Dall’Asia centrale all’Italia, il viaggio del Cicca e la Sere #1

Dall’Asia centrale all’Italia, il viaggio del Cicca e la Sere #1

Un viaggio affascinante e avventuroso, un lento "ritorno" in moto attraverso le 1000 suggestioni dell’Asia centrale. La prima tappa, dai preparativi al Kirghizistan

Francesco Ciccarello (pubblicazione a cura di Diego D'Andrea)

04.09.2018 10:54

FINALMENTE LA MATTINA DOPO, cielo sereno e si parte lungo la sterrata che tanto avevamo temuto, rivelatasi, chilometro dopo chilometro, una delle più belle strade mai percorse. Ad un certo punto, la paura e la fatica sono sparite e nonostante il mio metro e 68 per 61 Kg di peso, i quasi 300 chili di moto e bagaglio sono diventati “leggeri” davanti alla bellezza di ciò che ci circonda. Poco dopo il passo, la strada si spiana e compare la sagoma del lago. Ci fermiamo a contemplarlo di fronte a delle yurte che ci daranno ospitalità. Accanto alla nostra moto, due biciclette: sono Massimo e Ingrid e vengono dalla Svizzera. Passiamo con loro il pomeriggio, e mentre Serena e Ingrid scattano foto, cercando di catturare la bellezza del luogo, io e Massimo, di origine pugliese, ci raccontiamo i nostri viaggi a due ruote, con e senza motore.

PERCORRENDO PARTE DELLA STRADA CHE CIRCONDA IL LAGO senza bagagli, la sensazione è incredibile. Il mattino seguente, tanti saluti ai nostri amici ciclisti (che proseguiranno verso Naryn) e ci avviamo verso i 200 km di sterrato che conducono a Kazarman: si naviga a vista, non ci sono cartelli e la strada consigliata da Googlemaps parrebbe essere in uno stato pietoso. Decidiamo, allora, per una strada interna, una delle poche per cui in molti avevano usato la definizione di ‘really shitty road’. Non facciamo in tempo a prendere velocità, che sento l’anteriore oscillare. Forato! Nel nulla, in una sterrata e di Domenica mattina.

SMONTIAMO I BAGAGLI e proviamo con lo “Slime”, ma niente. Uno dei miei incubi diventa realtà. Dobbiamo smontare la ruota e stallonare la gomma per cambiare la camera. Anche stavolta l’unica macchina che passa di lì si ferma e un signore scende a darci una mano. Quando il più sembra fatto, notiamo che la camera d’aria di scorta è a sua volta forata. Forse qualcosa in borsa gli ha premuto contro. Non ho toppe né altre soluzioni. Per fortuna che da queste parti le persone si ingegnano; il signore prende una rondella e la piega sulla camera d’aria nel punto della foratura, punzonandola. Gonfia la camera d’aria ci guarda e dice: “Korasho” (in russo, “va tutto bene”). Rimaniamo di sasso. Il mio scetticismo sulla tenuta della riparazione svanisce di fronte al gommista di Kazarman dopo 8 ore di guida: la camera d’aria ha retto, nonostante la strada pessima. Anche il gommista si mette a ridere di fronte alla rondella!

ARRIVIAMO NELLA HOMESTAY che ci ospiterà per la notte, distrutti ma soddisfatti. Se ne rende subito conto anche la coppia di ciclisti francesi con cui facciamo volentieri quattro chiacchiere. Gente tosta, che passati i sessant’anni si è messa in testa di arrivare dalla Francia fino a qui pedalando. Qualcuno un giorno mi disse che più viaggi e più conosci viaggiatori: sono simpatici e hanno voglia di parlare, soprattutto con Serena che conosce bene il Francese e funge da traduttore. Ci raccontano della Pamir Highway e di come sia bella e impegnativa, delle strade al confine con il Kazakhistan da evitare e di come poterle aggirare. Tutte informazioni che si riveleranno vere e utili.

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