Il rapido excursus sull&rsquo;attuale panorama dei mille ad alte prestazioni, nella pillola precedente, ci ha fatto capire che anche restringendo l&rsquo;analisi ai soli motori a quattro cilindri, di differenze ce ne possono essere veramente tante. Cerchiamo adesso di capire il perch&eacute; si sceglie una strada piuttosto che un&#39;altra.  IN LINEA COSTA MENO - La prima suddivisione va fatta fra la configurazione in linea oppure a V. Un motore in linea &egrave; senza dubbio pi&ugrave; economico: una sola distribuzione, un minore numero di componenti sebbene pi&ugrave; complessi (ad esempio, costa meno un unico albero a cammes per quattro cilindri piuttosto che due pi&ugrave; corti; costa meno una unica fusione per il blocco cilindri o per la testata, piuttosto che due anche se uguali e montate in modo simmetrico).  INGOMBRI E POSIZIONAMENTO - In pi&ugrave;, a livello di layout, ovvero di posizionamento del motore all&rsquo;interno del telaio, tutto &egrave; pi&ugrave; semplice visto che il motore si sviluppa in larghezza andando ad occupare zone che non interferiscono con altri componenti. Rimane tutto lo spazio per alloggiare l&rsquo;airbox e il serbatoio ed &egrave; possibile anche ruotare leggermente in avanti o all&rsquo;indietro il blocco cilindri, a seconda del bilanciamento che si vuole ottenere. Una progettazione accorta del basamento permette anche di realizzare in modo semplice un cambio con gli alberi sovrapposti, per limitare ulteriormente l&rsquo;ingombro longitudinale del motore. In questo modo il telaista ha ampia libert&agrave; di scelta per il posizionamento del pivot forcellone un parametro fondamentale per determinare la dinamica di guida in una moto.  QUELLO A &ldquo;V&rdquo; &Egrave; PI&Ugrave; COMPLESSO - Con un motore a V &egrave; tutto pi&ugrave; complesso, al punto che al giorno d&rsquo;oggi non si pu&ograve; pi&ugrave; parlare di progettazione a comparti stagni del motore e della moto, giocoforza deve esserci un processo congiunto perch&eacute;, inevitabilmente, le esigenze dei due team di lavoro sono destinate a scontrarsi e il prodotto finale sar&agrave; figlio di scelte di compromesso.  &Egrave; SEMPRE UNA QUESTIONE DI COMPROMESSI - Insomma alloggiare un motore a V &egrave; pi&ugrave; difficile! Ma allora un motore in linea &egrave; sempre e comunque meglio? Assolutamente no, come abbiamo detto in precedenza, non esiste la ricetta perfetta. Ci sono debolezze anche per il motore in linea, ma emergono ad un diverso livello. L&rsquo;ingombro trasversale del motore non crea fastidi di layout, ma non &egrave; esente da pecche: la sezione frontale della moto &egrave; condizionata dalla larghezza della testata, il telaio deve essere ancora pi&ugrave; largo per poterla abbracciare e quindi un leggero aumento del &ldquo;drag&rdquo;, ovvero della resistenza all&rsquo;avanzamento, &egrave; da mettere in conto; non &egrave; poi assolutamente detto che un telaio pi&ugrave; largo permetta di ottenere il bilanciamento fra rigidit&agrave; torsionale e flessionale che il telaista ha in mente.  ATTENZIONE ALL&rsquo;ANGOLO DI PIEGA - In pi&ugrave; le sporgenze laterali della parte bassa tipo i coperchi dei carter possono limitare l&rsquo;angolo di piega della moto, questo non vale sui prototipi da motomondiale che sono capolavori di compattezza, ma qualcuno ricorder&agrave; la Yamaha R1 del 2008, la prima a scoppi irregolari, nel trofeo monomarca non era insolito arrivare a contatto con l&rsquo;asfalto e le conseguenze potevano essere.. fastidiose (in Superbike il problema era arginato con un assetto molto alto e con carter laterali realizzati ad hoc).  NULLA PU&Ograve; ESSERE LASCIATO AL CASO - I problemi di &ldquo;alloggiamento&rdquo; del V sono comunque innegabilmente maggiori, perch&eacute; la testata posteriore ruba spazio a serbatoio e airbox, in pi&ugrave; i condotti di scarico inevitabilmente finiscono in zona ammortizzatore con problemi di passaggio e di calore trasmesso, la testa posteriore pone anche qualche limite al posizionamento degli alberi del cambio. Su questa tipologia di motore l&rsquo;alloggiamento degli ausiliari diventa strategico, la pompa dell&rsquo;olio o il motorino di avviamento tanto per fare esempi hanno veramente poco spazio vitale, tutto deve essere integrato al meglio.    IL V4 DUCATI - In generale un motore a V &egrave; un motore &ldquo;lungo&rdquo; anche se ci sono tanti accorgimenti per accorciarlo, la condizione peggiore &egrave; quella di un V con angolo di 90&deg; fra le bancate disposto a &ldquo;elle&rdquo; ovvero con un cilindro orizzontale ed uno verticale. Ducati sa bene quanti problemi comporti questa soluzione: l&rsquo;albero motore &egrave; molto arretrato ed il forcellone &egrave; decisamente corto, non &egrave; un caso che il suo nuovo V4 abbia beneficiato dell&rsquo;esperienza in MotoGP dove le bancate sono sempre a 90&deg; ma disposte in maniera praticamente simmetrica rispetto ad un asse verticale.  HONDA PER ESEMPIO&hellip; - Una strada che Honda ha percorso fin dagli albori della MotogGP ed anche ai tempi dei suoi V4 e V2 da Superbike. Per &ldquo;accorciare&rdquo; ancor di pi&ugrave; il motore si pu&ograve; stringere l&rsquo;angolo fra le bancate, quello che fa Aprilia ad esempio, con un angolo di 65&deg; e come aveva fatto Honda sulle RC211V a cinque cilindri e sulla RC212V di 800 cc a quattro cilindri.  MA COSA SUCCEDE a cambiare l&rsquo;angolo fra le bancate su un motore a V? Sar&agrave; argomento della prossima puntata, ma vi anticipiamo che tanto verte sul problema delle vibrazioni e sulle perdite meccaniche che ne derivano o che si incontrano per limitarle. Di Francesco Gulinelli 

