Prova Magni Italia, il paradiso in tre cilindri

Prova Magni Italia, il paradiso in tre cilindri

L’Italia si presenta come una autentica café racer della fine degli Anni ‘70, ma con prestazioni del 21° secolo. Un bellissimo tributo all’eredità classic di MV Agusta

Redazione - @InMoto_it

02.02.2021 16:16

Di certo non c’è azienda più titolata nel produrre modelli retrò della Magni, il cui fondatore, il compianto Arturo Magni, è stato l’architetto del notevole bottino di 75 Campionati del Mondo nei 26 anni di gare della MV Agusta. Ed è quello che il figlio più giovane di Magni, Giovanni, 61 anni, ha effettivamente fatto con successo negli ultimi otto anni, combinando l’ingegneria e le prestazioni di oggi con gli spunti stilistici e lo spirito di ieri.

Magni Italia, il paradiso in tre cilindri FOTO

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L’Italia si presenta come una autentica café racer della fine degli Anni ‘70, ma con prestazioni del 21° secolo. Un bellissimo tributo all’eredità classic di MV Agusta

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Magni Filo Rosso Black Edition

DOVE TUTTO EBBE INIZIO

Tutto inizia dal modello Storia del 2013, una streetfighter a quattro cilindri dallo stile classico ma sorprendente, prodotta nello stabilimento Magni di Samarate, a nord di Milano, a due passi dall’ex quartier generale della MV, a Cascina Costa, e a 40 km dallo stabilimento MV Agusta di oggi, sulle rive del lago di Varese.

Le attenzioni di Giovanni si sono poi rivolte al motore a tre cilindri della Brutale 800 intorno al quale ha costruito un nuovissimo telaio. La base, insomma, della Filo Rosso omaggio alla 500 del 15 volte Campione del Mondo Giacomo Agostini negli anni 1966-1972. Poi è arrivata la Magni Tributo, che come recita il nome è un moderno richiamo alla MV più illustre e sicuramente la più desiderabile streetbike Agusta a quattro cilindri dell’era classic, la 750 Sport introdotta nel 1969.

Ironia della sorte, dal 1977 in poi tutti i telai di questa quattro cilindri sono stati effettivamente costruiti dalla neonata azienda di Arturo Magni, rendendo ancora più plausibile il legame con i mezzi attualmente in produzione. La Tributo non è stato un successo commerciale. Giovanni Magni conosce il motivo: "Non sono riuscito a omologarla Euro-4", dice con aria frustrata.

MODELLO ITALIA

Era arrivato insomma il momento di lavorare su un altro progetto, sempre sulla base del motore a tre cilindri MV. Il modello Italia.

"Volevo commemorare ciò che mio padre ha ottenuto nel periodo 1977-80 quando ha rilevato la produzione dei telai 750 Sport per MV Agusta, per poi sviluppare le prime Magni MV con il nostro telaio e una conversione della trasmissione finale a catena", afferma Giovanni. Ricorda che il conte Agusta volle la trasmissione a cardano per le sue moto da strada a quattro cilindri per evitare che qualcuno le usasse per correre.

Con questa moto... "volevo ricordare il fatto che mio padre mirava a costruire motociclette stradali senza carenatura, in modo che la bellezza meccanica del motore potesse essere vista e apprezzata. Quindi anche la Magni Italia doveva essere così, in suo onore, con solo un cupolino che permette di apprezzare la bellezza del motore".

DETTAGLI TECNICI 

La Magni Italia 01/01 utilizza il motore a tre cilindri della Brutale 800, fornito insieme alla centralina Eldor e al cablaggio direttamente da MV Agusta, dopo che Giovanni ha raggiunto un accordo amichevole con il proprietario dell’azienda Timur Sardarov, un bel segno di riconoscimento da parte della proprietà russa. Questo motore è stato inserito in un telaio in acciaio tubolare al cromo-molibdeno con culla aperta saldato TiG, simile a quello della Tributo, utilizzando il motore come elemento portante, completato da un forcellone con doppio ammortizzatore e ruote di 18 pollici.

Al posto delle ruote in magnesio fuse in sabbia montate sulla FiloRosso, l’Italia presenta un ulteriore tocco retrò con cerchi a raggi JoNich realizzati su misura e a mano. Questi componenti impiegano cerchi Borrani ricavati da un solido pezzo di alluminio: sono più resistenti e più fedeli alla tradizione oltre che più leggeri: gli stessi vantaggi offerti da una ruota in fibra di carbonio. Questi cerchi larghi 2,50 pollici (anteriore) e 4,50 pollici (posteriore) sono appositamente progettati per montare pneumatici tubeless, in questo caso l’ultimo Racetech RR di Metzeler in mescola da gara K1, un 110/80 anteriore e 160/60 posteriore. Sono inoltre dotati di raggi in acciaio inossidabile che fissano i cerchi a mozzi lavorati a CNC.

