Addio all'amico Gigi Rivola

Addio all'amico Gigi Rivola© Foto presa dal profilo Facebook di Luigi Rivola

L’articolo che non avresti mai voluto scrivere: il collega, il maestro, l’amico Luigi Rivola, non c’è più. Il ricordo dei colleghi che hanno lavorato con lui

Redazione - @InMoto_it

14.03.2024 11:12

Riccardo Matesic

Luigi Rivola, Gigi, non c’è più. Se n’è andato all’improvviso, per una complicazione durante un intervento chirurgico. E ora siamo qui a scrivere questo articolo, che proprio non vuole venire fuori; nonostante da qualche ora ci girino in testa tantissimi aneddoti, dei tanti anni passati assieme in redazione.

Luigi Rivola, romagnolo puro, era stato un pilota di buon livello. Poi, appeso il casco al chiodo, era diventato giornalista, portando la sua competenza nel mestiere di raccontare le moto e i piloti. Ed era diventato bravo anche con la penna, sfruttando la sua formula collaudata: sorriso sulle labbra, si racconta quello che si è visto, la verità, sempre. Senza chinare mai il capo.

Era cortese Gigi, gioviale, simpatico. Non parlava mai di sé stesso. Ma teneva tantissimo alla sua integrità umana e professionale. E non era tenero quando si arrabbiava. Diceva anche che un giornalista può sbagliare, ma quando succede è importante che non faccia finta di niente. “Bisogna ammettere l'errore e chiedere scusa. Il lettore poi ti stimerà anche di più”.

Mi colpiva la sua perenne voglia di fare e di studiare: in una redazione di giovani, ‘l’anziano Rivola’ era il più bravo con il fotoritocco. Ma era anche un’enciclopedia vivente del motociclismo, storico e moderno.

Ho avuto la fortuna di averlo come capo per quasi 12 anni. Mi dava consigli e mi guidava; senza essere mai invadente. Eravamo entrambi lontani da casa, e passavamo assieme le serate della settimana di chiusura della rivista, ogni mese, condividendo l’hotel e il ristorante.

Una sera gli raccontavo di un direttore, che pretendeva di ricevere i miei articoli con un mese d’anticipo, anche se poi li avrebbe letti solo al momento di metterli in pagina. Sorrise, e mi rispose che era capitato anche a lui. Per questo aveva preso l’abitudine di consegnare ogni volta il pezzo del numero precedente, scrivendo poi il nuovo articolo con calma, e sostituendo di nascosto il dattiloscritto sulla scrivania del direttore.

Ciao grande Gigi.

Diego D’Andrea

Dai maestri si impara. Anche solo per banali regole di prossimità, non servono lezioni. E quando ne incontri uno, lo riconosci subito. È lampante.
Da quella volta in cui parlammo di futuro, futuro delle due ruote, mercato e visioni. Buon viaggio Luigi...
"Ciò che conta davvero è costruire moto fatte bene. E anche la capacità di reinventarsi. Una volta ebbi una discussione con il presidente della Ducati, allora era Minoli. Gli chiesi quando avrebbero fatto il quadricilindrico e lui mi disse che non sarebbe mai successo, perché la Ducati è il bicilindrico. Gli risposi che prima di fare il bicilindrico, nel 1971, la Ducati era il monocilindrico desmodromico, io correvo proprio con quello. Il tempo, poi, mi sembra che gli abbia dato torto. La realtà è che se fai un modello apprezzato dal pubblico, quella diventa la tua immagine. Devi saperti reinventare, le aziende non si possono chiudere in un ghetto".

Marco Chilà

Sono entrato a Motosprint 29 anni fa. Immaginate, un open space con una decina di giornalisti e l’infinito sound dei martelletti delle macchine da scrivere. Io non avevo nemmeno una postazione, non c’era spazio. Sulla sinistra un piccolo ufficio con sole due scrivanie, “vieni qui con me, il mio collega oggi non c’è. Ciao sono Luigi Rivola, Romagnolo DOC”. Sapevo benissimo chi era, leggevo Motosprint da quando ero un bambino; cercava di mettermi a mio agio e capire che cultura motociclista avessi, facendomi domande su la tal moto e altro. Sapevo rispondere, ma vi siete mai trovati nella situazione di aver paura di sbagliare per non deludere? Io sì e quindi scena muta, testa bassa e lavorare.

Luigi non c’è più, fatico a crederci, un uomo tutto d’un pezzo, un giornalista con la G maiuscola, un Romagnolo molto legato alla sua Brisighella, Faenza. Per i pochi che non lo conoscevano cercatelo nel web, ci sono molti suoi articoli, libri e aneddoti della sua vita. Così saprete chi abbiamo perso.

Enrico Borghi

L’ho sempre detto a tutti e lo ripetevo anche a lui. Anzi, ho continuato a dirglielo fino all’ultimo: Gigi Rivola è stato uno dei miei maestri, aiutandomi e consigliandomi come pochi altri sin da quando ero un rookie, nel 1991. E lui sorrideva quando glielo ricordavo, anche tre decenni dopo.
Ci legava qualcosa di forte, forse perché abbiamo condiviso a lungo un’epoca irripetibile, in una squadra particolare come è stata quel Motosprint lì, in quel periodo lì. E solo chi ne ha fatto parte sa di cosa sto parlando.
Gigi è stato per me una fonte di ispirazione, non solo riguardo al giornalismo ma anche alla vita. Gli ho voluto e gli voglio un sacco di bene.

