Avventura Canada e USA in Vespa 50 - Seconda parte

Avventura Canada e USA in Vespa 50 - Seconda parte

Un’altra avventura del Generale, la Vespa 50 che da anni porta Giorgio e Giuliana in giro per il mondo. Questa volta a fare da sottofondo alle emozioni sono i suoni americani

Giorgio Serafino

03.05.2018 08:10

DOPO CENTINAIA DI MIGLIA ci fermiamo a un distributore come quelli che si vedono nei film, nel mezzo di una riserva indiana. Fissiamo nuvole nere incazzate che stanno proprio in mezzo, tra noi e le 60 miglia che dobbiamo ancora fare, quando arriva lui. Inizia a parlarci, mi dà la mano e si presenta: «Mi chiamo Black Bear» dice. Lui e il suo amico sono arrivati con una macchina che non si sa come faccia ancora a camminare. È un po’ sbronzo. Gli piace la Vespa e forse anche la piuma nera legata allo specchietto, l’ho raccolta dall’asfalto e messa lì quando eravamo in Canada. Orso Nero sembra non volerci lasciare, mi dà la mano due o tre volte ma resta sempre lì, ride e ci racconta storie con un sorriso sdentato e gli occhiali da sole che sembrano quelli da saldatore, con l’elastico fin dietro la testa. Mi dice di avvicinarmi, mi regala una treccia d’erba secca chiamata se non sbaglio sweetgrass, va bruciata da un lato, viene usata dai nativi nordamericani per richiamare le energie positive e allontanare gli spiriti maligni.

ANCHE LUI FISSA LE NUBI NERE E CI DICE: «Andate tranquilli, il temporale se ne andrà nella prateria in giro da solo e non vi darà fastidio e per quattro giorni non prenderete acqua». Accende la macchina, «Good luck my friends, good luck» dice, prima di sparire rombando. Riparto fiducioso mentre Giuliana mi urla: «Ma che fai, andiamo veramente? Ma come fai a fidarti? era ubriaco!» Non importa, rispondo, Black Bear sa quello che dice, anche se ubriaco mi fido di lui. Proseguiamo e il mostro se ne sta veramente nella prateria e di pioggia non ne avremo veramente per quattro giorni. Mi mancherai amico...

NORTH DAKOTA LEGGENDARIO: il sole sta scendendo dietro di noi e troviamo un bel cervo al lato della strada, poi un altro e un altro ancora, ce ne sono a decine. È tutto sconfinato, la prateria immensa scorre intorno e dentro di noi, il Generale è al massimo dei giri ma la velocità non supera i 40 km orari per colpa del forte vento contrario. Inizio a sbandare ma non mi preoccupo, visto che succede di continuo nella “lavatrice del vento americano”, destra e sinistra, destra e sinistra fino a quando il Generale sembra in preda a convulsioni e veniamo buttati letteralmente fuori strada senza più controllo... La ruota anteriore è andata, scoppiata, proprio finita, con dei buchi, si vede la camera d’aria. Mettiamo l’altra già usata e ora non ne abbiamo più, è già un po’ spaccata, spero proprio di riuscire a chiudere il cerchio... IL GIORNO DOPO, per la prima volta, abbiamo il vento pazzesco a favore: si vola, il Generale è un missile terra-aria, è come fare surf, 5000 km per incontrare l’onda perfetta, il vento perfetto, che con raffiche potenti ci fa raggiungere i 60, 65, 70, alcune volte anche 75 km orari e la strada è una freccia dritta che si butta nell’infinito verde, va un po’ in discesa ora e la lancetta riempie tutto il contachilometri, 80 all’ora.

NON CI POSSO CREDERE, ho le lacrime agli occhi, cavalchiamo questa fottuta onda per tutto il giorno, seguiamo il flusso, le ruote sembrano staccarsi da terra, ogni pezzo di Vespa sembra volersi staccare, ma non lascio l’acceleratore, no, che scoppi pure, che si pieghi, me la voglio godere tutta! Le manopole tremano, il manubrio è un martello pneumatico, le ruote fanno un rumore pazzesco, Giuliana mi urla di rallentare, e io non ci penso per niente, il Generale si trasforma in un mustang, diventa un cavallo selvaggio... E tra colline e paesi addormentati e spesso abbandonati e il fuoco del gas e del petrolio, puntiamo al Minnesota... sperando che “vento che corre” sia ancora con noi, Dio benedica il vento a favore!

SIAMO FERMI all’ombra di un edificio piccolo e colorato che sembra un giocattolo, una di quelle case per bambini ma in realtà è un fast food. Quattro o cinque vecchie signore si abbracciano e iniziano a cantare una filastrocca saltellando, quando arriva un vecchio signore dallo sguardo triste. Si avvicina e inizia a parlarci, mi sembra una faccia già vista ma non riesco a ricordare dove. Ci invita a mangiare con lui, insiste.

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