        Il Museo del Patrimonio Industriale di Bologna aggiunge una nuova espositizione al filone Moto bolognesi: domenica 26 novembre 2022, a partire dalle ore 13, e fino al 28 maggio 2023 sar&agrave; aperta al pubblico la mostra Antologia della moto bolognese, 1920-1970. Esposte 32 moto dagli anni '20 agli anni '60 Antologia della moto bolognese, 1920-1970 &egrave; il risultato di un importante lavoro di indagine condotto negli anni dal museo. A partire dalle collezioni permanenti del museo, in cui sono presenti esemplari di motocicli, motori e componenti di alcune aziende del capoluogo emiliano che ebbero un ruolo di primo piano nel settore motoristico, il progetto &egrave; nato con l'obiettivo di realizzare una completa ricognizione dell'industria motociclistica in area bolognese dalla nascita negli anni Venti del Novecento fino agli anni Sessanta, contestualizzandone gli scenari di evoluzione tecnica, produttiva e aziendale. L'indagine condotta su fonti quali documenti, memoria orale, immagini fotografiche e filmate, giornali e riviste specializzate del tempo, ha consentito di ricostruire un centinaio di biografie di aziende, la schedatura tecnica di modelli e pezzi analizzati e la formazione di un ricchissimo archivio fotografico realizzato grazie all'aiuto del mondo del collezionismo. A BOLOGNA NON SI POTR&Agrave; ANDARE OLTRE I 30 KM/H DI VELOCIT&Agrave; La mostra ripercorre cinquant'anni di produzione motociclistica bolognese e presenta 32 motociclette realizzate dai pi&ugrave; importanti marchi del cinquantennio; il tutto, arricchito da una serie di materiali multimediali: sette contributi filmati provenienti dall'Istituto Luce, l'intera serie delle moto esposte nelle precedenti esposizioni e il filmato, prodotto dal museo, Italiani in motocicletta, basato sui cinegiornali dell'Istituto Luce (1930-1940). Nel listino dell'usato di InMoto, tante occasioni da non perdere a portata di click       

La mostra "Antologia della moto bolognese, 1920-1970" al Museo del Patrimonio Industriale dal 26 novembre 2022 al 28 maggio 2023

A Bologna in mostra 50 anni di moto d'epoca

        Scenari di inaspettata bellezza, rupi rocciose che si affacciano su grandi conche simili a anfiteatri naturali, angoli all&rsquo;apparenza inaccessibili che nascondono ingressi di grotte, aspre dorsali che, come scuri monti in miniatura, interrompono dolci pendii argillosi. Dai punti pi&ugrave; elevati lo sguardo abbraccia i solchi delle valli principali, che di l&igrave; a poco sfumano nella grande pianura, e nelle giornate pi&ugrave; limpide l&rsquo;orizzonte &egrave; chiuso dalla visione quasi irreale delle Alpi.Siamo nel Parco dei Gessi Bolognesi e Calanchi dell&rsquo;Abbadessa, che si estende sulle prime pendici collinari a sud-est del capoluogo emiliano e racchiude un territorio composito in cui spiccano gli spettacolari affioramenti di gesso che risalgono a 6-5 milioni di anni fa, con dossi argentei la cui luminosit&agrave; madreperlacea ha meritato il nome di pietra lunare. In quest&rsquo;area, che si estende per quasi 5000 ettari tra i comuni di Bologna, Ozzano, Pianoro e San Lazzaro di Savena, sono celati gli ingressi di oltre cento grotte, tra cui quelle famosissime del Farneto e della Spipola, e complessi sistemi di acque sotterranee, con rii che si inabissano per tornare alla luce dopo chilometri. Dolci pendii coltivati fanno da cornice a luoghi aspri, dalla natura quasi intatta, come gli affioramenti gessosi tra Zena e Idice, con le grandi doline dell&rsquo;lnferno e della Goibola, e la bella valle cieca di Ronzano, chiusa da imponenti falesie.  Diversi percorsi escursionistici, di difficolt&agrave; mai eccessiva, si sviluppano all&rsquo;interno dell&rsquo;area protetta e in alcuni casi &egrave; consentito l&rsquo;utilizzo di biciclette. Tra i punti di maggior interesse ci sono la dolina della Spipola, la maggiore di tutta l&rsquo;area, con un diametro che supera i 700 metri, e l&rsquo;omonoma grotta, scoperta nel 1932, a cui si accede esclusivamente tramite visite guidate (obbligatoria la prenotazione allo 051 6254821 o all&rsquo;indirizzo info.parcogessi@enteparchi.bo.it). L&rsquo;ingresso, in gran parte artificiale, costruito dal Gruppo Speleologico Bolognese nel 1936, &egrave; a quota 135 metri sul fondo della dolina. Il percorso di visita, adatto a tutti, si sviluppa per circa 700 metri con un dislivello minimo. Altra grotta molto nota &egrave; quella del Farneto, scoperta nel 1871. Qui, negli anni '60 furono rinvenute alcune sepolture riferibili all&rsquo;Et&agrave; del Rame, i cui reperti sono esposti al Museo Archeologico di Bologna. Il pi&ugrave; classico e conosciuto tra gli itinerari all&rsquo;interno dell&rsquo;area protetta &egrave; il sentiero naturale che, partendo dal parcheggio "La Palazza", si sviluppa nell&rsquo;area carsica intorno alla Croara, scendendo lentamente all&rsquo;interno della dolina per poi risalire sul versante opposto nei pressi della localit&agrave; "Il Casetto" e proseguire fino agli affioramenti gessosi dell&rsquo;altopiano di Miserazzano. Ai calanchi dell'Abbadessa si arriva invece partendo dal borgo di Sant&rsquo;Andrea, antico nucleo di epoca medioevale raggiungibile in auto o a piedi dall&rsquo;abitato di Ozzano. Da qui un percorso circolare scende dapprima verso il fondovalle, alla base dell'imponente formazione, per poi risalire sul versante opposto, da cui si ammira l&rsquo;intero bacino calanchivo in continua trasformazione.       

