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Rewind, Triumph Speed Triple T509: sguardo inconfondibile

Nel 1991 la Triumph ha riniziato ufficialmente la produzione delle prime moto dopo il fallimento del 1983 e il successivo acquisto da parte dell'inglese John Bloor. Le nuove Triumph erano moderne e all'avanguardia nella tecnologia ma esteticamente un po' scialbe, i primi modelli veramente interessanti furono due e vennero presentati nel 1994 in coppia: Daytona Super III e Speed Triple. La prima una ammiraglia tricilindrica sportiva carenata, la seconda è la sua versione nuda, con semimanubri e faro tondo, voluta dal nuovo importatore per l'Italia, Carlo Talamo, che fece pressione alla casa madre per avere una cafè racer moderna da piazzare sul mercato italiano.

Inultile dire che Talamo (come tante altre volte) ci aveva azzeccato. La Speed Triple con motore 900 dell'esordio fu l'unico modello che ebbe veramente seguito in tutta Europa, e i numeri di vendita cominciarono a mettere il sorriso ai vertici Triumph.

1996: ECCO IL DOPPIO FARO

La vera svolta però arrivò nel 1997, quando fece la sua comparsa al salone di Colonia del 1996 la nuova serie Daytona T595 affiancata dalla Speed Triple T509. Tralasciando la bellissima carenata e concentrandoci sulla nuda, notiamo che l'azzardo di Triumph per questo modello esteticamente equilibratissimo e con un gran telaio (sviluppato dallo specialista inglese Harris) è un doppio faro anteriore affiancato che la fa sembrare un matto sotto effetto di stupefacenti.

La moto venne proposta in doppia configurazione con semimanubri e manubrio alto, e per paura dell'azzardo del doppio faro, Triumph mise a disposizione un kit di conversione a faro singlolo per chi la volesse più tradizionale. L'utenza fece la sua scelta: vennero vendute pochissime con i semimanubri e i kit di conversione a monofaro si contano sulle dita di una mano.

IL FENOMENO DELLE STREETFIGHTER

Il DNA della T509 era di una moto sportiva e i suoi numeri dicono tutto: 3 cilindri a iniezione per 885cc di cilindrata, 108 CV di potenza massima e peso di 196 kg a secco. Gommatura generosa e forcellone monobraccio (prima volta su una naked di serie) la rendevano muscolosa, mentre il telaio curvilineo e sinuoso era un piccolo capolavoro di ingegneria e design. Infine lo sguardo con quei due occhi strabuzzati a sottolineare un carattere pazzo e irriverente che il comportamento su strada della moto non tradiva.

Unica macchia del modello: un richiamo dopo la consegna dei primi esemplari obbligò la Triumph a sostituire tutto il telaio per un problema di rotture al cannotto di sterzo. Questo si seppe dopo che qualcuno si fece male, ma la campagna fu rapida ed efficiente.

Oltre ad essere una pietra miliare nell'estetica, la Speed Triple T509 fu la prima moto che venne soprannominata “Streetfighter”, una categoria che negli anni seguenti ebbe un vasto seguito nella produzione europea e che deve molto a questa capostipite nata da una scommessa fra i vertici inglesi e l'allora sconosciuto importatore italiano Carlo Talamo, un tipo che aveva lo sguardo molto lungo, tanto che ancora oggi quel doppio faro è il segno distintivo di un'icona a due ruote.

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