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LISTINO

Kawasaki Z1 900: si avvicina il mezzo secolo per la prima SBK

Per lei fu coniato il termine “superbike”: di difetti ne aveva pochi e tutti facilmente risolvibili. Bella e con tanta sostanza, praticamente inarrestabile. E farne delle special più sportive era facilissimo. Decisamente non si può definire in altro modo se non “forte” la Kawasaki Z1 90o. Forte sotto ogni punto di vista: nel motore, bialbero e accreditato di 82 cavalli, affidabile e robusto agli sforzi; nel design, stilizzato da uno studio statunitense, allora il mercato di maggior importanza mondiale, il McFarland di New York, elegante e aggressivo al tempo stesso ma sufficientemente sobrio da sfidare gli anni e diventare, come le cose buone di questo mondo, sempre migliore con il passare del tempo; nella cura costruttiva in generale, con svariate finezze che andremo ad elencare; nel comfort di marcia, oggi insolito in una moto dalle caratteristiche allora proprie della Kawasaki, e in ultimo anche nella considerazione generale da parte degli appassionati di allora e di oggi.

La storia della Kawasaki Z1 Super Four

Questo il nome completo della motocicletta presentata nel 1972 al Salone di Colonia e praticamente subito commercializzata: la famosa, ricercata e quotata “testa nera”, così detta per il colore della parte alta del motore; riteniamo però che le meno quotate serie successive non abbiano nulla da invidiare alla prima versione: oltretutto negli anni ci furono diversi affinamenti ma il progetto restò il medesimo, con qualche intervento alla livrea e poco altro: in sostanza dal 1972 al 1977, la Z, declinata in quattro serie, rimase la medesima splendida moto.

La moto ebbe un impatto travolgente sugli appassionati, che si erano appena ripresi dalla bellezza ed esclusività della CB 750 e dalla quantità di adrenalina scaricata con le due tempi tre cilindri sempre della Kawasaki. E davvero non c’era tempo di tirare il fiato: 903 cc, oltre 210 orari e intorno ai 12 secondi sul quarto di miglio partendo da fermi. Erano numeri da capogiro, parlando poi di una moto affidabilissima, cosa confermata negli anni a venire, e con ottime doti di guida, aspetto questo non del tutto confermato. Nessuno è perfetto, come si dice, ma il mito Kawasaki resta, resiste e si consolida. 

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FINEZZA D'ALTRI TEMPI

Volendo citare qualche caratteristica insolita e di certo oggi desueta della Z1, il particolare e utilissimo dispositivo per ingrassare costantemente la catena di trasmissione, formato da un serbatoio e da un meccanismo vincolato al pignone, regolabile nella portata; di un curioso e ovviamente poco costoso “key holder”: una feritoia appena sopra la chiave di accensione dove inserire chiavi altrimenti penzolanti: un lezioso bauletto nel codino, con tanto di adesivo riportante lo schema dell’impianto elettrico; della sempre utile pedivella di avviamento, vista l’impossibilità della messa in moto a spinta, determinata da una caratteristica del cambio che impedisce l’innesto alla partenza di marce superiori alla prima velocità: una finezza non a tutti gradita. Come si fa a non restare rapiti da una moto del genere…?

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