Nolangroup ha una lunga storia, e nella produzione dei caschi &egrave; uno dei marchi di punta. L&rsquo;azienda &egrave; stata la prima ad utilizzare gli stampi ad iniezione in policarbonato per la produzione di un casco, un innovativo materiale plastico sviluppato da General Electric con il marchio Lexan e gi&agrave; utilizzato per lo stampaggio dei caschi protettivi degli astronauti della missione Apollo. Il brand stesso, Nolan, nasce dall&rsquo;acronimo del nome del fondatore, Lander Nocchi, nel 1972. Da questo importante heritage, che verr&agrave; costantemente valorizzato, parte il futuro del marchio. Dal 2019 Nolangroup, insieme a Shark, Troy Lee Designs, Segura, Bering, Cairn e Casco, fa parte di 2Ride Holding, leader mondiale nel mercato dei dispositivi di protezione per gli sport estremi.  IL FATTORE UMANO   La sua sede &egrave; a Brembate di Sopra, a Bergamo, e ha pi&ugrave; di 33.000 metri quadrati di spazi che abbracciano due linee di produzione specializzate: fibra di carbonio e policarbonato, due dipartimenti interni di Ricerca e Sviluppo, Dipartimento Esperienza, Centro Stile, Controllo Qualit&agrave;, Vendite, Marketing e Amministrazione. I numeri possono dare idea della portata del mondo Nolangroup: sono 4.000 i caschi testati ogni anno nei laboratori interni, 22 milioni i caschi prodotti dal 1972, pi&ugrave; di 8.000 codici articoli gestiti all&rsquo;anno, 74 i titoli mondiali vinti fino ad oggi.&nbsp; Nolan, ora, vuole realizzare un oggetto che possa rappresentare ogni potenziale cliente del marchio. E tutto questo lo far&agrave; con il contributo del fattore umano, oggi gi&agrave; in azienda, grazie al rapporto simbiotico che si osserva tra i dipendenti e gli oggetti che realizzano: la macchina &egrave; essenziale, il contributo umano &egrave; fondamentale.  I cinque pilastri di Nolan    - utilizzo di materiali all&rsquo;avanguardia e di alta qualit&agrave;: materiali ricercati che rispettano alti standard qualitativi in ogni aspetto della produzione e verifica finale di ogni prodotto;  - applicazione di tecnologia avanzata e costante ricerca di un design accurato (Redefining Elegance &egrave; il mantra Nolan): l&rsquo;eleganza e il design sono parte integrante di un&rsquo;esperienza unica. Nolan combina tecnologia e design per creare caschi in grado di offrire prestazioni e stile;  - artigianalit&agrave; made in Italy: ogni casco &egrave; realizzato con una straordinaria attenzione ai dettagli, attingendo al ricco patrimonio dell&rsquo;artigianato italiano (il 90% dei fornitori di Nolan si trova in Italia);  - sicurezza e innovazione: il gruppo investe in ricerca e sviluppo integrando sistemi sempre pi&ugrave; avanzati nello sviluppo dei caschi offrendo ai motociclisti il massimo livello di protezione;  - prestazioni e comfort: i caschi Nolan sono progettati per garantire prestazioni, comfort e un fitting su misura.  ARRIVA XSeries   Dal 2024 Nolan vuole rivolgersi alla gamma in policarbonato a quella in fibra da ora identificata con la firma Xseries. Una scelta importante che segue l&rsquo;evoluzione del mercato; infine, grazie anche alla sua visione innovativa,, rafforza il proprio brand e i propri contenuti, presentando una gamma premium in tutti i segmenti che viene identificata da un nuovo nome ma che rispecchia al 100% i contenuti tecnologici che ne hanno determinato il successo  SICUREZZA STRADALE E GIOVANI: UN PROGETTO PER EDUCARE GLI ADOLESCENTI  &nbsp; 

<p>Dal 2024 il marchio vuole rivolgersi alla gamma in policarbonato a quella in fibra da ora identificata con la firma Xseries</p> 

