Alpen Master 2012: enduro stradali, Honda Crosstourer, Moto Guzzi Stelvio 8V, Suzuki V-Strom 650, Triumph Tiger Explorer

Alpen Master 2012: enduro stradali, Honda Crosstourer, Moto Guzzi Stelvio 8V, Suzuki V-Strom 650, Triumph Tiger Explorer

Redazione - @InMoto_it

01.09.2012 ( Aggiornata il 01.09.2012 11:28 )

Comode, facili, divertenti e veloci, questo è il gruppo delle moto più indicate per scorrazzare tra i monti, sia da soli con poco bagaglio, sia in coppia con la moto totalmente carica C’era da aspettarsi che questo gruppo raccogliesse le migliori della prova, infatti le 4 moto di questo gruppo risultano tra le prime 5 della classifica assoluta. Se non si fossero date battaglia tra loro sarebbero probabilmente arrivate tutte alla finale, in special modo la Honda, che è stata relegata in seconda posizione dal sistema di punteggio, ma che ha lottato praticamente alla pari con la Triumph, vincitrice di questo gruppo. È da notare anche il 3° posto a pari merito tra Moto Guzzi e Suzuki, che la dice lunga sull’ottimo comportamento della più piccola giapponese e sulle altrettanto buone prestazioni della moto italiana, che in questa ultima versione è parecchio migliorata. Da fermo L’ultima generazione delle “crossover” di grossa cilindrata vede moto sempre più voluminose e pesanti, forse un po’ troppo, ma che nonostante questo sono capaci di ottime prestazioni. Ci chiediamo quanto potrebbero migliorare se avessero masse più contenute. La Suzuki, che con i suoi 645 cm3 è nettamente più piccola delle altre, fa storia a parte e si conferma come una scelta adatta per chi cerca un perfetto rapporto qualità/prezzo. In questa ultima versione risulta ulteriormente dimagrita e ben curata nei dettagli e, a parte un’elettronica meno sofisticata, ha poco da invidiare alle altre. Chi invece si presenta in pompa magna è la Honda, che non solo è figlia di un progetto totalmente nuovo, ma introduce anche nuovi concetti di fruibilità e di attenzione ai consumi, specialmente nella versione con cambio automatico DCT. Anche la Triumph deriva da un progetto totalmente nuovo, che riguarda parzialmente anche il propulsore rivisto in parecchi particolari. La più stilosa e meglio curata nei dettagli risulta invece la Guzzi, alla quale ha fatto molto bene quest’ultima rivisitazione che l’ha resa più gradevole e funzionale. Una netta differenza tra le quattro appare nei propulsori, che mentre su Moto Guzzi e Suzuki restano legati al classico schema a 2 cilindri, sulle altre escono dalle regole. Entrano infatti in questo segmento due motori nuovi: il tricilindrico in linea della Triumph, parente di quello che equipaggia le altre famose moto inglesi, e il quadricilindrico a V di 76° di 1.237 cm3 della Honda, figlio di un nuovissimo progetto nato con la VFR 1200, e dotato, su richiesta, del cambio automatico DCT, vera chicca tecnologica della Casa alata. La dotazione elettronica è “a regola d’arte” su tutte, con ABS, controllo di trazione e mappature alternative della centralina, ad eccezione della solita Suzuki, che per motivi di economia monta il “solo” ABS. Posizione di guida Suzuki a parte, non sono fatte per chi è basso ed esile, visto che presentano pesi e misure piuttosto abbondanti e sufficienti a renderle impegnative nelle manovre da fermo. La piccola Suzuki risulta quindi la più facile su cui salire, grazie al peso ridotto e all’altezza non proibitiva della sella. Una volta afferrato il manubrio, la postura delle quattro moto risulta piuttosto simile, con busto quasi perpendicolare al terreno e piedi comodamente appoggiati su pedane fissate a buona distanza dalla sella. Rispetto alla posizione più enduristica di Guzzi e Suzuki, Honda e Triumph costringono a sporgersi in avanti per afferrare il manubrio, che