Ugo Passerini

Luigi Rivola. Grande lo è stato in tanti rami, motociclista e romagnolo che sembrano sinonimi, pilota-giornalista-scrittore come altri ma non così tanto, storico ed esperto di un lungo elenco. Lo potevi immaginare impegnato nella raccolta dei funghi come a scrivere un libro di, per esempio, aviazione e naturalmente motociclismo, oppure costruirsi in casa un impianto di aspirazione come ripararsi una moto d’epoca a cuore aperto. Il cuore, che qualche problema gliel’ha dato, ma che usava per lo slancio con cui ha affrontato tutto, insieme ad una competenza invidiabile, enciclopedica. E per quanto ho condiviso con lui, come tutti i grandi, mai una parola fuori posto che non significa non parlare schietto. Di Luigi Rivola ce ne sono sempre meno, nel nostro mondo come in altri, e questa è un’altra gran brutta notizia.

Stefano Borzacchiello

Ricordo bene quelle sere in redazione quando rimanevamo soli.

Io avevo poco più di vent’anni, ero entrato da poco in questo mondo che poi sarebbe diventato la mia casa e mi piaceva fare tardi insieme a Luigi.

Lui non lo sapeva, ma io aspettavo quel momento. Dalla mia scrivania lo guardavo. Stava correggendo le bozze o magari aveva appena avuto l’intuizione serale per scrivere uno dei suoi pezzi, articoli, storie in cui ti accompagnava e ti faceva scoprire curiosità e segreti che solo lui aveva trovato spulciando libri e riviste del passato, con quella curiosità che l’ha sempre contraddistinto e mi ha trasmesso.

Luigi Rivola in ogni suo articolo ci metteva tutto. Era un appassionato, tecnico, un pilota ma anche un fine scrittore capace di catturare l’attenzione. Doti rare che avevano conquistato me e tutti i suoi appassionati lettori fra libri, articoli e documentari (altra sua grande passione).

In quelle sere aspettavo il momento buono, mi avvicinavo con la scusa di chiedergli qualcosa e da lì iniziava il viaggio e i minuti passavano. E spesso proseguivano a cena.
Serate piacevoli in cui parlavamo di corse, di piloti, delle nostre visioni diverse su Max Biaggi, di quanto fosse stato vicino alla famiglia di Loris Capirossi, di Troy Bayliss di viaggi, di redazione, di famiglia, di vita e di come affrontarla sempre a testa alta e con serenità. Quella serenità che Luigi manteneva anche quando si creavano tensioni. Lui aveva sempre un sorriso. Modi gentili. E si faceva volere bene.

Quando passava i miei pezzi ci teneva tantissimo a farmi vedere cosa avrebbe cambiato, rispettando sempre il mio lavoro. E i suoi furono grandi insegnamenti... scritti rigorosamente a mano sulle bozze di carta.

Luigi era innamorato della sua terra, mi invitava spesso nella mitica Brisighella per vedere la sua casa, la sua famiglia e in un fine settimana di primavera accettai l'invito. Ci fece da cicerone per le vie e con quella che allora era la mia fidanzata oggi moglie alla sera ci invitò fuori a cena.

Fu una bella serata, in cui ci raccontò tantissime storie locali ma a un certo punto finita la cena si alzò e dopo aver detto: “Vi lascio un po’ soli”, sparì.
Quando ci alzammo per andare ci dissero che aveva pagato tutto lui. Una mossa tipica da signore d'altri tempi che confermava la sua generosità e il suo stile sempre unico ma discreto.

Mi fermo qui (per ora!). Aprendo il libro dei ricordi potrei andare avanti ore…

Ciao Luigi, per me Luigi sei stato un papà, un papà generoso, capace di darmi consigli, di trasmettere passione, di spronarmi a prendere decisioni, ma soprattutto in grado di darmi fiducia. E di questo ti sono enormemente grato.

Un abbraccio

Goffredo Bagnoli

Ciao Luigi, posso raccontare un piccolo aneddoto che ti riguarda? Quando hai cominciato a lavorare in redazione a Motosprint, io facevo il correttore di bozze. Leggendo e correggendo un tuo articolo, ho trovato una frase palesemente scherzosa, buttata giù forse per far ridere me, forse per riempire lo spazio che sarebbe poi stato impiegato per una didascalia o un sommario. Fatto sta che leggo qualcosa come (non ricordo bene, è passato qualche decennio…): “quello str**zo del pilota XXX ha fatto una ca**ata e ora tutti lo chiamano mer**accia” (gli asterischi sono miei).

Ridendo, sono venuto da te dicendoti: “Grande Luigi, ricordati di aggiornare il testo quando impaginiamo, che se stampiamo questa roba andiamo tutti in galera”. E tu: “Ah ah ah, sì non ti preoccupare, me lo ricordavo bene! Piaciuto lo scherzo?”.

Senonché ci ha sentito il caporedattore di allora e ci ha fatto (soprattutto a te) un cazziatone epico!
Ecco, Luigi era così: colto, attento, preciso e disponibile, dotato di una memoria prodigiosa, ma soprattutto sempre pronto a scherzare e a non prendersi troppo sul serio. Ci ha insegnato molto, a tutti, e ci mancherà.

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