Silverstone, secondo turno di prove libere della MotoGP. Fabio Quartararo (nella foto d&#39;apertura davanti a Marc Marquez) &egrave; vittima di un forte high side, cade e rientra al box zoppicante. Poco dopo sale sulla seconda moto e fa il miglior tempo di giornata, dando mezzo secondo a tutti. E nel turno del mattino abbiamo visto anche Marc Marquez cadere a 270 km/h e rialzarsi come una molla. Per poi tornare in moto e continuare ad andare forte.  Come fanno i piloti a mettere da parte la paura?  &ldquo;Il rischio &egrave; parte della mia vita, c&rsquo;&egrave; sempre &ndash; dice Alvaro Bautista -&rdquo;. Non hai mai dubbi, gli abbiamo chiesto? &ldquo;Se li avessi sarebbe meglio stare a casa, perch&eacute; non mi divertirei e penserei solo alla parte negativa di questo sport. Al massimo ci sono volte in cui sono consapevole che il pericolo &egrave; maggiore, tipo sul bagnato&rdquo;.  Anche per Jack Miller &ldquo;&egrave; importante non pensarci. Lo sai cosa stai facendo. Sai che potrai romperti delle ossa e avere dei fastidi da vecchio, forse anche peggio. Ho anche perso qualche amico. Ma l&rsquo;amore per lo sport e per le competizioni motociclistiche &egrave; superiore&rdquo;.  Avevamo gi&agrave; accennato a questo argomento, riportandovi&nbsp;le interviste di Marc Marquez e Ana Carrasco.  La moto e i suoi rischi, quale rapporto? Parlano Marc Marquez e Ana Carrasco  Ora ci torniamo, sentendo il parere anche di alcuni addetti ai lavori, persone che i piloti li conoscono da vicino, che hanno con loro rapporti di amicizia, e che a qualcuno di loro, magari a molti, vogliono anche bene.  Dunque lo spaccato emerso dalle risposte avute da quelli della MotoGP, ha dato a prima vista la sensazione che i piloti non vogliano pensare assolutamente al rischio. Lo dicono loro stessi. E della stessa cosa sono convinti molti addetti ai lavori.  Pernat: non &egrave; la paura che pu&ograve; mandare in crisi un pilota  Carlo Pernat, ad esempio, storico manager di grandi campioni, dice che per lui &ldquo;un pilota &egrave; un computer che se ci va un capello va in tilt; ma non &egrave; la parola paura che lo pu&ograve; mettere in crisi. Il pilota non ha nessuna paura. Non esiste per lui questa parola. Non la nomina nemmeno. Gliene parlano magari quelli che ha intorno: accompagnatori, genitori e fidanzate. Pensate a Valentino Rossi, quando gli &egrave; passata la moto sulla testa in Austria: ha continuato come nulla fosse&rdquo;.  &ldquo;Raramente per&ograve; capita che un pilota si spaventi. Ricordo Jorge Lorenzo, 7 anni fa. Arrivava sempre 12&deg;, 13&deg;, si ritirava. Voleva smettere secondo me. Per&ograve; ricordo anche quella volta in Olanda, quando si &egrave; fatto operare al venerd&igrave; sera, poi ha preso un aereo ed &egrave; tornato per correre. Ed &egrave; ricaduto. Avesse avuto paura non l&rsquo;avrebbe fatto&rdquo;.  Poi ci ripensa: &ldquo;sai chi mi &egrave; capitato che aveva paura? Carlos Gir&ograve;. Lo feci correre nel team ufficiale Aprilia in 125. Era fortissimo, ma a un tratto mi confess&ograve; di essere intimorito. E smise&rdquo;.  Neanche i fatti peggiori scalfiscono la calma dei piloti, secondo te?  &ldquo;Quando &egrave; morto Simoncelli erano tutti stravolti, e non si &egrave; corso. Poi per&ograve; al gran premio successivo erano tutti in pista normalmente. E anche al Mugello, dove si &egrave; fatta quella brutta cerimonia mezz&rsquo;ora prima del via della MotoGP; un qualcosa che sarebbe stato destabilizzante per una persona normale. Loro mezz&rsquo;ora dopo hanno corso tutti&rdquo;.  Come fanno a vincere la paura?  &ldquo;Questo non lo so&rdquo;.  &nbsp;  Francesco Guidotti, team manager Pramac  &nbsp;  Guidotti: nel box Pramac si parla molto di sicurezza  Quello che per&ograve;, forse, dal di fuori sfugge, &egrave; che per praticare un&rsquo;attivit&agrave; pericolosa come il motociclismo, i rischi vanno sempre considerati. Per tenerli sotto controllo, come ci ha raccontato Francesco Guidotti, il team manager Pramac, squadra che quest&rsquo;anno sta facendo molto parlare, con il giovane impetuoso Jorge Martin e con Johann Zarco.  Guidotti &egrave; un tecnico di grande esperienza, per le cui mani sono passati tantissimi piloti. Ci sentiamo al telefono, e il suo primo commento ci mette in guardia: &ldquo;non &egrave; facile descrivere il nostro mondo. Bisognerebbe raccontare un&rsquo;emozione e farla capire a chi non &egrave; appassionato. Per&ograve; &egrave; interessante l&rsquo;obiettivo di raccontare che noi delle corse siamo persone coscienti. Nel nostro ambiente ci sono professionisti molto consapevoli di ci&ograve; che fanno&rdquo;.  Professionisti consapevoli. Ma perch&eacute; si corre in moto?  &ldquo;Non credo si possa rinunciare alla moto, e a correre per chi fa il pilota. Si tratta di un piacere estremo, un appagamento profondo. Smettere perch&eacute; c&rsquo;&egrave; un rischio connesso sarebbe un non vivere&rdquo;.  E da appassionato team manager, come si vive dietro il muretto dei box?  &ldquo;Con timore e consapevolezza. Portando avanti il mio compito. Che &egrave; anche quello di calmare gli animi e ricalibrare l&rsquo;approccio dei piloti, quando non &egrave; tutto sotto controllo. Non sono un team manager che dice sempre vai, qualunque cosa succeda. Al contrario, cerco di mettere un limite al rischio, cerco di calcolare il rapporto rischi/benefici, rischi/salute&rdquo;.  &Egrave; difficile?  &ldquo;Non troppo nella massima categoria, dove corrono professionisti esperti. Ai giovani per&ograve; va spiegato che la MotoGP &egrave; pi&ugrave; reattiva e veloce rispetto alle altre moto. Zarco lo sa gi&agrave;, Martin invece ha un carattere forte e audace. E allora succede che io tiri un po&rsquo; il freno. Anche perch&eacute; loro sono gi&agrave; carichi del loro, e se gli dicessi di andare di pi&ugrave; sarebbe benzina sul fuoco&rdquo;.  Quindi nel vostro box si parla anche di sicurezza?  &ldquo;Spessissimo. Siamo persone consapevoli, e l&rsquo;argomento &egrave; fra i pi&ugrave; ricorrenti. Quest&rsquo;anno alla seconda gara in Qatar abbiamo saltato un turno di prove, perch&eacute; c&rsquo;era troppo vento, e abbiamo reputato pericoloso girare&rdquo;.  &nbsp;  Il Dott. Michele Zasa (a sinistra) con Carlo Pernat  Zasa: la MotoGP di oggi non &egrave; pericolosa  Da ultimo una constatazione che per molti giunger&agrave; inaspettata: la MotoGP non &egrave; pericolosa come si crede. Abbiamo controllato la lista dei piloti morti nel Campionato Mondiale Grand Prix, dal 1949 a oggi. La media in passato era di 3-4 morti a stagione. L&rsquo;anno peggiore &egrave; stato il 1970, con 7 piloti scomparsi, ma anche il &lsquo;51 (6) e il &lsquo;64 (5) sono stati molto tristi. Poi, a un certo punto, per fortuna, la scia di nomi si &egrave; interrotta. Ecco il risultato del lavoro sulla sicurezza da parte di tutti. Come ci ha confermato il dott. Michele Zasa, medico anestesista, direttore Sanitario della Clinica Mobile.  &ldquo;Negli ultimi 30-40 anni la sicurezza &egrave; migliorata moltissimo: il motociclismo, soprattutto a questo livello, che ha i migliori presidi di sicurezza, non &egrave; cos&igrave; pericoloso come si crede. Negli ultimi 10 anni ci sono stati pochissimi morti. Certo, si cade. Ci si procura qualche frattura. Ma questo motociclismo non &egrave; uno sport con un alto rischio specifico. Abbiamo fatto uno studio a riguardo - Epidemiology of injuries in the 2014 MotoGP World Championship: The &ldquo;Clinica Mobile&rdquo; experience -, che &egrave; stato pubblicato. Ci sono altri sport che hanno mortalit&agrave; dovuta ad altri fattori, ben pi&ugrave; alta&rdquo;. 