Tra doline, calanchi e grotte, un piccolo viaggio tra le bellezze del Parco emiliano, che offre un paesaggio unico e spettacolare

Gessi Bolognesi: come sulla Luna

        Motori rabbiosi, gomme fumanti e brividi davanti agli amici: le gare clandestine si corrono dappertutto. Ma a Bologna, tra la fine degli anni Ottanta e l'inizio dei Novanta erano diventate un vero e proprio fenomeno di costume, un appuntamento settimanale che richiamava il popolo della notte sulle rive attorno alla rotonda dell'uscita Mazzini della tangenziale, o sugli stradoni del Vecchio Macello e del quartiere Pilastro. Una sorta di rave a base di benzina e turbocompressori, con i suoi eroi, i suoi personaggi e le sue storie a volte buffe ed altre drammatiche, che richiamava centinaia di giovani e spesso anche la Polizia: le Volanti arrivavano in gruppo per interrompere il pericoloso gioco scatenando il fuggi fuggi generale. E la settimana dopo si era daccapo. Di queste sfide in auto e in moto, "Bolla"&nbsp;&ndash; al secolo Piero Bolognesi &ndash; era il re. "Bolla e le gare sugli stradoni", edito da Pendragon, raccoglie aneddoti, avventure e tutta l'atmosfera di quei tempi, attraverso i racconti dello stesso "Bolla" e del giornalista Dario Ballardini, autore del libro che verr&agrave; presentato alla Libreria Ubik di Bologna, in via Irnerio, marted&igrave; 9 aprile alle ore 18.00. LA RECENSIONE - Stefano Saragoni, a lungo direttore di Motosprint, ha dedicato un editoriale al libro di Ballardini. &ldquo;Scopro oggi le gare pirata che negli anni &lsquo;80 e &lsquo;90 hanno incendiato le notti di tante citt&agrave;. Nate per il gusto di mettersi alla prova, il piacere del testa a testa, di facere vedere di cosa siano capaci. Sfide al buio sugli stradoni della periferia, poche volte per soldi, quasi sempre per orgoglio. In moto, in auto, in due e pi&ugrave; di due, facendo attenzione a non coinvolgere qualche ignaro passante, ma anche senza regole precise e autorizzazioni di sorta, con il rischio di venire colti in fragranza di reato. Il libro si avvale anche del contributo dei protagonisti al di sopra di ogni sospetto delle notti, ma anche dei giorni, di una Bologna gaudente, irriverente capace di divertirsi in un modo che oggi non usa pi&ugrave;. &Egrave; cos&igrave; che, leggendo una storia dopo l&rsquo;altra tra quelle raccolte nel libro si mettono insieme tanti pezzi di una citt&agrave; che piacevole ritrovare, non soltanto percorrendo a tutta velocit&agrave; strade rotonde, ma anche andando in giro senza fretta e discoteche e osterie&rdquo;. Uno spaccato della Bologna di quegli anni nel quale compare anche un giovane Claudio Domenicali, oggi amministratore delegato della Ducati. Il quale per&ograve; alle gare clandestine non ha mai partecipato personalmente. L&rsquo;AUTORE - Dario Ballardini ha lavorato come giornalista specializzato nel settore moto per oltre trent&rsquo;anni sempre presso la testata Motosprint, nella sua carriera ha collaborato con la Rai realizzando un centinaio di servizi della trasmissione Tg2 motori e con l&rsquo;enciclopedia Treccani. Come giornalista ha seguito la Parigi-Dakar e il Motomondiale, successivamente si &egrave; occupato a lungo di veicoli di produzione soprattutto scooter ed &egrave; tuttora titolare di due record mondiali di velocit&agrave; su distanza di 12 e 24 ore prima classe 125. &nbsp; &nbsp;       

