatevi in sella ad una moto mentre percorrete un lungomare al tramonto, avvolti dall'odore della salsedine e dalla delicata brezza marina. Non avete fretta, state passeggiando, godendovi il momento magico mentre raggiungete gli amici per un aperitivo al chiosco sulla spiaggia, o una bella mangiata di pesce in riva al mare. Quale potrebbe essere la moto perfetta per un momento simile? Sicuramente una che non passa inosservata, ma niente di tamarro e racing, piuttosto una moto senza pretese particolari ed eccellenze ciclistiche o meccaniche, ma uno stile "sciallo" e modaiolo, fra il classico e il moderno. Ecco 5 moto che potrebbero essere perfette come "tipe da spiaggia" in questi caldi giorni di met&agrave; agosto. Ducati Scrabler 800 Caf&egrave; Racer Non &egrave; di certo una novit&agrave;: la Scrambler &egrave; una delle moto modaiole per eccellenza e un'icona moderna del vivere easy, come la stessa Ducati enfatizza in tutte le campagne marketing riguardo questa serie. La versione Caf&egrave; Racer &egrave; anche quella che vediamo meno in giro, per via dei semimanubri non proprio comodissimi, ma &egrave; anche quella che fa girare pi&ugrave; teste al suo passaggio: &egrave; bella per davvero sia da fuori che da sopra, perch&egrave; con quei semimanubri, gli specchi end-bar e la strumentazione tutta a destra d&agrave; veramente l'impressione di essere su una vecchia racer. Il sound, inoltre, svolge un ruolo importante nella guida rilassata e disimpegnata, e questa moto (con uno scarico come si deve) suona da dio.&nbsp;  &nbsp; Triumph Bonneville Bobber Bonneville &egrave; forse il primo nome che viene in mente agli appassionati quando pensano a moto classic. La serie moderna nata nei primi anni del millennio &egrave; ancora una realt&agrave;, ed &egrave; sempre pi&ugrave; vasta con modelli dall'indole diversa e un preciso collocamento sul mercato. Quella dedicata alla "easy life" e allo stile &egrave; senza dubbio la Bonneville Bobber 1200: una moto che non &egrave; una classic, ma non &egrave; nemmeno una vera bobber, &egrave; rigida e non comodissima e non pu&ograve; portare un passeggero. Sa solo quello che non &egrave;: una moto noiosa. Ha finiture curate e stile unico che non passa inosservato, &egrave; apparentemente una moto senza un senso preciso ma il suo scopo &egrave; quello di stupire sia chi la guarda che chi la guida. Perfetta per svuotare la mente trotterellando sul lungomare.  &nbsp; Kawasaki Z900RS Tra gli appassionati di Kawasaki ci sono gli smanettoni - che comprano le Ninja - e gli sportivi stradali che con la moto ci fanno di tutto e che scelgono le moto della serie Z. Fra queste ultime, per&ograve;, c'&egrave; una pecora nera che si chiama Z900RS, una moto senza spigoli, senza muso corrucciato e con un look che richiama l'omonima antenata famosa negli anni 70. Scegliere una Z900RS non &egrave; da kawasakisti moderni e si rivolge anche a chi di solito compra altri marchi: lo scopo di questa moto &egrave; condire di salsa vintage una mezzo con caratteristiche stradali pi&ugrave; che convincenti, ma che pu&ograve; anche portarci a passaggio con una giacca di pelle e un casco integrale vintage in stile anni '70. Le colorazioni sono forse il suo forte, evocative e dalle tonalit&agrave; splendide.&nbsp;  &nbsp; Honda CB1100EX Una outsider in tutto e per tutto: la CB1100EX non &egrave; mai stata veramente apprezzata dal mercato perch&egrave; &egrave; una classica vera: nella forma, nella sostanza e nel non avere uno scopo preciso in questo mondo se non quello di far credere alla gente che ci siamo comprati una moto d'epoca. Stilisticamente parlando, &egrave; un pezzo di passato molto fedele agli anni '80, e anche ciclisticamente (e meccanicamente) non &egrave; comparabile con i mezzi super moderni ed efficienti di questi ultimi anni. Ci&ograve; nonostante ha uno charme difficile da ignorare, &egrave; una signora elengate e sensuale da portare a braccetto in lunghe passeggiate al tramonto. Una perla rara per chi ha il palato fine.&nbsp;  &nbsp; Moto Guzzi V9 Bobber Sport Tra tutte le Moto Guzzi di ultima generazione la V9 Bobber detiene lo scettro di moto "figa" per eccellenza. Come per le altre moto di questa breve lista anche lei segue la regola del "non so eccellere in niente, ma sono stilosissima", e con quelle teste che spuntano di lato e un sound da vera Guzzi (se montate due scarichi giusti &egrave; pure meglio) non &egrave; difficile catturare gli sguardi di appassionati e non. La Bobber inoltre ha una versione Sport con sella monoposto e codino sottilissimo, assieme a una colorazione bronzo opaco che &egrave; perfetta per lo scopo di questo modello: farsi ammirare da tutti mentre passa trotterellando a bassi giri.  Top5: tutte le classifiche di InMoto.it       