Nolan: addio a X-Lite e Grex, ecco XSeries

        Vi siete mai chiesti da dove arriva questa infinita passione per le moto? E' una cosa che abbiamo dentro, probabilmente da quando siamo nati, ed &egrave; parte della nostra essenza. Siamo attratti in modo magnetico dai mezzi che si spostano nello spazio, dalla tecnologia che li spinge e dal piacere di guidarli, ma perch&egrave; proviamo queste sensazioni? C'&egrave; una spiegazione logica? Gli studi evoluzionistici ci aiutano, e vale la pena prenderli in considerazione per capire meglio chi siamo. Siamo "scimmie artificiali" Partiamo dal principio, quello vero: l'uomo &egrave; diventato quello che &egrave; ora grazie all'utilizzo degli oggetti. Quando eravamo poco pi&ugrave; che scimmie, 2,2 milioni di anni fa, abbiamo scoperto che con le pietre potevamo aprire le noci e uccidere gli animali, e da questo momento l'evoluzione sub&igrave; una brusca accelerata. Ci sono altri animali, per&ograve;, che utilizzano oggetti per procurarsi cibo e provvedere alla propria sicurezza, cosa ci rende cos&igrave; speciali? Secondo recenti studi di archeologia, quello che ha causato un netto distacco fra certi ominidi e altri primati (che sono rimasti tali) &egrave; non tanto la scoperta dell'uso degli oggetti, ma quella di utilizzarli come strumenti per costruirne di altri. Ad esempio usare una semplice pietra affilata per costruire un bastone appuntito per pescare. Questo cambia un po' la prospettiva e mette sul piatto la teoria che il genere Homo sia diventato tale non perch&egrave; ha scoperto il fuoco o perch&egrave; ha iniziato a lanciare le pietre, ma solo dopo l'invenzione dei primi oggetti complessi. In sostanza, non siamo noi ad aver creato la tecnologia, ma &egrave; la tecnologia ad aver creato l'Homo Sapiens, e questo &egrave; il ragionamento alla base della teoria della "Scimmia Artificiale", sostenuta dall'archeologo Timothy Taylor.  &nbsp; Siamo capaci di legarci affettivamente con gli oggetti Seguendo questo ragionamento, possiamo dire che siamo una razza che porta la tecnologia dentro di s&egrave;. Siamo legati geneticamente agli oggetti e alla complessit&agrave; dei meccanismi che ci permettono di vivere meglio, di spostarci nello spazio e di avere relazioni con gli altri individui della nostra specie. Non viviamo la tecnologia come semplice parte della nostra vita, ma siamo emotivamente coinvolti quando utilizziamo e osserviamo le macchine che abbiamo creato, tanto da sviluppare affetto e legame profondo verso qualcosa di non senziente. C'&egrave; chi, in passato, ha sviluppato un legame profondo con telai, carri, o strumenti per la stampa dei libri. Oggi tantissime persone nel mondo hanno un rapporto speciale con l'informatica e l'elettronica e c'&egrave; chi - come noi - ama le moto e i mezzi di trasporto a motore. Senza dubbio tutti gli individui su questo pianeta hanno connessioni pi&ugrave; o meno palesi con gli oggetti, e quello che lega un motociclista alla sua moto &egrave; la stessa identica radice che lega un pescatore di una trib&ugrave; dell'africa subsaariana alla sua barca, o un appassionato di letteratura ai suoi libri. Quando qualcuno vi rivolge una critica del tipo: "ma perch&egrave; sei cos&igrave; fissato con le moto? Sono solo dei pezzi di ferro", provate a chiedergli quali sono le sue pi&ugrave; grandi passioni e se riuscirebbe a viverle senza gli oggetti e la tecnologia che ci sta dietro?  Ducati Streetfighter V4 Lamborghini: matrimonio elitario        

