Le moto stanno imparando a parlare? Facciamo il punto

Le moto stanno imparando a parlare? Facciamo il punto

Il dialogo fra veicoli e fra veicoli e infrastrutture è la nuova frontiera della sicurezza stradale. Abbiamo avuto la possibilità di assistere in Germania a una giornata di dimostrazioni dal vero e di parlare con i tecnici delle aziende che stanno sviluppando questa nuova tecnologia

21.09.2023 10:30

Il Connected Motorcycle Consortium (CMC), è un consorzio il cui tema dominante è la comunicazione fra veicoli e fra veicoli e infrastrutture. A fondarlo hanno pensato BMW Motorrad, Honda e Yamaha nel 2015, convinte che l’implementazione degli C-ITS (Connected Intelligent Transport Systems) e il dialogo congiunto con i produttori di auto fossero necessari per migliorare la sicurezza di marcia dei mezzi a due ruote. Oggi al consorzio partecipano molte aziende del settore auto e moto, ma anche università, istituti di ricerca e associazioni. 

Siamo stati invitati a un evento per addetti ai lavori, una dimostrazione sul funzionamento di queste nuove tecnologie. Lo scenario è il circuito tedesco del Lausitzring, da tempo divenuto anche un attrezzatissimo centro prova della Dekra.

Entriamo con uno shuttle, non prima però di aver visto coprire minuziosamente gli obiettivi dei nostri telefoni con appiccicosissimi adesivi, che a sera riusciremo a togliere solo con l’alcol. L’evento è specifico per le aziende del settore, ed è stato organizzato per fare il punto sullo stato dell’arte di questa particolare branca della ricerca scientifica sui veicoli.

ADAS e C-ITS: tecnologie diverse ma complementari

Dunque, si parla di ADAS (Advanced Driver Assistance Systems) e di C-ITS, due tecnologie che a volte vengono confuse. Ma sono ben differenti.

Gli ADAS sono già installati sulle nuove automobili e anche su molte moto. Sono tutte quelle dotazioni elettroniche che aiutano il guidatore nelle varie situazioni di marcia e che, all’occorrenza, intervengono. Si parla quindi di mantenimento della corsia di marcia, cruise control adattativo, frenata d’emergenza automatica e altro. Per C-ITS si intendono invece quelle tecnologie informatiche che consentono ai veicoli di dialogare fra loro e con le infrastrutture.

Qual è la differenza? Che gli ADAS operano laddove il problema o la situazione di pericolo sono visibili: un veicolo in rotta di collisione, una sbandata. Gli C-ITS invece vanno oltre, coprendo anche zone ancora nascoste alla vista. Lo fanno analizzando i dati inviati loro da altri veicoli che marciano vicini, e che magari non sono visibili; oppure utilizzano i dati inviati dalle infrastrutture stradali, che possono segnalare situazioni di traffico, strada sporca od ostacoli sulla carreggiata. L’intuizione avuta è quella di combinare gli ADAS con gli C-ITS, per dare ai veicoli attuali, già in grado di evitare gli incidenti con i veicoli visibili, la capacità di avvisare e di intervenire preventivamente anche nelle situazioni in cui il pericolo non è visibile.

Le dimostrazioni di incidenti evitati


Un incrocio, delle paratie e un furgone per celare la vista della moto all'auto, e dell'auto alla moto. I veicoli dialogano fra loro, avvisano i conducenti del pericolo, all'occorrenza frenano da soli

Sull’impianto tedesco abbiamo assistito allora a una serie di simulazioni di situazioni di pericolo fra più veicoli: auto, moto e furgoni. La prima ha riguardato un classico incrocio con buona visibilità, dove il guidatore di un’automobile viene avvisato dell’arrivo imminente di una moto con segnalazioni diverse da parte della sua stessa automobile. E questo l’auto lo fa anche se si montano delle paratie sulla strada che impediscono la visibilità, perché gli C-ITS usano connessioni radio e non i sistemi radar o Lidar degli ADAS.

Poi è stata riprodotta la situazione di tre veicoli che marciano in fila, un’auto seguita da un furgone e da una moto. A un certo punto il motociclista decide di superare il furgone proprio mentre l’incrocio si avvicina, e il guidatore dell’auto che precede mette la freccia a sinistra. Se l’azione andasse avanti, il motociclista avrebbe la strada improvvisamente tagliata dall’automobile che gira, ma i veicoli avvisano i loro guidatori della situazione di pericolo, il motociclista interrompe la manovra di sorpasso e anche il guidatore dell’auto rallenta e controlla bene prima di iniziare la svolta a sinistra.

Nel corso della mattinata abbiamo assistito a diverse altre simulazioni. Dalla frenata d’emergenza del primo di più veicoli che marciano in fila indiana, con quelli che seguono che segnalano l’allarme automaticamente ai loro guidatori e provvedono a frenare autonomamente, al mezzo fermo a lato della carreggiata, del quale tutti i veicoli in arrivo vengono avvisati tempestivamente. Infine il test più impressionante: un’auto e una moto che arrivano uno in un verso uno nell’altro. L’auto decide di svoltare a sinistra atttraversando la strada proprio mentre la moto (in questo caso un manichino) sopraggiunge. il guidatore dell’auto non vede la moto e svolterebbe davanti al motociclista; se non ci fosse un ADAS a bloccare le ruote all’ultimo momento, con una frenata assai violenta (ma provvidenziale).


L'auto svolta senza vedere la moto. Gli ADAS installati la rilevano e frenano per impedire l'impatto. Incidente evitato!