UNA MOTO ALL’ALTEZZA DEL SUO NOME

Queste ruote sono solo un esempio dell’attenzione di Giovanni nel rendere la moto all’altezza del suo nome utilizzando esclusivamente prodotti di fornitori specializzati italiani. Gli ammortizzatori e la forcella di 43 mm Ø con un’inclinazione di 25° sembrano tutti molto retrò, ma in realtà sono elementi di alta qualità completamente regolabili realizzati da ORAM, azienda vicino a Como. Le pinze Brembo a quattro pistoncini montate assialmente lavorano sui due dischi anteriori flottanti di 320 mm Ø, offrendo come vedremo una decisa risposta in frenata: anche perché la moto pesa solo 158 kg a secco, distribuiti al 49% sull’anteriore e 51% dietro.

La Magni Italia 01/01 è insomma un altro bellissimo tributo all’eredità classic di MV Agusta: i prezzi per l’Italia partono da 33.000 euro (+IVA). Ma la cifra finale dipende dalle specifiche scelte dal cliente: non va dimenticato che queste moto sono fatte quasi a mano, una per una.

CAFÉ RACER ANNI ’70 CON PRESTAZIONI DA 21° SECOLO

Rispetto alla Tributo con lo stesso telaio, una di quelle moto su cui si sale a bordo per scoprire un assetto di guida sportivo ma accogliente, la Magni Italia è un vero prodotto Anni ‘70, con una posizione di guida allungata verso l’avantreno ad afferrare i semimanubri Discacciati piuttosto spioventi, come su altre Magni rosso scuro. Un aspetto retrò enfatizzato dalle manopole in gomma Ariete, complete di una nervatura (su quella di destra) per rendere più facile mantenere il gas completamente aperto, proprio come accadeva cinquant’anni fa.

Sull’Italia si è seduti abbastanza in basso e piuttosto indietro: l’altezza del sedile di 800 mm è inferiore a quella della Tributo (820 mm), mentre rispetto alla FiloRosso il passo è significativamente più lungo (1430 mm contro 1370). Ma i poggiapiedi non sembrano così alti come su nessuno degli altri due modelli Magni MV, e il risultato è una posizione leggermente più spaziosa. L’Italia si presenta insomma come una autentica café racer della fine degli Anni ‘70, ma con prestazioni del 21° secolo.

Dalla sella della Magni Italia (ancora in fase prototipale) si può osservare il contagiri Scitsu funzionante (ma provvisorio): è montato vicino alla piastra superiore di sterzo ricavata dal pieno in Ergal. Le versioni definitive adotteranno il cruscotto originale MV Brutale che era sì presente sull’Italia (dietro al fanale tondo posto sulla carenatura) ma non ancora operativo, collegato all’ECU Eldor EM2.0 che incorpora il pacchetto acceleratore Mikuni RBW/ride-by-wire. Quattro le modalità di guida: Sport, Normal, Touring e Rain, più un’impostazione personalizzabile.

Aggiungete la grande possibilità di regolare le sospensioni Oram e, come la sorella Tributo, la nuova Magni Italia si configura come una motocicletta moderna vestita con abiti d’epoca.

DANZA TRA LE CHICANE

L’Italia è una di quelle moto semplici e intuitive da guidare: non è per nulla nervosa nonostante la sua geometria dello sterzo piuttosto sportiva, con la forcella impostata su una inclinazione di 25º, con soli 85 mm di escursione e un offset di 60 mm. Grazie ai pneumatici di esigua sezione di 18 pollici, la Magni MV si avverte relativamente leggera e agile, danzando in modo naturale sulle chicane, anche se non in modo così deciso come la FiloRosso a passo più corto. Insomma, occorre lavorare un po’ di più sull’Italia per essere efficaci.

La moto è però solida come una roccia sulle curve veloci affrontate in terza e quarta marcia. Queste qualità di guida sono da ricondurre all’eccellente lavoro del doppio ammortizzatore; l’unico punto interrogativo è da ricondurre a qualche imprecisione dell’avantreno nei tornantini, quando ci si affida completamente al Metzeler anteriore (sebbene ad essere onesti, sembrava che potesse essere dovuto a un cuscinetto della testa allentato).

Nonostante la curva di coppia piuttosto appuntita (il picco è a 8.600 giri), il tre cilindri dell’Italia rimane un motore amichevole tanto che è possibile riprendere in sesta marcia da soli 2.000 giri senza alcun strappo della trasmissione. Ma per ottenere il meglio occorre mantenere la lancetta del contagiri sopra i 4.000, soprattutto quando si adotta una guida d’attacco. Da qui fino ai 12.500 giri è un portento, soprattutto intorno ai 9.500 giri, dove la spinta si fa esaltante e l’Italia viene sparata fuori dalle curve con estrema cattiveria.

UNA MOTO COMMOVENTE

Il paradiso! Sfido chiunque abbia un briciolo di passione motociclistica nelle vene a non lasciarsi commuovere emotivamente dall’emozione di guidare una moto come la Magni Italia, con il sottofondo della musica meccanica del suo motore a tre cilindri. Nonostante il suo aspetto d’epoca, le performance di questa moto sono di un’altra era, quella attuale. La potenza del motore combinata con il peso ridotto si concretizza in un’accelerazione avvincente accompagnata da quella squisita nota di scarico.

Giovanni ha deciso di creare la Magni Italia in onore del suo defunto padre, Arturo. Papà sarebbe contento di te, Giovanni!

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