<p>Perch&egrave; amiamo cos&igrave; tanto gli oggetti meccanici e perch&egrave; otteniamo benessere psicologico quando guidiamo? La possibile risposta va cercata indietro nel tempo, all'inizio dell'evoluzione dell'uomo, ed &egrave; per certi versi sorprendente</p>

L'amore per le due ruote? Le nuove teorie evoluzionistiche lo spiegano

Una vera e propria Race-Replica, nata dall'esperienza nel Mondiale SBK: ecco la prima immagine della nuova Kawasaki Ninja ZX-10R. La vedremo ad Ottobre Secondo Kawasaki la nuova ZX-10R &egrave; parente strettissima della moto che Tom Sykes ha portato al successo nel Mondiale Superbike nel 2013, e ugualmente imparentata con la moto che oggi guida anche Jonathan Rea. I dati tecnici sono ancora segreti&nbsp;e la prima foto divulgata dalla Casa giapponese ci dice poco sulle caratteristiche tecniche della nuova verdona. Tranne quello che si pu&ograve; leggere fra le righe: secondo quanto riportato dalla stessa Kawasaki e dal Project Leader di questa moto,&nbsp;Yoshimoto Matsuda, per la definizione della nuova Ninja&nbsp;"Non siamo partiti da un foglio bianco perch&eacute; l&rsquo;attuale ZX-10R era gi&agrave; un&rsquo;ottima base dalla quale partire&rdquo;. Questo significa che &nbsp;la nuova ZX-10R &egrave;, di fatto, un'evoluzione del modello precedente.&nbsp;  Evoluzione importantissima, per&ograve;. Carenatura e cupolino, a quanto si pu&ograve; vedere dalla foto, hanno profili molto pi&ugrave; taglienti ed aggressivi della versione&nbsp;precedente e, sempre secondo la stessa Casa, notevolissimo &egrave; stato l'upgrade ciclistico, con nuove sospensioni e un impianto frenante "di prima scelta".  Sono sempre le parole di Yoshimoto Matsuda a fare un pi&ugrave; luce su questo progetto:  &ldquo;In questo nuovo modello abbiamo concentrato le nostre risorse di sviluppo sulla tecnica ingegneristica ed il miglioramento delle prestazioni. Siamo molto orgogliosi del risultato; un significativo passo in avanti per chassis e performance del motore che rappresentano l&rsquo;impalcatura sui cui sono state applicate nuove tecnologie di supporto alla guida sportiva tali da ridefinire lo stato dell&rsquo;arte in materia.L&rsquo;input ricevuto dal Kawasaki Racing Team, dai piloti Jonathan Rea e Tom Sykes ha contribuito a creare quella che, senza dubbio, sar&agrave; la Ninja ZX-10R&nbsp;pi&ugrave; potente e competitiva di sempre. Una moto ugualmente a suo agio sia tra i cordoli sia nell&rsquo;uso quotidiano stradale&rdquo;.  Per toccarla con mano&nbsp;dovremo&nbsp;aspettare ancora qualche settimana. Ma restate collegati, vi saremo sapere di pi&ugrave;.    Federico Garbin  &nbsp;  &nbsp;  &nbsp;  &nbsp;

Ecco la prima immagine della nuova e cattivissima Kawasaki Ninja ZX-10R. La vedremo in autunno