Prosegue la nostra analisi sulle scelte che influenzano la progettazione di un motore

Pillole di tecnologia: l&#39;architettura dei motori moderni (seconda parte)

IL GRADO TERMICO - &Egrave; lui che descrive la capacit&agrave; della candela di smaltire il calore generato dalla combustione: la quantit&agrave; di calore sviluppata in camera di combustione varia da motore a motore; come ovvio, risulta minore nei motori meno prestazionali, maggiore nei motori dalle prestazioni pi&ugrave; elevate. Tutto questo calore determina giocoforza un aumento della temperatura della candela stessa, la parte esterna della quale ha funzione di negativo (chiude il circuito di accensione a massa sul motore), &egrave; in metallo ed &egrave; collegata alla testata, quindi disperde calore molto in fretta.  POSITIVO - Il problema invece risiede nel positivo, che &egrave; separato dal corpo esterno metallico da una struttura isolante, ed &egrave; proprio la forma e la composizione dell&#39;isolante che determina in buona misura il grado termico. L&#39;isolatore raccoglie il calore nella camera di combustione e lo conduce verso la parte alta della candela per poi trasmetterlo al corpo metallico esterno e quindi al motore. In tutti i punti in cui entra in contatto con il corpo metallico, si verifica una cessione di calore. Ampliando o riducendo questa superficie di contatto, quindi, si pu&ograve; quindi definire la maggiore o minore quantit&agrave; di calore dissipata dalla candela attraverso il corpo. Interessante sapere che secondo NGK la dissipazione del calore avviene per il 60% circa attraverso il corpo della candela e la filettatura; poco meno del 40% del calore viene evacuato dalla guarnizione anulare della testata ed una infinitesima parte attraverso l&#39;elettrodo centrale ed il suo collegamento alla bobina.  CRITERI DI VALUTAZIONE - Nelle candele con capacit&agrave; termica pi&ugrave; elevata, la superficie di contatto fra isolatore e negativo &egrave; pi&ugrave; grande. Nelle candele con capacit&agrave; termica inferiore la superficie &egrave; pi&ugrave; piccola. Il grado termico si valuta con apposite scale numeriche, purtroppo non ne esiste una sola, c&rsquo;&egrave; quella &ldquo;Bosch&rdquo;, vecchia ormai di un secolo, che associa numeri crescenti all&#39;aumento del grado termico; poi una seconda scala Bosch definita negli anni settanta con andamento inverso, la scala Champion; o quella NGK, quest&rsquo;ultima abbastanza diffusa e accettata come standard di riferimento. Al di l&agrave; dei valori numerici, una candela si dice &quot;calda&quot; se ha bassa attitudine a disperdere calore, ed &egrave; idonea per motori di bassa potenza; si dice, invece, &quot;fredda&quot; se ha buona attitudine a disperdere calore ed &egrave; idonea per motori di elevata potenza.  MA PERCH&Eacute; IL GRADO TERMICO &Egrave; COS&Igrave; IMPORTANTE? - Con quanto detto finora sembrerebbe un non problema, basta fare una candela fredda e quella va bene su tutti i motori. In realt&agrave; le cose sono ben pi&ugrave; complesse, in definitiva ogni motore ha bisogno della sua candela, perch&eacute; una candela troppo calda o troppo fredda comporta problemi diversi ma comunque non accettabili.  TROPPO CALDA - Abbastanza intuitivo cosa accade con una candela troppo calda: l&#39;elettrodo centrale aumenta talmente tanto di temperatura da diventare incandescente col risultato che appena viene investito dal flusso della miscela in entrata dall&#39;aspirazione innesca la combustione. Si verifica cio&egrave; l&#39;auto-accensione, quanto di pi&ugrave; deleterio ci possa essere per un motore ad accensione comandata, perch&eacute;, oltre ad effetti minori come il ritardo in spegnimento sulle moto alimentate a carburatore, comporta un sensibile calo delle prestazioni e addirittura l&#39;insorgere della detonazione con risultati distruttivi per valvole e pistoni.  TROPPO FREDDA - Ma come detto anche il fenomeno contrario &egrave; foriero di guai: una candela troppo fredda fatica a raggiungere l&#39;ottimale temperatura di esercizio degli elettrodi (indicativamente fra i 400 ed i 500 &deg;C), il che implica scarse prestazioni nella partenze a freddo, con scintille poco vive o addirittura fenomeni di miss firing (mancata accensione), che portano ad un degrado repentino delle prestazioni per la formazione di depositi carboniosi sugli elettrodi.  ANALISI VISIVA - Il bello delle candele, comunque sia, &egrave; che &ldquo;parlano&rdquo;, ovvero &egrave; sufficiente una rapida analisi visiva per determinare con buona approssimazione il loro stato di salute, nonch&eacute; lo stato della carburazione del motore. La candela perfetta presenta una uniforme colorazione marroncino chiaro (gli esperti dicono color nocciola) diffusa sia sugli elettrodi che sull&#39;isolante. Da li in poi tutte le variazioni sul tema sono indice di qualcosa che non va. Se si hanno dubbi sul grado termico bisogna fare attenzione, sia al colore (troppo chiaro &egrave; indice di alte temperature), sia allo stato dell&#39;elettrodo centrale che, se mostra evidenti segni di usura irregolare, &egrave; indice di una candela troppo calda; mentre, evidenti depositi carboniosi, o comunque una colorazione tendente al nero, possono essere frutto di una carburazione troppo magra, ma anche di una candela troppo fredda. 

