Kawasaki ZZR 1400

Kawasaki ZZR 1400

Redazione - @InMoto_it

01.03.2012 ( Aggiornata il 01.03.2012 16:14 )

Per il 2012 la Casa di Akashi ipoteca il primato della moto più potente con la nuova ZZR 1400, che oltre all’eccezionale propulsore stupisce per l’ottimo comportamento della ciclistica. L’abbiamo portata (quasi) al limite a Nardò   Pesantemente castigati da sistemi Tutor, rilevatori al laser e colonnine Autovelox, gli amanti della velocità da qualche tempo hanno dovuto raffreddare i propri bollenti spiriti, rassegnandosi ad andature rispettose dei limiti. Kawasaki, invece, non pare curarsi troppo di limiti e controlli e aggiorna la già esuberante ZZR 1400 con modifiche mirate proprio a migliorarne il comportamento in accelerazione e alle alte velocità. Questa moto voluminosa, lunga e non troppo leggera, è in grado di dare soddisfazioni particolari, grazie a una ciclistica estremamente sincera e precisa, una maneggevolezza migliore di quel che si potrebbe pensare e un motore esageratamente generoso e potente. Un ben noto spot pubblicitario recitava: “la potenza è nulla senza controllo”, parole azzeccatissime anche per la ZZR 1400, che mette l’elettronica a bada dei propri 200 CV offrendo una doppia mappatura della centralina e il controllo di trazione KTRC regolabile su tre livelli, oltre all’ormai quasi scontato ABS. Il risultato è una moto che ha tanta potenza e un peso non indifferente, ma risulta perfettamente gestibile, relativamente maneggevole e pienamente in linea col proprio ruolo da sport tourer, oltre ad essere capace di raggiungere in un attimo i 299 km/h (autolimitati). DA FERMO I volumi non certo ridotti di questa Kawasaki stabiliscono subito un certo rispetto da parte di chi la osserva, mentre il profilo piuttosto basso la fa sembrare decisamente più lunga di quella che effettivamente misura. Nella vista frontale si evidenziano i nuovi gruppi ottici, che ora sono due, lunghi e sottili, ognuno con due proiettori all’interno, mentre il resto della carena non presenta variazioni di spicco, se non alcuni accorgimenti aerodinamici. Restano quindi il cupolino largo e basso con la voluminosa presa d’aria dinamica centrale e gli ampi sfoghi d’aria del radiatore dotati di vistose alettature. Alettature simili appaiono anche sui supporti degli specchi retrovisori e sulle protezioni della forcella e sono il frutto di attenti studi aerodinamici per migliorare la stabilità alle alte velocità. Il corpo centrale della moto si assottiglia parecchio per cercare la migliore abitabilità per il pilota, mentre la parte posteriore torna a diventare voluminosa per la presenza dei due imponenti terminali di scarico. In opzione a questi, la Casa propone come accessorio due terminali Akrapovic in titanio, che permettono un risparmio di peso di 7 kg. Anche il comfort sulle lunghe percorrenze è stato particolarmente curato tramite l’adozione di una sella di nuova conformazione, il riposizionamento delle pedane e l’offerta di un cupolino più protettivo dotato di spoiler. Per parcheggiarla ci si deve accontentare della stampella laterale, perché il cavalletto centrale è fornito solo su richiesta. Il colore non poteva essere altro che il classico verde della Casa in una bella versione metallizzata, che in alternativa ha solo un più elegante nero. 12031dx1   IL TEST Per mostrare appieno le notevoli doti propulsive e ciclistiche della ZZR 1400, la Casa di Akashi non poteva fare scelta migliore che portarci al Technical Center di Nardò, nei pressi di Taranto, complesso dotato di oltre 75 km di piste dedicate allo sviluppo e test di veicoli a motore, unico in Europa grazie ad un anello di velocità di circa 12 km di lunghezza. L’anello è composto da 4 corsie per auto e moto, progressivamente inclinate per poter guidare fino ai 240 km/h come se si fosse in un rettilineo infinito. Noi di In Moto, primi tra le riviste di settore, abbiamo iniziato a frequentare questo impianto “nel secolo scorso” (1995) tornandoci regolarmente anche per i nostri record di velocità con Pirelli e la Suzuki Hayabusa, e qualcuno ricorderà la prima foto dello strumento a 300 orari con la macchina fotografica montata sulla piastra della forcella della Honda CBR 1100 XX. Il programma del test prevede l’esperienza decisamente unica di percorrere qualche giro dell’anello a velocità crescente, fino a restare a gas spalancato in sesta! A parte il fatto che non capita tutti i giorni di guidare una due ruote da 200 CV, quello che ci fa pensare è il restare a 299 km/h per così tanto tempo, in un ambiente diverso da tutto ciò a cui siamo abituati. La curiosità, mescolata a un po’ di apprensione, si fa sempre più forte. Il rispettabile peso di 268 kg dichiarati non riesce a nascondersi sotto alla carena di questa super Kawa e al primo contatto da ferma non pare troppo amichevole. Basta però montare in sella per trovare un ottimo comfort e due semimanubri che non sono così bassi come pensavamo. Per stringere i lati di serbatoio e carena le gambe sono costrette in una posizione un po’ aperta, in compenso le pedane sono comode e lasciano le ginocchia poco piegate. Anche il manubrio risulta comodo perché, non troppo lontano dalla sella, permette al busto di non doversi inclinare troppo in avanti, sgravando molto peso da braccia e polsi. Teniamo a precisare che stiamo ragionando sui parametri