        Questa moto ha avuto una gestazione molto lunga, partita diversi anni fa in parallelo alla Ducati DesertX e in bocca a moltissimi appassionati che hanno vissuto la sfida (sulla carta) delle due possibili eredi della Elefant. Di fatto, c'era la possibilit&agrave; che la 9.5 fosse proprio marchiata Cagiva, ma poi &egrave; cresciuta con il nome Lucky Explorer ed &egrave; arrivata, oggi, sul mercato con il marchio MV Agusta e il nome definitivo di LXP Orioli. MV Agusta LXP Orioli: esclusiva e curata Tutto nuovo il motore,&nbsp;3 cilindri 931 cc con albero controrotante che eroga 124 CV a 10.000 g/min, con una coppia di 102 Nm a 7000 g/min di regime massimo, ma con l'85% gi&agrave; disponibile a 3.000 giri. Ha molta elettronica, con il Quickshift Up&amp;Down che funziona sia a gas aperto che chiuso, i 4 riding modes, il Traction Control settabile su 8 modalit&agrave; (5 strada, 2 offroad, 1 rain), e che comunque pu&ograve; essere disinserito. C'&egrave; anche l'inedito Front Lift Control, che non &egrave; un&rsquo;antimpennata ma un sistema per ottimizzare l&rsquo;accelerazione, il controllo del freno motore, l&rsquo;ABS cornering settabile e il Cruise Control, che pu&ograve; essere disinserito ruotando in negativo la manopola del gas. Le sospensioni sono di primissimo livello e per il peso si parla di 224 kg. MV Agusta LXP Orioli: prezzo e disponibilit&agrave; Ne verranno prodotte poche, perch&egrave; questa &egrave; una serie limitata che porta la firma di Edi Orioli sul serbatoio e ce ne saranno a disposizione solo 500 per tutto il mondo. Non sappiamo se poi, a seguire, arriver&agrave; anche una versione pi&ugrave; popolare e senza tiratura numerata, ma questa &egrave; gi&agrave; ordinabile presso i rivenditori MV Agusta la prezzo di 30.600 euro, un prezzo davvero elevato ma che rimarca l'esclusivit&agrave; del prodotto e il carattere collezionistico di questa versione.&nbsp;        

Finalmente la prima crossover di Varese che rinverdisce i fasti delle Cagiva Elefant arriva sul mercato, ma &egrave; un prodotto super esclusivo che si paga a caro prezzo!

MV Agusta LXP Orioli: ecco il prezzo!

