Rewind, Ducati 851 S: lì dove tutto è cominciato

Rewind, Ducati 851 S: lì dove tutto è cominciato

Nei primi anni '90 la bicilindrica di Borgo Panigale era un punto di riferimento nel segmento delle sportive, su strada ed in pista. Ed oggi può ancora dire la sua

Redazione - @InMoto_it

14.09.2020 17:25

La 851 è squadrata e massiccia, bassa. Dal 1988 al 1993 è stata l’ammiraglia di casa Ducati: in pista dominava con Raymond Roche e Doug Polen (e fu portata in gara anche da piloti del calibro di Carl Fogarty e Giancarlo Falappa), nelle comparative riusciva a tenere testa alle agguerrite quattro cilindri giapponesi (di 750 cc). Oggi, ingombri a parte, sarebbe considerata poco più di una media e i 90 cavalli rilevati alla ruota la relegherebbero ad un ruolo da comparsa, anche in segmenti molto lontani da quello delle sportive. In pista sa dire ancora la sua, almeno finché parliamo di ciclistica.

DUCATI 851: STORIA

La Ducati 851 nacque su un progetto dell’ingegner Bordi che volle trasformare il motore Pantah (due valvole raffreddato ad aria) in un più performante 4 valvole biabero raffreddato a liquido. Il primo prototipo vide la luce nel 1985 e fu realizzato in collaborazione con la Cosworth. Aveva una cilindrata di 750 cc e fu portata in pista da Virginio Ferrari (debuttò al Bol d’Or del 1986). A seguire lo sviluppo di quella che diventerà, semplicemente, la 851 fu Marco Lucchinelli che portò uno dei prototipi alla vittoria durante la Battle of the Twins di Daytona nel 1987. Successivamente, e visto l’ottimo potenziale della moto, partecipò al prima gara del neonato Campionato per derivate di serie. Memorabile la vittoria nella seconda manche della gara di Donington Park, dopo un acceso duello con Davide Tardozzi, allora pilota Bimota.

PUNTERIE SPUTATE

Quando venne mostrato il prototipo del motore all’ingegner Taglioni (storico progettista della Casa di Borgo Panigale, padre e convinto sostenitore del motore Pantah) gli fu risposto che tale propulsore non poteva funzionare a causa del ridottissimo angolo fra le valvole. Venne comunque allestito e alla prima accensione fu un vero disastro: quello che sarebbe diventato in seguito il bicilindrico più vincente al mondo, sputò le punterie dal sistema di scarico. La carriera di questa moto (e della “gemella” 888) terminò con l’arrivo sul mercato della mitica 916 che ridisegnò i canoni di tutto il segmento delle supersportive.

DUCATI 851 S: COSA CAMBIAVA

Rispetto alle precedenti 851 si distingue per la differente forma del posteriore. Il codino slanciato anticipa infatti quello impiegato sulla futura 888. I due modelli, apparentemente identici, si distinguono solo per la livrea del telaio a traliccio, sulle 888 color bronzo anziché bianco. Le versioni più sportive di questa moto erano dominate SP ed erano realizzate in tiratura limitata.

Le modifiche rispetto ai modelli standard erano notevoli, sia in termini ciclistici (impiegavano elementi Ohlins, esclusa la SP5, dotata di avantreno Showa), che prestazionali grazie alle differenti componenti motoristiche (bielle, pistoni, valvole,assi a camme). Le versioni più sportive montavano anche un radiatore olio aggiuntivo e un telaietto reggisella in alluminio. Ducati commercializzò anche due versioni destinate ai piloti privati: la Corsa e la SPS mentre la prima versione di 851 disponibile sul mercato (1988) era verniciata in una bellissima livrea tricolore e montava i cerchi di 16”. I cerchi di 17” e gli scarichi a tromboncino erano disponibili a parte acquistando il kit denominato Superbike.

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