Il nostro approfondimento sulle candele prosegue affrontando il tema del grado termico e delle accortezze importanti in fase di scelta e di manutenzione

Pillole di tecnologia: il grado termico della candela

Spesso capita di sentir parlare di candele all&rsquo;iridio. Alcune moto le adottano di primo equipaggiamento, alcuni sedicenti esperti le consigliano come modifica aftermarket per incrementare le prestazioni del motore, altri sostengono, invece, che sono adattate solo all&rsquo;uso agonistico e che per strada non servono, o sono addirittura dannose&hellip; dove sta la verit&agrave;?   LE BASI - Per capirlo dobbiamo prima avere chiaro cos&rsquo;&egrave; una candela di accensione. I primi brevetti per sistemi di &ldquo;sincronizzazione dell&rsquo;accensione&rdquo; risalgono addirittura a fine ottocento, ad ogni modo si sono diffuse con la produzione su larga scala del motore a ciclo Otto, e servono per innescare all&rsquo;interno della camera di scoppio una scintilla che avvii la combustione della miscela aspirata. Il principio di funzionamento &egrave; abbastanza semplice: la candela ha due elettrodi, un anodo ed un catodo separati da una distanza di circa un millimetro o pi&ugrave;. A questi elettrodi viene applicata una differenza di tensione estremamente elevata, parliamo di migliaia di volt forniti dalla bobina, cos&igrave; che l&rsquo;aria - anzi la miscela aria/benzina che normalmente &egrave; isolante - inizia a ionizzarsi; e nel momento in cui viene vinta la sua resistenza dielettrica si genera una breve ed intensa scarica elettrica, proprio come un fulmine fra cielo e terra, che serve per avviare la combustione.  FIN QUI TUTTO SEMPLICE - Il problema, per&ograve;, &egrave; che le prestazioni del motore dipendono tantissimo dalla forma e dalla &ldquo;vivacit&agrave;&rdquo;, passateci il termine, di questo arco voltaico. I progettisti devono operare delle scelte di compromesso: l&rsquo;ideale sarebbe avere elettrodi parecchio distanti, in modo da creare un arco molto lungo, capace di offrire maggiori garanzie di un corretto innesco della combustione. Elettrodi molto distanti, per&ograve;, rendono pi&ugrave; difficoltoso l&rsquo;innesco della scintilla. Per gli stessi motivi possono generarsi ritardi di innesco rispetto all&rsquo;istante desiderato e, su motori che magari fanno 16.000 giri minuto, questo ritardo diventa un problema, un millesimo di secondo prima o dopo pu&ograve; veramente fare la differenza. Questo per farvi capire di che ordine di misura stiamo parlando.  DUE ASPETTI SU CUI LAVORARE - Per avere elettrodi lontani e la certezza dello scocco della scintilla (come detto, i due fattori fondamentali), bisogna ottenere una condizione ben precisa, una differenza di potenziale il pi&ugrave; possibile alta fra i due elettrodi. A questo risultato si arriva lavorando su due aspetti: da un alto aumentando la tensione in uscita dalla bobina (una bobina standard, ad esempio, produce circa 24.000 Volt, mentre una bobina racing esattamente il doppio); poi bisogna sfruttare un particolare fenomeno che si verifica sui conduttori detto &ldquo;potere disperdente delle punte&rdquo;.  