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Riaprono le scuole: perché non andarci in motorino?

In molte parti d’Italia è tempo per tanti ragazzi di ricominciare la scuola. Come ogni boomer che si rispetti è impossibile per me non fare confronti, non pensare a come fossimo meglio noi, rispetto ai giovani di oggi. Mentre vedo ragazzini con zaini immensi carichi di costosi e parzialmente inutili testi, mi sembra tutto così diverso. Eppure, ho avuto anch'io quell'età. Cosa ci sarà di diverso che mi rende tutto così irriconoscibile? Me lo fa capire un suono. Un suono sforzato, faticoso, metallico. E' uno scooter cinquanta, spompatissimo, con una marmitta rovesciata che copre anche i tuoni che rimbombano da lontano. Un vecchio Malaguti Phantom F12.

Ecco cosa mancano, i motorini

Io sono figlio della generazione degli scooter. Ho vissuto l'epoca d'oro dei cinquantini, quando il passaggio dalle medie alle superiori significava libertà e quella libertà aveva due ruote, freni mal dimensionati, un propulsore capace di raggiungere velocità irresponsabili. Anche noi subivamo il fascino delle mode: salvo rare eccezioni i Malaguti imperversavano, nelle varie declinazioni da Aeronautica Militare. Poi c'erano gli scooter replica, il CR50Z Marlboro, il Cagiva City Lucky Explorer, il Piaggio NRG Benetton (questo con un curioso mash-up fra Formula1 e motorsport) e l'inarrivabile Aprila Sr50 Chesterfield, quello del corsaro Max. La leggenda voleva che le versioni replica avessero motori più performanti. Con qualche "decina di mille lire" non acquistavi solo la versione con gli adesivi racing, acquistavi la versione con qualcosa in più. C'era sempre un cugino di qualcuno a cui qualcun altro aveva rivelato che a fine linea di produzione agli scooter recplica veniva dato quel qualcosa in più. Sarà stata una polvere magica.

TRA PERSONALIZZAZIONI E SOGNI NEL CASSETTO

Ricordo però che le mode venivano poi superate dalle personalizzazioni. Adesso diremmo che customizzavamo i nostri mezzi. Pomeriggi a carteggiare fiancate, spruzzare vernici metallizzate evitando di fare la goccia, marchio di ignominia. A pensarci oggi, che idea stupida la vernice metallizzata su una superficie di massimo 30 cm. Però ci piaceva così. E poi le marmitte, i rulli, i filtri. Pian piano i motorini, da essere una scelta di moda, per sentirsi parte di un gruppo, diventavano riflesso della personalità. C'era chi aveva veri e propri missili, cui però occorrevano chilometri per lanciarsi, chi aveva ambitissime selle biposto, per ospitare (abusivamente) compagni di pomeriggi o dolci donzelle, chi aveva lo scooter sempre pulitissimo, chi gli cambiava colore ogni fine settimana, chi si limitava agli immancabili adesivi Town & Country, Maui and Sons, North Sails, O'Neil ma anche Malossi, Leovinci (allora era Vinci, con la i), Polini o altro. 

LE 125... CHE SPASSO

Ricordo che andavamo già ad EICMA che allora era ogni due anni (sì, son più di vent'anni che non ho vent'anni), per ammirare le mitiche 125. Ah, le 125 anni Novanta. Ci vorrebbe un capitolo a parte. Per ora vi dico solo che io avevo due moto nel mio cassetto dei sogni: Aprilia Pegaso e Cagiva Mito Lucky Explorer (perchè, proprio come per gli scooter, si diceva andasse più forte).

Beh, oggi ritorna la scuola e nel tempo in cui mi sono assentato a pensare ai miei primi giorni ho visto arrivare diverse moto. Diverse 125, riconoscibili dall'urlo che emettono. Forse gli scooter cinquantini non torneranno mai, schiacciati da tutta un'altra mobilità, ma ragazzine e ragazzini che accendono una moto ce ne sono più di quel che credessi.

 Buon rientro a scuola. Andare e tornare in moto è sicuramente un vantaggio!