Quali sono le moto perfette per passeggiare sul lungomare o per un giro tranquillo fra le colline al tramonto nelle afose giornate estive? Ecco 5 moto che si distinguono per stile, carattere e l'attitudine "easy"

Tipe da spiaggia: una Top5 per godersi l'estate

        Dietro ai nomi si nascondono storie bellissime di passione, progetti e visioni. Quando un'azienda, da semplice idea, diventa realt&agrave; e riesce a conquistare il mondo e il cuore di milioni di appassionati del mondo, all'origine c'&egrave; quasi sempre una storia che parte dal basso, dalla piccola officina o dalla determinazione di uomini con un sogno. Dietro le parole che compongono i nomi delle nostre moto preferite sono nascoste le origini di ogni marchio motociclistico del nostro mercato. Andiamo a scoprire perch&egrave; si chiamano cos&igrave; e da dove sono nate. Ducati Perch&egrave; il marchio di Borgo Panigale si chiami cos&igrave; lo sappiamo tutti. Si tratta del nome del fondatore, ovvero Antonio Cavalieri Ducati, che quando inizi&ograve; la sua avventura imprenditoriale nel 1926 non mise semplicemente il suo cognome. All'inizio la sua azienda si chiam&ograve; Societ&agrave; Scientifica Radio Brevetti Ducati e come si pu&ograve; capire trattava di sistemi per le radiotrasmissioni e non motociclette. Il semplice nome "Ducati" venne adottato dapprima nelle antenne, interfoni e apparecchi radiofonici prodotti. Solo nel primo dopoguerra si iniziarono a produrre due ruote (il Cucciolo fu il primo ciclomotore), per risollevarsi dal bombardamento tedesco che distrusse l'azienda. Da l&igrave; in poi, il nome rimase semplicemente "Ducati" anche sulle carte, fino ai giorni nostri.  &nbsp; Cagiva A Varese, in quello che ora &egrave; lo stabilimento produttivo e amministrativo di MV Agusta, &egrave; nata nel 1950 la Cagiva. Bench&egrave; ora non sia pi&ugrave; nei listini, &egrave; rimasta cos&igrave; tanto nel cuore degli appassionati che si chiama a gran voce il suo ritorno, che in parte sta avvenendo con la MV 9.5 che richiama i fasti della gloriosa Elefant. Il nome dell'azienda &egrave; in realt&agrave; un acronimo in sillabe, che unisce i nomi CAstiglioni GIovanni VArese, ovvero il nome del fondatore e - ovviamente - la citt&agrave; di provenienza. Con il figlio Claudio, la Cagiva visse i suoi anni migliori nel ventennio 80-90, ma &egrave; con la "conversione" a MV Agusta che si mise nel cassetto il nome... che ancora sta l&igrave;, in attesa di essere ripreso in maniera ufficiale. Speriamo presto.  &nbsp; BMW L'azienda bavarese ha un'origine etimologica un po' meno romantica. Le tre lettere stanno per Bayerische Motoren Werke, ovvero "fabbrica di motori bavarese" e si occupava di propulsori per l'utilizzo aeronautico . Semplice e sintetico, poco fantasioso di certo, ma in perfetto stile teutonico. In realt&agrave; l'azienda nacque nel 1917 dalla conversione di un'altra azienda del settore, la Rapp Motoren Werke (dal fondatore Karl Rapp), e di questa mantenne il logo ad anello, che per&ograve; all'intero venne impreziosito dai colori bianco e blu della Bavaria. Per alcuni &egrave; anche la rappresentazione grafica delle eliche tipiche dei motori BMW. La produzione di moto (ancora prima delle auto) inizi&ograve; nel 1923 con la R32  &nbsp; Triumph Il pi&ugrave; importante marchio inglese in realt&agrave; ha origini... tedesche! La Triumph fu fondata nel 1884 da Sigfried Bettman, un tedesco di Norimberga che si trasfer&igrave; a Hinckley e inizi&ograve; la produzione artigianale di biciclette che decise di chiamare, appunto, Triumph. In breve si un&igrave; alla sua avventura un altro tedesco, Maritz Schultze, che apr&igrave; a Norimberga una filiale di importazione delle bici prodotte dall'amico in Gran Bretagna, e cos&igrave; si diede il via ai veri affari. La produzione di moto inizi&ograve; a Hinckley nel 1902  &nbsp; Moto Guzzi "Societ&agrave; Anonima Moto Guzzi". Cos&igrave; si chiamava l'azienda fondata da Emanuele Vittorio Parodi e Carlo Guzzi nel 1921, Con sede amministrativa a Genova e officine di produzione a Mandello. La societ&agrave; fondata dai due (pi&ugrave; il figlio di Parodi, Giorgio) ex aviatori della Regia Marina aveva come scopo la produzione di motociclette, grande passione di entrambi. In realt&agrave; il nome che comparve sul serbatoio del primo prototipo prodotto fu GP, ovvero Guzzi-Parodi, che per&ograve; non fu mantenuto per le moto seguenti e in breve il marchio definitivo divent&ograve; Moto Guzzi, con il logo dell'aquila ripreso da quello della Regia Marina Aeronautica, passato dei entrambi i fondatori.  Gli incidenti stradali nel 2021: bene, benino, anzi no       

