Benelli TNT 899 - Ducati Streetfighter 848 - Kawasaki Z800 - MV Agusta Brutale 800 - Yamaha FZ8 ABS

Benelli TNT 899 - Ducati Streetfighter 848 - Kawasaki Z800 - MV Agusta Brutale 800 - Yamaha FZ8 ABS

Redazione - @InMoto_it

01.07.2013 ( Aggiornata il 01.07.2013 11:37 )

Divise per storia, per estrazione, per prezzo e per origine. Da una parte le italiane: sportive, aggressive e preziose, dall’altra le giapponesi, comode e docili. Ma le differenze sono davvero così evidenti? Le cinque giocatrici in campo se le danno di santa ragione. Vediamo su chi puntare... Il panorama motociclistico è cambiato. Le sportive, sempre più specialistiche, hanno perso appeal verso chi vuole godersi la moto giorno dopo giorno. Le maxienduro, sempre più stradali e costose, sono quasi irraggiungibili. Le medie naked crescono di cilindrata, guadagnando cavalli e piacere di guida e rimangono un approdo sicuro per chi vuole cominciare con un piatto un po’ pepato. Anche in questo segmento la battaglia non corre più sul filo dei cavalli e ogni Casa offre la propria soluzione. Da una parte le giapponesi che fanno della semplicità il loro cavallo di battaglia, dall’altra le italiane, più spinte e aggressive. I prezzi rispecchiano la dotazione e l’appeal: con poco più di 8.000 € si può scegliere fra Kawasaki e Yamaha, comode e immortali. Per le altre bisogna aggiungere almeno un altro paio di migliaia di Euro, giustificati da prestazioni e dotazioni più sostanziose e gagliarde. BENELLI TNT 899 benelli Gli anni non hanno ancora intaccato l’originalissima linea con la quale la TNT ha fatto il suo debutto nell’ormai lontano 2004. La riduzione della cilindrata e le numerose migliorie l’hanno resa insensibile allo scorrere del tempo e ancora oggi i suoi curatissimi dettagli e le forme non hanno smesso di dire la loro. Spigolosa, sgraziata, aggressiva, la nuda Benelli fa dell’unicità la sua bandiera. I più pignoli riconosceranno il fascino del forcellone in tubi di acciaio e lo splendido eccentrico che vincola la ruota e funge da tendicatena, i più sportivi troveranno più di un pregio a una colorazione che mette l’accento sui dettagli più riusciti, più aggressivi. Le finiture sono curate e sono davvero pochi e giustificati i dettagli più infelici. Non entusiasmano i comandi a manubrio, poveri, e la strumentazione, contornata da un po’ troppa plastica. Stupisce invece il propulsore a tre cilindri, grintoso ma ampiamente sfruttabile, e la ciclistica di chiara impostazione sportiva ma non troppo scomoda nemmeno nell’uso quotidiano. La forcella con steli di ben 50 mm Ø dà corpo all’avantreno e la coppia di dischi dal profilo wave con le pinze ad attacco radiale contribuiscono ad arricchire l’insieme e aiutano quando si tratta di guidare sul serio. Il telaio rosso è la perfetta cornice di un insieme ben amalgamato e datato solo sulla carta. Poco importa se la dotazione elettronica è primordiale: la TNT bada all’essenza. DUCATI STREETFIGHTER 848 ducati La sportiva nuda secondo Ducati si chiama Streetfighter, cattivissima nella linea, irrimediabilmente mossa dal bicilindrico ad L raffreddato a liquido (di derivazione 848) e dalle prestazioni sorprendenti. Il tutto condito dai soliti, ottimi, ingredienti con cui la Casa di Borgo Panigale è solita presentare i suoi succulenti piatti: il forcellone monobraccio, il telaio a traliccio e una dotazione elettronica che, unita al resto, va a giustificare il considerevole prezzo di acquisto. Una nuda sorprendente sotto ogni aspetto e poco avvezza alle mezze misure: le quote ciclistiche sono estreme e i cavalli dichiarati sono ben 132: quota, almeno sulla carta, ben superiore alle altre nude della sfida. La Ducati non è però estrema come l’aspetto e i numeri possano far pensare: il motore sa essere dolce e il bicilindrico sa comportarsi a modo anche quando si va a spasso. Le stranezze, ancor