in entrambe appare più lontano. Sulla inglese risulta anche più basso, rendendola la più “stradale” del gruppo. Le più sottili ad altezza ginocchia sono naturalmente le due bicilindriche, mentre la meno “magra” è la Honda, sulla quale le gambe restano più aperte. Il fondovalle Dall’autostrada al misto stretto non esistono tracciati capaci di metterle in difficoltà, tantomeno le veloci curve delle valli, in cui si riesce a gustarle pienamente. Qui la Suzuki si comporta alla grande, riuscendo a colmare il gap di potenza rispetto alle altre con una conduzione pulita e bilanciata, che la rende la più intuitiva e veloce in ogni curva. Siamo rimasti stupiti di quanto facile sia stato tenere il passo delle altre con una moto sulla carta meno quotata. Sicuramente a pieno carico e col passeggero la differenza sarebbe molto più marcata, ma con il solo pilota la Suzuki ci è piaciuta assai. Un’altra felice conferma l’abbiamo avuta dalla Stelvio, che delle quattro è quella che meno gradisce le andature molto allegre, ma che vanta una grande agilità. Se non si ha troppa fretta, la Stelvio si lascia guidare con estrema facilità e regala veloci discese in piega e rapidi cambi direzione. Peccato per il peso eccessivo, che è esattamente il suo limite e la penalizza in frenata e in uscita di curva, dove tende ad allargare. Anche la Honda non è certo leggera, ma pur essendo più dura da inserire, riesce poi ad essere più coerente a centro curva, tenendo maggiormente la traiettoria rispetto alla moto italiana. La Crosstourer richiede sicuramente un maggior impegno tra le curve, ma poi ripaga con una miglior precisione nella traiettoria e lo stesso accade per la Triumph, che risulta la più stabile del gruppo. Con la moto inglese la precisione nelle traiettorie aumenta proporzionalmente alla velocità, permettendo grande efficacia in questo ambiente. Il passo di montagna Se non fosse penalizzata dalla poca potenza del propulsore, qui la Suzuki risulterebbe imprendibile grazie all’estrema facilità dimostrata nell’affrontare anche le curve più strette, aiutata oltre che dall’ottima ciclistica, dal solito peso inferiore. Nelle lunghe salite, però, per tenere il passo delle avversarie bisogna decisamente strapazzare il propulsore, trovandosi spesso a fondocorsa col comando del gas. Anche la Moto Guzzi esce egregiamente dalle strade dei passi, principalmente a causa delle ridotte velocità in curva, che le permettono di sfruttare al massimo la propria agilità subendo meno la propria massa. La moto italiana risulta la più morbida di sospensioni e grazie a questo garantisce il miglior comfort. Occorre non chiederle andature troppo elevate per potersela gustare pienamente. Il propulsore risulta meno brillante delle due avversarie di stessa cubatura e per farlo rendere bisogna lavorare decisi col comando del gas. Chi invece brilla principalmente per la corposissima erogazione del propulsore sono Honda e Triumph, che seppur figlie di scelte tecniche molto diverse, vantano un carattere eccezionale e una pronta risposta ad ogni apertura del gas. Tirarne le marce all’uscita di ogni tornante in salita regala su entrambe grandi soddisfazioni. La discesa Pochissimi sono gli appunti da fare sugli impianti freno, tutti molto prestanti e correttamente dimensionati. Solo sulla Moto Guzzi abbiamo generalmente impiegato maggior sforzo sulla leva al manubrio per ottenere decelerazioni decise, e abbiamo notato una certa tendenza dell’anteriore ad allungare la corsa della leva quando sottoposto a un lavoro gravoso. Una lode va fatta a tutti gli impianti ABS, in special modo quelli di Honda e Guzzi, perché capaci di interventi rapidi e poco invasivi anche guidando in modo sportivo.

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