S&igrave;, quando i V-twin bolognesi motorizzavano le Cagiva e gli appassionati sognavano le imprese del team Lucky Explorer, le enduro di Schiranna si chiamavano Elefant. Una famiglia di modelli nata inizialmente 350 e 650, poi cresciuta a 750 (fine anni &lsquo;80), le prime con grafiche Lucky Explorer per celebrare la partecipazione alla Dakar, le ultime con le sovrastrutture pi&ugrave; essenziali e la ruota anteriore di 21&rdquo;.  USATO, APRILIA SHIVER 750: BRIVIDI DI PIACERE  Motorizzazione e ciclistica    Dopo, nel 1990, deflagra la 900. Linea tutta nuova, motore 900 a iniezione elettronica e grafica rinnovata per eccitare gli appassionati di rally. Sul mercato la BMW 1000 &egrave; pi&ugrave; grossa, blasonata e diffusa, ma uno dei mille esemplari delle Cagiva Elefant 900 numerate si paga di pi&ugrave;, anche il doppio di una Africa Twin 750. Per prestazioni, ciclistica e componentistica sulla carta non ha rivali e su strada conferma ogni aspettativa. I problemi semmai sono tutti negli standard di produzione e nella qualit&agrave; della componentistica europea del tempo. Anche il pregiatissimo Ohlins ha vita relativamente breve perch&eacute; il rapporto del link &egrave; mal studiato e non ha problemi solo il precarico idraulico della molla, ma pure il separatore interno per un&rsquo;idraulica fin troppo sollecitata. Il motore raffreddato ad aria e olio ha il cilindro posteriore spesso al limite del surriscaldamento, e i pistoni Borgo a volte cedono. La frizione a secco &egrave; poco adatta al fuoristrada e sotto stress accusa qualche strappo, ma uno dei guai pi&ugrave; temuti &egrave; la scromatura dei bilancieri. I residui di cromo durissimo prima di essere intercettati dal filtro olio sono in grado di macinare tutti gli organi interni del motore.  Problemi di componentistica  All&rsquo;epoca i motori Ducati e relativi impianti elettrici erano molto discutibili per affidabilit&agrave; ed efficienza (cronica la scarsa potenza del generatore elettrico), la pompa elettrica e tutta l&rsquo;iniezione avevano qualche limite e tutto sommato la parte pi&ugrave; riuscita era la ciclistica, anche se &egrave; fin troppo facile schiacciare il collettore scarico del cilindro anteriore sotto il motore. Tutti problemi affrontati e quasi sempre risolti col tempo, sia dalla Cagiva (nelle ultime versioni a carburatori) che dai primi possessori (un esemplare sopravvissuto ha sicuramente gi&agrave; ricevuto ampie revisioni). Gli unici veri limiti oggi rimangono la misura un po&rsquo; stretta dei pneumatici e lo svergolamento della forcella a causa del monodisco anteriore. Quest&rsquo;ultimo risolto definitivamente con le ultime versione 900 dotate di forcella Showa rovesciata e doppio Brembo anteriore, oltre all&rsquo;assetto ribassato e un&rsquo;altezza sella pi&ugrave; accessibile. E sono molto pi&ugrave; accessibili anche le quotazioni perch&eacute; le ultime versioni sono decisamente pi&ugrave; abbordabili e svalutate, nonostante affidabilit&agrave; e semplicit&agrave; migliori.    Costo ed esclusivit&agrave;  La 900ie Lucky Explorer costava e costa ancora oggi per la sua esclusivit&agrave; e bellezza. Attenzione, Cagiva ripropose pi&ugrave; volte la grafica ispirata alle sigarette americane. Sono ancora Lucky Explorer nel 1994 e nel &lsquo;95, canto del cigno prima della trasformazione in salsa motard, quando l&rsquo;Elefant muore e nasce la Gran Canyon. Ma l&rsquo;Elefant Lucky Explorer per antonomasia rimane la prima 900. Nella sua nobile longilinearit&agrave; quella 900 iniziale in versione alta (sospensioni a lunga escursione) monta ancora un Ducati a 5 rapporti e valvole grosse (testate delle prime Monster e Supersport), che verr&agrave; subito sostituito nella successiva Elefant 900ie GT (1991) con un 900 pi&ugrave; morbido a sei rapporti e valvole pi&ugrave; piccole. Su In Moto n. 10 del 1990 nel confronto con la BMW GS 100 ne usciva eccezionalmente vittoriosa, non solo per la velocit&agrave; effettiva di 190 orari (contro i 180 della GS), dei consumi nettamente inferiori, frenata-ripresa-accelerazione migliori. Anche se poi il mercato ha premiato ben diversamente tradizione e &ldquo;peso&rdquo; del marchio BMW, l&rsquo;elefante della Cagiva era avanti. I primi accenti nell&rsquo;articolo erano posti sulla modernit&agrave; di due importanti soluzioni &ndash; iniezione elettronica e ruota anteriore di 19&rdquo; &ndash; che rendono la Elefant 900 assolutamente prima nel mostrare l&rsquo;evoluzione che da l&igrave; a poco (siamo nel 1990) la BMW far&agrave; sua nella sua nuova pietra miliare GS 1100.&nbsp;  La prova di In Moto    Nella primavera del &lsquo;90 per&ograve; la &ldquo;petroliera col becco&rdquo; &egrave; ancora in fase di progetto, e qui parliamo della Cagivona. Che in fuoristrada ha &ldquo;sospensioni solidissime che tollerano e incassano senza eccessivi traumi lo sterrato accidentato&rdquo; con la sola tendenza &ldquo;...a prendere sotto nell&rsquo;impiego brillante fuoristrada, indotto dalla &ldquo;ruotina&rdquo; di 19&rdquo; che evidentemente va in crisi nel direzionare tanta macchina sullo stretto. Su asfalto la Elefant 900 dimostra tutte le sue qualit&agrave;, con un incedere da stradale e con un brillante rendimento sul misto ove recepisce con prontezza le minime correzioni, accusando solo una lievissima sensibilit&agrave; di avantreno sui curvoni veloci con fondo ondulato&rdquo;. In realt&agrave; le imprecisioni di avantreno, off e on-road, erano dovute semplicemente a un&rsquo;inclinazione forcella notevole e un appoggio inferiore al necessario, perch&eacute; le misure delle gomme facevano i conti con la disponibilit&agrave; del tempo (le stesse della piccola Aprilia Pegaso 600).&nbsp;  La situazione &egrave; migliorata, la scelta &egrave; pi&ugrave; diversificata e le pi&ugrave; evolute radiali bimescola - Pirelli Scorpion Trail II (100+117 euro) e Continental TrailAttack2 (80+119 euro) - su asfalto sono tanta roba. Le Metzeler Tourance sono una scelta collaudata (87+104 euro), e con una scolpitura pi&ugrave; off ci sono le Continental ContiEscape (81+97) o le famose tassellate Continental TKC80 (102+120 euro, tutte su pneus-online). Ci vorrebbero due ruote gommate diversamente per giocare a seconda delle uscite da affrontare. I punti deboli dei primi motori 900 si risolvono definitivamente solo con la sostituzione completa. Nei due anni successivi furono progressivamente migliorate le fusioni per basamento, cilindri, testate, la robustezza dell&rsquo;albero motore e dei pistoni, e la potenza del generatore (da 300W a 350 nelle versioni post 1991). Sono i motori delle Elefant con assetto basso (forcella da 240 a 210 mm e monoammortizzatore da 230 a 190 mm), e successivamente con forcella upside-down Showa e poi Marzocchi da 45 mm, doppio freno disco anteriore di 282 mm &Oslash; (invece del monodisco Nissin). Cos&igrave; trasformata la Elefant divent&ograve; assai stradale e il motore &ndash; cambio a 6 marce e testate a valvole piccole (43 a 41 mm aspirazione, 41 a 39 scarico) &ndash; meno grintoso ma pi&ugrave; gestibile e lineare. Sono le versioni pi&ugrave; comuni e meno valutate, decisamente pi&ugrave; godibili e dal 1993 private dell&rsquo;iniezione (ritorno ai carburatori Mikuni BST 36) meno problematiche.  VERSIONI SPECIALI  Veramente difficili da rintracciare sono le versioni speciali allestite da CH Racing, il reparto corse della famiglia Azzalin che ha sempre allestito tutte le Cagiva Elefant ufficiali per la Dakar, e le repliche da vendere ai piloti privati. Moto derivate dalle Elefant di serie, ma che non hanno nulla a che vedere con le ultime Elefant di serie personalizzate con un adesivo &ldquo;Marathon&rdquo; sui fianchi della carenatura, sotto le frecce. Le vere Elefant Marathon, quelle vendute dal reparto corse CH Racing-Azzalin, utilizzavano telai simili ma saldati a TIG, forcelloni rinforzati, sospensioni a lunga escursione, serbatoio posteriore supplementare, un motore Ducati preparato e alimentato da carburatori Keihin. Soprattutto avevano l&rsquo;immancabile ruota anteriore di 21&rdquo; (omologata sulla carta di circolazione). Ne furono completati pochi esemplari ed &egrave; impossibile dare una quotazione indicativa.  Pregi: Doti di guida, fuoristrada e asfalto, prestazioni divertenti, erogazione e personalit&agrave; del motore, serbatoio e sovrastrutture in materiale plastico.  Difetti: Manutenzione frequente e costosa,&nbsp; rumorosit&agrave; meccanica e della frizione, ricarica energia generatore versione 1990/91, svergolamento forcella, freno a disco anteriore singolo.  USATO, KAWASAKI ER-6N: GIOIELLINO DIVERTENTE 

La moto varesina fu una vera enduro con un vero motore Ducati,&nbsp;motore 900 a iniezione elettronica e grafica per eccitare gli appassionati di rally