Un tuffo nella storia e nell'etimologia dei nomi dei pi&ugrave; importanti marchi a due ruote. Dietro alle lettere si sono sempre storie interessanti e uno specifico motivo per cui quei nomi sono stati scelti per diventare leggenda

Che significato hanno i nomi dei marchi motociclistici? (Parte 1)

Dici Cagiva 125 e pensi Mito! E&#39; un parallelismo immediato e scontato, ma non tutta la storia delle 125 varesine &egrave; stata scritta da quel solo modello. Ci sono una manciata di altre moto che prima di lei hanno rafforzato la presenza del marchio nel segmento delle ottavo di litro sportive e che hanno messo le basi per quello che &egrave; il capolavoro di cui tutti abbiamo memoria. Dopotutto con Giovanni Castiglioni come presidente e Massimo Tamburini come designer non potevamo aspettarci altro se non qualcosa di iconico! Ma andiamo per gradi e in ordine di tempo...  Aletta Oro  Correva l&#39;anno 1984 e il mercato richiedeva nuove moto 125 capaci di soddisfare i pruriti sportivi dei pi&ugrave; giovani. In quel periodo fu presentata la&nbsp;NS125F di Honda e tutti si accorsero che i giovani volevano mezzi veloci, raffinati e belli, proprio in un periodo in cui i portafogli dei pap&agrave; erano belli gonfi grazie al benessere economico degli &#39;80. Situazione perfetta per un prodotto come la Aletta Oro S1, che riprendeva il nome di un modello da corsa degli anni sessanta e il design dalle maxi giapponesi dell&#39;epoca (tipo Yamaha FZ e Kawasaki GPZ), in un mix ben riuscito che la faceva sembrare una moto pi&ugrave; grossa. Tecnicamente era un mezzo in linea con la tecnologia dell&#39;epoca e poteva garantire 21CV e una velocit&agrave; massima di 140 all&#39;ora. Nel 1986 la sua evoluzione S2 port&ograve; in dote l&#39;avviamento elettrico di serie e piccoli nuovi dettagli come taratura sospensioni e colorazioni. Purtroppo l&#39;assenza della valvola allo scarico le faceva pagare qualcosa in merito a capacit&agrave; di elaborazione e prestazioni generali.&nbsp;    &nbsp;  Freccia C9    Per sostituire l&#39;Aletta Oro serviva una rivoluzione tecnologica e prestazionale, fare il salto da una moto sportiva a una supersportiva in miniatura e l&#39;occasione arriv&ograve; nel 1987 con la Freccia C9 (qui il nostro Rewind), che lasci&ograve; tutti di stucco per il suo stile particolare e le sue ottime prestazioni. Quel tale Massimo Tamburini che l&#39;ha disegnata ha pensato a un mezzo estremamente aerodinamico e armonioso, con il grandissimo parafango anteriore a coprire la ruota e il profilo della carena &quot;sigillata&quot; che crea un&#39;unica linea fino al posteriore, che a sua volta integra l&#39;impianto di scarico con doppia uscita ai lati dello stop. Prestazioni? Niente da eccepire: 24 CV, 128 kg e 155 all&#39;ora erano in linea con le concorrenti dell&#39;epoca, cos&igrave; come la ciclistica, che poggiava su un inedito telaio in tubi quadri in acciaio, e che era chiaramente ispirata dalle competizioni garantendo un ottimo comportamento su strada.    &nbsp;  Freccia C10/C12    La Freccia colp&igrave; il bersaglio e dopo appena un anno dal debutto della C9 arriv&ograve; la C10, che cambi&ograve; i connotati dell&#39;estetica e l&#39;avvicin&ograve; allo stile della Ducati Paso di recente presentazione. Questo significa faro anteriore rettangolare pi&ugrave; grande, specchietti ai lati del cupolino con frecce integrate e (purtroppo) scarico in posizione tradizionale e non pi&ugrave; nel codino. Con queste nuove features &egrave; ancora molto gradita e continua a vendere, bench&egrave; la base tecnica &egrave; rimasta fondamentalmente la stessa della prima serie. Con la C12 del 1989 si ebbero importanti modifiche tecniche volte ad aggiornare le prestazioni: arriv&ograve; un nuovo motore da 29 CV con il mitico cambio a 7 rapporti che fu anche la chicca tecnica (tra le tante) della moto che l&#39;anno dopo and&ograve; a sostituire la serie... la mitica Mito.  &nbsp;  Mito    Non ha bisogno di presentazioni... ora, ma la Mito fu mostrata per la prima volta nel 1990 in versione naked e fu molto apprezzata da tutti. In realt&agrave; il progetto era carenato fin dall&#39;inizio, ma un problema nella fornitura delle carene delle preserie ha costretto Castiglioni a scegliere questa strana soluzione per la presentazione ufficiale del modello, in soldoni per no perdere il treno delle vendite, molto favorevoli tradizionalmente ad inizio estate.   La Mito fu una rivoluzione su tutti i fronti, sembrava una GP con la targa e i fari tondi, e anche tecnicamente era strettamente derivata dalle moto da corsa. Semimanubri spioventi, telaio (sviluppato da Gilberto Milani) con travi in estruso, forcellone a &quot;banana&quot; e sospensioni tarate a puntino. I numeri messi in campo erano notevoli: i 31,4 CV alla ruota a 10.500 giri ed una coppia massima di 2,16 kgm a 10.000 giri, rappresentarono i migliori valori della categoria. La velocit&agrave; massima ottenuta grazie anche ad una buona aerodinamica &egrave; di 172,716 km/h. Era la 125 pi&ugrave; veloce del mondo. Qui la nostra prova Rewind del 1990. Nei suoi 4 anni di carriera ha visto diverse versioni tra cui la speciale Denim, la Racing, la Lawson &quot;7&quot; Replica e la corsaiola SP.    &nbsp;  Mito EV  Nel 1994 c&#39;era bisogno di un aggiornamento alle linee e Massimo Tamburini - fresco di gloria con la presentazione della Ducati 916 - decise di convertire la Mito in una Ducati Superbike in miniatura. La Mito EV &egrave; senza dubbio bella, equilibratissima nelle linee e cos&igrave; come la prima serie riusc&igrave; ad attirare i giovani grazie alle linee ispirate alle 500 di Cagiva, cos&igrave; la EV riusc&igrave; ad attrarre con l&#39;ispirazione della pi&ugrave; bella supersportiva della storia. La EV non portava particolari aggiornamenti tecnici se non un nuovo ammortizzatore di sterzo e sospensioni Marzocchi riviste. Rimane il mitico cambio a 7 marce che porter&agrave; questa moto fino al termine della sua carriera, o meglio fino al termine della gloria delle 125 carenate, perch&egrave; ci fu anche una versione finale chiamata SP525 (affettuosamente ribattezzata &quot;maialino&quot;) con estetica ammodernata di ispirazione Cagiva C594 da GP. Qui il motore &egrave; un 6 marce da 15 cavalli come la legge impone, ed infatti fu il canto del cigno della serie.&nbsp;    Top5: le Honda 125 sportive che hanno fatto storia  Top5: le Gilera 125 sportive che hanno fatto storia 

