Sicurezza stradale e moto connesse: novità all'orizzonte

Sicurezza stradale e moto connesse: novità all'orizzonte

Si parla sempre più di auto connesse, in grado di scambiare dati con terze parti, e si parla poco di moto. Ma qualcosa si sta muovendo, perché le esigenze per aumentare la sicurezza sono molteplici e richiedono sviluppi dedicati

Franco Giallini

25.02.2022 ( Aggiornata il 25.02.2022 11:48 )

CMC, ecco una sigla che sentiremo sempre più spesso e che sta per Connected Motorcycle Consortium, una organizzazione no profit nata dalla collaborazione fra costruttori, fornitori, ricercatori e associazioni per integrare il segmento delle due ruote o PTW (Powered Two Wheelers) nel più ampio progetto della futura mobilità connessa.

Connessione e sicurezza

Piuttosto che la propulsione elettrica o le sempre più stringenti normative antinquinamento, la vera grande rivoluzione che sta iniziando e avrà compimento nell'arco di un decennio si chiama C-ITS (Cooperative Intelligent Transport Systems) ovvero la realizzazione di una rete di trasporti che integri tutti gli utenti della strada, dai pedoni fino ai veicoli pesanti, in modo da rendere più sicura la mobilità. Questi sistemi sono spesso indicati come comunicazione vehicle-to-vehicle (V2V) o vehicle-to-infrastructure (V2I), ce li dobbiamo immaginare come una rete del traffico in cui ogni veicolo monitora costantemente la posizione ed i movimenti di ogni altro veicolo, di ogni pedone o ciclista nelle vicinanze e ne prevede ogni possibile mossa che possa interferire con la propria marcia. Una intelligenza artificiale che in caso di potenziale pericolo avvisa il guidatore di prestare particolare attenzione, magari tramite segnali luminosi o addirittura tramite la realtà aumentata. Si tratta di un approccio alla sicurezza del tutto nuovo che fonde il lavoro delle già esistenti assistenze alla guida con le informazioni provenienti dalla interconnessione di tutti i veicoli. È ovvio che l'apporto alla sicurezza stradale dei sistemi C-ITS cresce con l'aumento del numero di utenti e dispositivi attivi: quanto più questa tecnologia riuscirà a diventare uno standard, maggiore sarà la sua efficacia. Quando ogni utente della strada sarà connesso, la sua efficacia sarà massima. Secondo la valutazione d'impatto circa la diffusione dei C-ITS condotta dalla Commissione Europea, si prevede che la diffusione annuale aumenterà rapidamente per i nuovi veicoli oltre che per le infrastrutture.

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L'obiettivo deve essere prevenire gli incidenti

Per capire l'importanza del progetto C-ITS bisogna snocciolare un po' di dati: gli incidenti stradali sono, a livello mondiale, nella top 10 delle cause di morte e il 90% delle collisioni sono causati da errore umano. Ancora: nel Regno Unito secondo un rapporto del 2018, in percentuale i motociclisti sono la categoria degli utenti della strada più esposta ad incidenti mortali e il 50% degli incidenti avviene contro altri veicoli e per colpa altrui. E queste percentuali in altre aree del mondo, in particolare nel Sud-Est asiatico, crescono a valori ancora più drammatici. Il motivo è semplice: mediamente i motocicli nel traffico sono poco considerati o, quanto meno, gli automobilisti hanno poca consapevolezza della presenza di altri utenti "più deboli". È sulla base di questi dati che già nel 2015 BMW Motorrad, Honda e Yamaha concordarono sulla necessità di rendere il mondo delle due ruote un partner attivo nello sviluppo del citato C-ITS e così, assieme a KTM, un anno dopo fondarono il CMC riscontrando in breve numerose adesioni sia come membri permanenti che come supporters, che contribuenti esterni. Come detto il CMC si pone come obiettivo quello di rendere i veicoli a due ruote parte integrante dei futuri sistemi di comunicazione sulla base del fatto che la comunicazione in tempo reale fra veicoli permetterà di rilevare situazioni potenzialmente pericolose prima di quanto l'occhio umano possa vedere.

Serve uno sviluppo dedicato solo alle moto

Quello che è importante evidenziare, è che la base di partenza dei lavori di CMC è un assunto poco chiaro agli occhi degli altri utenti della strada: le moto sono differenti! Si guidano in modo diverso, si muovono in condizioni di equilibrio, in curva si inclinano, non dispongono di strutture ad assorbimento di impatto a protezione degli occupanti, insomma, a differenza delle auto, l'incolumità degli occupanti dipende in larga misura dalle caratteristiche di sicurezza attiva, ovvero bisogna assolutamente prevenire gli incidenti, non si può pensare solo di renderli meno cruenti. Ma questo servizio di prevenzione deve tenere conto delle dinamiche di guida di una moto, del suo design, non è possibile semplicemente copiare i sistemi dell'auto e installarli sulle due ruote, serve uno sviluppo dedicato. Ed è qui che è intervenuto il CMC con un ciclopico lavoro strutturato nei dettagli e che fornirà un contributo indispensabile per connettere i futuri motocicli alla rete, ma anche e soprattutto per "sensibilizzare" e "istruire" gli altri veicoli sulle accortezze da seguire per una più sicura condivisione delle strade.
Per conoscere meglio il lavoro del CMC seguiteci sulla prossima puntata!

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