Usato, Cagiva Elefant 900 ie: l&#39;Elefantino ufficiale

In principio fu lei. Con la presentazione delle due moto, le nuove Lucky Explorer 9.5 e Ducati DesertX, figlie della Elefant, andiamo a dare uno sguardo su cosa fosse la maxi enduro targata, al periodo, Cagiva. Potremmo semplicemente usare due parole per farvi capire di che moto stiamo parlando: Edi Orioli e Lucky Explorer. Sono i nomi di pilota e sponsor di una delle imprese pi&ugrave; belle del motorsport italiano, quando nel 1990 la Cagiva decise di non risparmiare e puntare tutto sulla vittoria alla Dakar con una moto che oggi &egrave; leggenda: la Elefant 900 ie, ovvero la risposta tricolore al dominio giapponese nel rally pi&ugrave; duro del mondo, che ha ovviamente stupito tutti sia nel deserto che nella versione di serie, con caratteristiche uniche e un motore che &egrave; tutto un programma.  Unica nel suo genere    Partiamo proprio dal motore, perch&egrave; fino a quegli anni nessuno aveva mai osato mettere la meccanica di una sportiva vera - la Ducati 900SS - su una grossa endurona dakariana. Il risultato poteva essere o un disastro totale o un&#39;arma affilatissima, e per fortuna i tecnici di Schiranna hanno lavorato bene realizzando la on-off pi&ugrave; concreta e corsaiola dell&#39;epoca. Solo a distanza di molti anni questa soluzione sarebbe diventata quasi normale, e tante crossover attuali condividono i propulsori con moto sportive e turistiche.  All&#39;epoca, per&ograve;, sembrava una sorta di frankenstein e sull&#39;utenza incuteva un certo timore. Alla fine, per&ograve;, la 900 ie era stata molto addolcita nell&#39;erogazione e dotata di una morbidissima frizione a bagno d&#39;olio, essendo impossibile da usare la classica a secco di Ducati nel deserto. La prima serie con iniezione elettronica prodotta dal 1990 al 1993 era tra l&#39;altro limitata in soli 1000 esemplari e aveva tutta la componentistica top dell&#39;epoca, derivata da quella usata in gara da Orioli e compagnia.  Punti forti e punti deboli    Quello che faceva storcere il naso ai puristi del fuoristrada era la ruota anteriore da 19&quot; affiancata a un disco freno grande, su un impianto frenante tipicamente stradale, un unicum nel panorama mondiale e unica pecca del progetto per chi voleva fare veramente fuoristrada con questa moto, mentre su strada il comportamento era superiore alla concorrenza proprio grazie a questa soluzione. Per il resto era la pi&ugrave; ciclisticamente raffinata, potente e leggera endurona dell&#39;epoca, con una grande coppia offerta fin dai bassissimi giri.&nbsp;  L&#39;alchimia perfetta di elementi stradali e off-road della Elefant 900 ie a tiratura limitata non si &egrave; ripetuta nella produzione seguente (in serie non numerata) che si pu&ograve; considerare una moto quasi completamente diversa. Nella versione di grande produzione, pi&ugrave; economica e meno preziosa, la ciclistica &egrave; meno rigorosa, la frizione pi&ugrave; brusca e l&#39;erogazione del motore meno pastosa perch&egrave; l&#39;iniezione &egrave; stata sostituita con i carburatori. Per fortuna nel 1991 abbiamo provato un esemplare numerato della prima serie e queste sono le considerazioni - pi&ugrave; o meno positive - di chi non sapeva ancora quanto iconica sarebbe diventata questa moto negli anni.  Gira pagina per leggere la nostra prova del 1991 -  Tutte le nostre prove del passato le trovate invece cliccando a QUESTO LINK  &nbsp;  Scrivevamo cos&igrave; su InMoto del 1991    In attesa della bellissima versione in Antracite metallizzato, che ne rende pi&ugrave; snelle le forme, anche per il 1991 la Cagiva ripropone sulla sua ammiraglia la banale livrea dello sponsor Lucky Explorer, che ha il difetto di rendere tutte uguali indipendentemente dalla cilindrata le enduro di Schiranna. La Elefant 900 ie si fa tuttavia apprezzare per l&#39;imponenza dimensionale e per l&#39;atipico ruotino anteriore da 19 pollici dominato da un discone Racing. Qualificata da componenti tecniche accuratamente selezionate e di grande qualit&agrave;, la 900 non offre uno standard di finitura particolarmente ricercato, ma tanta sostanza.&nbsp;  E&#39; una enduro per veri &quot;macho&quot; da trekking motociclistico, che non si crucciano pi&ugrave; di tanto se le verniciature non sono vitree e i gadgets non sono abbondanti, ma che sanno invece valutare la concreta robustezza di portapacchi, bocchettone in lega leggera o il rivestimento dello scarico in alluminio. Nel corredo di bordo non manca una completissima strumentazione con conta km, contagiri, termometro del lubrificante, orologio LCD ed una nutrita serie di spie luminose. Sulla &quot;Cagivona&quot; ci si trova bene inseriti ed agganciati su di un sellone piuttosto alto da terra e dall&#39;imbottitura piuttosto rigida, con pedane ben centrate e un manubrio largo e rialzato per dominare tanta macchina, ma seduti in una posizione un pelo pi&ugrave; arretrata del dovuto.   Nonostante le imponenti dimensioni e il chilometrico interasse, ci si sorprende di quanto docilmente la 900 ie si lasci condurre fino al punto di inorgoglirsi per come si riesce a gestire tanta macchina. La ruota anteriore di piccolo diametro, il manubrio largo e la corretta distribuzione dei pesi, garantiscono una piacevole manovrabilit&agrave;, per cui, quando si spinge nella guida sportiva l&#39;impegno &egrave; soprattutto di ordine psicologico. Il cupolino &egrave; decisamente protettivo soprattutto alle elevate velocit&agrave; di cui la Elefant 900 &egrave; capace, ed assieme a sospensioni ben controllate e mai veramente brusche, nonch&eacute; a vibrazioni davvero contenute, definisce un elevato comfort di marcia  Anche la Cagivona ama i grandi spazi, ma per la coppia del suo motore &egrave; la grande duttilit&agrave; di manovra pu&ograve; essere all&#39;occorrenza utilizzata anche nei percorsi angusti: solo nella guida decisa fuoristrada, agendo sullo sterzo con troppa determinazione si avverte una certa tendenza a prendere sotto. In compenso si&nbsp; comporta alla grande sul misto e sul veloce sia su strada che fuoristrada, con un assetto diligente sulle ondulazioni, che mostra qualche limite soprattutto con la forcella solo su malformazioni secche. Inoltre la taratura delle sospensioni a lunga escursione &egrave; in grado di tollerare anche qualche puntata crossistica senza accusare pesanti fondocorsa. L&#39;accoppiata con le coperture Pirelli MT60 garantisce su asfalto tutto il grip necessario per misurarsi all&#39;occorrenza sul misto con la sportiva di turno, oltre ad un discreto drenaggio sul fondo compatto o sentieri ghiaiosi, ma, a causa della limitata tassellatura, vanno in crisi su fondo pesante ove la macchina diventa veramente difficile da gestire.   Con spazi di arresto al vertice della categoria, la Cagiva 900 dispone dell&#39;impianto frenante pi&ugrave; grintoso e potente, ma &egrave; penalizzata da un assetto scomposto e svergolante, nonch&eacute; dal accentuata tendenza al bloccaggio della ruota posteriore. Il motore &egrave; un bab&agrave; da suggerire piano piano, potente ma soprattutto prontissimo nel rispondere all&#39;acceleratore. Fornisce il meglio di s&eacute; ed un vigore inusitato ai regimi intermedi, da 3500 a 7000 giri: cambiando in rapida successione all&#39;interno di questo arco di erogazione ci si invola con maggior rapidit&agrave; che spremendo le marce fino a 8500 giri.    Il bicilindrico varesino-bolognese dispone di potenza e coppia motrice elevatissime, dalla cui azione sinergica vengono fuori prestazioni al vertice della categoria in velocit&agrave; di punta come in accelerazione (dove viene superata di un soffio dalla Yamaha), con straordinaria capacit&agrave; di ripresa, ove ha stabilito una prestazione record. Oltretutto la Maxi enduro accusa consumi fra i migliori della categoria e viene sempre ben assecondata da un cambio dolce e ben spaziato, e da una frizione docile quanto ben gestibile &egrave; resistente.  Rewind, Yamaha XTZ 750 Super T&eacute;n&eacute;r&eacute;: regina di strada 

