Dieci cinquantini al Manx GP

Dieci cinquantini al Manx GP

Redazione - @InMoto_it

01.12.2012 ( Aggiornata il 01.12.2012 14:38 )

Una trasferta all’Isola di Man vissuta in sella ai 50 cm3 degli anni ’70. Un’esperienza con lo spirito di chi si diverte ancora come un adolescente e si ritrova in mezzo ai suoi “simili”     L’Isola di Man rappresenta un’attrazione irresistibile per una gran parte di motociclisti, questo in funzione della famosa e ultracentenaria gara del Tourist Trophy che si svolge a giugno e che – sebbene dagli anni ’70 non ne faccia più parte – dal lontano 1949 è stata anche la prima gara di quello che è oggi il Mondiale di velocità. Per presenziare oggi a questa gara bisogna organizzarsi un anno per l’altro, prenotando e pagando voli aerei oppure traghetti e poi alberghi, pensioni o quello che è. Ma il TT ha anche un’altra gara che si svolge alla fine di agosto e che ricalca fedelmente la formula di quella “più famosa”. L’unica differenza è che qui le varie categorie di moto spaziano dagli anni ’60 al ’91, con l’eccezione della classe 600 che si corre con quadricilindriche di ultima generazione. Antefatto Io personalmente (Giorgio Scialino, n.d.r.) al TT c’ero già stato nel 2007, in moto, in occasione del centenario. Fu un’esperienza a sé, diversa da tutte le altre trasferte motociclistiche. Già quando si era a Liverpool in attesa dell’imbarco sul traghetto sembrava di vivere su un pianeta popolato solo da motociclisti veri che non ostentavano nulla se non la passione visibile sulla propria pelle e su quella logora della tuta. Un miscuglio di facce, lingue ed età, dove l’unico denominatore comune era la moto. Al ritorno per un buon periodo l’argomento tenne banco tra gli amici, ed è stato così che ad oltre quattro anni di distanza un compagno di viaggio dell’epoca, durante un raduno dedicato ai cinquantini, se ne è uscito con: «sarebbe bello andare al TT portandoci i motorini per scorrazzare sull’isola». Una frase che ha suscitato ilarità e qualche battuta, se non che pochi giorni dopo arriva la prima telefonata da Alessandria di un amico e socio del Clan dei Piccoli Bastardi. Poi è iniziato il fuoco di fila di tutti gli altri. La pianificazione Abbiamo deciso subito per un numero chiuso, al massimo dieci persone, di più sarebbe diventato ingestibile sia come tempi che come spazio. Ugo (Passerini) dice “io ci metto il furgone” e l’avventura è decollata, ma solo per arenarsi subito, dal momento che otto mesi prima dell’evento non si trovava già posto per un furgone sul traghetto Liverpool/Douglas. La svolta è arrivata in occasione del Salone di Milano, quando i responsabili di Cinehollywood (che da anni producono video su tutti gli eventi motoristici con il loro brand Mondocorse) alla presentazione della loro iniziativa di voli diretti e soggiorni organizzati in occasione del TT ci hanno proposto il Manx GP, evento ancora più adatto ai nostri mezzi anni ’70. Tommaso Restelli, manager di Cinehollywood, ci aiuta con i contatti per gli alloggi e con il Ministro del turismo dell’isola per partecipare in modo ufficiale all’evento, che prevede parate e raduni in varie zone dell’isola. Una volta trovato posto sul traghetto per Man, fatti i calcoli, anticipiamo di un giorno la traversata della Manica, in modo da avere una giornata per visitare Londra e l’Ace Cafe, la casa dei motociclisti londinesi. La logistica sull’isola di Man invece la risolviamo alla grandissima, come leggerete, grazie, all’amico Cabassi di Milano, presso il King William’s College di Castletown, uno splendido maniero del 1600, sul mare. L’Ace Cafe Mentre Ugo e Gianni (restio all’uso dell’aereo) in furgone con viveri, attrezzi e motorini al seguito, guidavano già a sinistra sulle strade inglesi, il resto della compagnia volava sulla Manica per ritrovarsi sabato pomeriggio nel piazzale dell’Ace Cafe. Questo locale è un pezzo di storia motociclistica. Nato come trattoria per camionisti nel 1938 e crollato per una bomba solitaria durante la seconda guerra mondiale, è stato ricostruito nel 1949, per diventare negli anni ’50 e’60 il luogo principale di ritrovo degli irrequieti Rocker e delle loro Cafe Racer. Nel 1969 il locale