Ducati Hypermotard

Ducati Hypermotard

Redazione - @InMoto_it

01.04.2013 ( Aggiornata il 01.04.2013 14:58 )

Ducati rinnova nel profondo il suo modello più anticonformista: nuovo motore, nuovo telaio, nuovo tutto! Rimane il nome e l’essenza che su questa moto si chiama divertimento. Due versioni: base e SP, la cattivissima per i veri feticisti. Bella e ricca, ma il prezzo è elitario   Non è solo il cuore a battere più forte. E non è nemmeno lo scheletro a fare la differenza. È il tempo che è passato a segnare la distanza fra la nuova Hyper e quella che ci stiamo lasciando alle spalle. Certo, il bicilindrico bialbero raffreddato a liquido la sua parte la fa eccome, e anche se non ha i tre zeri nella cilindrata il “physique du role” non gli manca di sicuro. Basta prendere in mano il gas, magari nelle marce più basse, per guardare il cielo anziché la strada. Il cambiamento è radicale e tocca davvero tutti i punti della moto. Cioè il piacere di guida e la tecnologia. Per Ducati essere all’avanguardia vuol dire offrire il controllo di trazione, l’ABS regolabile (ed escludibile) e i Riding Mode: tutte cose disponibili (senza sovrapprezzo) sui due modelli. “Hypermotard” continua a significare divertimento: poche ciance, tanti cavalli e pochi chili. Le linee, pur seguendo un filone aperto dalla prima versione, sono state affinate e ingentilite e anche la posizione di guida gode di notevoli miglioramenti; il tutto, ovviamente, senza stravolgere quello che è stato. Ci si appoggia ancora a pochi centimetri dalla ruota anteriore ma ora si sta un po’ più indietro e si controlla decisamente meglio tutta la faccenda. Si continua a impugnare un manubrio largo e dritto e i piedi, a patto di non superare abbondantemente l’altezza media, arrivano al suolo uno per volta. Ducati non si smentisce nemmeno sull’allestimento: ci si approccia alla base per desiderare follemente la SP che con il suo corredo da “prima notte” non ha nulla da invidiare alle migliori sportive. Vi piace? Iniziate allora a rovesciare le tasche perché l’esborso è considerevole: 11.490 per entrare nel mondo “Hyper”, 14.490 per farlo in grande stile. Accomodar... scusate, arrampicarsi sulla sella della Hyper può non essere facile: gli 870 mm della versione base (che possono scendere a 850 mm) e gli 890 mm per la SP (ma si arriva a 870) possono creare qualche imbarazzo a chi ha la falcata corta. Questione di attimi perché con il vostro peso e i pochi chilogrammi della moto anche appoggiare un solo piede a terra basta a darvi abbastanza fiducia per muovervi dove vi piace, anche nello stretto. E nello stretto la Hyper ci danza un gran bene: le misure sono compatte e la posizione di guida molto avanzata regala immediata confidenza con l’agile avantreno. Ci vorrebbe un po’ di spazio in più dietro perché il rialzo della sella qualche disturbo lo crea: la possibilità di movimento è poca e ogni tanto distendersi un po’ giova a chiunque. È alta e un po’ corta quindi, ma la sella della Hyper non è dura e i chilometri passano senza dolori.Bene anche le gambe: il serbatoio strettissimo e le pedane avanzate (anche troppo nella guida in pista, ma questo lo vediamo più avanti...), vi permetteranno di mettere in fila chilometri senza fastidio e senza noia. Sì, la noia è un elemento assolutamente non contemplato a bordo di questa bicilindrica. Sostanziose le differenze fra le due versioni che abbiamo provato: la ricchissima SP è solo di poco più dura e le raffinate sospensioni lavorano un gran bene: si è sempre perfettamente consci di quanto avviene sotto le ruote; la versione standard è più morbida, soprattutto nella prima parte di escursione della forcella. La pompa freno radiale della SP offre una modulabilità eccezionale che, sommata alle prestazioni delle pinze Brembo Monoblocco, fanno quanto di