Spesso capita di sentir parlare di candele all&rsquo;iridio. Alcune moto le adottano di primo equipaggiamento, alcuni sedicenti esperti le consigliano come modifica aftermarket per incrementare le prestazioni del motore, altri sostengono, invece, che sono adattate solo all&rsquo;uso agonistico e che per strada non servono, o sono addirittura dannose&hellip; dove sta la verit&agrave;?   LE BASI - Per capirlo dobbiamo prima avere chiaro cos&rsquo;&egrave; una candela di accensione. I primi brevetti per sistemi di &ldquo;sincronizzazione dell&rsquo;accensione&rdquo; risalgono addirittura a fine ottocento, ad ogni modo si sono diffuse con la produzione su larga scala del motore a ciclo Otto, e servono per innescare all&rsquo;interno della camera di scoppio una scintilla che avvii la combustione della miscela aspirata. Il principio di funzionamento &egrave; abbastanza semplice: la candela ha due elettrodi, un anodo ed un catodo separati da una distanza di circa un millimetro o pi&ugrave;. A questi elettrodi viene applicata una differenza di tensione estremamente elevata, parliamo di migliaia di volt forniti dalla bobina, cos&igrave; che l&rsquo;aria - anzi la miscela aria/benzina che normalmente &egrave; isolante - inizia a ionizzarsi; e nel momento in cui viene vinta la sua resistenza dielettrica si genera una breve ed intensa scarica elettrica, proprio come un fulmine fra cielo e terra, che serve per avviare la combustione.  FIN QUI TUTTO SEMPLICE - Il problema, per&ograve;, &egrave; che le prestazioni del motore dipendono tantissimo dalla forma e dalla &ldquo;vivacit&agrave;&rdquo;, passateci il termine, di questo arco voltaico. I progettisti devono operare delle scelte di compromesso: l&rsquo;ideale sarebbe avere elettrodi parecchio distanti, in modo da creare un arco molto lungo, capace di offrire maggiori garanzie di un corretto innesco della combustione. Elettrodi molto distanti, per&ograve;, rendono pi&ugrave; difficoltoso l&rsquo;innesco della scintilla. Per gli stessi motivi possono generarsi ritardi di innesco rispetto all&rsquo;istante desiderato e, su motori che magari fanno 16.000 giri minuto, questo ritardo diventa un problema, un millesimo di secondo prima o dopo pu&ograve; veramente fare la differenza. Questo per farvi capire di che ordine di misura stiamo parlando.  DUE ASPETTI SU CUI LAVORARE - Per avere elettrodi lontani e la certezza dello scocco della scintilla (come detto, i due fattori fondamentali), bisogna ottenere una condizione ben precisa, una differenza di potenziale il pi&ugrave; possibile alta fra i due elettrodi. A questo risultato si arriva lavorando su due aspetti: da un alto aumentando la tensione in uscita dalla bobina (una bobina standard, ad esempio, produce circa 24.000 Volt, mentre una bobina racing esattamente il doppio); poi bisogna sfruttare un particolare fenomeno che si verifica sui conduttori detto &ldquo;potere disperdente delle punte&rdquo;.  DA NON PERDERE - I NOSTRI APPROFONDIMENTI  IL COMPROMESSO - Con questa definizione si descrive la concentrazione di un campo elettrico su un conduttore che risulta maggiore nelle zone in cui la superficie presenta il raggio di curvatura minore. Non &egrave; un caso infatti che i fulmini si scarichino su guglie, alberi o&hellip; parafulmini! Insomma bisogna realizzare i due elettrodi, o almeno uno, l&rsquo;anodo, il pi&ugrave; possibile a punta. Succede per&ograve; che pi&ugrave; un elettrodo &egrave; appuntito, pi&ugrave; si deteriora velocemente a causa delle temperature locali altissime, che letteralmente mangiano (pi&ugrave; correttamente: ossidano) l&rsquo;anodo. In questo modo la candela deve essere sostituita pi&ugrave; spesso. Su veicoli di produzione una candela deve durare almeno qualche decina di migliaia di chilometri, per questo gli elettrodi, se realizzati in lega di acciaio nichel, oppure in Inconel, hanno l&rsquo;anodo di un diametro di circa 2,5mm, una soluzione di compromesso per assicurare economicit&agrave; e durata a patto di non avere chiss&agrave; quali pretese in termini di qualit&agrave; di scintilla.  DIOSSIDO DI IRIDIO - Sui motori pi&ugrave; spinti e su tutti i motori da competizione vengono adottate candele con elettrodo centrale appuntito (&Oslash;&lt;0.6mm) - qui durata e costi sono secondari - ma da anni si osserva l&rsquo;introduzione di candele con elettrodo sottile anche sui veicoli ad alte prestazioni di normale produzione. Inizialmente, per garantire sufficiente durata della candela, venne utilizzato come materiale per l&rsquo;elettrodo il platino, ma ancora migliori sono i risultati che si ottengono realizzando elettrodi in iridio (per essere precisi in diossido di iridio), il metallo (quindi conduttore) che meglio resiste alla corrosione ed alle alte temperature. Soluzioni pi&ugrave; economiche si ottengono con elettrodi placcati in diossido di iridio, resta per&ograve; il fatto che non appena il rivestimento superficiale si usura, il decadimento prestazionale &egrave; praticamente verticale.  MA IN DEFINITIVA QUESTE CANDELE SERVONO? - La risposta &egrave; certamente s&igrave;, se il motore &egrave; stato progettato prevedendone l&rsquo;utilizzo; insomma, non si pu&ograve; tornare indietro per risparmiare qualcosa. Il passaggio contrario, invece, cio&egrave; l&rsquo;installazione aftermarket di una candela platino iridio, sicuramente non fa danni, ma non &egrave; detto che migliori le performance del motore: nell&rsquo;utilizzo a regimi medio-bassi e con carichi parzializzati non si avvertir&agrave; nessun miglioramento. In compenso ne risentir&agrave; il portafoglio, al momento dell&rsquo;acquisto e non &egrave; nemmeno detto che si raggiungano intervalli di manutenzione pi&ugrave; dilatati.  Nella prossima pillola parleremo dei diversi gradi termici delle candele, a cosa servono e come si comportano. 

<p>Servono davvero? Quali benefici reali apportano? Facciamo chiarezza...</p> 

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Pillole di tecnologia: candela iridio (prima parte)