chiude e al suo posto trova spazio un gommista. Le sue radici però non muoiono e nel 1994 Mark Wilsmore – l’attuale proprietario – riesce ad avere i permessi necessari per dar vita a una “Reunion Rocker” sullo storico piazzale, aspettandosi ottimisticamente una presenza di 700-800 persone. Ne arrivano 12.000 e questo decreta il futuro dell’Ace Cafe. Mark ne acquista una parte e la riapre nel ’97. L’acquisto dell’intero immobile e la ristrutturazione conservativa hanno termine nel 2001 e da allora i motociclisti di tutto il pianeta che per caso passano da Londra non mancano di farvi visita. Già quando scarichiamo i cinquantini si forma una piccola folla incuriosita che incita a girare sul piazzale, e quando più tardi è iniziato il carosello di impennate e sgommate, routine del venerdì sera, non ci siamo sottratti a fare la nostra parte, tra applausi, ovazioni e pacche sulle spalle. Peccato che con l’avanzare della serata sia arrivata la pioggia a raffreddare la situazione. La notte i motorini riposano direttamente dentro all’Ace Cafe, perché ogni loro stivaggio nel furgone richiede due ore e mezza, e all’interno staranno meglio loro e noi prima a nanna. 12290plv Sull’isola Mettere piede sull’isola è stata un’emozione attesa e intensa. C’è chi appena sceso dall’aereo ha baciato l’asfalto e chi, dopo averlo sognato per anni, si è commosso a guidare sulla strada del Mountain Circuit. Ogni curva, ogni rettilineo, ogni staccata del circuito ha una storia da raccontare. Percorrere queste strade piene di leggende con dei cinquantini ormai ultraquarantenni è stato quantomeno entusiasmante e ci ha fatto scoprire paesaggi e scorci di enorme fascino che probabilmente sarebbero rimasti nell’ombra se affrontati con mezzi più veloci. A tutti noi pareva quasi surreale scendere da Bray Hill sentendo l’urlo delle marmitte a spillo dei nostri Minarelli. Una delle cose più coinvolgenti è stata la salita del Mountain, un nastro d’asfalto che si snoda sui fianchi di una collina che sale fino a poco più di 400 metri di quota. Durante la lenta ascesa il pensiero andava ai piloti che percorrono lo stesso tratto ad andatura ben più spedita impegnati in una sfida contro se stessi, contro la paura e contro il destino. D’obbligo una sosta al monumento a Joey Dunlop e una birra a Creg-ny-Baa in un locale dove le numerose foto esposte testimoniano la gloriosa epopea del TT. Non potevamo farci mancare un “veloce” passaggio a Ballaugh Bridge, un ponte posto su una esse su cui le moto decollano in spettacolari salti. Una libidine che per alcuni di noi valeva l’intero viaggio. Appena arrivati siamo stati accolti da un folto gruppo di appassionati che con un’aria perplessa ha poi assistito ai preparativi. Uno alla volta con un po’ di apprensione (il traffico era aperto e si circola a sinistra...) ci siamo lanciati per il salto tra applausi e acclamazioni. Durante la nostra permanenza sull’isola abbiamo partecipato ad alcuni raduni e siamo rimasti sorpresi dall’accoglienza e dall’interesse che i nostri mezzi suscitavano tra i motociclisti del Regno Unito. Dieci rumorosi cinquantini si fanno sentire quando arrivano… e anche noi non eravamo da meno. In breve tempo ci siamo guadagnati una certa popolarità data anche dal fatto che la radio ufficiale del TT, che trasmette minuto per minuto tutti i tempi e le classifiche dell’evento, ha parlato di «un gruppo di italiani che in sella a dei 50 da sparo ci ha fatto conoscere una parte di storia del motociclismo italiano che noi non conoscevamo». A dire il vero gli abitanti dei villaggi che attraversavamo più spesso si erano già accorti della nostra presenza ben segnalata dall’urlo delle marmitte a spillo rigorosamente ma non sempre senza silenziatore. In molti casi ci è capitato che auto o furgoni si facessero volutamente sorpassare solo per farci una foto, o che qualche motociclista invertisse il senso di marcia per rincorrerci. Turismo L’isola offre anche panorami e viste di rara bellezza. Abbiamo percorso la strada che conduce da Peel a Kirk Michael, che scorre su una stupenda scogliera da cui in lontananza si scorge la costa irlandese. A Port Erin abbiamo assistito a uno splendido tramonto