Nel 1991 l&#39;iconica endurona stradale di Schiranna era un concentrato di tecnologia e raffinatezza ciclistica nella prima versione a iniezione, limitata in soli 1000 esemplari. Ora &egrave; un pezzo da collezione, e in quegli anni ne parlavamo cos&igrave;

Rewind, Cagiva Elefant 900 ie &#39;91: l&#39;antesignana

C&rsquo;erano gi&agrave; state le prime avvisaglie diversi mesi fa, dopo che MV Agusta aveva depositato il nome Elefant presso l&#39;EUIPO, l&#39;ufficio dell&#39;UE per la propriet&agrave; intellettuale.  Ora per&ograve;, Timur Sardarov, Ceo della Casa di Schiranna, che gi&agrave; in tempi non sospetti aveva lasciato intendere un ritorno del Marchio dell&rsquo;Elefantino, si &egrave; nuovamente espresso sull&rsquo;iconica endurona stradale. Il ritorno &egrave; vicino?  Cagiva: il rilancio &egrave; alle porte  Il futuro delineato da Sardarov  &ldquo;Quest&rsquo;anno - ha spiegato recentemente Sardarov - prevediamo di superare i 100 milioni di euro di fatturato, per poi triplicare questa cifra nei prossimi tre anni. Nel nostro futuro &egrave; contemplato anche il lancio di nuovi motori&rdquo;.  Una crescita che MV punta a completare anche grazie ad una recente iniezione di capitale &ldquo;utile - secondo il Ceo - anche allo sviluppo e alla produzione di nuove moto&rdquo;.  Come sar&agrave; la nuova Elefant?  E chiss&agrave; che proprio di queste moto non faccia parte la Elefant, che secondo quanto trapelato molto probabilmente non avr&agrave; bandiere, visto che con tutta probabilit&agrave; (anche se non c&#39;&egrave; ancora la certezza) verr&agrave; rilanciata come un brand che a Schiranna hanno registrato a parte. Una mossa simile a quella adottata da competitor come Piaggio (Vespa) e Ducati (Scrambler).  &ldquo;Cagiva &egrave; un marchio che appartiene a MV Agusta, ma stiamo ancora valutando le possibilit&agrave; di lanciare prodotti a marchio Cagiva o se definire Elefant come &ldquo;sottomarca&rdquo; di MV Agusta. La decisione non &egrave; ancora stata presa&rdquo;.  Ora la domanda che resta da porsi &egrave;: che moto dobbiamo aspettarci? Si punter&agrave; su un design in linea con la modernit&agrave; o su un concetto nostalgico che mira a richiamare il passato glorioso della Elefant? Staremo a vedere&hellip;    MV Agusta conferma la sua presenza ad EICMA 2021 

Sar&agrave; marchiata Cagiva o MV? Da Schiranna si sta ancora valutando, ma una cosa &egrave; certa: l&rsquo;endurona stradale potr&agrave; presto tornare a nuova vita

MV Agusta: il Ceo Sardarov apre le porte al ritorno della Cagiva Elefant

Il ritorno si avvicina. Sappiamo da fonti certe che MV Agusta ha recentemente depositato il nome Elefant presso l&#39;EUIPO, l&#39;ufficio dell&#39;UE per la propriet&agrave; intellettuale. Una mossa non nuova da parte della casa di Schiranna che gi&agrave; in passato (2007 e 2011) aveva registrato il glorioso nome salvo poi vedersi scaduta la registrazione.&nbsp;  NUOVA ELEFANT: SAR&agrave; LA VOLTA BUONA?  Ricordato da molti appassionati come&nbsp;simbolo di un periodo nel quale le Elefant Cagiva (con motore Ducati) spadroneggiavano nei raid africani, il vessillo dell&#39;Elefantino dovrebbe tornare in carreggiata &quot;firmando&quot; una nuova adventure che adotter&agrave; un motore endotermico con cilindrata da 900-950 cc.  La futura Elefant per&ograve; non avr&agrave; bandiere: non Cagiva, non MV, ma sar&agrave; un brand che a Schiranna hanno registrato a parte. Una mossa che non &egrave; nuova sul mercato e che vediamo gi&agrave; adottata da competitor come Piaggio, per&nbsp;Vespa, e Ducati,&nbsp;con&nbsp;Scrambler.&nbsp;  NUOVA ELEFANT: COSA ATTENDERCI?  Il progetto potrebbe gi&agrave; essere in cantiere, ed &egrave; inutile negare che la curiosit&agrave; che ruota attorno alla notizia sia&nbsp;forte. Che moto dovremo attenderci? Si punter&agrave; sulla modernit&agrave; o su un design che mixa concetti classici e moderni richiamando il passato della Elefant? In questo secondo caso potrebbe esserci una interessante sfida con la possibile Scrambler Desert X, presentata ad ECIMA come concept,&nbsp;o&nbsp;con la Moto Guzzi V 85 TT, moto definita Classic Enduro e che ha di fatto aperto un nuovo segmento nella vasta categoria delle crossover/adventure. Vedremo cosa avranno in serbo gli uomini MV per riportare in alto un nome che per molti &egrave; quasi leggenda.  Elefant People: storia della endurona Cagiva in un libro 

Una nuova adventure riporter&agrave; in auge un modello glorioso&nbsp;con probabile motorizzazione 900-950, Non sar&agrave; marchiata Cagiva o MV, ma un brand a parte come&nbsp;Vespa e Scrambler