Dopo Gilera e Honda non possiamo che passare al marchio dell&#39;elefantino, che con le sue piccole sportive ha fatto sognare un paio di generazioni di 16enni con il carattere e la tecnica di alcuni intramontabili cult

Top5: le Cagiva 125 sportive che hanno fatto storia

Dopo Gilera, parliamo di Honda e delle sue 125 stradali. La casa giapponese non ha avuto una dinastia ricca di modelli e numeri, ma in perfetto stile nipponico ha seguito una strada che ha mantenuto per tutta la storia di questa categoria, facendo debuttare la NS come prodotto super innovativo a met&agrave; degli anni &#39;80 e proseguendo con la NSR a cavallo del decennio successivo, ponendosi come riferimento di innovazione e qualit&agrave; costruttiva. Le Honda 125 a 2 tempi non sono state le pi&ugrave; potenti e sorprendenti, ma senza dubbio moto ricche di personalit&agrave; e pensate in modo eccelso, grazie anche al tocco italiano che c&#39;&egrave; stato dietro tutte queste realizzazioni.  NS125F    Al Motor Show di Bologna del 1984 vengono tolti i veli alla NS, la moto che rivoluzioner&agrave; per sempre il segmento delle 125 stradali e che ancora ricordiamo come l&#39;inizio della vera competizione fra marchi per dominare l&#39;allora esplosivo mercato delle ottavo di litro. Il progetto NS (codice TC01) &egrave; partito dalla sede centrale in Giappone, ma &egrave; in Italia che ha avuto il suo sviluppo, a causa dei problemi nell&#39;esportazione di motori 125 dal giappone. Il risultato che ne venne fuori fu una vera Honda ma che prendeva le distanze dalla classica produzione 125 del marchio, sempre concentrato sul commuting e non sulle prestazioni. La NS era tecnologica e raffinata, con un motore innovativo dotato di cilindro trattato al ghisnil con otto luci, lamelle in carbonio, contralbero e cambio a 6 marce. La potenza era di circa 20 CV e il peso a secco di soli 115 kg. Ronzava come una zanzara arrabbiatissima. Qui c&#39;&egrave; il nostro Rewind    &nbsp;  NS125R  Dopo quasi 3 anni dal boom della NS, Honda vide che i concorrenti iniziavano a proporre moto carenate e nel 1987 present&ograve; la sua interpretazione del &quot;vestito lungo&quot;, con la NS125R. La tecnologia della TC01, che ritroviamo in questa versione, in realt&agrave; era stata superata dalla Gilera KK e dalla Aprilia AF1, che tra &#39;86 e &#39;87 hanno spostato in alto l&#39;asticella di prestazioni e innovazione. Ci&ograve; nonostante la versione carenata piacque, e continu&ograve; a vendere facendo segnare numeri interessanti (anche in versione&nbsp; R2 Replica Rothmans)... di tutto il mercato 125 era ancora la migliore per qualit&agrave; costruttiva e venne apprezzata molto in Giappone, dove venne addirittura venduta una versione speciale con colorazione tricolore verde-bianco-rosso e il nome &quot;Adriatico&quot;, che a oggi rappresenta la prima moto giapponese non prodotta in Giappone ad essere venduta nel Sol Levante.    &nbsp;  NSR125F  Correva l&#39;anno 1987 e sul mercato arrivava la prima serie NSR, quella senza carena e con il faro quadrato anteriore. Questa, ancora una volta, prende spunto dalla originale NS come filosofia, andando in controtendenza rispetto alla produzione e offrendo qualcosa di realmente diverso. L&#39;assenza della carena non vi faccia pensare, per&ograve;, a una moto poco sportiva, in realt&agrave; &egrave; un passo avanti notevole per le prestazioni e la tecnologia. Il suo motore era capace di 31 CV, il telaio in alluminio pressofuso era una novit&agrave; presa dalle corse e c&#39;era da togliersi il cappello davanti alle finiture di quel pezzo di metallo, uno dei pi&ugrave; bei telai che le 125 abbiano mai avuto. L&#39;estetica &egrave; strana ma armonica, l&#39;assenza di carena le da un gusto tutto particolare e viene parecchio apprezzata in Italia. Di questa ne vennero fatte diverse versioni con un aggiornamento estetico che introduceva convogliatori d&#39;aria al lato del faro e nuovi cerchi e colorazioni. Qui il nostro Rewind.    &nbsp;  NSR125R  Come &egrave; successo per la NS, anche la NSR ha ricevuto una sua versione carenata denominata NSR125R. Nel 1989 &egrave; entrata ad affiancare in gamma la scarenata, offrendo la stessa base tecnica e meccanica (progetto JC20) e impreziosendola di una protezione aerodinamica necessaria anche per chi voleva usarla in pista (e nel campionato Sport Production). Pur essendo meno originale della F, la R offriva una interpretazione della sportiva carenata diversa da quella che si vedeva nelle concorrenti europee, e il vestitino attillato con il doppio faro anteriore, e la carena che si raccordava al serbatoio/codone quasi a creare una monoscocca ininterrotta, era un tocco raffinato. Anche il &quot;ponte&quot; che scavalcava la piastra di sterzo era un guizzo futuristico e azzeccato. Fu un successo sul mercato, e le prestazioni erano paragonabili alla F, bench&egrave; si perse qualcosa in termini di potenza massima e velocit&agrave;, a causa della revisione della curva di coppia e potenza che venne spostata verso il basso per una migliore sfruttabilit&agrave; su strada. Ne fu prodotta anche una versione SP in tiratura limitata con particolari pi&ugrave; racing per correre nella Sport Production.    &nbsp;  NSR125R    1993, capitolo finale della NSR con la seconda e ultima versione della carenata R, nome in codice JC22 e arrivata l&#39;anno dopo la comparsa della sorella naked: la Raiden. E&#39; una moto bella, ispirata alla NR750 e con linee morbide ed equilibrate, ma possiamo dire anche forse un po&#39; pi&ugrave; contata rispetto alla moto che andava a sostituire. Fondamentalmente sotto la carena non cambia molto, e la base meccanica &egrave; sempre quella delle NSR precedenti ma con un nuovo telaio dal disegno innovativo con doppio trave denominato Z Frame. Per questo - in un mercato ormai dominato dalle race-replica come le Aprilia RS e le Cagiva Mito - la NSR&nbsp; rappresentava qualcosa di superato e meno desiderabile. Ci&ograve; nonostante non era propriamente una moto da buttare, perch&egrave; poteva sempre contare su 31 CV di potenza massima e su una velocit&agrave; di punta di 170 km/h. Rimase in commercio per tutti gli anni &#39;90 senza grossi cambiamenti, e la legge che limit&ograve; le 125 a 15CV ufficialmente uccise anche lei... il canto del cigno di una dinastia che ha lasciato un solco profondo nella storia delle 125 stradali.    Top5: le Gilera 125 sportive che hanno fatto storia 

Tra le leggende delle 125 a 2 tempi &egrave; impossibile non citare Honda, che con la sua NS 125 F ha dato inizio al filone e l&#39;ha preseguito con alcuni dei modelli pi&ugrave; ricchi di personalit&agrave;, in controtendenza alle concorrenti europee

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