più che nella linea, si evidenziano appena saliti in sella: la piastra di sterzo accoglie una coppia di riser orientanti verso l’avantreno e il manubrio, largo e piuttosto arcuato verso il basso, rende tutto molto differente dal solito. Il piccolissimo cupolino contrasta con una parte centrale della moto quasi sovraccarica grazie al bicilindrico e alle generose dimensioni del puntale; il posteriore è, come l’avantreno, sfuggente e amalgama benissimo due elementi distintivi: lo scarico sdoppiato e il monobraccio. Il risultato è una linea aggressiva e personalissima, assolutamente inusuale. KAWASAKI Z800 kawasaki Quando il segmento delle medie nude ruotava intorno ai 600 cm3 di cilindrata, la Z 750 faceva la parte di solista. Il vantaggio in termini di cm3 era evidente, con ovvi benefici sui numeri della scheda tecnica. Da qualche anno però le medie sono diventate un po’ più grandi e i 750 cm3 della Z sono diventati, improvvisamente, pochi. La risposta è stata però immediata: la nuova 800 è pronta a combattere ad armi pari in questo nuovo, vecchio, segmento. Kawasaki non punta però tutto sulle prestazioni. I numeri, pur importanti, passano in secondo piano soppiantati da nuove frecce nella faretra di questa nuda: facilità, piacere di guida, linea e, non ultimo, l’invitante prezzo di acquisto. La linea è, come si conviene ad ogni “verdona” che si rispetti, futuristica: tanti dettagli, tanti spigoli, tanti particolari. Chi ama la semplicità e la leggerezza si troverà in disaccordo con l’opulenza di alcune scelte e con i numerosi particolari che la rendono immediatamente riconoscibile, non ultimi i loghi che appaiono sulla sella e nel fanale posteriore. Il propulsore a 4 cilindri in linea è sormontato da sovrastrutture affilatissime, riviste ma ancora fortemente legate al precedente modello. Il risultato è una linea che, facendosi forza del successo già riscontrato, è pronta a tornare in campo con rinnovato vigore. MV AGUSTA BRUTALE 800 mv Visto che non c’era alcun bisogno di migliorare una linea immortale, la più recente 800 ricalca con assoluta fedeltà la sagoma della 675. Le tante differenze sono nascoste a chi non mastica un po’ di tecnica: motore più corposo, più potente, sospensioni più raffinate e un’elettronica che viene in aiuto quando arriva il momento di sfogarsi. Il tempo che è passato dalla presentazione della prima Brutale a quattro cilindri non ha però cambiato la sostanza di una moto nata per distinguersi: scomoda, rabbiosissima, leggera. Una sportiva pura, insomma, da buona tradizione MV, e con tante carte per piacere ad una larga schiera di appassionati. Il prezzo è umano anzi, giusto, e la qualità è, al solito, ad alti livelli. La Casa di Schiranna ha ambiziosi progetti per il prossimo futuro e quello di creare una gamma di prodotti fascinosi ma abbordabili è il primo e decisivo passo verso i grandi numeri. Questi sono i motivi per cui i pochissimi dettagli nei quali non è riversata la solita maniacale cura MV non gettano alcuna ombra su una moto nata bene. La dotazione di serie è ricca: le sospensioni Marzocchi e Sachs sono interamente regolabili, la frenata è affidata ad un impianto Brembo con pinze ad attacco radiale e l’elettronica gestisce sapientemente l’irruenza del tre cilindri grazie al controllo di trazione regolabile e alle 4 mappature disponibili per gestire i 125 cavalli che la Casa dichiara. Le pochissime sovrastrutture lasciano la meccanica in bella vista e, grazie a piccoli e sapienti rinnovamenti, sono pronte ad affrontare sfide tutte nuove. YAMAHA FZ8 ABS yamaha Il quattro cilindri di derivazione R1 è pronto a dare man forte quando si decide di aumentare il passo ma, contrariamente a quanto la linea suggerisca, non siamo al cospetto di una naked sportiva. Nata per creare un ponte fra la FZ6, dall’erogazione appuntita, e la sovradimensionata FZ1, la