Kawasaki: sta per arrivare la nuova Ninja ZX-10R

Questa mattina, alle ore 11.00, sono stati presentati&nbsp;in anteprima mondiale il Ducati Team 2015 e la nuovissima Desmosedici GP15. Presso l'Auditorium Ducati a Borgo Panigale, tra l'entusiasmo generale, &egrave; finalmente "iniziata" la nuova avventura in MotoGP di Ducati.&nbsp;  All'evento, condotto dallo storico&nbsp;telecronista del Motomondiale Guido Meda, &egrave; stato presentato il Ducati Team e i suoi piloti ufficiali, i due italiani Andrea Dovizioso e Andrea Iannone. Il culmine della mattinata, poi, &egrave; stato quando la nuova Desmosedici GP15 ha fatto cadere i veli e si &egrave; mostrata per la prima volta al pubblico di tutto il mondo nella sua inedita&nbsp;livrea.  Il primo a salire sul palco e a commentare l'avvenimento&nbsp;&egrave; stato Claudio Domenicali, Amministratore Delegato di Ducati Motor Holding: &ldquo;Lo spirito che ho visto in queste ultimi mesi in Ducati Corse mi ricorda lo stesso entusiasmo con cui era partito il progetto MotoGP nel 2003. La nuova GP15, davvero rivoluzionaria in molti concetti, rappresenta al meglio l&rsquo;orgoglio e la voglia di vincere dei ragazzi di Ducati Corse, ai quali vorrei trasmettere un sincero ringraziamento. Ho seguito personalmente con passione le fasi finali di avviamento al banco, i primi collaudi, le verifiche prestazionali del nuovo motore, l'assemblaggio della moto e il primo avviamento e ho trovato una carica emotiva e una dedizione veramente straordinari. Siamo solo all&rsquo;inizio, ma sono sicuro che i risultati premieranno presto i nostri sforzi. Ducati ha appena chiuso un ottimo 2014 in cui abbiamo fatto registrare un nuovo record di vendite, consegnando ai clienti 45.100 moto, il 2% in pi&ugrave; rispetto al 2013, confermando per il quinto anno consecutivo il nostro positivo trend di crescita. Le corse fanno parte del nostro DNA da sempre, tornare al giocare un ruolo da protagonisti significherebbe completare un quadro globale di crescita. Non possiamo che guardare con fiducia al 2015, ed &egrave; per questo che faccio un caloroso in bocca al lupo ai due Andrea e a tutta la squadra.&rdquo; Un 2015 che si prospetta ricco&nbsp;di importanti progetti&nbsp;e una nuova moto su cui sono riposte&nbsp;ambiziose&nbsp;speranze.  Luigi Dall'Igna, Direttore Generale di Ducati Corse, ha parlato&nbsp;appunto della Desmosedici che debutter&agrave; nei prossimi test invernali in Malesia, dal 23 al 26 Febbraio. Una moto completamente nuova che sfrutter&agrave; i progressi notevoli fatti sulla GP14.3 e mostrer&agrave; ulteriori passi avanti per quanto riguarda sospensioni, ciclistica e motore. La sfida &egrave; quella di vincere almeno una gara, stando davanti a due colossi come Honda e Yamaha.  Una stagione i cui principali protagonisti saranno i due piloti della squadra, che dovranno impegnarsi per dare tutto il possibile e portare sul podio&nbsp;la Desmosedici GP15.  Andrea Dovizioso si dichiara positivo per l'imminente inizio del Campionato: &ldquo;Fra qualche giorno andremo in Malesia per la seconda sessione di test invernali a Sepang e non vedo l&rsquo;ora di provare la nuova GP15. Sono molto contento dei miglioramenti che siamo riusciti ad ottenere durante la scorsa stagione e quindi, con questo nuovo progetto, non posso che essere ottimista per la stagione 2015. Credo che lo spirito e la voglia di vincere che vedo oggi in Ducati siano davvero importanti per tutti noi. Dai tifosi Ducati mi aspetto tanto supporto per questa stagione: abbiamo lavorato tanto e bene in questi anni e adesso &egrave; arrivato il momento di raccogliere i frutti.&rdquo; E il nuovo acquisto? Andrea Iannone, per la prima volta nel team ufficiale Ducati, &egrave; sembrato davvero agguerrito: &ldquo;Sono molto contento di far parte del Ducati Team, perch&eacute; &egrave; sempre stato il mio sogno entrare nella squadra ufficiale. Sento gi&agrave; di far parte di questa famiglia, e ho gi&agrave; stabilito un ottimo rapporto con il mio team di tecnici e meccanici che mi ha permesso di andare subito bene con la Desmosedici GP14.3 nei recenti test di Sepang. Adesso torniamo di nuovo in pista in Malesia per i penultimi test prima dell&rsquo;inizio della stagione, e salir&ograve; per la prima volta sulla GP15, sapendo che all&rsquo;inizio ci toccher&agrave; lavorare per rendere la moto competitiva. Comunque sono fiducioso e non vedo l&rsquo;ora di scendere in pista fra alcuni giorni.&rdquo; Potrete rivedere tutta la presentazione sul sito di TIMrace.  Giulia Cassinelli    &nbsp;