<p>Torniamo a parlare del rapporto dei piloti con la paura nel fine settimana della MotoGP a Silverstone. Nelle prime prove molti big sono finiti a terra, risalendo in moto poco dopo e tornando ad andare forte. Sono degli incoscienti o hanno trovato il modo di gestire la paura?</p> 

Gestire la paura: ma come fanno i piloti?

Presentato ufficialmente il San Carlo Team Italia del Mondiale Moto3 e dell&rsquo;Europeo Superstock 600, con i programmi condivisi dalla Federazione Motociclistica Italiana e da San Carlo per sostenere i giovani talenti del motociclismo tricolore.  Con un palmares di 3 titoli mondiali, 17 europei ed altrettanti successi nei principali campionati italiani, dal 1985 il Team Italia si impegna per far crescere i migliori piloti del panorama nazionale, offrendo loro gli strumenti necessari per maturare nuove competenze nella formazione tecnico-agonistica.  Con Doriano Romboni, che rester&agrave; Direttore Sportivo &ldquo;ad honorem&rdquo; nel cuore, il San Carlo Team Italia continuer&agrave; il percorso intrapreso nel 2013 correndo nel suo nome, nel segno dei suoi insegnamenti. Confermata la responsabilit&agrave; del progetto ad Alfredo Mastropasqua, la compagine si avvale quest&rsquo;anno dell&rsquo;apporto di Virginio Ferrari come Team Manager per la Moto3 e di Carlo Pernat come responsabile della comunicazione e delle relazioni esterne.  Nel mondiale Moto3, con moto Mahindra, il Team Italia punta su Matteo Ferrari ed Andrea Locatelli. Confermato il programma nell&rsquo;Europeo Superstock 600 con Marco Faccani ed Andrea Tucci in sella alle Kawasaki preparate dal Puccetti Racing e con Cristiano Migliorati in qualit&agrave; di Direttore Sportivo.  La collaborazione tra San Carlo e la FMI ha inoltre reso possibile l&rsquo;impegno nel mondiale Supersport con il &ldquo;San Carlo Puccetti Racing&rdquo; ed una Kawasaki Ninja ZX-6R affidata a Roberto Tamburini.  Prosegue anche il progetto quinquennale (2012-2016) &ldquo;Talenti Azzurri&rdquo;, rivolto alla ricerca ed alla crescita di giovani piloti italiani (8-20 anni) nella velocit&agrave; su pista, attraverso la gestione diretta di campionati, team e piloti. Un percorso sportivo valido ed accessibile per accompagnare i piccoli piloti nella loro crescita, dalle Minimoto sino ad arrivare ai principali campionati motociclistici internazionali.  &nbsp;    &nbsp;  &nbsp;  &nbsp;  &nbsp;  &nbsp;  &nbsp;  &nbsp;  &nbsp;  &nbsp;  &nbsp;  &nbsp;  &nbsp;  &nbsp;  &nbsp;    &nbsp;  &nbsp;  &nbsp;      &nbsp;    &nbsp;        &nbsp;  &nbsp;

Dal 1985 la compagine tricolore punta ad essere un vivaio di giovani campioni

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Presentato il San Carlo Team Italia