        Il prezzo &egrave; proibitivo: 136.500 euro. Cifre mai sentite per una moto. Per&ograve;, certo, dipende di quale moto si sta parlando. Pi&ugrave; sono rare, pi&ugrave; alcuni modelli proposti all'asta arrivano a toccare cifre da capogiro. &Egrave; il caso di una Harley-Davidson VR 1000 immatricolata in Svizzera ma che invece si trova fisicamente in provincia di Bolzano. Perch&eacute; questa moto costa cos&igrave; tanto? Eppure, i veri appassionati potrebbero gi&agrave; saperlo. REWIND, HARLEY-DAVIDSON VR 1000: FOLLE IDEA PER LA SUPERBIKE  HARLEY, DESIDERIO DI MOTORSPORT La VR 1000 non &egrave; altro che il tentativo effettuato da Harley-Davidson a met&agrave; anni '90 di entrare nel mondo delle competizioni sportive in modo da attrarre pi&ugrave; clientela, soprattutto quella giovanile. A Milwaukee pensarono che lo sbocco ideale fosse la Superbike. Progettarono quindi una moto che potesse all'inizio competere nel campionato AMA (la SBK americana) per poter poi entrare a far parte del mondiale vero e proprio. NERA E ARANCIONE CON UN MOTORE DA RISPETTARE  C'era per&ograve; un problema. Fondamentalmente, HD non aveva mai progettato non solo una sportiva, ma neanche un motore che potesse avere il peso e le dimensioni compatibili con un modello da competizione. A Milwaukee decisero quindi di fare tutto in casa, realizzando un bicilindrico DOHC a V di 60&deg; raffreddato a liquido dalla potenza massima di 116 cv. Il peso totale della moto era di 175 kg. Cifre niente male, dato che la Ducati 916, moto riferimento in SBK, aveva 112 cv e pesava 195 kg a secco. Attorno al 2 cilindri, Harley costru&igrave; una moto dal design particolare: le linee non erano spigolose e affilate da supersportive, ma semmai tonde e sinuose, ma ancora di pi&ugrave; spiccava la scelta di verniciare un lato di nero e l'altro in arancione. Una scelta stilistica che all'epoca fece storcere il naso a molti, ma che si rivel&ograve; senza dubbio d'impatto. Per partecipare al campionato, HD dovette obbligatoriamente realizzare dei modelli di serie, da cui poi avrebbero prodotto la derivata che avrebbe dovuto gareggiare. Nacquero cos&igrave; 50 esemplari stradali della VR 1000, a partire dal 1994. Ma la produzione di serie si ferm&ograve; presto. Perch&eacute; in pista and&ograve; malissimo. UN FALLIMENTO IN PISTA L'inesperienza di Harley-Davidson nel mondo delle competizioni si rivel&ograve; decisiva. Perch&eacute; i pesi, la gestione delle masse e delle quote ciclistiche completamente sbagliati diedero forma a una moto magari buona per la strada ma complessa da guidare in pista. Un errore progettuale prima ancora che tecnico o meccanico. E infatti la VR 1000 non ottenne risultati decorosi. IL MODELLO ALL'ASTA  Harley-Davidsono accanton&ograve; quindi il progetto, anche se almeno recuper&ograve; il bicilindrico insieme a Porsche e lo rese la base tecnica per lo sviluppo del propulsore della V-Rod, che di l&igrave; a poco tempo avrebbe risollevato le finanze del marchio. Anni e anni dopo, per&ograve;, ci sono in giro appassionati alla ricerca di uno di quei 50 esemplari di VR 1000 sparsi per il mondo. L'annuncio pubblicato sul portale AutoScout24 offre questa possibilit&agrave;. Staremo a vedere per&ograve; se qualcuno vorr&agrave; spendere 136.500 euro. TOP 10, LE MOTO PI&Ugrave; COSTOSE BATTUTE ALL&rsquo;ASTA NEL 2021       

<p>Uno dei 50 modelli della supersportiva che negli anni '90 avrebbe dovuto lanciare il marchio di Milwaukee nel motorsport &egrave; ora in vendita a ben 136.500 euro</p>