Dovizioso, Iannone e la nuova Desmosedici GP15: ecco finalmente i protagonisti Ducati della prossima stagione di corse

Svelati la Desmosedici GP15 e il nuovo Ducati  Team

Non abbiamo sbagliato a scrivere &ldquo;special&rdquo;: questo servizio non riguarda una moto d&rsquo;epoca, anzi la moto da corsa italiana forse pi&ugrave; famosa e ammirata di tutte. Si tratta in effetti di una replica che pu&ograve; anche essere considerata originale. Viene consegnata personalmente dal suo pilota  &nbsp;  L&rsquo;incredibile voce che esce dai tre megafoni della MV Agusta 500 tre cilindri va ascoltata in prima persona per poter capire la potenza e la maestosit&agrave; musicale espressa da quella che molti considerano una delle migliori moto di tutti i tempi. Sicuramente &egrave; stata una delle pi&ugrave; vincenti, anche se molti obiettano come in quel periodo MV Agusta e Giacomo Agostini non avessero reali avversari. In realt&agrave;, i leggendari duelli a cui Agostini e il suo pi&ugrave; &ldquo;miglior nemico&rdquo;, l&rsquo;hondista Mike Hailwood, hanno dato vita negli anni precedenti, per non parlare della strenua difesa contro l&rsquo;offensiva delle 2 tempi, hanno comunque consolidato la fama della 500-3 nell&rsquo;empireo del motociclismo. Il che rende fortunatissimo chiunque abbia le risorse economiche per procurarsene una, soprattutto se si tratta di un esemplare nuovissimo e realmente utilizzabile in pista, realizzato in questi giorni da MV Agusta stessa sui progetti originali ma in versione evoluzione, ovvero usando materiali moderni per migliorare la robustezza. Metteteci poi che la moto si acquista nientepopodimeno che da Giacomo Agostini stesso, partner del compianto Claudio Castiglioni in questa impresa assieme al leggendario Ezio Mascheroni. Il risultato &egrave; una serie limitatissima, e quindi inevitabilmente costosissima, di repliche della tre cilindri 500 di Agostini. Sei sono stati gli esemplari ultimati prima della triste scomparsa di Claudio; io sono stato abbastanza fortunato da assistere alla consegna, da parte di Ago stesso, dell&rsquo;ultima moto al fortunato proprietario, Roberto Ziletti, sul circuito di Varano de&rsquo; Melegari. Ziletti &egrave; l&rsquo;uomo che aveva resuscitato il marchio Mondial dieci anni fa, con la Piega spinta dal bicilindrico della Honda Superbike. Per seguire meglio l&rsquo;azienda di famiglia, poi, Ziletti &egrave; stato costretto a disinvestire, e limitarsi a sfogare la sua passione motociclistica guidando qualcuno dei gioielli contenuti dal suo garage, fra cui brilla un&rsquo;Aprilia RSW250 da GP. Nel suo caso, la MV 500-3 andr&agrave; a far compagnia alla coppia di Cagiva 500 che gi&agrave; possiede, ma Roberto &ndash; un amico fin dai tempi dell&rsquo;avventura Mondial &ndash; ha chiesto la mia consulenza data la sua scarsa esperienza su mezzi tecnicamente tanto vecchi. Il mio compito? Quello di verificare che tutto fosse a posto, e che non ci fosse nulla da sistemare prima di prendere in consegna la tre cilindri. Verifica da assolversi con una bella giornata in pista a fianco del mio idolo, Giacomo Agostini. &Egrave; bello avere amici come Roberto&hellip;    Creato dal motorista Mario Rossi nel 1964, il tre cilindri MV &egrave; cambiato pochissimo nei dieci anni successivi, pur raggranellando sei titoli nella 350 e sette nella 500 nelle mani di Giacomo Agostini (pi&ugrave; uno