relativi a una sport touring e non su quelli di una vera turistica. Così da fermi, il cupolino pare largo, ma molto basso per poter offrire grande protezione, ma nel corso della prova ci ricrederemo. La sella è sufficientemente bassa per permettere un buon appoggio a terra dai nostri 175 cm di statura, ma la massa della moto non ci rende la vita facile se cerchiamo di manovrare restando in sella, così in alcuni casi preferiamo scendere per fare retro, situazione in cui manca un’ampia maniglia. UNA VOLTA messo in moto manovriamo con un po’ di attenzione (il peso si sente...) per uscire dal parcheggio e alle bassissime andature gas e frizione ci vengono incontro con una modulabilità perfetta, che trasmette un immediato feeling. Aumentando leggermente l’andatura il peso scompare per buona parte, lasciando il posto a un facile e intuitivo controllo della moto. Le sospensioni lavorano parecchio sulle asperità regalando parecchio comfort, ma filtrando parzialmente anche le sensazioni che arrivano dall’asfalto. Nonostante questo setting tendente al morbido, il buon sostegno di mono e forcella contiene alla grande i trasferimenti di carico, anche nelle corposissime accelerazioni e nelle frenate più decise. Proprio per provare questo tipo di comportamento ci spostiamo in un’apposita area di Nardò dove effettuiamo accelerazioni e frenate. Qui proviamo una dozzina di lanci a gas spalancato, o perlomeno ci proviamo ad aprirlo tutto! La ZZR ci spara ogni volta fuori dalla linea di partenza come una fionda e rispetto ai tentativi da fermo, in cui modulare 200 CV con la frizione non è cosa immediatamente facile, restiamo impressionati dalle partenze lanciate a 40 km/h in seconda, dove la progressione del contagiri dai 4.000 agli 11.000 giri è impressionante, tanto che sembra di essere su un dragster. Un punto assolutamente positivo della ZZR è il sistema ABS, che ci ha dato uno dei migliori feeling di sempre, grazie a un intervento davvero poco invasivo, che trasmette ottima confidenza e permette, dopo qualche tentativo, di effettuare frenate al limite a 200 km/h con grande scioltezza. Anche se gli spazi di frenata saranno influenzati dal peso, il comportamento in staccata è da 10 e lode, grazie anche al buon sostegno della forcella e all’ottima modulabilità e potenza della leva al manubrio. Dopo un lancio di qualche chilometro, sulla terza corsia dell’anello abbiamo provato la velocità massima. Gli spazi enormi del circuito e l’ottima stabilità della ZZR fanno sembrare i 200 km/h una tranquilla andatura da viaggio autostradale. Ci stupisce anche quanto poco basti abbassarsi per essere protetti dal cupolino e viaggiare rilassati! Aprire il gas a manetta a questa velocità e con la sesta inserita vuole dire trovarsi con la lancetta sui 270 orari in un attimo e con la moto che ancora fila via bella liscia. Abbiamo raggiunto il confine oltre il quale la faccenda si fa più impegnativa. Da qui in poi l’ago rallenta la sua corsa e l’avantreno comincia a mostrare qualche imprecisione. Si arriva comunque in fretta oltre il fondoscala, fin quando il limitatore comincia a intervenire a ripetizione per tenerci a 299 km/h, con il propulsore che ne avrebbe ancora e urla bloccato a 11.000 giri. Il busto è sdraiato sul serbatoio, ma il casco possiamo permetterci di tenerlo un po’ sollevato per vedere meglio innanzi a noi. La moto non vibra più di tanto, ma serpeggia leggera e costante, richiedendo attenzione. Oltretutto siamo oltre la velocità di compensazione della pista, quindi dobbiamo pensare anche a curvare leggermente a sinistra. Stiamo percorrendo 83 metri al secondo e tre chilometri di pista ce li beviamo in circa 40 secondi. Si tratta di una dimensione che non si può conoscere altrove. La pista di handling è un tracciato dalle varie configurazoni, che nel nostro caso si presenta con un lungo rettilineo e un tratto guidato che alterna curve lente e veloci. Adottando una guida sciolta e pulita, la ZZR risponde in maniera molto coerente. Relativamente veloce nei cambi direzione, richiede più impegno per arrivare alla corda a centro curva e mantenere la traiettoria. La ciclistica resta comunque precisa e non accusa movimenti o perdite di assetto. Il propulsore è un vero portento visto che dai 4.000 giri fornisce una montagna di coppia e una progressione impressionante. Proviamo a percorrere il tratto misto con una sola marcia, seconda, terza o quarta e la cosa non cambia, perché in uscita dalle curve continuiamo a gustarci accelerazioni corposissime. Facciamo qualche tentativo col KTRC: a livello 3 è troppo invasivo e taglia violentemente in uscita di curva alterando l’assetto, mentre a livello 2 o 1 si mostra più adatto alla guida sportiva intervenendo solo in caso di evidenti perdite di aderenza e limitando in maniera molto utile le impennate in uscita dalle curve lente. La ZZR non è pensata per un uso spinto in pista e risente principalmente del limite dato dal notevole peso. Le staccate e gli ingressi in curva sono le fasi che richiedono più accortezza e dopo pochi giri la corsa della leva destra si allunga. Il freno posteriore ha buona sensibilità per la pista e proprio per questo ci fa pensare che nell’uso a pieno carico possa essere poco potente, ma avremo modo di appurarlo meglio in futuro. 12031e4b

  • Link copiato

Commenti

InMoto in abbonamento