KTM Freeride 350

KTM Freeride 350
Il fuoristrada che la Freeride rende possibile è meno condizionato dalle difficoltà del percorso e dalla bravura del pilota. Leggerezza, dimensioni ridotte e motore docile i segreti della sua formula inedita

Redazione - @InMoto_it

01.01.2013 ( Aggiornata il 01.01.2013 12:17 )

Da Fermo

A distanza di diversi mesi dalla prima “visione” fa lo stesso effetto. È una di quelle moto che sei contento di sapere che ce l’hai e che ti aspetta in garage o nella casa fuori città. Bella da vedere, con quel telaio in tre parti: tubi di acciaio nella triangolazione principale, piastre in lega per la zona centrale, “scatola di plastica” più dietro, a proteggere il cervello elettronico e reggere la sella. Il motore è più leggero del 350 da enduro o cross (oltre che molto meno potente) perché nasce da una lavorazione diversa (pressofusione) e deve sopportare meno stress perché è meno spinto. Non ha valvole in titanio, una messa a punto ben diversa e di conseguenza intervalli di manutenzione ben più lunghi, ad esempio 120 ore di funzionamento prima di sostituire pistone e biella.
Il serbatoio è sotto la carrozzeria in plastica che ingloba i convogliatori e si collega alla sella, dove si nasconde un pulsantino che permette di alzare il tutto per accedere al rifornimento e al filtro dell’aria. La trasparenza del serbatoio permette di sapere meglio di uno strumento di quanta autonomia si dispone. Non c’è molto altro su questa moto, che del resto, se pesa solo un quintale, non può averlo. Per fortuna.
La Freeride può essere personalizzata nella posizione di guida (le pedane si possono spostare indietro di 8 mm, il manubrio in avanti), ma si presta poco ad essere “modificata” senza stravolgerne lo spirito, cercando per esempio di ottenere più potenza che non troverebbe un adeguato contraltare nella ciclistica e nella sua geometria. L’escursione delle sospensioni è di soli 250 mm davanti e 260 mm dietro, contro i 300 mm delle enduro che sono fatte per le gare, e il diametro degli steli della forcella rovesciata è di 43 mm. Poi basta guardare le sue piastre per notare come siano ben meno massicce delle cugine che nascono per impattare ostacoli e dare rigore all’avantreno a velocità poco turistiche.
Stessa sensazione si avverte al solo guardare il reparto freni, che sembrano derivare dalle MTB, ma che si apprezzeranno poi per la loro leggerezza e trattabilità. Praticamente indispensabile, per non rinunciare ai “plus” che la Freeride può dare, è il commutatore al manubrio (protetto da un cappuccio in gomma e montato elasticamente) per scegliere le tre mappe in grado di trasformare in buona parte la risposta del motore alle sollecitazioni della manetta.
Ricordiamo infine come ci sia un bel catalogo di accessori per personalizzare la Freeride esteticamente ma anche per incrementarne la funzionalità. Ci sono leve antirottura nei ribaltamenti più disastrosi e protezioni che la fanno ancora più robusta di quanto non sia già stata pensata fin dall’inizio.

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