Yamaha, Suzuki, Kawasaki, Honda ma anche le due italiane Ducati e Guzzi: sportività ed equilibrio. Una sfida che arriva dal 1988

Rewind, le medie sportive di fine anni '80: tocchi di classe

Quando l'Italia andava a "due" ed il Giappone a "quattro". Ovviamente parliamo di moto e nello specifico praliamo di motori. Al periodo parole come "modularità" per certi motori erano poco più che lettere sfocate che a volte venivano pronunciate quasi in modo "doveroso". Quella degli anni '80 era un'epoca decisamente di opulenza, in fatto tecnico, dove per ogni tipologia di moto vi era il propulsore più adatto tecnicamente (o reputato tale anche in virtù di un certo appeal verso i diversi gusti del pubblico).

<h2>ARCHITETTURE SU MISURA</h2>



Moto sportiva? Il quattro cilindri spadroneggiava, meglio se in linea. Enduro? monocilindrico di rigore; anche il V2 o il bicilindrico parallelo avevano la loro fetta da spartirsi, in caso di endurone più oversize come le 750. 

Questo soprattutto se guardiamo alle Case giapponesi. Per i marchi di casa nostra... beh, il concetto era più sfumato. Ducati, ma anche Guzzi, puntavano o optavano per l'architettura a V per i due cilindri. Realizzandoci attorno mezzi di vario segmento e cilindrata.

Guardando le protagoniste di questa sfida d'annata si nota bene e meglio il concetto: Yamaha, Suzuki, Kawasaki, Honda con gli inscalfibili 4 in linea, contro due italiane Ducati e Guzzi dotate di motori a V (longitudinale il motore bolognese, trasversale quello Guzzi). 

Erano le medie "sportive" del periodo. Oggi le definiremmo quasi delle sport-tourer, per doti di guida e comfort, e non avevano ancora raggiunto l'appeal delle sorelle maxi, moto più blasonate ed ambite, ma avevano il loro "perchè" e in qualche caso (vedi Honda CBR o Yamaha FZ) diedero vita in seguito ad un segmento a parte con le relative medie sportive che iniziarono a rivaleggare con le più potenti sorelle maxi.  
Conosciamole meglio, tutte quelle che erano considerate della "macchine a misura d'uomo" , da uno servizio pubblicato su InMoto di giugno del 1988.

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<h2>Moto Guzzi V65 Lario</h2>



Evoluzione della classica sportiva all'italiana, rigorosamente bicilindrica e relativamente sobria (proposta in quel periodo ad un prezzo molto conveniente) che garantiva gran feeling agli appassionati di gusti classici, quelli a cui piace sentire pulsare vivo il motore.

La serie dei quattro valvole sportivi Guzzi rappresentava stilisticamente un inconfondibile classico nel loro styling spigoloso, forse sgraziato ma di certo originale. Presentava finiture migliorabili anche se il salto qualitativo era evidente rispetto alla precedente produzione. La V 65 Lario era la più a buon mercato di questa nostra prova parallela e se da un lato forniva prestazioni limitate dalla cilindrata, dall'altro era in grado di garantire il divertimento con una guida "all'italiana" anche se con la ruota anteriore da 16" per adeguarsi alla moda lanciata a suo tempo dai costruttori giapponesi.



I rilevamenti parlavano di:

Peso a secco 172 kg. Velocità massima 191,2 km/h. Accelerazione 0-100 km/h 5"2. Accelerazione 0-400 metri 13"1 - 159,5 km/h. Ripresa da 50 km/h 0-400 metri 14"8 - 133,6 km/h. Potenza massima 50,7 CV a 7500 giri/min. Coppia 5,1 kgm a 6000 giri/min. Peso in ordine di marcia 187,2 kg.

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<h2>Ducati Paso 750</h2>



Non propriamente una sportiva, fu una sorta di ibrido, che ottenne grande successo oltreoceano, mentre sul nostro mercato venne meno recepita. Sotto ad una veste estremamente ricercata (realizzata da Tamburini) che ha fatto proseliti anche fra le stesse aerodinamiche concorrenti giapponesi, si nascondeva un cuore dal gusto classico. Il bicilindrico a "elle" Desmo 2 valvole Ducati di 748,1 cc alimentato da un carburatore doppio corpo Weber, aveva una potenza massima di 61,5 cv alla ruota a 7750 giri, dimostrandosi forte in ripresa, soprattutto, ma pure le prestazioni di punta rilevate non erano male.



I rilevamenti parlavano di: 
Velocità massima 204,7 km/h, Accelerazione 0-100 km/h 4"7, Accelerazione 0-400 metri 12"5 - 167,0 km/h, Ripresa da 50 km/h 0-400 metri 13"6 - 151,4 km/h, Potenza massima 61,4 CV a 7750 giri/min. Coppia 6,2 kgm a 5500 giri/min. Peso in ordine di marcia 202,0 kg.

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<h2>Yamaha FZ 600 R</h2>



Per quanto di piglio più sportiveggiante, rientrava nell'ambito delle sportive tradizionali alla giapponese, cioè molto equilibrate, versatili e dal prezzo accessibile che si distingueva per il look da racing replica e per le equilibrate prestazioni.