Torna la Elefant: registrato il nome come brand del Gruppo MV

Alle radici di un mito,&nbsp;quello della Cagiva Elefant spiegato attraverso le pagine di un libro.&nbsp;Elefant People &egrave;&nbsp;un volume davvero prezioso, frutto di una ricerca durata due anni, sulla spinta della passione: quella di Antonio Contino e Massimiliano Battaglia, che hanno deciso di ricostruire la storia di un modello glorioso, la Cagiva Elefant, ripercorrendo la sua storia, raccomando i modelli di produzione, i successi sportivi &ndash; come le due Dakar vinte dal grande Edi Orioli.    Un libro &lsquo;normale&rsquo; avrebbe potuto fermarsi l&igrave;, e gi&agrave; sarebbe stata un&rsquo;opera importante. Ma Contino e Battaglia sono andati oltre, raccontando anche i Cagiva Globetrotter, i Cagiva People e i Cagiva Normal People: un lavoro di ricerca incredibile, realizzato cercando la documentazione, parlando con gli appassionati, riscontrando le fonti, recuperando le foto.  Edi Orioli: &ldquo;La Cagiva alla Dakar era una moto al top&rdquo;  &ldquo;Qui troverete storie di successo, racconti, tecnica e vero amore per questi modelli&rdquo;, scrive Antonio Contino nella prefazione. &ldquo;Ma la cosa che rende questo libro unico nel suo genere &egrave; che, per la prima volta, la narrazione avviene attraverso le testimonianze di maestranze d&rsquo;eccezione, che hanno operato in Cagiva in un momento glorioso, i cui l&rsquo;estro italiano &egrave; emerso, facendosi distinguere dal resto del mondo. In questo libro parliamo anche della passione trasmessa dai singoli proprietari, e portata avanti incondizionatamente verso la propria moto nell&rsquo;arco di 30 anni&rdquo;.  Per acquistare il libro, che ha un costo di &euro; 50,00, si pu&ograve; inviare un&#39;email a: elefantpeople@gmail.com oppure visitare il sito www.cagivaelefant.it  COME DICEVA CASTIGLIONI...  &ldquo;Le moto sono oggetti che fanno sognare. Hanno colori e suoni diversi, hanno forme che rivelano l&rsquo;ispirazione di chi le ha concepite. A volte queste creazioni sono autenbtici oggetti d&rsquo;arte motoristica che trasformano il progettista in artista&rdquo;: con queste parole Claudio Castiglioni faceva capire quanto fosse forte il suo amore per le moto e quanto fosse preponderante il suo animo &lsquo;poetico&rsquo; e &lsquo;visionario&rsquo;. E proprio questo &egrave; stato forse il segreto del suo successo.  Bravi gli autori di Elefant People, Antonio Contino e Massimiliano&nbsp; Battaglia, che queste parole le hanno pubblicate proprio in apertura del loro libro. Perch&eacute; dietro la Cagiva Elefant e i suoi successi c&rsquo;&egrave; lui: il grande Claudio Castiglioni. Nelle pagine successive, riviviamo insieme le caratteristiche dei modelli di serie di Cagiva Elefant, con alcune informazioni tratte proprio dal prezioso volume &#39;Elefant People&#39;.  &nbsp;  CAGIVA ELEFANT 125    Seguendo il filone delle gare africane in quell&rsquo;epoca, nel 1984 vennero commercializzate le nuove Cagiva 125 e 200 denominate &lsquo;Elefant&#39;. Un modo per essere in linea con le grosse enduro presentate dalla stessa casa varesina.    La prima serie di Elefant 125 ereditava dalla sorella WSTX telaio e motore, mentre tutto il resto veniva rivisitato in chiave moderna: serbatoio da 18 litri, forcella Marzocchi da 35mm con escursione da 180mm, disco anteriore in ghisa, soffietti alla forcella, paramani e nuove pedane passeggero imbullonate al telaio. Ruote in lega d&rsquo;alluminio di Akront, cerchio 21 pollici all&rsquo;anteriore e 17 al posteriore. Le vendite confermarono ben presto la bont&agrave; del progetto. Una produzione durata quasi un decennio. Fu esportata anche all&rsquo;estero.  &nbsp;  CAGIVA ELEFANT 200    La storia &egrave; niziata nel 1984, quando le enduro di media cilindrata entrano nei mercati italiani grazie all&rsquo;influenza di Paesi confinanti come Francia e Germania.  Convive con pochi competitor in Italia: Honda XL 200, Gilera RX/RV 200 e Piaggio PX 200.&nbsp;Una potenza di 22 cavalli alla ruota porta alla velocit&agrave; di 140 km/h, motore a 2 tempi raffreddato a liquido, con induzione lamellare e miscelatore automatico, cambio a 6 rapporti, telaio monoculla, sdoppiato all&rsquo;altezza del cilindro. Forcella anteriore Marzocchi da 32 mm di diametro a perno arretrato, con escursione di 200 mm e disco anteriore da 240 mm. Sospensione posteriore con sistema Soft-Damp, escursione di 190 mm e freno a tamburo monocamma di 130 mm. Avviamento a pedale per la prima serie &rsquo;84, elettrico e a pedale per la seconda serie &rsquo;85. Riscuote un discreto consenso nella seconda versione, grazie alla somiglianza con le grosse bicilindriche Cagiva.  &nbsp;  Cagiva&nbsp; Elefant 350    Fu prodotta dal 1985 al 1989. Venne pi&ugrave; apprezzata rispetto all&#39;Elefant 200, ma risultava per molti essere pesante e non molto performante. L&#39;avviamento era sia a pedale e sia elettrico tramite motorino d&#39;avviamento, la linea offriva il parafango alto tipo cross.    Il motore Ducati era preso in prestito dai modelli 350 XL, TL o SL, con la sola elaborazione della testa verticale, ruotata di 180&deg;. Telaio identico alla sorella da 650 cc, a doppia culla, con sezione quadra da 30x30mm scomponibile lateralmente per facilitare la matunenzione al motore. Sospensione anteriore Marzocchi a perno avanzato con steli da 41,7, con 230 mm di escursione. Al posteriore c&#39;era un Ohlins oliopneumatico, regolabile nel precarico e pomello esterno per il freno idraulico, con escursione di 210 mm. Disco flottante anteriore e fisso al posteriore con impianto frenante Brembo.  Erogava 30,80 cavalli ma il peso era importante: 190 kg. Negli anni 1986/87 adotter&agrave; le carene del monofaro con parafango anteriore basso e un piccolo cupolino.   