Nel mondo della trazione elettrica l’obiettivo è migliorare efficienza, pesi e costi. E un materiale già conosciuto potrebbe rivelarsi assai importante nel settore moto
Il carburo di silicio è noto da tempo ed è usato in diversi settori, ma, negli ultimi anni, grazie alla costante ricerca tecnologica, sta trovando nuove applicazioni nel campo dell’elettronica di potenza.
Ma andiamo con ordine: si tratta di un materiale ceramico, ovvero non metallico, composto da un uguale numero di atomi di carbonio (C) e silicio (Si) da cui la formula SiC, ha basso peso specifico (di poco superiore all’alluminio), alta durezza (paragonabile al diamante) ed eccellenti caratteristiche refrattarie, ovvero è in grado di resistere ad altissime temperature.
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Raro in natura, è tutto sommato semplice da creare artificialmente, almeno fino a quando non si ricercano particolari caratteristiche di purezza. Inizialmente venne sfruttata la sua durezza per usarlo come abrasivo, ha poi trovato applicazioni particolari in gioielleria ed è entrato nel mondo delle auto ad alte prestazioni come costituente dei costosi dischi freno carboceramici, decisamente superiori a quelli in metallo per leggerezza, durata e resistenza alle alte temperature.
Il rinnovato interesse del settore automotive è legato alla trazione elettrica, dove viene sfruttato, al posto del silicio monocristallino, come semiconduttore per la realizzazione dei wafer, termine che in microelettronica identifica la lamina di materiale sulla quale vengono realizzati i circuiti integrati. Ma perché si sta utilizzando un nuovo materiale al posto del silicio che ha fatto la storia dell’informatica? Il SiC sta prendendo piede in applicazioni che richiedono efficienze sempre maggiori ed alta affidabilità anche in presenza di ambienti di lavoro “complessi”, la trazione elettrica è uno di questi casi.
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