L’altro giorno mi sono imbattuto nel mito della caverna di Platone. Il mito sintetizza il percorso della conoscenza. Provo a riassumerlo in questi spazi, in maniera imprecisa ed indegna: nella caverna ci sono persone incatenate ed obbligate a fissare le pareti, senza poter guardare l’ingresso. Possono vedere solo le ombre degli oggetti, ombre proiettate da chi è fuori dalla caverna.
I prigionieri sono così portati a credere che quella riflessa sia la realtà. Credono che siano reali le ombre proiettate. Anche quando vengono liberati, attraverso la conoscenza, il loro adattamento richiede comunque tempo.
Ora, fermiamoci un istante, non vi sembra di vedere noi oggi con i nostri device?
Crediamo a quello che vediamo nello schermo dei telefoni e in più, ci vuole tempo per perdere l’abitudine alla realtà, a cambiare realtà. Ci succede lo stesso quando vediamo qualcosa sui nostri telefonini, siamo portati a credere che quella sia la realtà, quella sullo schermo piuttosto che quella che vediamo dal vivo?
Diventa poi complesso modificare la nostra convinzione?
Pensando il mito della caverna in questo modo mi sono venuti i brividi.
Quanta della nostra conoscenza viene veicolata come nel mito di Platone?
Per fortuna, poi ho fatto un giro in moto: liberarsi delle catene, di falsi miti, di fake news, di mistificazioni è molto più facile dopo che abbiamo impegnato la nostra testa in qualcosa che ci appassiona, che ci mette di buon umore. Dopo un giro in moto riusciamo a chiacchierare meglio con gli amici, a confrontarci con minor foga.
Questo non credo l’abbia mai detto Platone. Però, soprattutto adesso che è primavera, uscite dalla caverna e gustatevi la realtà.