Cagiva Elefant 650    Svela la futura collaborazione fra Cagiva e Ducati. Assemblata con il motore della Ducati F1 750, fu mostrata in anteprima al salone di Colonia del 1984 e il suo successo port&ograve; Cagiva a commercializzare anche la versione 350.  Ruotare il cilindro posteriore di 180 gradi, cosa adottata in seguito anche in Ducati, permetteva una migliore gestione dell&rsquo;alimentazione all&rsquo;interno del propulsore a L, migliorando l&rsquo;erogazione, con un unico airbox e un minore interasse della moto. Telaio elaborato dalle prime apparizioni alla Parigi Dakar del 1984, sospensione anteriore Marzocchi a perno avanzato con steli da 42 mm e escursione di 230 mm. Al posteriore c&rsquo;era un Ohlins oliopneumatico con pomello esterno per il freno idraulico e escursione di 210 m.&nbsp;  I primi lotti si distinguono per la frizione in bagno d&rsquo;olio, poi aggiornata con quella a secco. Erogava 57,5 cavalli a 7.000 giri/min per un peso di 190 kg. &nbsp;  &nbsp;  Cagiva Elevant 750    Sono i tempi di Auriol alla Parigi Dakar, per questo la Elefant 750 ha uno stile Lucky pi&ugrave; marcato. Ridisegnata e addolcita grazie ai nuovi carburatori Bing che la rendono pi&ugrave; godibile ai bassi regimi, &egrave; la concorrente diretta della Honda Transalp. La versione monofaro fu realizzata per un solo anno, nel 1987. Aveva una potenza di 60,5 cavalli e raggiungeva la veloci&agrave; massima di 175 km/h.  L&rsquo;anno successivo arriva la versione bifaro, con l&rsquo;adozione di una sella opzionale bassa o alta, manopole riscaldate, nuova gestione della curva di anticipo dell&rsquo;accensione e nuova taratura delle sospensioni. Rinnovati anche i freni e la livrea Lucky, meno vistosa, con un pi&ugrave; esteso uso del bianco. Fu realizzata fino al 1989.  &nbsp;  Cagiva Elefant 750 AC    Nel 1994 c&rsquo;&egrave; una cilindrata di tendenza: la 750. La nuova Cagiva Elefant si trova a confronto con la Honda Africa Twin 750 e la Yamaha Super Tener&eacute; 750. Convince per la sua versatilit&agrave;. Ha motore Ducati due valvole, raffredato a aria/olio, una potenza di 53,86 cavalli alla ruota erogati senza strappi e pattinamenti, per l&rsquo;uso offroad o cittadino. La velocit&agrave; massima arriva a 181 km/h. Impianto frenante Brembo con pinza flottante all&rsquo;anteriore e disco da 296 mm, disco da 240 mm al posttiore. E&rsquo; realizzata in due versioni: blu e giallo e Lucky Marathon. Nel 1996 arriva la versione E750 in blu elettrico, con la sella pi&ugrave; estesa al serbatoio.  &nbsp;  Cagiva Elefant 900 IE    Un progetto completamente nuovo rispetto alla precedente Elefant 750. Venne prodotta in due serie distinte, la prima dal 1990 al 1992, la seconda dal 1993 al 1996. Nel 1990 nasce in serie limitata a 1.000 esemplari la Elefant 900 IE con livrea Lucky Explorer: ha il motore 904 ccc derivato dalla Ducati 900SS, con cambio a 5 marce e iniezione elettronica Weber-Marelli: la moto &egrave; equipaggiata della miglior componentistica allora presente sul mercato, come il monoammortizzatore Ohlins ed i freni Nissin. Presentava a corredo una targhetta portachiavi in argento con il numero progressivo e firmata da Edi Orioli. Ora &egrave; ricercata dai collezionisti per la sua esclusivit&agrave;.  Cagiva: il rilancio &egrave; alle porte  Nel 1992 questa maxienduro sportiva &egrave; adattata leggermente ad usi turistici nella versione GT, che si differenzia dalla Lucky Explorer per la pi&ugrave; sobria livrea grigia metallizzata e per l&#39;adozione di una forcella tradizionale Marzocchi Magnum con steli da 45 mm al posto della precedente Marzocchi con steli da 42,7 mm. Ha anche un nuovo cambio con la sesta marcia lunga, e un nuovo gruppo frizione, che sposta l&rsquo;attuatore da destra a sinistra, come i moderni motori Ducai.  &nbsp;  &nbsp;  Cagiva Elefant 900 AC    Nel 1993 il progetto Elefant 900 &egrave; entra in produzione la 900 AC a carburatori, che rispetto alla precedente IE ha dei costi di produzione e di vendita inferiori che contribuiranno al successo nelle vendite. Il motore &egrave; il nuovo 904 di Ducati, e cambio a sei rapporti. Con l&#39;adozione dei carburatori Mikuni BST38, il carattere gi&agrave; poco mansueto del desmodue si acutizza e cos&igrave; si opta per delle testate con diagramma di distribuzione meno spinto: il diametro delle valvole di aspirazione scende da 43 a 41 mm e quelle di scarico passano da 41 a 39 mm. Anche la fasatura degli alberi a camme &egrave; meno spinta e sar&agrave; poi adottata sulla seconda serie della Ducati M900.  Sotto il profilo ciclistico, la 900 AC vanta alcuni importanti aggiornamenti: il pregiato ammortizzatore Ohlins, con comando di precarico idraulico della molla, cede il posto ad un pi&ugrave; economico Boge, mentre all&#39;anteriore troviamo una Showa USD con steli da 45. Anche l&#39;impianto frenante viene modificato: doppio disco da 282 e pinze Brembo flottanti da due pistoncini. Nella marmitta, immutata esteriormente, &egrave; inserito un catalizzatore retrofit.  Questa Elefant sar&agrave; prodotta fino al 1996, quando ceder&agrave; il posto alla Cagiva Gran Canyon e dal 1994 ne sar&agrave; derivata la terza serie della Elefant 750, uguale in tutto alla 900 fatta eccezione per la forcella tradizionale Marzocchi (uguale a quella della 900 IE GT), e dell&#39;impianto frenante, ancora a disco singolo e con pinze Nissin.  Dal 1994 inoltre, visti i variati regolamenti della Parigi Dakar, il team CH Racing, che cura le Elefant da gara, allestir&agrave; su questa base la 944 Marathon: rispetto alle precedenti Elefant ufficiali, &egrave; una moto veramente derivata dalla serie e vincer&agrave; la seconda Parigi Dakar di Cagiva con Edi Orioli nel 1994.  Cagiva: il rilancio &egrave; alle porte  &nbsp; 