meglio si possa desiderare per la guida sportiva. La versione standard non regala lo stesso feeling: la frenata è fin troppo aggressiva e la pompa meno sofisticata  non offre la stessa possibilità di centellinarne la forza. C’è comunque l’ABS pronto ad intervenire. DA FERMO È cambiata molto ma continua ad essere innegabilmente lei. La nuova Hyper si rifà corpo e volto ma non abbandona quei dettagli che l’hanno resa inconfondibile. Davanti c’è un becco pronunciato sulla ruota, dietro c’è la sella e poco altro: tutto ciò che conta sta nel mezzo. E ciò che conta, cioè telaio e motore, continuano ad essere come devono: il primo a traliccio (senza piastre e rosso in ogni caso), il secondo ovviamente bicilindrico e altrettanto ovviamente ad elle. Non è però lo stesso di prima perché gli anni sono passati e la concorrenza si è incattivita: ora c’è il raffreddamento ad acqua, i due alberi a camme, le quattro valvole per ogni cilindro e tanta elettronica. Ci sono anche i cavalli, 110, e tutto quello che serve per tenerli a bada: una ciclistica che è “normale” sulla versione standard ed è “mondiale” sulla SP, impianti frenanti aggressivi e controllati da un ABS che si può regolare o disatttivare. Non poteva mancare nemmeno il controllo di trazione, anch’esso regolabile, che non si vede, lavora in silenzio e tira davvero fuori dai guai. Bella: se piacciono le Ducati nate negli ultimi 7 anni la nuova Hypermotard non può non trovarvi d’accordo. La prerogativa è stata data alla sportività ma la continuità stilistica con tutti i modelli successivi alla Monster è lampante. Plastica di qualità, colori che vanno dal rosso alle varie tonalità di grigio di meccanica e ciclistica fino ai dettagli immancabili come il monobraccio (lo stesso della Monster) e il motore in vista. Le due versioni si differenziano per numerosi particolari tecnici (non ultimi i coprivalvole, in magnesio sulla sola SP) e per la colorazione: la più sofisticata è disponibile in un tricolore che ne esalta il rango e la rende immediatamente riconoscibile, la base si può scegliere in due tonalità: nera o rossa. Il prezzo non è basso né per l’una né per l’altra: si può giustificare o no, ma la Hyper una cavalcata la merita davvero. fermo   COME VA Diversa, certamente, tuttavia la nuova “Hyper” arriva dallo stesso pianeta del precedente modello. Si guida per divertirsi e tutto è conseguentemente studiato e costruito. Leggera il giusto, comoda quanto basta, pratica... poco. Non è però una turistica e il senso da darle è un altro, altro lo scopo. È nata per divertire, per essere portata, anzi buttata fra le curve, ed è bella da non sfigurare nemmeno all’ora dell’aperitivo in città. È pur sempre una Ducati, che diamine. Non vi teniamo sulle spine: i tremila Euro chiesti in più per la versione SP hanno il loro peso (o la loro leggerezza, ma questa è un’altra storia ancora) e sono giustificati da un piacere di guida che la versione base non riesce a raggiungere. Merito delle sospensioni più raffinate, certo, ma non solo. La frenata è più efficace e modulabile, l’ABS offre una configurazione sportiva della quale, nella guida più impegnata, si sente la mancanza, le ruote più leggere vi permettono di cambiare direzione in un istante. Le differenze più consistenti si fermano qui: gomme e dettagli pesano solo a momenti e ai Diablo Rosso II della “entry-level” manca davvero poco. Le abbiamo provate in ambienti differenti: la SP nello splendido circuito privato catalano “Ascari Race Resort”, la versione base sulle colline che lo circondano. Il clima avverso e la pista bagnata non ci hanno permesso di sfruttare a fondo tutte le possibilità offerte dalla SP ma non serve molto per capire che fra i cordoli questa bicilindrica sa veramente dire la sua. Godibilissimo il propulsore che tira fuori dalle curve