in 500 con Phil Read) prima di venire pensionato dal quadricilindrico. Quando Castiglioni decise di realizzare questa evoluzione (non &ldquo;replica&rdquo;, dopotutto viene costruita nello stesso stabilimento MV di Varese&hellip;), Ezio Mascheroni decise di partire dalla base della 500 a tre cilindri con cui Read vinse l&rsquo;ultimo titolo, nel 1973. L&rsquo;esperienza di Mascheroni &egrave; incredibile: progettista originale dell&rsquo;Aermacchi 250/350 ad aste e bilancieri portato in gara da tanti privati negli anni &rsquo;60, cre&ograve; poi i 250 e 350 H-D a 2 tempi che fruttarono a Walter Villa quattro titoli mondiali verso la met&agrave; degli anni &rsquo;70 prima di dedicarsi ai V4 della Cagiva 500 che Eddie Lawson e John Kocinski portarono alla vittoria. Di recente, Ezio si &egrave; occupato del nuovo tre cilindri della MV Agusta F3; cosa ve ne pare come curriculum? Elemento fondamentale nella competitivit&agrave; della tricilindrica MV era la leggerezza: solo 128 kg a secco, di cui 55 di motore grazie a carter monolitici in magnesio fusi in terra, con raffreddamento ad aria e olio; pare che proprio da questo motore abbiano tratto ispirazione gli ingegneri Suzuki che realizzarono il GSX-R 750 nel 1985, che ne mutuarono anche l&rsquo;alettatura ridotta del blocco cilindri inclinato di 10&deg;. Il comando distribuzione ad ingranaggi, che prende il moto dall&rsquo;albero (fasato a 120&deg;) &egrave; collocato sulla destra, all&rsquo;interno delle puntine per l&rsquo;accensione &ndash; il tre cilindri MV non &egrave; mai stato dotato di accensione elettronica &ndash; e sormontato da una curiosa torre che sembra contenere una coppia conica, ma che invece ospita un meccanismo di recupero del gioco della distribuzione. La testata monoblocco in alluminio ospita inserti in bronzo contenenti le camere di scoppio di ciascun cilindro, con quattro guide valvole che circondano la singola candela centrale. Le quattro valvole hanno angolo compreso di 73&deg;; l&rsquo;alimentazione &egrave; con carburatori Dell&rsquo;Orto E154 di 37 mm &Oslash; con collettori d&rsquo;aspirazione cortissimi: fino a soli 35 mm, a seconda dei circuiti. I pistoni sono Borgo forgiati, a due segmenti, che riducono gli attriti senza causare problemi di blow-by. Altrettanto avanguardistico il cambio estraibile a sette rapporti, che MV aveva gi&agrave; usato negli anni &rsquo;50 sulle sue 125 e 250, ora considerato un must su qualunque moto da corsa. Allora, la scelta fra ben cinque serie di rapporti dava ad Agostini un grande vantaggio sulle pi&ugrave; veloci Honda di Hailwood, che non disponevano di questa soluzione e costringevano i meccanici ad aprire il motore per cambiare i rapporti. Le misure caratteristiche sono di 62 x 55 mm, con un rapporto di compressione di 11:1 che frutta 78 CV a 12.000 giri (al cambio), molti pi&ugrave; dei 50 delle migliori Norton Manx, e anche ad esempio dei 58 delle bicilindriche Paton a due valvole. Nonostante l&rsquo;elevata potenza, la tre cilindri MV era molto affidabile. Gli alberi duravano 800-900 km prima che i cuscinetti del piede di biella alzassero bandiera bianca, e anche se parti di poco conto quali molle e distanziali vari venivano cambiate ad ogni gara, le valvole in s&eacute; erano indistruttibili e non venivano quasi mai sostituite. I pistoni avevano una vita utile di otto/nove ore, anche se i segmenti