Ciao Riccardo Pierobon: appassionato che ha fatto sognare

Ciao Riccardo Pierobon: appassionato che ha fatto sognare

Si è spento a 86 anni Ricky One l'uomo che insieme al figlio Massimo non ha solo visto nascere il motociclismo moderno: ha contribuito a farlo crescere

Redazione - @InMoto_it

06.04.2020 09:23

 

LE ORIGINI IN VERLICCHI

Di fatto, quindi, l’azienda Pierobon nacque all’interno della Verlicchi, per poi diventare la realtà indipendente che tutti conosciamo. All’inizio l’engineering venne gestita solo da Ricky One, che andò in pensione nel 1987. In seguito, Massimo raccolse l’eredità del padre per portare avanti l’azienda di famiglia. Ricky One ormai si considera un pensionato con la voglia di pensare e disegnare qualcosa di nuovo nel tempo libero, perché "Invecchiando bisogna smettere di fare fatica fisica, ma non bisogna mai smettere di pensare". Anche se ha amato tanto le moto, il suo lavoro non gli manca, perché ha visto l’involuzione del mondo, della società, dell’Italia. Ricky One ha vissuto gli anni del boom economico e gli anni in cui tutti volevano diventare costruttori di moto. "A Bologna, partendo dalla vecchia funivia (oggi non esiste più, ndr) che portava a San Luca, in un tratto di due, massimo tre chilometri, c’erano ben diciotto aziende di moto! La Comet, la Berneg, l’SCM, tanto per citarne tre. Dal 1955 al 1970 tutti costruivano moto!".

LA GAVETTA SERVE

Ora sta osservando la recessione, secondo lui inevitabile, sia per colpa di chi ci governa, sia per colpa di chi vorrebbe lavorare senza fare la gavetta. "Purtroppo il mondo è cambiato, in peggio. E io posso dirlo perché sono nato presto... Quando lavoravo in Verlicchi tutti avevano un forte attaccamento all’azienda, che sapeva valorizzare il personale. Serviva uno strumento per terminare un lavoro? Si acquistava, senza dover fare troppa burocrazia. Non è mai mancato uno strumento di lavoro, perché la dirigenza sapeva che dietro una richiesta tecnica c’era una reale necessità. E tutti i dipendenti trattavano questi strumenti come fossero loro. C’era uno spirito di gruppo e si lavorava bene. Oggi, purtroppo, non è più così, anche perché mi sono accorto che è venuto meno il concetto di team. Spesso molti ingegneri non sono a conoscenza di ciò che avviene nell’ufficio accanto... ".

COMPUTER AL POSTO DEL TECNIGRAFO

Ricky One ha spiegato come è cambiato il lavoro di progettazione, che non ha portato solo vantaggi… "Il tecnigrafo è stato sostituito dai computer, la carta e la matita dai programmi di calcolo e dal mouse. I vantaggi sono molteplici, ma il rischio di perdere di vista l’obiettivo è elevato. Oggi non si può lavorare senza computer ma secondo me c’è il rischio di perdere inventiva. L’uomo e le sue idee restano alla base di ogni progetto e nessun programma può trovare le soluzioni ai problemi. Lavorando a compartimenti stagni e si è persa la visione d’insieme, che a mio avviso è fondamentale, soprattutto per realizzare una moto, un veicolo molto più complesso di quanto sembri. Insomma, non si può pretendere che una persona pensi per quattro ma neppure che quattro persone ragionino senza confrontarsi. Inoltre, quando lavoravo in Verlicchi mi ricordo che, sistematicamente, si facevano delle riunioni dove tutti venivano a conoscenza delle problematiche di tutti i reparti, se erano state risolte e come erano state risolte. Oggi, i programmi effettuano dei calcoli ma i dati vengono immessi dalle persone. I programmi stessi sono realizzati dalle persone. Insomma, i software eseguono degli ordini. È cambiato il sistema ma è sempre l’uomo il valore aggiunto. In Italia, purtroppo, non sempre questo concetto è chiaro. All’estero, in alcuni Paesi, sì. È per questo motivo che c’è una fuga di cervelli dall’Italia. Perché gli italiani, quelli bravi, quelli che sono capaci di lavorare bene e di risolvere problemi vanno dove vengono valorizzati".

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