La moto, forse la forma di distanziamento sociale più pura che c’è

La moto, forse la forma di distanziamento sociale più pura che c’è

In questo periodo di privazione forzata, in cui non siamo liberi di scorrazzare come vorremmo a causa del coronavirus, stiamo capendo tutta l’importanza di una libertà che davamo per scontata

11.05.2020 ( Aggiornata il 11.05.2020 13:04 )

Salvo rarissimi casi, in cui è arrivato il via libera all’utilizzo ludico delle due ruote a motore, nella stragrande maggioranza delle regioni, il classico, liberatorio, giro in moto, per ora non è concesso. Giusto o sbagliato che sia, la situazione è questa, e tra gli appassionati serpeggia il malcontento. Sui social, nelle chiacchiere tra amici; ovunque si avverte chiara l’insofferenza del popolo delle due ruote, spesso vista come un capriccio da chi la moto non la conosce, non sa cos’è.
Ammettiamolo, come biasimarli? In fondo, cosa ne sanno? C’è una forte componente irrazionale, in quello che facciamo. Nella libertà che godiamo. Nell’amore per la velocità, per le pieghe. Per i luoghi attraversati in sella. Senza contare come l’importanza - anzi meglio, l’essenzialità -  di cose che consideravamo scontate, in questo periodo di stop ci stia esplodendo in faccia in tutta la sua evidenza, rendendoci ancora più smaniosi di riappropriarcene.

LE DOMANDE A CUI DARE RISPOSTA...

Motociclista è una parola che ci comprende tutti ma che di noi non racconta tutto. Le tribù su due ruote sono tante, come tanti sono i modi attraverso i quali viviamo questa passione: sportivi, avventurosi, viaggiatori, adoratori del fango, sacerdoti del culto delle cromature; senza contare che nel corso della vita si passa spesso dall’uno all’altro di questi “universi”, o addirittura, se ne vivono diversi contemporaneamente. Ma perché iniziamo ad andare in moto? E perché poi non riusciamo a smettere, e ci manca tanto quando siamo costretti a farlo? Insomma, qual è il senso di una passione, talmente forte, da entrarci dentro nel profondo fino a trasformarsi in uno stile di vita?

LA LIBERTÀ NON SI SPIEGA, SI PRATICA

E’ difficile spiegarlo a parole, sicuramente la moto è un’emozione complessa fatta di una serie di sensazioni diverse. Una realtà parallela in cui la percezione di ciò che abbiamo attorno si modifica. In sella, ad esempio, il tempo non lo misuri col ticchettio delle lancette ma in quantità di strada percorsa, in chilometri. E mentre vai, un chilometro dopo l’altro, per un istante hai come l’impressione che passato e futuro siano vicinissimi. Che arrivino a toccarsi. Una frazione di tempo in cui non c’è nulla da ricordare e nessun piano da seguire, devi solo guidare. E forse è per questo, che in quel preciso istante di scollamento dalla realtà, sulla tua moto arrivi a percepire lucida una delle più forti sensazioni di libertà di cui hai ricordo. Poi l’aria addosso, come un abbraccio, una resistenza da vincere; e quel senso di fuga dal quotidiano che una volta provato diventa una droga: ti ricarica, ti ossigena, un bonus di energia vitale, proprio come nei video-games.

MUSA ISPIRATRICE

Tutte sensazioni, queste, che da sempre hanno ispirato pellicole, canzoni, libri. Prendiamo, ad esempio, l’inizio di “Easy Rider”: nel momento stesso in cui Peter Fonda getta via l’orologio, giusto un istante prima di puntare l’orizzonte al fianco di Dennis Hopper, avverti chiaro un brivido che ti percorre la schiena, insieme all’istinto irrefrenabile di saltare in sella e andare via con loro. “Born to be wild”, canta la colonna sonora del film, ed è proprio così che ti senti all’improvviso, nato per essere selvaggio. Chi, poi, non ha sognato almeno una volta di sfrecciare su una Kawasaki GPZ, al tramonto, per sentirsi come Maverik in Top Gun? Oppure di percorrere l’America Latina in sella alla Poderosa, come Ernesto Guevara e Alberto Granado ne “I Diari della Motocicletta”?

A PROVA DI CORONAVIRUS

Sono tante le storie raccontate, vissute, sceneggiate, cantate, che potrebbero spiegare perché, in sella ad una moto, sia tutto così speciale. Perché in tanti non possano fare a meno di vivere una passione così intensa, al punto che quando ne sono lontani diventano irrequieti e si sentono in apnea, a corto di ossigeno, con un rullo di tamburo che martella incessante nello stomaco. Ma questo lo puoi capire solo se lo sai, se l’hai provato. Da solo. Tu e la tua moto. Su una statale defilata. Nel silenzio del tuo casco...

Già, la riuscite a immaginare una forma di distanziamento sociale più pura di questa?

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