Un volume fotografico di 544 pagine racconta i modelli di produzione, la storia, le corse ma anche i globetotter e i &lsquo;Normal People&rsquo;. Riviviamo insieme tutti i modelli della mitica enduro Cagiva

Elefant People: storia della endurona Cagiva in un libro

Due baracche di legno e poco pi&ugrave;. Il benvenuto in questa landa desolata non si dimentica facilmente&nbsp;

Elefantentreffen, ovvero uno dei raduni imperdibili, di quelli che &quot;almeno una volta nella vita...&quot;. La prossima edizione si svolger&agrave; dall&#39;1 al 3 di febbraio a Solla, nei pressi di Passau in Baviera. Organizzatevi! Il tempo non &egrave; molto... (foto di Andrea Padovani)

Raduni, Elefantentreffen - LE FOTO

Siete coraggiosi? Amate le sfide? Il freddo non vi spaventa? Bene&hellip; abbiamo qualcosa che fa al caso vostro. Se non sapete cosa fare il week-end compreso tra l&rsquo;1 e il 3 di febbraio 2019 allora &egrave; il caso di programmare la trasferta all&rsquo;Elefantentreffen, uno degli avvenimenti imperdibili per un motociclista che si rispetti. Ve lo stiamo dicendo per tempo cos&igrave; avete il tempo di organizzarvi, di convincere vostra moglie a lasciarvi partire e gli amici di farvi da spalla nella trasferta: il viaggio pu&ograve; infatti diventare impegnativo e va organizzato.  Perch&eacute; se il meteo &egrave; clemente&hellip; c&rsquo;&egrave; solo tanto freddo; se &egrave; avverso sono guai veri. La meta &egrave; infatti &egrave; la &ldquo;Buca&rdquo;, un &ldquo;non luogo&rdquo; a qualche chilometro da Solla, sperduto villaggio nella foresta di Loh&nbsp;Thurmansbang-Solla in prossimit&agrave; di Passau, in Baviera, ai confini con la Repubblica Ceca. Il nulla fatto luogo.    ZUNDAPP, OVVERO GLI ELEFANTEN&nbsp;- L&rsquo;Elefantentreffen &egrave; organizzato nella stessa identica maniera dal 1956 quando un gruppo di sidecaristi Zundapp a bordo dei loro KS 601, detti anche Elefanten, si ritrovarono in un angolo di Germania, nel momento pi&ugrave; freddo dell&rsquo;anno, per dimostrare l&rsquo;affidabilit&agrave; dei loro mezzi. Da allora la location &egrave; cambiata un paio volte (il circuito del Nurburgring, quello di Salisburgo&hellip;) e il numero di presenze &egrave; salito e poi sceso. Ma nulla &egrave; andato perso dello spirito originale del raduno, anche adesso che viene organizzato nella foresta di Loh&nbsp;Thurmansbang-Solla. E sono quasi trent&rsquo;anni che &egrave; l&igrave;, uguale a s&eacute; stesso, un organismo che pulsa per tre giorni all&rsquo;anno e che poi continua a vivere nelle parole di chi ha partecipato e di chi aspetta il febbraio successivo per andarci di nuovo. Folle e insensibile alle urla della ragione. Perch&eacute; l&rsquo;Elefantentreffen &egrave; bello solo quando &egrave; duro, quando il meteo &egrave; inclemente, quando arrivarci &egrave; un&rsquo;impresa. E se c&rsquo;&egrave; il sole&hellip; beh, non &egrave; un vero Elefantentreffen.  &Egrave; BELLO SE DURO&nbsp;- All&rsquo;Elefantentreffen non succede nulla. Non c&rsquo;&egrave; niente che vale la pena di vedere. Solo una fauna variegata, infangata, persa nei fumi dell&rsquo;alcol. Si paga l&rsquo;ingresso, si sceglie un luogo in questa vallata, meglio se lontani dalle montagne di fango che ornano il paesaggio, si pianta la tenda e si campeggia svogliati. C&rsquo;&egrave; chi resiste una notte, chi due, i pi&ugrave; folli si organizzano una minivacanza. Basta prepararsi: i punti di ristoro ci sono, ma non sono stellati. All&rsquo;ingresso vendono paglia per isolare le tende dal terreno e legna per scaldarsi. Il resto, se serve, &egrave; a carico del partecipante. Per le moto, spazio alla fantasia. Occhio solo al ghiaccio, che &egrave; onnipresente&hellip; se va bene. Alla peggio vi ritroverete in qualche bella tormenta di neve. Vi rimane un mese per organizzarvi&hellip; 

E&#39; l&#39;evento invernale per eccellenza dei motociclisti pi&ugrave; temerari, si svolge a Solla, vicino a Passau, in Baviera. Il prossimo appuntamento &egrave; fissato tra l&#39;1 e il 3 di febbraio. E almeno una volta nella vita occorre andare. Pronti a partire?

Elefantentreffen, almeno una volta nella vita!

Il preparatore romano ha realizzato una special partendo dalla Cagiva Elefant, dotata di motore bicilindrico Ducati: da adventourer del deserto, a scrambler modaiola!

Cagiva Elefant by Dragoni

La nuova Honda Africa Twin sta per arrivare... E se questo significasse il ritorno delle maxienduro vere? &nbsp;La diffusione del video dell'ultima nata in Casa Honda, l'attesissima Africa Twin, ha nuovamente puntato i riflettori su una categoria di moto che potrebbe vivere una seconda giovinezza: le maxienduro vere, figlie di quelle moto che hanno vissuto un'epoca d'oro a cavallo degli anni ottanta e novanta. Allora erano un punto di arrivo: si partiva dai monocilindrici, con nomi e serbatoi da vere avventuriere, per arrivare a queste vere e proprie navi del deserto. Africa Twin e Yamaha SuperT&eacute;n&eacute;r&eacute;, e in misura minore l'indimenticata Cagiva Elefant, si contendevano lo scettro di &ldquo;pi&ugrave; desiderate&rdquo;.  L'evoluzione del segmento ha portato a moto sempre pi&ugrave; performanti, tecnologiche, stradali. Stradali al punto che la stessa definizione di maxienduro non funzionava pi&ugrave;. Qualcuno si &egrave; &ldquo;inventato&rdquo; la parola &ldquo;crossover&rdquo;, che si porta con tutte le misure di cerchi e con tutte le potenze.  Non sono per&ograve; passate inosservate alcune proposte coraggiose da parte delle Case che con gli anni sono riuscite a guadagnarsi un meritato successo: parliamo della BMW F800GS e della Triumph Tiger XC che con i loro 800 cm3 sono riuscite a mettere d'accordo viaggiatori, avventurieri e utilizzatori quotidiani.  La nuova Africa Twin va ad inserirsi proprio fra queste due moto, anche se la cilindrata suggerisce altre concorrenti: la Suzuki V-Strom e la neonata KTM 1050 Adventure, ad esempio. Honda &egrave; stata per&ograve; capace, anche solo con un semplice video, di far ri-scoccare nel cuore degli appassionati quella scintilla che non si era mai sopita: la voglia di avventura, terra, sabbia, viaggi.  Il calore con cui &egrave; stata accolta suggerisce che potr&agrave; essere un grande successo; le Case concorrenti dovranno correre ai ripari, probabilmente guardandosi un po' indietro.  D'altronde chi non vorrebbe una Multistrada pi&ugrave; piccola e pi&ugrave; avventurosa? O una SuperT&eacute;n&eacute;r&eacute; da 100 cavalli e 200 kg? O una 1050 Adventure con i cerchi a raggi?  E poi chiss&agrave;... magari un giorno torneranno in voga le monocilindriche. 40 cavalli, 140 kg, e un bel serbatoio per fare strada. O non &egrave; pi&ugrave; quel tempo quell'et&agrave;?  [gallery ids="24646,24649,24647,24648,24652,24653"]  &nbsp;Federico Garbin

Hanno vissuto la loro epoca d'oro a cavallo degli anni ottanta e novanta... Sono le maxienduro. E se il lancio dell'Africa Twin segnasse il ritorno, vero, di questa categoria?

