Nel segno di Kevin. Quando usc&igrave;, alla fine del 1995, la GSX-R 750, segn&ograve; una decisa svolta per la Casa di Hamamatsu. Alle maxi di Ducati (916) e Honda (CBR 900 RR) Suzuki, per prestazioni ma soprattutto per personalit&agrave; espressa dalla moto, gioc&ograve; la sua carta e lo fece battendo sulla classe &quot;setteemezzo&quot; cavallo di battaglia storico per&nbsp;Hamamatsu.  NUMERI DA RECORD    La nuova sportiva metteva in campo un telaio doppio trave diagonale, che mandava in pensione la doppia culla in alluminio fino a quel momento fortemente caratterizzante per le supersportive Suzuki, per un interasse di appena 1.400 mm. Sempre in tema di ciclistica da segnalare la forcella a steli rovesciati da 43 mm regolabile, al pari del mono posteriore. Misura importante per lo pneumatico posteriore: 190/50. A questo si aggiungeva un motore rivisto e dotato di raffreddamento a liquido. La GSX-R 750 &quot;SRAD&quot; metteva sul piatto valori dichiarati da record: 179 kg di peso, ed una potenza all&#39;albero di quasi 130 CV a 11.500 giri per una coppia massima di 8,2 Kgm a 10.000 giri. A ci&ograve; si aggiungeva una estetica profondamente&nbsp;rivista rispetto alla precedenti versioni, con il caratteristico codone di forma ogivale, vero segno distintivo per questa sportiva (ripreso poi dalla futura GSX-R 600), ed una qualit&agrave; delle finiture degna di lode.    Rewind, Honda NR 750: &egrave; ancora la moto pi&ugrave; tecnologica?  Gira pagina per leggere le impressioni di guida della GSX-R 750 nel nostro test su InMoto:  &nbsp;  L&#39;obiettivo dichiarato di tecnici Suzuki era quello di mutuare su quattro cilindri da strada le stesse caratteristiche di guida di una 500 GP. Beh, vi assicuriamo che ci sono riusciti. Alla guida di questa pepatissima Superbike replica non si fa fatica a fatto, nei momenti di maggiore impegno, a calarsi nei panni del mitico Kevin Schwantz intento a domare la sua RGV 500&hellip; E dire che il primo impatto, quello di salire in sella, &egrave; cos&igrave; rassicurante&hellip;&nbsp;    Fatto l&#39;occhio al largo serbatoio, si scopre con piacere che il manubrio, giustamente basso, &egrave; vicino alla sella, e che il busto, nell&#39;atto di piegarsi in avanti, non fa alcuna fatica ad avanzare per caricare l&#39;avantreno. La sella, larga &egrave; appena imbottita, favorisce questa posizione essendo su un piano quasi coincidente con quello del manubrio e non obbliga le gambe ad un forzato inserimento negli incavi laterali del serbatoio. Sempre riguardo alla posizione di guida, bisogna riconoscere che nei percorsi misti i palmi delle mani e polsi possono affaticarsi, cosa che invece non accade alle ginocchia.  LA GUIDA: UNA BELVA ELETTRIZZANTE   Ma veniamo a quello che l&#39;aspetto pi&ugrave; elettrizzante della quattro cilindri Suzuki: la guida. Non appena ci si mette in movimento non si pu&ograve; non essere felici della grande sensazione di leggerezza, subito avvertibile, che prelude ad una facilit&agrave; di gestione estrema, sia le basi che le alte andature. Non sembra proprio di avere a che fare con una 750, almeno fino a quando, aprendo il gas con un minimo di decisione, non si scopre le superante erogazione del motore. Diciamo subito che sulle prime si passa tempo a cercare quello che sembra un difficile accordo tra l&#39;agile ciclistica e la tanta cavalleria a disposizione. Pi&ugrave; si esagera con il gas pi&ugrave; sembra di essere alle prese con una belva dalla difficile interpretazione.  Poi, come d&#39;incanto il contatto si stabilisce, e allora arrivano le gioie della guida pi&ugrave; esaltante che ci sia capitato di interpretare negli ultimi tempi. Fulminea nella risposta agli input del pilota, la GSX-R aggredisce con una incredibile rapidit&agrave; la corda della curva, tanto che sulle prime si finisce inevitabilmente per ritrovarsi troppo interni alla traiettoria ideale. Si possono adottare traiettorie estreme molto nervose e redditizie oppure, ci si pu&ograve; affidare alla guida rotonda e fluida che ha anche il pregio di mettere meno in crisi l&rsquo;avantreno, pronto a sollevarsi ogni sollecitazione del gas nelle prime tre marce.    Molto utile, specie nella percorrenza delle curve veloci, caricare il pi&ugrave; possibile l&#39;avantreno con il corpo, spostando il busto in avanti, prevenendo in questo modo anche una certa tendenza ad allargare in uscita, specie se nel pieno della piega qualche elemento perturbante provoca scompensi nell&#39;assetto non sempre completamente digeriti dalle sospensioni.  In frenata, dove ci si sorprende della grande risposta dell&#39;impianto anteriore veramente encomiabile per potenza e precisione di risposta l&#39;assetto difficilmente viene compromesso, a patto di usare con precisione il disco posteriore am&ograve; di timone.  Sul dritto affrontato in piena velocit&agrave; le sul catture dell&#39;asfalto possono provocare oscillazioni. Teniamo per&ograve; conto del fatto che la GSX-R &egrave; velocissima (quasi 270 km/h effettivi) e che quindi vanno rivisti in termini di paragoni in fatto di stabilit&agrave;. Il motore regolarissimo anche se non proprio possente ai bassi e medi regimi, &egrave; inesauribile ed entusiasmante nella spinta non appena si vanno a sollecitare i quartieri alti del contagiri: fortissimo dai 9.000 giri fino a quasi 14.000 giri indicati.  Rewind, Bimota YB4 750: l&#39;anti RC30 

<p>Potente, ben rifinita e leggerissima, la &quot;SRAD&quot; spiccava per la personalit&agrave; che riusciva ad esprimere. Era la risposta alle maxi del periodo, Ducati 916 e Honda CBR 900</p> 

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Rewind, Suzuki GSX-R 750 1996: la media dal gusto maxi