DA NON PERDERE - I NOSTRI APPROFONDIMENTI  IL COMPROMESSO - Con questa definizione si descrive la concentrazione di un campo elettrico su un conduttore che risulta maggiore nelle zone in cui la superficie presenta il raggio di curvatura minore. Non &egrave; un caso infatti che i fulmini si scarichino su guglie, alberi o&hellip; parafulmini! Insomma bisogna realizzare i due elettrodi, o almeno uno, l&rsquo;anodo, il pi&ugrave; possibile a punta. Succede per&ograve; che pi&ugrave; un elettrodo &egrave; appuntito, pi&ugrave; si deteriora velocemente a causa delle temperature locali altissime, che letteralmente mangiano (pi&ugrave; correttamente: ossidano) l&rsquo;anodo. In questo modo la candela deve essere sostituita pi&ugrave; spesso. Su veicoli di produzione una candela deve durare almeno qualche decina di migliaia di chilometri, per questo gli elettrodi, se realizzati in lega di acciaio nichel, oppure in Inconel, hanno l&rsquo;anodo di un diametro di circa 2,5mm, una soluzione di compromesso per assicurare economicit&agrave; e durata a patto di non avere chiss&agrave; quali pretese in termini di qualit&agrave; di scintilla.  DIOSSIDO DI IRIDIO - Sui motori pi&ugrave; spinti e su tutti i motori da competizione vengono adottate candele con elettrodo centrale appuntito (&Oslash;&lt;0.6mm) - qui durata e costi sono secondari - ma da anni si osserva l&rsquo;introduzione di candele con elettrodo sottile anche sui veicoli ad alte prestazioni di normale produzione. Inizialmente, per garantire sufficiente durata della candela, venne utilizzato come materiale per l&rsquo;elettrodo il platino, ma ancora migliori sono i risultati che si ottengono realizzando elettrodi in iridio (per essere precisi in diossido di iridio), il metallo (quindi conduttore) che meglio resiste alla corrosione ed alle alte temperature. Soluzioni pi&ugrave; economiche si ottengono con elettrodi placcati in diossido di iridio, resta per&ograve; il fatto che non appena il rivestimento superficiale si usura, il decadimento prestazionale &egrave; praticamente verticale.  MA IN DEFINITIVA QUESTE CANDELE SERVONO? - La risposta &egrave; certamente s&igrave;, se il motore &egrave; stato progettato prevedendone l&rsquo;utilizzo; insomma, non si pu&ograve; tornare indietro per risparmiare qualcosa. Il passaggio contrario, invece, cio&egrave; l&rsquo;installazione aftermarket di una candela platino iridio, sicuramente non fa danni, ma non &egrave; detto che migliori le performance del motore: nell&rsquo;utilizzo a regimi medio-bassi e con carichi parzializzati non si avvertir&agrave; nessun miglioramento. In compenso ne risentir&agrave; il portafoglio, al momento dell&rsquo;acquisto e non &egrave; nemmeno detto che si raggiungano intervalli di manutenzione pi&ugrave; dilatati.  Nella prossima pillola parleremo dei diversi gradi termici delle candele, a cosa servono e come si comportano. 

Servono davvero? Quali benefici reali apportano? Facciamo chiarezza...

3 risultati per 'approfondimento'

Pillole di tecnologia: l'architettura dei motori moderni (seconda parte)

Pillole di tecnologia: il grado termico della candela

Pillole di tecnologia: candela iridio (prima parte)