Ducati Steffano Cafè9

Ducati Steffano Cafè9

Redazione - @InMoto_it

01.12.2012 ( Aggiornata il 01.12.2012 15:08 )

I preparatori appassionati della Ducati non stravolgono mai troppo la loro base di partenza. Questa special californiana ne è la prova, e si fa pure guidare con gusto     Il mondo delle custom è cambiato molto. Fino a poco tempo fa c’erano diversi preparatori in grado di vendere chopper con un po’ di cromature in più a gente con più soldi in tasca che buon senso; poi la crisi economica ha ridimensionato il settore, decretando la morte di buona parte di quelle realizzazioni studiate per essere portate in giro su un pickup e poi guidate per qualche centinaio di metri alle mostre o ai raduni. Ora le cose sono molto diverse, grazie a persone come Roland Sands e Jesse Rooke, che hanno spostato l’accento sulla dinamica di guida di queste opere d’arte a due ruote. Ed è qui che entra in scena Robert Steffano. Il quarantanovenne californiano “nasce” con una laurea in ingegneria meccanica all’università dell’Arizona, conseguita per dare sfogo a una passione nata da ragazzino. Robert usò i laboratori dell’università per costruire la sua prima special, montando un monoammortizzatore a schema full-floater su un vecchio BMW Boxer “barra-6”, e aggiungendo l’avantreno di una K100, un motore preparato con doppia accensione e distribuzione alleggerita e chissà quante altre parti. Appena laureato, Steffano vide la sua candidatura scartata dalla Harley-Davidson, e si dedicò di conseguenza all’industria aerospaziale per 15 anni, tornando poi in California per aprire la sua impresa di costruzioni, con grande successo. Poi, nel 1998, Robert visitò la mostra “Art of the Motorcycle” al Guggenheim Museum di New York, e l’amore per la moto è rinato. Sono nate di conseguenza la ACME Rocket Bike – studio di design motociclistico – e poi, nel 2005, Steffano Motors, braccio commerciale dell’attività di progettazione e design. Attività a cui Robert si è dedicato a tempo pieno solo più tardi, interrompendo l’attività edilizia a tempo indeterminato. Da bravo motociclista sportivo, Steffano ha stabilito le sue priorità nella progettazione di special che si potessero però guidare per davvero, iniziando da una streetfighter su base Ducati 916 con doppio fanale di provenienza Triumph Speed Triple a inizio millennio. L’esemplare venne venduto a un collezionista in Oregon, dando vita a una lunga serie di progetti dell’ACME Rocket Bike venduti come custom semi-derivati di serie attraverso Steffano Motors. Allora, visto il nome dell’azienda, Robert si sente più Beep-beep o Wile E. Coyote? «Credo Beep-beep, anche se devo dire che a volte mi sento come il coyote quando viene sparato in aria da qualche esplosione! La mia ACME è un esercizio di collaborazione nel campo del design, perché posso contare su persone di grande talento con cui lavorare. È come un’orchestra, ogni strumento ha un bel suono, ma solo quando tutti lavorano insieme si può fare qualcosa di davvero grande». E i risultati si vedono: le creazioni di Robert hanno vinto premi come “Best in Show” ai prestigiosi Grand National Roadster Show e all’esclusivissimo Pebble Beach Concours che si tiene a cadenza annuale a Quail Lodge. Come mai la base Ducati 999 per la Café9? Robert nutre una fortissima ammirazione per Pierre Terblanche, e ritiene che la superbike bolognese rappresenti un esempio di design moderno e audace. «A molti piace, a tanti altri no. Io faccio parte del primo gruppo, ma fin dall’inizio ho deciso che lo scarico avrebbe fatto la fine che meritava…» Steffano si è rivolto a diversi specialisti per alluminio, fibre composite e al preparatore Kosman Specialities di San Francisco, fornendogli volta per volta bozzetti o progetti CAD a fronte dei quali sono nati tutti i pezzi necessari per creare la Café9. La Ducati è stata completamente rivista: la carenatura è stata eliminata, e il telaio sverniciato e liberato da tutte le staffe ed appendici non necessarie, per poi essere verniciato in “Concourse Red” con resina epossidica ad altissima temperatura. Il bicilindrico a L ha ricevuto un’analoga finitura superficiale in nero semi-lucido, ma resta praticamente di serie nelle sue componenti interne, anche se i clienti hanno la possibilità di attingere al catalogo Fast by Ferracci o Ducati Performance qualora le prestazioni non fossero sufficienti. Qui viene il bello, a partire dal peculiare serbatoio, di fatto l’unità da 15,5 litri della 999 di serie, coperto da una sovrastruttura in carbonio ricavato da un prototipo in alluminio lavorato a mano, con prese d’aria anch’esse in fibra di carbonio per l’airbox di serie. Il telaietto reggisella è un’unità realizzata appositamente in alluminio a sostegno del codone in fibra di carbonio coperta in pelle di razza (impermeabile!) al cui interno si trova la centralina Marelli e la batteria (l’originale è stata sostituita con una, molto più leggera, agli ioni di litio), normalmente ospitate sul lato sinistro della 999 e dolorosamente visibili qualora si elimini la carenatura. Risultato: le bellezze meccaniche della Ducati sono perfettamente visibili e senza elementi di disturbo. La posizione di guida è resa più comoda grazie a semimanubri rialzati di 75 mm e pedane CRG regolabili, in posizione di serie più basse di 25 mm. CRG anche lo specchietto bar-end sul manubrio sinistro