FZ8 riesce ad essere una perfetta via di mezzo fra le due grazie a un motore potente ma docile e a dimensioni complessive che si sposano perfettamente con la gran parte degli utenti. Le belle forme non riescono a distogliere del tutto l’attenzione da particolari che iniziano a sentire il peso degli anni: la componentistica non riesce ad eguagliare la concorrenza e alcune soluzioni appaiono più furbe che affascinanti. Dal punto di vista estetico il risultato complessivo, nonostante la compattezza dell’insieme, è un po’ pesante: troppi colori, troppo nero. La qualità dell’insieme non si discute: i materiali, gli accoppiamenti e la verniciatura non lasciano spazio a critiche e il risultato è una moto indubbiamente piacevole e senz’altro duratura. La meticolosità con cui è stata sviluppata questa Yamaha è evidente non appena si sale in sella: leggera nelle manovre, agile, silenziosa e docilissima. Un prodotto perfettamente razionale, quindi, cui manca forse un po’ di personalità. LA GUIDA Da una parte le italiane, più ricche, più care, più sportive. Dall’altra le giapponesi: facili, economiche, indistruttibili. Vediamo come si comportano. COMFORT PILOTA Per evidenti limiti dimensionali e strutturali, le naked non sono certo le moto più comode al mondo. Alcune di loro però riescono ad esserlo più di altre: nella parte alta della classifica si piazzano la Kawasaki Z800 e la Yamaha FZ8, entrambe piuttosto accoglienti. Sulla verdona c’è molta differenza fra l’altezza del manubrio e il piano di seduta: le braccia sono molto distese ma la sella è morbida e le sospensioni anche: a bordo non ci si stanca. La Yamaha è perfetta in città: è bassa da terra e il manubrio largo e vicino consente di guidare con la schiena eretta. Anche il serbatoio, che sulla FZ1 era troppo largo, è stato dimensionato per accogliere senza problemi le ginocchia. Le pedane, poco arretrate, non intorpidiscono le gambe (ma sono un po’ d’intralcio in manovra). Le italiane sono d’impostazione decisamente più sportiva: sulla TNT non si sta scomodi perché la posizione è avanzata e il carico sui polsi pressoché nullo ma la sella è un po’ dura, così come la taratura delle sospensioni. La Ducati è invece quella più caricata verso l’avantreno: il manubrio vicino e spiovente obbliga a sforzi eccessivi polsi e braccia. La Brutale ha un’impostazione azzeccata, ma è poco più morbida di una lastra di marmo. VIBRAZIONI Le vibrazioni più intense e fastidiose sono quelle trasmesse dal tre cilindri Benelli, soprattutto al manubrio, mentre la meglio isolata è la Kawasaki. Le manopole della Yamaha tremano un po’ troppo in rilascio, soprattutto quando il motore si trova in prossimità dei regimi intermedi. SOSPENSIONI Per la guida disimpegnata, in città ad esempio, il migliore compromesso lo offre Yamaha: morbida e paciosa, digerisce praticamente tutto. Quello che però è un pregio quando si va al trotto, si trasforma in un limite una volta sciolte le briglie al quattro cilindri: sul veloce la ciclistica della FZ8 diventa imprecisa perché il monoammortizzatore “pompa” molto e la forcella è fin troppo scorrevole nella prima parte ed eccessivamente rigida nella seconda. Un comportamento simile si può riscontrare nell’avantreno della Brutale: nonostante la rigidezza la forcella è propensa ad arrivare a pacco nelle frenate più violente e c’è qualche rimbalzo di troppo da parte del mono. Alla ciclistica della Tornado si può rimproverare solo un ritorno un po’ troppo veloce del mono, ma nel misto è quella con cui si prende confidenza più velocemente: le sospensioni lavorano in ottima simbiosi e l’assetto è quasi sempre neutro. Bene anche Ducati, a patto di fidarsi di un avantreno decisamente originale, soprattutto per la posizione del manubrio. La Kawasaki è molto pesante e i trasferimenti di carico sono evidenti: si dondola un po’ troppo, sia in