Aggressiva nella linea, con i colori classici della Casa di Iwata, con in bella vista le vistose decorazioni a bande laterali. Inoltre era l'unica all'epoca ad offrire la "chicca" poi tanto di moda del doppio gruppo ottico anteriore. Sportiva nella guida, supportata da una posizione in sella "racing" per gli standard del periodo. Dalla sua un motore 4 cilindri raffreddato ad aria accreditato di una potenza di quasi 50 CV con una erogazione brillante ai medi regimi, abbinata però a non elevatissime doti di allungo, malgrado l'indole sportiva della moto.



I rilevamenti parlavano di:

Velocità massima 208,8 km/h. Accelerazione 0-100 km/h 4"6. Accelerazione 0-400 metri. 12"4 - 169,1 km/h Ripresa da 50 km/h 0-400 metri 14"0 - 144,6 km/h. Potenza massima 54,6 CV a 9400 giri/min. Coppia 4,5 kgm a 7500 giri/min. Peso in ordine di marcia 193,8 kg.

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<h2>Honda CBR 600 F</h2>



Fu colei che di fatto ha dato il via alla moderna genìa delle 600 supersportive, una moto di riferimento per equilibrio tecnico e prestazionale, unita ad un look di grande effetto. Più delle sue forme sinuose, arrotondate ed accuratamente raccordate, che costituivano un complesso monolitico fra carenatura, serbatoio e fiancate, affascinava lo straordinario equilibrio che la caratterizzava.  Riusciva ad offrire una posizione di guida granturistico-sportiva azzeccata e reclinata in avanti per sfruttare con naturalezza la protezione del compatto cupolino, che offriva una buona protezione aerodinamica ma solo se si stava bene accucciati.

Il temperamento del suo motore quadricilindrico, da oltre 74 cv alla ruota a 10800 giri, era spiccatamente sportivo (per l'epoca) ed anche se ai bassi regimi funzionava senza problemi di fluidità, amava comunque girare alto e rendere il meglio a partire dai 7.500 giri.



I rilevamenti fatti al periodo parlavano di: 
 
Velocità massima 229,3 km/h, Accelerazione 0-100 km/h 3"8, Accelerazione 0-400 metri 11"7 - 183,4 km/h, Ripresa da 50 km/h 0-400 metri 14"5 - 142,6 km/h, Potenza massima 74,1 CV a 10800 giri/min. Coppia 5,3 kgm a 9750 giri/min. Peso in ordine di marcia 196,9 kg.

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<h2>Kawasaki GPx 600 R</h2>



Si collocava in una posizione intermedia tra le rivali giapponesi, perché senza dubbio più versatile della Honda ma non meno dotata sul piano prestazionale. Dalla sua un aspetto "solido" e concreto (con linee giià note per la sorella 750) per una moto che garantiiva una guida facile e intuitiva (nonostante fosse la più sportiva come posizione di guida) abbinata ad un motore potente e dalle prestazioni complessive molto elevate.  

Il suo quattro cilindri in linea risultava il più potente della categoria con 74,8 CV alla ruota a 10.300 giri rilevati, ma è anche quello più dotato di coppia e tiro ai regimi intermedi, come dimostravano le prestazioi in accelerazione.



I rilevamenti parlavano di: 

Velocità massima 226,8 km/h. Accelerazione 0-100 km/h 3"8. Accelerazione 0-400 metri 11"8 - 182,9 km/h. Ripresa da 50 km/h 0-400 metri 13"9 - 149,0 km/h. Potenza massima 74,8 CV a 10300 giri/min. Coppia 5,2 kgm a 8500 giri/min. Peso in ordine di marcia 198,4 kg.

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<h2>Suzuki GSX 600 F</h2>



Era l'ultima arrivata nel settore (ma con tutte le intenzioni di essere la prima) si poneva in diretto critico confronto con la Honda CBR 600 F, alla quale si avvicinava per scelte aerodinamiche, prestazioni, qualificazione, meccanica e... prezzo.

A livello di design, tra le rivali, presentava forse le forme più sgraziate ma che risponevano comunque a precise esigenze di funzionalità e aerodinamica. Dalla sua la media Suzuki mostrava inoltre una eccellente meccanica e ciclistica. Una moto che badava al sodo, la GSX 600 F, con finiture non ricercatissime ma con tanta sostanza. L' impostazione di guida era estremamente versatile per macinare chilometri su chilometri senza stress, ma che per la buona correlazione fra sella e manubrio, si dimostrava ottima anche qualora si desiderasse spingere a fondo.



I rilevamenti parlavano di:

Peso a secco 188 kg. Velocità massima 222,7 km/h. Accelerazione 0-100 km/h 3"9. Accelerazione 0-400 metri 11"9 - 181,0 km/h. Ripresa da 50 km/h 0-400 metri 14,7 - 139,0 km/h. Potenza massima 76,6 CV a 10700 giri/min. Coppia 5,4 kgm a 9500 giri/min. Peso in ordine di marcia 209,5 kg.

Yamaha, Suzuki, Kawasaki, Honda ma anche le due italiane Ducati e Guzzi: sportività ed equilibrio. Una sfida che arriva dal 1988