&ldquo;Bolla e le gare sugli stradoni&rdquo; &egrave; il primo libro di Dario Ballardini, storico giornalista di Motosprint. La presentazione a Bologna marted&igrave; 9 aprile alla libreria Ubik

Bolla e le gare sugli stradoni, un libro da non perdere

Due cilindri, un telaio, un serbatoio a goccia in metallo e un manubrio alto. Serve altro per andare felici? No. Ducati ha tirato fuori il coniglio dal cilindro seguendo la troppo spesso dimenticata filosofia della semplicit&agrave;. Perch&eacute; la Scrambler, piaccia o meno, &egrave; innanzitutto una gran moto. Proprio perch&eacute; quello che ha da dire lo dice, senza giri di parole, senza filtri, senza inutili sofismi. Due cilindri dicevamo. Si raffreddati ad aria. I soliti, di sempre. E nessuna mappatura, nessun Ride By Wire, nessun controllo se non quello del polso. E l'ABS, al quale ormai non si pu&ograve; rinunciare nemmeno volendo. Ah, &egrave; disinseribile. E poi quella posizione di guida cos&igrave; naturale, cos&igrave; friendly. Il manubrio &egrave; li, alto e largo. La sella &egrave; qui, bassa e comoda. Le pedane sono dove devono essere, le leve anche. Un minuto a bordo basta a creare uno di quei legami che non possono che durare. Simpatia naturale. E poi c'&egrave; il resto che &egrave; design ma &egrave; anche funzionalit&agrave;. Il disco, che davanti lavora in solitudine, &egrave; pi&ugrave; che sufficiente a fermarsi dove si vuole e come si vuole. I cavalli, che sono 75, sono tutti quelli che servono a ripartire con brio, dopo che ci si &egrave; fermati. E le sospensioni che non saranno delle Ohlins da GP ma lavorano sodo e svolgono pi&ugrave; che bene il loro compitino. La nuova Ducati Scrambler ci ha portato in giro per la California, con quel suo borbottio roco e quel fanalino tondo che far&agrave; un sacco di strada. I perch&eacute; e i percome ve li raccontiamo dettagliatamente sul prossimo numero di InMoto, in edicola dal 23 Dicembre. Rimanete sintonizzati. Federico Garbin [gallery ids="14920,14917,14919"]

E' arrivata la nuova Ducati Scrambler e l'abbiamo provata in California. Ecco come va

Ducati Scrambler: oltre il vintage

Ducati ha messo mano alla Diavel. L'ha fatto con tatto, senza stravolgerne le linee, ne' il carattere.  L'ha migliorata, certo. Intervenendo sul motore, che ora &egrave; il nuovo Testastretta 11DS, cio&egrave; con doppia candela, e ritoccando leggermente i tratti.  Adesso c'&egrave;&nbsp;pi&ugrave; coppia ai bassi e un'erogazione pi&ugrave; dolce e gestibile che&nbsp;consente di divertirsi ancora di pi&ugrave; alla guida. La linea non aveva bisogno di stravolgimenti e i designer hanno lavorato solo sui dettagli:&nbsp;i fianchi sono un po' pi&ugrave; snelli, il doppio scarico &egrave; tagliato a &ldquo;fetta di salame&rdquo; e il fanale anteriore ha ora una bella serie di led.  Abbiamo testato la versione pi&ugrave; preziosa, la Carbon, sulle pi&ugrave; belle strade della Costa Azzurra riscoprendo tutto il piacere che questa incredibile moto sa dare. Potenza, innanzitutto, come e quanta se ne vuole, e una ciclistica originale quanto incredibilmente efficace. Le sospensioni sono interamente regolabili, la posizione di guida dominante e comoda.  A facilitare le cose pensa l'elettronica, sofisticata e settabile a piacimento: controllo di trazione regolabile su otto livelli, triplice mappatura (Urban, Touring e Sport) e ABS.  Bella , bellissima, preziosa. Per portarsela a casa (la versione pi&ugrave; sofisticata) occorrono pi&ugrave; di 21.000 Euro. Tanti vero? Sul numero di InMoto in edicola il 10 Aprile vi spieghiamo perch&eacute; secondo noi la Diavel li vale.            