inserimento che in uscita. Ha anche una spiccata tendenza ad autoraddrizzarsi se si corregge la traiettoria con il freno anteriore. PROTETTIVITÀ Il riparo aerodinamico che offrono le cinque moto della comparativa è compreso fra il bassissimo e il nullo. Sono altre le cose di cui godere alla guida di mezzi come questi: il vento in faccia potrebbe essere uno di questi. MANOVRABILITÀ Sono tutte piuttosto leggere quindi lo sforzo richiesto nelle manovre da fermo o a bassissima velocità è davvero ridotto. La Brutale è una piuma ma ha poco sterzo, la Ducati ha un avantreno leggermente pesante e la posizione in sella non è d’aiuto, mentre Benelli e Kawasaki sono quelle che richiedono un po’ più di impegno a causa dei chili in eccesso. La Yamaha è molto agile, ma le pedane sono d’intralcio quando si tratta di zampettare. COMANDI Per precisione di funzionamento e feeling durante la guida vince la Streetfighter. Non se la cava male nemmeno la Brutale, non fosse per la rabbiosità con cui risponde alle sollecitazioni del gas. Il ritardo nella risposta che avevamo riscontrato durante il test di presentazione del modello è però del tutto sparito e il controllo di trazione regolabile, così come la mappatura, aiuta a gestire al meglio l’irruenza del propulsore. Bene la TNT e ottima la FZ8, dolcissima in tutti i frangenti e... in ritardo solo quando si va di fretta. Di Kawasaki non ci convincono del tutto il feeling con il freno anteriore, che porta a qualche scompenso ciclistico, e la frizione, poco modulabile e precisa. CAVALLETTI Le stampelle laterali fanno il loro dovere e sono abbastanza facili da raggiungere, tranne che sulla Yamaha. Anche in questo frangente la pedana poggiapiedi sinistra è troppo in mezzo... ai piedi. RETROVISORI Yamaha è quella che ha badato di più alla praticità di questi elementi, sacrificando però lo stile. All’atto pratico, tuttavia, è poprio la FZ8 ad offrire la visuale più ampia e veritiera di quanto accade alle vostre spalle. Sulla Brutale il gambo degli specchi è troppo vicino al manubrio. RUMOROSITÀ Le note più personali e gratificanti sono quelle suonate dalle italiane e poco importa se in mezzo c’è qualche sferragliamento meccanico: fa parte del gioco e dà un po’ di colore al concerto. Le due giapponesi sono tecnicamente perfette, armonicamente equilibrate ed educatamente strozzate. Insomma, non hanno l’X-Factor. ILLUMINAZIONE Non siamo al cospetto di grandi viaggiatrici e il livello medio è dal discreto al buono. Kawasaki e Ducati sono comunque quelle che fanno meglio, mentre al proiettore della Yamaha manca un po’ di profondità. CAPACITÀ DI CARICO Le moto per viaggiare hanno tutt’altro aspetto. Su queste cinque, se volete fare dei chilometri, armatevi di zainetto, elastici o ragno. Lo spazio, anche nei sottosella, è pressoché nullo. MANEGGEVOLEZZA La posizione di guida e la conformazione delle sovrastrutture la rendono molto classica, il peso elevato non l’aiuta ma, a conti fatti, sulla Tornado tutto è dove deve essere e nella giusta misura. Si guida con piacere, anche nello stretto e a bassa velocità. La precisione con cui si butta dentro le curve, e ne esce fuori, è esaltante. La Brutale, pur più leggera, non si riesce a guidare con la stessa dolcezza mentre la Streetfighter 848 non è velocissima nei cambi di direzione e, sopratutto, non risulta molto comunicativa. Le due giapponesi sono quasi agli antipodi fra loro: la Yamaha è una bicicletta e le manca solo un po’ di grinta, di cattiveria, di passione. La Kawasaki è invece un tantino più goffa. FRENATA La Ducati offre un ottimo feeling alla leva e ripaga con prestazioni da sportiva pura, MV e Kawasaki fanno mediamente bene, comunque senza entusiasmi, mentre di Yamaha non convince l’ABS, molto apprensivo, e la poca aggressività del freno anteriore che va strizzato con forza. L’impianto della Benelli è molto