 


Display a confronto. In alto quello dell'auto, qui quello della moto. Entrambi segnalano possibili pericoli

La ricerca sui tempi di reazione dei motociclisti

Nell’ambito dell’evento ci sono state anche delle presentazioni, nelle quali le società e le università che hanno lavorato allo sviluppo delle tecnologie applicate hanno illustrato i loro lavori. Interessante la presentazione dedicata alla ricerca sui tempi e i modi di reazione del motociclista agli stimoli che il sistema C-ITS gli invia. Perché una volta messa a punto una moto capace di individuare in anticipo le situazioni di pericolo, il problema si sposta sul come la moto possa comunicare il pericolo al proprio guidatore.

Per indagare su questo aspetto si è messo a punto un simulatore di guida molto complesso, presso un istituto di ricerca specializzato, il Würzburg Institute for Traffic Sciences, sul quale alcuni motociclisti, di età ed esperienza differenti, hanno guidato su percorsi di 37 minuti, previo un addestramento specifico. Nell’arco del loro test, riproposto sulla medesima distanza, ma su percorsi ogni volta differenti, venivano proposte ai motociclisti sei situazioni di pericolo, delle quali la moto volta per volta li avvisava con metodiche diverse: indicazioni sul display, luci LED sugli specchi retrovisori, segnali acustici nel casco, Head-Up Display (messaggi proiettati direttamente sul campo visivo del guidatore) o segnali aptici (vibrazioni sulle manopole o sulla sella, ad esempio).

Quello che si è visto è che la modalità che dà la risposta più lenta e che più facilmente non viene notata dal guidatore, è l’avviso sulla strumentazione. Non funzionerebbero neanche i messaggi aptici, che in questo caso vengono subito rilevati dal guidatore, che però andrebbe in allerta senza capire rapidamente dove sia il pericolo. Il sistema migliore appare essere quello dei LED sugli specchi retrovisori, che richiamano molto l’attenzione, convogliandola sulla strada davanti al motociclista e ottenendo spesso un’azione immediata su gas e freni, prima ancora che il pericolo diventi visibile.

Ma i motociclisti cosa ne pensano?

Tutto bellissimo e funzionale, ma il primo dubbio che abbiamo è relativo ai motociclisti: accetteranno questa tecnologia così intrusiva o la rifiuteranno? Durante quello che viene chiamato walking launch, il pranzo in piedi, incontriamo L’Ing. Toyoshi Nishida della Yamaha, volato da Tokyo appositamente per essere presente a questo evento. Nishida è Executive Officer e PF Model Chief General Manager, che potremmo tradurre come responsabile dello sviluppo delle moto. È persona estremamente affabile e simpatica, e gli chiediamo se condivide con noi questo dubbio.

Ci risponde che la domanda è seria, ragiona un po’ e poi, premettendo che ci sta dando solo una valutazione a titolo personale - lo ha detto due volte, quindi ci tiene a rimarcare questa cosa - ci dice che si, probabilmente i vecchi motociclisti, quelli più attaccati alle prestazioni, potrebbero non vedere di buon occhio questa tecnologia. Però i motociclisti debbono rendersi conto di quanto la strada sia pericolosa, e di come loro stessi siano responsabili nei confronti non solo di loro stessi, ma anche della sicurezza degli altri utenti della strada. Infine un’annotazione ottimistica: i nuovi motociclisti, quelli più giovani, hanno un altro approccio con la moto. Sarebbero meno attenti alla prestazione pura e più ai contenuti tecnologici della moto; insomma, più aperti all’adozione di queste tecnologie così importanti per la sicurezza.

Interessante chiave di lettura quella del manager giapponese.


L'ing. Nishida, con cui abbiamo scambiato due chiacchiere al Lausitzring è, tra l'altro, il padre della Yamaha R1

Quando avremo i primi C-ITS?

Dunque la traccia della giornata appena trascorsa è che le case, in pacifica e totale collaborazione fra loro, stanno portando avanti la ricerca sul dialogo fra veicoli, con l’obiettivo di tirarne fuori un protocollo comune che consenta un’applicazione generalizzata senza il rischio di errori. Perché una volta implementato il sistema, eventuali errori potrebbero essere molto pericolosi. In conferenza però tutti hanno tenuto a rimarcare questo aspetto della piena collaborazione fra case.

Ci rimuginiamo mentre saliamo sullo shuttle che ci riporterà in aeroporto. Vicino a noi siede un ingegnere che si occupa di sviluppo di C-ITS. Da questa mattina abbiamo chiacchierato già molto e finiremo per prendere una birra assieme in aeroporto. Così si continua a parlare. Fino a quando arriva la domanda giusta: quanto manca perché questa tecnologia vada in commercio?

La tecnologia è pronta, ci dice. Potremmo lanciarla subito. Il problema è politico. La lettera C di C-ITS può significare “connected”, ma anche “cooperative”. In un caso il sistema dovrebbe poggiare su un’architettura 5G, nell’altro potrebbe funzionare più autonomamente con una tecnologia Wi-Fi. Ora al momento di normare il funzionamento di questi sistemi, ci si è bloccati perché ci sono spinte forti di alcune lobby che vogliono imporre una soluzione piuttosto che l’altra.

Sembra insomma che i giganti della telefonia premano perché si opti per il 5G. Ci vorrà del tempo ancora, ma i costruttori sono molto intenzionati a proseguire sulla strada intrapresa e ad arrivare a meta con l’adozione degli C-ITS. Per loro la riduzione degli incidenti è vitale: vedrete che torneremo a parlarne nel giro di poco tempo.

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