La nuova Ducati Diavel &egrave; pi&ugrave; bella e  pi&ugrave; divertente. Merito del nuovo propulsore Testastretta 11DS e di una linea ancora pi&ugrave; personale ed unica

Ducati Diavel: le prime impressioni

La nuova Monster &egrave; arrivata, &egrave; qui fra noi. Vent'anni sono passati dal suo debutto, una vita, eppure eccola, ancora pi&ugrave; in forma, pi&ugrave; cattiva che mai. La rinnovata naked Ducati non &egrave; la moto facile che tutti conosciamo: dietro quel vestito succinto batte un cuore da 135 cavalli (o 145 nella versione "S", da noi provata), derivato da quello impiegato sulla Multistrada: 4 valvole bialbero, raffreddamento a liquido, Riding Mode. Potenza quindi, ma anche fascino e contenuti: il serbatoio, che ha le stesse forme di sempre, nasconde una ciclistica tutta nuova, progettata per tenere a bada la veemenza del Testastretta.  Telaio a traliccio, motore a funzione portante e componentistica di prim'ordine: questi gli ingredienti che la Monster 1200 esibisce e possiede. Poi c'&egrave; la linea, moderna quel tanto che basta per non nascondere troppo il passato, e la spirito, innegabilmente marchiato Ducati.  Attenzione per&ograve;: i numeri, pur impressionanti, non devono trarre in inganno. La Monster 1200 non &egrave; una moto pensata per sfidare le pi&ugrave; pistaiole concorrenti: &egrave; nata per proseguire una storia che &egrave; stata un successo impensabile e inatteso, lunghissimo.  E' per questo che la ciclistica &egrave; cattiva ma il passo &egrave; lungo. E' per questo che il Testastretta non &egrave; stato spremuto all'impossibile.  A Tenerife, dove si &egrave; svolto il nostro test, abbiamo guidato la versione "S" quella, per intenderci, da 145 cavalli e 15.990 Euro. Quella che ha sospensioni Ohlins, scarichi neri e cerchi forgiati. La pi&ugrave; cattiva insomma.    E cattiva, la nuova Monster 1200, lo &egrave; davvero: i cavalli sono tanti e il bicilindrico ha tutta l'irruenza necessaria a far tremare i polsi dei pi&ugrave; spudorati pistaioli. A tenere a bada tutto pensano gli ormai arcinoti "Riding Mode" (Urban, Touring e Sport), il controllo di trazione (regolabile su 8 livelli) e l'ABS (anche questo settabile su 3 tipologie di intervento). Tecnica e tecnologia, quindi, ma anche un pizzico di comodit&agrave;: appena saliti in sella fa piacere trovare una posizione di guida che non &egrave; mai stata cos&igrave; confortevole: manubrio largo e vicino, pedane arretrate ma non troppo e serbatoio stretto. Anche la sella &egrave; finalmente ben imbottita e i comandi sono precisi e molto modulabili. Punti deboli? Uno: le staffe delle pedane del passeggero sono proprio dove non si vorrebbero e si continuano a prendere a tallonate. Peccato davvero.    Il motore ha tutta la grinta che si desidera; ai bassi regimi e a basse velocit&agrave; soffre un po', strattona, sbuffa. Per godersi&nbsp; il meglio occore salire un po' e arrivare in prossimit&agrave; dei 5.000 giri/minuto. E' da questo regime che il bicilindrico comincia a cantare come deve: tutta la coppia e la potenza vengono scaricate a terra con efficacia e precisione, in un istante. Si viene catapultati in avanti e ci si lascia alle spalle solo gli acuti del bicilindrico.  E' agile: il notevole interasse regala stabilit&agrave; alla moto senza toglierle sveltezza. La moto si butta dentro alle curve senza sforzo alcuno, supportata a dovere da una ciclistica che morbida non &egrave; ma sportiva si: non tradisce e non inganna. Solo nei curvoni ad elevata velocit&agrave; bisogna spingere un po' pi&ugrave; decisi verso l'interno: c'&egrave; un po' di tendenza ad allargare in uscita.    Bella, moderna, non esagerata: la nuova Monster riesce ad essere migliore in tutto e fedele a se' stessa. La linea &egrave; carica di richiami ma non sovraccarica di design. Ha finiture curate e tanto carattere. E' una Ducati vera: basta sentire il rombo o ruotare dolcemente la manopola del gas per accorgersene. Costa cara, ma diverte e ha tanta strada dietro e un lungo cammino davanti. Un pezzo ve lo abbiamo raccontato, sul prossimo numero di InMoto troverete il resto.  &nbsp;  Federico Garbin  [gallery ids="4244,4245,4246"]

Ha il bicilindrico Testastretta derivato da quello della Multistrada: 145 CV di puro piacere

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