Itom, il giallone torinese dei cinquantini

Itom, il giallone torinese dei cinquantini

l'Industria Torinese Meccanica costruiva i suoi mezzi sotto la Mole, producendoli direttamente anziché usufruire di qualificati motori già assemblati. Ripercorriamo la sua storia tra gli anni Sessanta e Settanta dopo il successo del primo raduno 

Redazione - @InMoto_it

25.10.2019 ( Aggiornata il 25.10.2019 11:24 )

Acronimo di Industria Torinese Meccanica, Itom è un marchio che si è ritagliato un’ottima fama nel settore delle corse e dei cinquanta sportivi, soprattutto col suo modello Astor SS a 4 marce, da molti ricordato come “giallone”, in virtù della sua caratteristica livrea. Per celebrarlo a Torino si è svolto poche settimane fa il primo raduno dedicato proprio a Itom, che ebbe un notevole successo nelle piccole cilindrate soprattutto negli anni ’50 e ‘60. La speranza degli organizzatori, alimentata dal tanto pubblico presente al revival, è che diventi un appuntamento annuale per tenere vivo il ricordo della casa.

DUE VARIANTI - Il nome Astor appare per la prima volta in catalogo nel 1957, con due varianti, l’SS e il Competizione. Si trattava di modelli con il cambio a tre marce, ma che per quasi una decina d’anni, opportunamente modificati, fecero storia. Sono segnalati tra le prime cavalcature di piloti come Bill Ivy e Mike Hailwood e, nel 1962, la prima donna a raggiungere il traguardo al famigerato TT dell’isola di Man, coronò l’impresa in sella ad un Itom.

QUATTRO MARCE - Alla fine del 1963 arriva il cambio a quattro rapporti, ma sempre comandato al manubrio, e molti utenti si avvalgono della modifica della Velox- Parena per poter disporre del comando a pedale. Il modello di maggior successo - e che per molti teenager dell’epoca si identificherà con il marchio stesso – arriva nel 1965 e il cambio a quattro rapporti con comando a pedale diventa di serie.

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ASPETTO - Il telaio ha la configurazione del precedente con il grosso tubo centrale inclinato e le bretelle discendenti che si agganciano sotto al motore.  Il serbatoio è più lungo e slanciato rispetto a quello montato sulla versione del ‘63, da molti definito “ a panettone”. Forcella e ammortizzatori hanno le molle in vista, le ruote sono da 18”, e i mozzi in alluminio. Mezzi manubri, faro tondo, immancabile sella con rostro finale  e parafanghi più snelli completano l’opera ma – al pari delle prestazioni – è la livrea gialla e bianca già adottata sul precedente modello a sancirne l’inconfondibile identità.

90 KM/H - Per quanto riguarda le prestazioni del modello Export, i depliant più veritieri dichiarano che con il carburatore da 18 mm e il rapporto di compressione di 11:1 ci sono 4 CV a 8.000 giri/min (altri dichiarano 6 CV a 10.000 giri/min). Resta il fatto che l’Astor SS in questa configurazione toccava realmente i 90 km/h.

Nel 1969 c’è un importante restyling estetico che prevede un serbatoio detto “a squalo”, bello ma usato anche da altri marchi, gruppo termico con alettatura squadrata, una sella più spigolosa e, per la versione denominata Special, forcella teleidraulica con molle interne e parafanghi in inox.

PER L’ESTERO - Evoluzioni estetiche, ciclistiche e meccaniche si susseguono fino al 1972. Di seguito verranno prodotti in piccola serie esemplari con motori F. Morini e pure Minarelli, destinati prevalentemente al mercato estero ma, anche se nati con lo stesso nome, molto distanti e anonimi rispetto ai loro gloriosi predecessori.

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