modulabile ma poco potente: visto il carattere si poteva fare qualcosa di più. STABILITÀ A patto di accordare le proprie aspettative con le caratteristiche, o i limiti, delle moto, su nessuna delle cinque si rimane delusi dal comportamento, sia a centro curva che in velocità. Sulla Brutale si rimbalza un po’ a causa della rigidità delle sospensioni e di alcune risposte fin troppo secche, ma in velocità non c’è alcuna sbavatura. La Kawasaki è molto morbida e a centro curva tende a beccheggiare ma, almeno finché non si richiama il freno anteriore, non devia dalla traiettoria. La Ducati è un po’ nervosa ed entra in sofferenza solo se si incrocia qualche ostacolo improvviso a centro curva. La FZ8 è molto neutra e va dove vuole il pilota; la TNT corre su un binario. IN PIEGA La Yamaha è la moto perfetta per iniziare a prendere confidenza con i cavalli (che non sono pochi) e con le pieghe da sorriso sotto il casco. Il suo comportamento è neutro, schietto, facile. Non è certamente la due ruote più emozionante del mondo, ma non mette in imbarazzo e, soprattutto, è sicura. La discesa in piega è rapida, la tenuta di strada buona, la dolcezza con cui cambio e motore assecondano le voglie del pilota, superlativa. Le pedane non sono molto distanti dal suolo quindi, almeno nelle pieghe più ardite, la grattata per terra vi informerà che è giusto non andare oltre. La FZ8 non è però una vera sportiva e preferisce una guida morbida e rotonda, dolce. Per chi cerca emozioni forti è meglio orientarsi verso moto dalla più spiccata personalità: Brutale e Streetfighter non vi deluderanno sotto questo aspetto. Nessuna delle due è pronta a svendersi e, per un motivo o per un altro, entrambe richiedono esperienza e un pizzico di pelo sullo stomaco. La prima è cattivissima, rigida, leggera e parecchio reattiva: in uscita dalle curve è davvero un attimo trovarsi con la ruota che galleggia ad una spanna dal cielo. La Ducati è corta, svelta, caricata verso l’avantreno. Per godere delle sue doti ciclistiche bisogna addolcire la fase di inserimento, limitando al massimo il trasferimento di carico verso la ruota anteriore, lasciarla correre a centro curva e godersi il tiro e l’allungo del bicilindrico. La Z800 è destinata ad un pubblico eterogeneo e il suo comportamento è, di conseguenza, piuttosto neutro. Soffre però di un peso elevato e di una taratura delle sospensioni fin troppo morbida che la rende meno agile e più impegnativa della sua diretta concorrente: la Yamaha. La TNT è una moto ampiamente sottovalutata: il comportamento in curva è piacevolissimo grazie a un peso non basso ma molto ben bilanciato e a una taratura delle sospensioni molto azzeccata e non estrema. Il ritorno del mono è un po’ veloce ma segue bene l’andamento della strada e i voleri del pilota. La forcella è perfetta e il tre cilindri spinge forte senza essere aggressivo: le curve ve le godete una dopo l’altra. EROGAZIONE I due motori a tre cilindri della prova non se la cavano affatto male: rabbiosa ma progressiva la Brutale (qualunque sia la mappatura in uso), più mansueta ma per nulla fiacca la Benelli. Passando ai quattro cilindri, la FZ8 ha una doppia personalità: cattiva in alto quanto coscienziosa ai regimi più bassi. La sua diretta concorrente, la Z800, ha più schiena. La bicilindrica Streetfighter ha piccolissime incertezze e dà il meglio di sé una volta superati i 4.000 giri. CAMBIO Il più morbido è quello montato sulla FZ8, seguito a stretta distanza da quello impiegato sull’altra giapponese. Bene Ducati e Benelli, sportivi e solo leggermente ruvidi, migliorabile quello della Brutale: alcuni innesti sono imprecisi e la rumorosità è eccessiva. FRIZIONE La frizione della nostra Z800 era un po’ stanca e soffriva di uno stacco poco preciso e qualche sferragliamento di troppo. Il comando della TNT offre un po’ troppa resistenza ma è comunque