Harley-Davidson VR 1000, dal dimenticatoio a sogno proibito

        Ricordo quando per la prima volta vidi su una rivista la VR1000, era la met&agrave; degli anni '90 ed ero un bambino affascinato dalla velocit&agrave; e dalle moto estreme, come tutti i miei coetanei in fissa con i motori. La prima reazione che ebbi fu una smorfia, mi lasci&ograve; spiazzato e pensai fosse la cosa pi&ugrave; brutta che avessi mai visto. Come poteva una moto con quelle forme, quelle proporzioni e quel faro quadrato al posteriore (per intenderci, era preso direttamente dalla Softail Springer) fare una bella figura accanto a Ducati 916, Honda RC45 e Kawasaki ZX-7R? La mia mente di bambino si concentrava solo sulle forme e sui colori, e non potevo sapere che quella SBK made in Milwaukee nera a sinistra e arancione a destra in realt&agrave; era qualcosa di pi&ugrave; di una moto brutta, era anche un progetto sbagliato, per nulla competitivo e fuori dal suo tempo, ed &egrave; per questo che merita di essere raccontata. Rewind, Moto Guzzi MGS- 01 Corsa: l'aquila che vinse a Daytona VR 1000: I primi passi del progetto  Il mondiale Superbike nacque nella seconda met&agrave; degli anni '80 e gi&agrave; dal 1988 in Harley-Davidson venne proposto il progetto di una moto che potesse partecipare alle derivate di serie e &ldquo;svecchiare&rdquo; il marchio con un nuovo corso sportivo che avvicinasse di pi&ugrave; la clientela europea e aprisse a nuovi settori di mercato. L'intenzione non era sbagliata, in quegli anni HD non aveva ancora mai osato spostarsi dal settore custom e cruiser, e la tentazione in un mondo di capitalismo galoppante era tanta. Nei quartieri generali americani per&ograve; mancava il know-how per costruire una sportiva e non si poteva di certo convertire un grosso e pesante motore ad aria per equipaggiare una moto ad alte prestazioni. C'era la necessit&agrave; di prendere esperienza e tecnologie esterne per realizzare una moto che fosse all'altezza della sfida, e in Harley presero la prima cattiva decisione: fecero tutto in casa. Tanta era la necessit&agrave; di imparare a fare una moto da corsa, che passarono ben 6 anni prima di vedere il primo prototipo calcare la pista e la strada, perch&eacute; non dimentichiamo che si tratta di una moto che per correre avrebbe dovuto essere messa in produzione in serie. La VR1000 nacque ufficialmente nel 1994 e ne vennero costruiti 50 esemplari per l'omologazione al campionato americano AMA Superbike.&nbsp; L'idea c'era, la sostanza meno  La maggior parte degli appassionati ebbe lo stesso approccio che ebbi io da piccolo, sbigottimento. In realt&agrave; le forme morbide, abbondanti e per nulla aggressive nascondevano un progetto tutto sommato buono: il motore bicilindrico DOHC a V di 60 gradi era raffreddato a liquido ed era stato progettato a partire da un foglio bianco. La potenza massima erogata era di 116 CV e il peso complessivo della moto di 175kg. Per intenderci la coeva Ducati 916, nuovo riferimento di categoria, aveva 112 CV e pesava 195kg a secco. La ciclistica vantava un telaio a doppio trave dall'aspetto massiccio, cos&igrave; come il forcellone scatolato, mentre la ciclistica si affidava a sospensioni Ohlins di prima linea e le carene erano in leggerissima fibra di carbonio. Numeri ottimi ma la mancanza di esperienza dell'azienda con questo tipo di moto si vide nella gestione di pesi, centralizzazione delle masse e quote ciclistiche. In sostanza era una moto stradale pi&ugrave; che buona, ma in pista non era facile da guidare e anche nella versione pi&ugrave; estrema che correva nell'AMA si portava dietro errori progettuali che ne hanno limitato le prestazioni, senza parlare poi della limitata capacit&agrave; di elaborazione della meccanica e di un'elettronica che non era minimamente paragonabile a quella delle moto europee e giapponesi, che gi&agrave; sviluppavano sistemi digitali per migliorare le prestazioni in pista. Storia breve ma gloria eterna  Il progetto iniziale di Harley-Davidson era di partire dall'AMA per poi fare il salto nel mondiale e conquistare il mondo anche in pista, aprendo un nuovo filone sportivo che avrebbe cambiato la storia del marchio. In realt&agrave; il progetto, costato davvero tanti dollari, venne interrotto dopo la vendita dei 50 esemplari di omologazione e non ne segu&igrave; una vera e propria produzione di linea. Nel campionato americano non ottenne risultati importanti e corse fino a ridosso del nuovo millennio, ma con diverse strutture private nell'ultimo periodo. Dopo questa esperienza, Harley non parl&ograve; pi&ugrave; di moto sportive o campionati in pista.&nbsp; In sostanza un vero e proprio buco nell'acqua (e nel conto dell'azienda) ma che port&ograve; anche qualcosa di buono. In primis, la decisione di ritornare a fare solo custom e cruiser ha convinto la direzione a dare il via libera a Buell per la produzione di moto naked e sportive con motori Harley, in secondo luogo il motore della VR1000 venne usato come base per lo sviluppo (con l'aiuto di Porsche) per il motore della V-Rod, la prima grande rivoluzione di successo dell'azienda. Per quanto riguarda la VR1000 oggi, invece, non possiamo che rimanere affascinati dal suo stile unico, fuori da ogni tempo, e dallo sforzo incredibile di Harley per realizzare qualcosa di completamente opposto alla filosofia aziendale ma che fosse fortemente legato ai valori del marchio. Missione fallita, ma un posto nella storia assicurato. Rewind, Honda VTR SP-2: la rivincita di Tokyo        

<p>A cavallo degli anni '90 le gare per derivate di serie erano all'apice, tanto da far produrre una supersportiva anche a Milwaukee, che realizz&ograve; la pi&ugrave; anacronistica e strana SBK di sempre</p>

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