con lente concava. Speedymoto fornisce i logo applicati sui copricinghia, i coperchi pompa acqua e frizione in alluminio T6 lucidato a cui fanno da contraltare i raccordi olio Aeroquip in acciaio inox e quelli freno/frizione Spiegler. Pompe radiali e serbatoietti separati sono in alluminio ricavati dal pieno da ACME, autrice anche del portatarga nello stesso materiale e delle ventole di raffreddamento montate in sostituzione delle dozzinali unità in plastica di serie. Il doppio fanale sovrapposto, tanto controverso all’epoca della presentazione, viene mantenuto e anzi esaltato facendo spuntare l’unità superiore dal cupolino in fibra di carbonio... una scelta sicuramente personale. Sospensioni Ohlins sostituiscono forcella e mono Showa di serie, ma con steli anodizzati in nero. Ohlins anche l’ammortizzatore di sterzo, mentre i leggerissimi cerchi in alluminio forgiato a 20 razze sono PVM e calzano pneumatici Metzeler Sportec MC6 nella classica accoppiata 120/70 e 190/50. Il peso complessivo è contenuto in 170 kg a secco, ben 16 in meno rispetto all’ottimistico valore dichiarato per la 999. La cosa semplifica il lavoro dell’impianto frenante, che può contare su dischi in ghisa BrakeTech (con trattamento superficiale antiruggine) di 320 mm Ø lavorati da pinze radiali Brembo a quattro pistoncini. Il particolare più caratteristico della Café9 è però lo splendido, particolarissimo, silenziatore di scarico in alluminio lucidato con uscite laterali denominato NER (native exhaust resonator) accoppiato a collettori LeoVince in titanio. Sfruttando il principio del risuonatore di Helmholtz, il silenziatore crea onde di pressione che rimbalzano l’una sull’altra per annullare il suono. 12289pi6 Steffano è perlomeno altrettanto veloce in sella quanto bravo nella realizzazione di una special, come ha dimostrato portandomi in giro per le splendide strade della Eel River Valley in sella alla sua Yamaha R1 ridotta all’essenziale. Sfruttando gran parte delle qualità dinamiche della 999 – forse la Ducati più efficace nella guida stradale mai prodotta – Robert ha creato un mezzo splendido, di cui tra l’altro chiunque può acquistare una replica a partire da circa 30.000 dollari. E non un mezzo qualunque, ma uno capace di fare sensazione al Goodwood Festival of Speed, a cui Robert ha partecipato nel luglio del 2011. La mia giornata in sella alla Café9 è stata estremamente gradevole, in buona parte grazie alla posizione di guida estremamente comoda definita da Robert Steffano capitalizzando quella – già piuttosto ragionevole – creata da Terblanche per la 999 di serie. I manubri rialzati scaricano spalle e polsi senza sacrificare le prestazioni dinamiche: di fatto, la maneggevolezza in città e sui rampini di montagna migliora grazie al miglior braccio di leva. Pur se relativamente alte per assicurare la giusta luce a terra, le pedane ribassate si sono rivelate perfette anche per un pilota alto come me, consentendomi di inserire le ginocchia negli incavi del falso serbatoio in carbonio quando mi rannicchiavo dietro al cupolino in perspex che offre un’eccellente protezione alle alte velocità pur mantenendo un aspetto gradevolmente leggero e visivamente non intrusivo. La carenatura in due pezzi fa sembrare la Café9 ancora più snella della 999 di serie; la strumentazione resta invece quella originale, ben più bella e leggibile di quella adottata sulle Ducati dell’ultima generazione. Insomma, una special sportiva bellissima realmente comoda da guidare: una vera sorpresa! Metteteci sospensioni scorrevoli e sorprendentemente confortevoli per gli standard di una sportiva (fortunatamente io e Robert pesiamo circa uguali) e il perfetto mix dell’impianto frenante fra dischi in ghisa – a tuttora la scelta migliore per l’uso quotidiano – e le pinze radiali, e il risultato è una moto davvero gratificante nella guida, che va bene almeno tanto quanto è bella. E non è dire poco! L’unica piccola delusione, è lo scarico a risuonatore che, a quanto pare, è ancora un “work in progress”: la Café9 è in effetti meno rumorosa della 999 di serie, ma la sua voce non è particolarmente evocativa per gli standard delle bicilindriche desmodromiche. Inoltre il motore occasionalmente si spegne alle basse velocità; il problema a quanto pare sta nel fatto che la centralina non è ancora stata riprogrammata a seguito di alcune modifiche nello scarico che Robert sta sperimentando. Ma il principio di Helmholtz funziona sicuramente, e il risuonatore, di per sé, è uno splendido pezzo d’artigianato metallurgico. Il miglior complimento che io possa fare alla Café9 è che si è rivelata meglio della mia 999 di serie – la sto guardando mentre scrivo questo articolo – quando l’andatura si alza verso ritmi un po’ impegnativi. «Questa moto è il risultato di un esercizio di collaborazione – spiega Steffano. – Credo che dentro ad ogni tornitore, verniciatore, meccanico, saldatore o artigiano ci sia un artista: il mio intento era quello di combinare tutto questo talento latente e vedere cosa sarebbe successo. Volevo fare il regista che desse la giusta ispirazione a ciascuno per ottenere questo genere di bellezza. I nostri clienti devono poi fare la loro parte, esibendo il frutto delle nostre fatiche al pubblico. Se non vi piace l’attenzione, non comprate una Café9!» 12289pi7

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