con una progressione entusiasmante e guida una scalata verso la parte alta del contagiri totalmente esente da incertezze. Parte del merito va all’impianto di scarico completo Termignoni (accessorio) che sembra togliere qualcosa ai bassi rendendo la curva di erogazione ancora più rotonda e dolce. I cavalli non sono tantissimi (Ducati ne ha contati 110) ma si lasciano trovare proprio dove servono: la moto dà il meglio di sé ai medi regimi dove il tuono baritonale del singolo silenziatore si trasforma in un vero e proprio urlo e tutti i rettilinei vengono divorati assai velocemente. Ottimo il cambio anche se quando si inizia a spingere si vorrebbero pedane un po’ più arretrate e il  selettore posizionato di conseguenza. Il passaggio di rapporto è veloce e abbastanza silenzioso e la rapportatura finale permette di godersi tutte le marce (ma se si usano quelle più alte bisogna stare sopra i 3.000 giri/minuto) anche nel misto stretto. Al bilindrico non manca la “schiena”. Bella quindi, e divertente. Attenzione però, la nuova Hyper non rinnega ciò che è stata e il feeling  continua a non essere istantaneo. Ci vuole qualche chilometro per assimilare una posizione di guida ampiamente modificata ma ancora troppo originale. Nei primi di giri di pista (e sulla strada cambia solo di poco) si vorrebbe una seduta più lunga e piatta per allontanare il carico dal manubrio e dalla ruota anteriore. La posizione in sella della Hyper ricorda quella di una enduro o di una motard professionale, ma misure e distribuzione dei pesi sono diversi: la moto è lunga e il baricentro è spostato verso la ruota posteriore. Per divertirsi davvero bisogna prendere confidenza con le fulminee reazioni dell’avantreno fidandosi di una tenuta di strada che non vi deluderà mai e godersi la precisione di una ciclistica molto a punto, impostando però le curve come se si stesse guidando una normale, se pure anabolizzata, nuda. Sentire il pneumatico posteriore mordere l’asfalto (e sulla SP i Supercorsa Pirelli permettono quasi tutto, raggiunta la temperatura ideale) e godersi la forza del bicilindrico che lascia galleggiare la ruota davanti ogni volta che si apre il gas valgono da soli il prezzo d’acquisto. Non crediate che il miracolo sia tutto dello scarico Termignoni della nostra SP: la versione standard non si comporta diversamente, anzi, ostenta un nervosismo ancora maggiore che si palesa con un on-off decisamente più marcato. Le differenze rispetto alla versione “top” sono consistenti ma si avvertono solo in alcune situazioni: le sospensioni, pur meno ricche e altisonanti, si comportano egregiamente anche sotto sforzo. Certo, la sensibilità di guida non è elevata come sulla SP e la forcella ha una prima parte di corsa un po’ morbida che crea qualche trasferimento di carico di troppo, ma anche quando si va di fretta succede solo quello che deve. Nei cambi di direzione, invece, il vantaggio della SP è notevole: sono i cerchi ruota più leggeri a fare la differenza e il passo in avanti è indubbio. L’ABS, che nella modalità “pista” della SP aiuta davvero e si avverte solo quando si esagera, sulla base è più invasivo. Gran parte del resto è in comune quindi la scelta dell’una o l’altra versione vanno di pari passo con le possibilità economiche e con la voglia, o meno, di accontentarsi. Cosa serve per godersi questa moto? Qual è la sua ragion d’essere? Difficile dirlo. Se la passione per le due ruote fosse del tutto razionale, non riusciremmo a staccarci dagli scooter. Però ci piace prendere il vento in faccia, sentire il motore urlare e sentirci liberi. Ecco, la nuova Hyper fa tutte queste cose, vento in faccia compreso, e ti fa capire che “passione” vuol dire sorridere quando e dove nessuno ti vede, cioè soli, sotto il casco. mov

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