venivano cambiati ad ogni gara. Tutto considerato &ndash; soprattutto gli elevati regimi raggiungibili &ndash; la MV-3 era un progetto molto robusto, cosa che sicuramente far&agrave; piacere a clienti come Ziletti, che hanno in animo di usare questa Evoluzione in pista, invece di metterla su un piedistallo in salotto&hellip; La robustezza si estende al telaio a doppia culla in acciaio, e visto che Ago cadeva molto poco, a suo tempo duravano un&rsquo;intera stagione o quasi. Si tratta dell&rsquo;interpretazione italiana dello schema Norton Featherbed, ma con la possibilit&agrave; di smontarne la parte inferiore per estrarre rapidamente il motore. La versione utilizzata qui &egrave; l&rsquo;ultima, quella del 1972, che disponeva di un attacco motore supplementare e di un traversino sopra la batteria per irrigidire il complesso. Il forcellone scatolato &egrave; regolabile tramite eccentrico, soluzione comune oggigiorno sulle MotoGP, ma vera e propria magia all&rsquo;epoca. L&rsquo;interasse di 1.310 mm era incredibile gi&agrave; all&rsquo;epoca: le ben successive 125 due tempi Honda erano pi&ugrave; lunghe. Il comparto freni si affida a tamburi Ceriani (anteriore a quattro ganasce di 230 mm &Oslash;, posteriore a due di 220) per consentirne l&rsquo;impiego nel massimo numero di serie agonistiche del panorama mondiale; la forcella &egrave; una Ceriani di 35 mm &Oslash; regolabile in estensione, ospitata da una piastra di sterzo realizzata su specifiche indicazioni di Agostini. I cerchi a raggi sono Borrani, con gomme Avon Roadmaster AM20 (90/90-18&rdquo; all&rsquo;avantreno, 110/80-18&rdquo; al retrotreno).    Comprando una moto da Agostini si acquista un servizio completo. Mauro, suo socio e amico, consegna direttamente la moto con il suo Mercedes Viano &ndash; in questo caso al circuito &ndash; e con l&rsquo;aiuto di Ago e Roberto scarica la moto dal furgone. &ldquo;Mino&rdquo; si rimbocca le maniche e inizia a controllare la pressione delle gomme, i tubi della benzina, i collegamenti elettrici... insomma, non sembra nemmeno un pluricampione del mondo, almeno finch&eacute; non si tratta di autografare il serbatoio e posare per le foto di rito. Ma sono solo cinque minuti, poi Ago si ritrasforma in un meccanico e avvia a spinta la moto con la nonchalance di chi l&rsquo;ha fatto un milione di volte. Poi scalda il motore passeggiando per il paddock di Varano, mentre la gente resta sbalordita dalla voce del tre cilindri solleticato da sapienti colpetti d&rsquo;acceleratore. L&rsquo;olio &egrave; finalmente caldo, &egrave; il mio turno. E non nascondo che sono molto emozionato&hellip; Ho avuto il privilegio di guidare tantissime splendide moto da corsa durante questi anni, dalla Ducati di Fogarty alla Yamaha M1 di Rossi, e diverse classiche. Ma nessuna &egrave; stata capace di farmi battere il cuore come la tricilindrica MV Agusta, perch&eacute; nessun&rsquo;altra moto &egrave; stata capace di ipnotizzarmi altrettanto profondamente con la sua voce. Pur piccolissima, la tre cilindri &egrave; un po&rsquo; pi&ugrave; grande della quattro cilindri, che avevo gi&agrave; provato. Ma pur essendo un po&rsquo; pi&ugrave; larga delle monocilindriche inglesi contro cui correva, &egrave; molto pi&ugrave; corta, con un interasse che sembra eliminarne completamente il senso di massa e peso. La posizione di guida accoglie anche &ndash; di misura &ndash; piloti alti un metro e ottanta come il sottoscritto; la carenatura &egrave; larga quel tanto che basta da essere efficiente, coprendo con il suo largo cupolino le spalle quando il pilota abbraccia il serbatoio da 16 litri, con gli occhi fissi sul contagiri Veglia graduato fino a 18.000 giri, montato sulla piastra superiore della forcella. Il cannotto di sterzo incorpora un ammortizzatore a frenatura, e non si sente il bisogno di un&rsquo;unit&agrave; pi&ugrave; moderna, nonostante la potenza e la compattezza del mezzo. L&rsquo;avviamento &egrave; un gioco da ragazzi: tre passi, mollo la frizione e mi preparo al muro di rumore che mi avvolge anche con un casco integrale. Non c&rsquo;&egrave; da stupirsi del fatto che Agostini abbia dominato tante gare fin dalla partenza, a quei tempi fatti di partenza a spinta: probabilmente era gi&agrave; in terza mentre i mono britannici e i due tempi giapponesi dovevano ancora prendere vita. La MV-3 &egrave; la civilt&agrave; fatta moto: esce pulita dalle chicane di Varano fin dai 6.000 giri senza nemmeno dover sfiorare la frizione, con il ruggito che si trasforma in ululato quando i giri si avvicinano a quei 10.500 che Ago ha stabilito come limite per il rodaggio. Normalmente si pu&ograve; arrivare ai 12.000, limite che ho sfiorato durante l&rsquo;ultimo giro notando, in effetti, una bella iniezione di cavalli&hellip; Fondamentale in questo pacchetto risulta l&rsquo;azione del cambio, ultrapreciso e rapido, che non richiede l&rsquo;uso della frizione, con leva sul lato destro, e l&rsquo;azzeccata rapportatura delle sette marce. Il motore, cos&igrave;, gira sereno fra gli 8.000 e i 10.500 giri su tutta la pista, accompagnato dallo sferragliare tipico della frizione a secco. Anche agli alti regimi, il tricilindrico &egrave; privo di vibrazioni, grazie all&rsquo;albero motore fasato a 120&deg;, garanzia di coppia ai medi e pulizia d&rsquo;erogazione. Serve per&ograve; una tecnica di guida molto particolare a causa dell&rsquo;acceleratore molto brusco: si capisce in fretta come ci sia bisogno di mollare presto i freni e puntare di nuovo il gas, per poter poi accelerare dentro la curva e scaricare la risposta del motore a moto ancora relativamente dritta. La ciclistica &egrave; facile almeno quanto il motore, e nonostante la compattezza &egrave; anche molto stabile sul veloce, come il curvone a sinistra davanti ai box. I freni Ceriani mi erano sembrati molto fiacchi, ma dopo un po&rsquo; di rodaggio hanno preso vigore; la compattezza si dimostra poi un pregio sullo stretto, dove la MV cambia direzione velocissima e senza problemi di luce a terra nemmeno con le moderne Avon da gara. Si percepisce il perfetto posizionamento del motore nel telaio: il team aveva stabilito dove piazzare l&rsquo;albero motore rispetto ai perni ruota, per poi disegnare i tubi del telaio di conseguenza. La distribuzione dei pesi &egrave; perfetta, e la stabilit&agrave; in frenata incredibile: in fondo al rettilineo si scalano tre marce con cattiveria, accompagnati dall&rsquo;incredibile sottofondo musicale del motore che ulula&hellip;    &nbsp;

5 risultati per 'evoluzione'

Nolan: addio a X-Lite e Grex, ecco XSeries

L'amore per le due ruote? Le nuove teorie evoluzionistiche lo spiegano

Kawasaki: sta per arrivare la nuova Ninja ZX-10R

Svelati la Desmosedici GP15 e il nuovo Ducati Team

MV Agusta 500-3 Evoluzione