Honda Africa Twin: segner&agrave; il ritorno delle maxienduro?

La scorsa settimana si &egrave; conclusa la seconda edizione dell'Agnellotreffen. Un soddisfacente&nbsp;successo per il giovane raduno che ha visto circa 1.000&nbsp;motociclisti arrivare da ogni dove per affrontare gelo, neve e intemperie e&nbsp;partecipare al motoraduno pi&ugrave; alto d'Europa.  2.000 metri la quota raggiunta dagli impavidi centauri che bardati per l'occasione hanno anche potuto "godere" di una bella nevicata che ha portato 30 cm di neve fresca.  Un motoraduno nato per goliardia tra amici che sembra destinato a diventare uno degli appuntamenti immancabili per gli appassionati dei raduni invernali rivaleggiando addirittura con il famosissimo Elefanten.  Teatro dell'evento il bellissimo&nbsp;comprensorio di Pontechianale&nbsp;in Val Varaita (CN) vicino al Colle dell'Agnello (che separa l'Italia dalla Francia).  I partecipanti dell'Agnellotreffen sono stati poi anche coinvolti in una suggestiva motofiaccolata, senza fiamme, ai piedi del Monviso.&nbsp;  Ecco il video ufficiale della prima giornata, Venerd&igrave; 16 Gennaio.  &nbsp;  Giulia Cassinelli&nbsp;  (foto e video&nbsp;Facebook Motoraidexperience)      &nbsp;

Freddo, neve, tanto divertimento e una splendida motofiaccolata per il raduno pi&ugrave; alto d'Europa

Buon successo per l'Agnellotreffen 2015

Come tutti sapranno siamo ormai alle porte della Dakar.  L'emozionante rally&nbsp;ideato dal pilota Thierry Sabine (che si era perso nel deserto durante un altro raid, la Abidjan-Nizza) ha inizio nel lontano 1979 e da allora non ha "quasi" mai smesso di tenere viva l'attenzione del pubblico&nbsp;di tutto il mondo. Prima si correva nei territori africani, oggi, a causa dell'instabilit&agrave; politico-sociale della zona,&nbsp;&nbsp;la cornice &egrave; cambiata:&nbsp;teatro delle "eroiche" gesta sono gli immensi spazi sudamericani&nbsp;. Il succo per&ograve; &egrave; sempre lo stesso: avventura, adrenalina e competizione.  Oltre ai piloti, alle incredibili e a volte terribili vicende accadute e ai suggestivi e remoti paesaggi esplorati, sono state le moto le grandi protagoniste. Mezzi potenti e performanti che dovevano e devono affrontare migliaia di chilometri in condizioni estreme e percorsi tremendamente impegnativi. Obbiettivo&nbsp;ultimo la vittoria, certo ma anche solamente arrivare era ed &egrave; ancora&nbsp;un arduo&nbsp;traguardo.  Alcune di queste moto hanno segnato profondamente&nbsp;la storia della Dakar&nbsp;e l'immaginario collettivo dando vita a versioni commerciali di&nbsp;grandissimo successo.  Ecco quelle che secondo noi hanno maggiormente colpito nel segno (1979-2002).  Yamaha XT 500: ebbe un successo straordinario durante le prime edizioni del rally in configurazione praticamente standard (a parte serbatoi maggiorati e portapacchi). Vinse moltissimo: anche &nbsp;Cyril Neveau la port&ograve; sul gradino pi&ugrave; alto del podio nel '79 e nel 1980.  BMW R 100 GS: l'arrivo della bicilindrica tedesca segn&ograve; la fine dell'egemonia della Casa dei tre diapason. Vinse nel 1983 con Auriol e nel 1984 e '85 con Gaston Rahier.  Honda NXR 750: il grandissimo successo della Africa Twin inizia con questa&nbsp;bicilindrica da competizione arriv&ograve;&nbsp;sui due gradini pi&ugrave; alti del podio (nel 1986) con Cyril Neveu e Gilles Lalay. Fu solo la prima di quattro vittorie consecutive per l'amatissima Honda.  Suzuki DR-Z 800: fu portata in gara anche dal fortissimo Rahier nella Paris-Dakar del 1988 ma non riusc&igrave; ad andare oltre la 9&deg; posizione assoluta. L'enorme monocilindrico giapponese ebbe per&ograve; un grande successo commerciale proprio per le sue incredibili prestazioni e "misure" (la DR Big venne prodotta fino al 1997 senza particolari modifiche).  Gilera RC 600: la Casa di Arcore con questa moto torna ad essere grande nelle competizioni.&nbsp;La versione ufficiale ottenne&nbsp;numerose vittorie di tappa e vinse nelle categorie Silhouette e Marathon. Dalla versione da 600 cm3 nascer&agrave; il prototipo RC 750 R.  Cagiva Elefant: motore derivato dalla Ducati 900SS, livrea Lucky Explorer e piloti italiani: Orioli e De Petri. Il 1990 &egrave; l'anno della svolta per la Casa italiana. La Elefant, avvantaggiata anche dall'assenza&nbsp;di&nbsp;Honda in forma ufficiale, riusc&igrave;&nbsp;a guadagnare gli allori africani.  Yamaha YZE 750-850 T: nel 1991 Yamaha decise di dare una svolta introducendo&nbsp;il bicilindrico con la&nbsp;sua Super T&eacute;ner&eacute; da competizione. Fu la scelta giusta: la YZE si rivel&ograve; regina della competizione guidata da&nbsp;St&eacute;phane Peterhansel nel '91 e per i due anni successivi.  BMW F 650&nbsp;RR: la monocilindrica tedesca, accreditata di 75 cavalli ed allestita assieme a Touratech, venne portata al successo da Richard Sainct per due edizioni consecutive: 1999 e 2000.  KTM 950: dopo l'entusiasmante debutto al Rally dei Faraoni nel 2001, la bicilindrica austriaca viene portata al trionfo dal fortissimo pilota italiano Fabrizio Meoni che ne cur&ograve; anche lo sviluppo. Lo sfortunato pilota fiorentino mor&igrave;&nbsp;pochi anni dopo, nel 2005, durante quello che avrebbe dovuto essere il suo ultimo raid per complicazioni dovute ad una terribile caduta.  Nella gallery potete ammirare queste&nbsp;moto e le loro evoluzioni&nbsp;in allestimento Dakar.  &nbsp;  Giulia Cassinelli    &nbsp;  &nbsp;  &nbsp;

Regine del deserto e del pubblico: hanno vinto, emozionato e fatto sognare

13 risultati per 'elefanti'

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