molto modulabile. L’unità della FZ8 soffre gli sforzi prolungati e perde efficacia e modulabilità. Per la Ducati qualche strappo di troppo nelle prove più impegnative. Bene la MV. TRASMISSIONE Le catene delle moto della prova si sono comportate egregiamente non manifestando alcuna rumorosità molesta o altro tipo di malfunzionamento. PNEUMATICI I Diablo Rosso della MV e della Ducati offrono un perfetto compromesso fra sportività e uso quotidiano; i Battlax BT 021 della Yamaha sono un po’ lenti a raggiungere la perfetta temperatura e nella guida sportiva non offrono subito il giusto supporto. Bene i Pilot Power della Benelli ed equlibrati gli Sportmax D211 della Kawasaki. PESO La sensazione di decollare quando si ruota il comando del gas a bordo della Brutale non è solo dovuto alla straripante potenza del tre cilindri ma anche all’ottimo risultato segnato sulla nostra bilancia: 173 kg reali, a secco, sono un eccellente risultato e anche l’ottima Ducati, con i suoi 186 kg, non riesce ad avvicinarsi. Stupiscono negativamente i 212 kg della TNT, davvero troppi. La Kawasaki non è mai stata un peso piuma e anche quest’ultima 800 non riesce a scendere sotto i 216 kg. VELOCITÀ Con oltre 243 km/h effettivi è Ducati ad imporsi sulle altre che però non rimangono troppo indietro: sono infatti un gran risultato anche i 234 km/h della Benelli, tallonata da vicinissimo dalla Brutale. Le giapponesi si attardano un po’ ma superano con scioltezza i 220 km/h effettivi. Vista la poca efficienza aerodinamica e l’impossibilità di godersi in tranquillità tali velocità, tutti i risultati sono più che soddisfacenti. ACCELERAZIONE Il tre cilindri MV, pur di pochissimo, si guadagna il primo posto del podio. Nonostante un leggero ritardo sui primi 100 metri, quando il propulsore inizia ad urlare si prende una bella rivincita su tutte le altre. È difficile tenere a bada la sua esuberanza e in partenza bisogna giocare un po’ con la frizione per evitare il ribaltamento; Ducati e Benelli sono praticamente fianco a fianco, così come le due giapponesi, comunque leggermente attardate. RIPRESA In questo caso il tre cilindri della Brutale riesce a dare una sonora batosta a tutte le altre. I distacchi sono importanti e sui 1000 metri la MV riesce a rifilare ben un secondo e mezzo alla Kawasaki, seconda classificata. L’ultimo posto è della Ducati che soffre la rapportatura un po’ lunga e qualche strappo di troppo ai bassi regimi. CONSUMI I più parchi sono i due quattro cilindri giapponesi che nel ciclo misto riescono a percorrere quasi 19 km ogni litro di benzina. La MV è la più assetata e non riesce ad andare oltre i 17,5 km/l. Ducati e Benelli stanno dignitosamente nel mezzo. SPAZI DI ARRESTO La Benelli soffre il peso eccessivo andando a segnare valori molto alti, poco accordati alle belle sensazioni che trasmette durante la guida. Ottimi invece i dati segnati da Ducati; Kawasaki si comporta a dovere e ottiene valori molto simili a quelli della Brutale, la cui forza frenante manda leggermente in crisi la forcella. La FZ8 esce dalla prova senza infamia e senza lode. POTENZA La Streetfighter esce dalla prova al banco coperta di alloro grazie ai 120 cavalli realmente disponibili alla ruota. Il posto d’onore spetta alla MV, seguita a sua volta dalla Benelli. Leggermente più indietro Kawasaki, che supera comunque i 107 cavalli, mentre la Yamaha non riesce a raggiungere quota 100. COPPIA Anche in questo caso il bicilindrico ad L della Ducati riesce a imporsi, ma è seguito a brevissima distanza dal tre cilindri Benelli. Il propulsore della Kawasaki riesce a fare meglio dell’altra italiana, mentre la FZ8 è indietro. Interessante notare come la curva di coppia della TNT sia più precisa e regolare, soprattutto ai bassi regimi, rispetto alle altre moto della sfida. movimento

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