Ducati ST2 Prama

Ducati ST2 Prama

Redazione - @InMoto_it

01.08.2012 ( Aggiornata il 01.08.2012 12:30 )

Fedele alla sua passione per le rosse di Borgo Panigale, Giordano Loi propone una ST2 ispirata ai colossi del Monte Prama, in Sardegna   Per realizzare una special esclusiva non è necessario partire da una base costosa o particolarmente sofisticata, è sufficiente avere le idee ben chiare su come dovrà essere sviluppata la moto. In questo contesto anche una Ducati ST2 uscita dalla catena di montaggio nella seconda metà degli anni ‘90 può risultare una scelta più che adeguata. Oltre che poco oneroso all’acquisto, infatti, questo modello risulta maneggevole, stabile e dotato di buona componentistica, tutte doti intrinseche che permettono di abbattere i costi e concentrarsi sul fattore estetico, un fatto non certo di secondo piano su una special. Per questo suo ultimo progetto, Giordano Loi ha voluto riavvicinarsi all’idea di scultura pura, già sperimentata con il suo prototipo Chimera. Avvalendosi delle forme della sella e del serbatoio recentemente sviluppati come kit per la Ducati Monster e presentati lo scorso anno sulla sua special Erky (vedi In Moto n. 4/2012), Giordano ha voluto integrare degli elementi inediti che donassero alla ST2 nuove prospettive. In breve l’ha spogliata di tutte le sovrastrutture standard riducendola a scheletro e ne ha ridisegnato e realizzato tutte le parti estetiche. «Come talvolta capita – spiega Loi – ci sono dei momenti in cui un pensiero o un’immagine latente riemergono e senza motivo ci rimangono impressi. Così, affiancando i due bulbi dei fanali a una struttura in alluminio, mi è balenata l’immagine dello sguardo dei giganti di pietra di Monte Prama, a Cabras, qui in Sardegna, dove due cerchi concentrici, unitamente a una fronte molto prominente che scende su un naso stilizzato e pronunciato, rendono lo sguardo delle statue magnetico e severo». Questa associazione di idee è stata determinante per il nome della special che da quel momento ha assunto il nome di Prama. «Dopo avere accuratamente plasmato le forme del cupolino, è stata la volta delle mascherine del radiatore – continua Loi – che a loro volta hanno ricevuto una forma “antropomorfa“ con dei tipici tratti naturalistici, come se uno scultore dell’epoca nuragica applicasse il suo fare su una motocicletta. Una volta realizzate le parti in resina il colore doveva essere quanto più neutro possibile, ovvero bianco opaco, come la pietra. In tutti i miei lavori c’è sempre la contrapposizione tra meccanica e carrozzeria: se le sovrastrutture sono sculture, la meccanica e il telaio dovevano essere aggressivi e performanti: curata e in vista la prima, di un rosso acceso e appariscente il secondo». Il telaio non è solo verniciato con un colore vistoso, ma è anche stato completamente trasformato nella zona posteriore, asportando la struttura originale e costruendone una nuova, simile nel concetto, ma più contenuta e maggiormente puntata verso l’alto. Il monobraccio in alluminio, facilmente riconoscibile, proviene da una Monster S4R, mentre il cerchio posteriore è stato prelevato da una 916 prima serie. La corona è in ergal, abbinata ad un kit trasmissione rosso in tema con il telaio. Cavi siliconici NGK e tubature Samco Sport sono, anch’essi, dello stesso colore. Sotto il serbatoio è stato ricavato uno spazio che consente di alloggiare senza problemi una pompa benzina e un nuovo air-box in alluminio coadiuvato da un elemento filtrante BMC, mentre la batteria è stata spostata sotto la sella e alloggiata in uno scatolato in inox. Il piacevole impianto di scarico, in parte occultato dallo spoiler inferiore, è stato realizzato artigianalmente e conta su due corti terminali inclinati che si inseriscono perfettamente nell’insieme. Dal punto di vista meccanico, grazie ai lavori all’aspirazione e allo scarico supportati da una rivisitazione della centralina, la ST2 ha guadagnato una manciata di cavalli, giusto il necessario per omaggiare la nuova forma fisica perseguita con tanta cura. 12164ku7

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