sul mare con colori e luci che parevano miscelati dalla mano esperta di un pittore. E poi il lungomare di Douglas (la capitale) dove il forte odore di salsedine sovrastava il “profumo” dello scarico dei fumosi due tempi. Proprio a Douglas, il nostro amico Marco ha voluto a tutti i costi fare una foto di gruppo nell’esatto punto in cui venne ritratta la squadra italiana di regolarità in occasione della “Sei Giorni” del 1971 svoltasi proprio sull’Isola di Man. Al paddock l’atmosfera era quella dell’indimenticato Continental Circus, nessun van megagalattico ma tante piccole tende con moto smontate e meccanici intenti a esaminare accuratamente pezzi o tranquillamente seduti in assorta contemplazione. Non mancavano tra le moto d’epoca esemplari degni di nota e di grande valore (le moto inglesi ovviamente erano ben rappresentate) e non mancava neppure il fango che rendeva ancor più genuino il variopinto accampamento. Tutto era molto ovattato almeno fino a quando i motori erano spenti. Non è facile spiegare a parole la sensazione che si prova al passaggio delle moto nelle strette strade cittadine. Vedere le moderne 600 Supersport lanciate tra muri e marciapiedi a oltre 240 km/h con il loro urlo lacerante a pochi centimetri dal proprio naso è una cosa indescrivibile, così come ascoltare il possente pulsare delle vecchie monocilindriche che pur se più lente – ma non di molto – regalano suoni e vibrazioni d’altri tempi. Vedere sfrecciare moto da corsa o preparate degli anni ’70 ha un fascino impareggiabile, sono bestie meccaniche ormai obsolete rispetto alle nuove tecnologie, ma hanno cuore e carisma, e dopo averne visto le potenzialità in pista, poterle ammirare da vicino nel paddock ne fa apprezzare ancor più la consistenza. A Cronk-y-Voddy fa una certa impressione osservare come dopo un lunghissimo rettilineo percorso in sesta marcia “a tutta”, i migliori affrontino una veloce curva cieca senza nemmeno pensare di chiudere un filo il gas, e così accade anche per la curva successiva! Il rischio che corrono i piloti è palpabile, ne sei quasi partecipe. Anche se sei solo uno spettatore, al minimo serpeggiamento della moto o quando intuisci che la traiettoria non è proprio perfetta un brivido freddo ti percorre la schiena. Tuttavia il fascino di tutto questo è innegabile e letteralmente strega tutti. Supporter In quest’avventura un forte supporto emotivo e logistico ci è stato fornito da Tommaso Restelli di Cinehollywood, grande appassionato del TT e delle corse in generale. Il numero elevato di persone del nostro gruppo creava un problema che sembrava insormontabile fin quando a risolvere la situazione ci ha pensato Giovanni Cabassi, presidente dell’HRD Vincent Owners Club Italia, che, attraverso l’amico Stefano Zuban ci ha indirizzato al collegio di Castletown dove loro avevano già soggiornato. L’idea che dei cinquantini sportivi italiani scorrazzassero per l’isola è piaciuta anche a Pier Giuseppe Ortalda del TT Supporters Italy (www.ttsupportersitaly.com) sito che fornisce a tutti tutte la informazioni riguardanti l’isola di Man, TT e Manx GP. Pier ha tenuto i contatti con l’ufficio stampa e alcuni responsabili degli eventi collaterali sull’isola, dandoci la possibilità di partecipare in modo ufficiale ad alcune manifestazioni. I motorini Tutti i partecipanti fanno parte del Clan Piccoli Bastardi. Marco, alias il Signore dei Garelli, è partito da Alessandria per caricare a bordo il fido Garelli Junior Sport arancione. Ugo era sul Moto Morini Corsarino (della moglie), poi c’era la pattuglia degli Italjet. Due Mustang Veloce, quello ultrabombardato di George – il “presidente” – e quello bianco e rosso di Fulvio, mentre Moreno girava l’isola in sella a un De Luxe. Gianni tirava le marce a un affusolato Aspes Super Sport, mentre Ermis e Mauro guidavano due special realizzati ad hoc, uno su base Moto Bimm e uno motorizzato F. Morini. Infine Luigi con il suo Testi Champion munito di telecamera “on board” e Flavio con il tricolore Malanca Testarossa. A Ugo, rientrato presto a casa, ha dato il cambio sull’isola Roberto con alcune parrucche al seguito. 12290pke

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