20 cinquanta degli anni ’70 – Bianchi Falco GL

20 cinquanta degli anni ’70 – Bianchi Falco GL

Redazione - @InMoto_it

01.09.2013 ( Aggiornata il 01.09.2013 11:14 )

Presentato alla fine del 1963, il Bianchi Falco GL si può sicuramente annoverare tra gli antesignani dei cinquanta supersportivi che stavano per invadere la penisola, modificando costumi e ambizioni dell’utenza più giovane Con la stessa denominazione di Falco la Bianchi aveva già in produzione un ciclomotore utilitario che nulla aveva a vedere con il proprio bellicoso nome; si trattava di un mezzo utilitario con l’avviamento a pedali ed il telaio in lamiera stampata. Tutto cambia con l’arrivo sulle scene della versione denominata Falco GL (in un primo tempo la sigla era GLS, ossia Gran Lusso Super). Questa versione, infatti, con il suo predecessore aveva in comune unicamente il nome, per il resto era una vera e ambiziosa piccola moto. La linea piacevole e affusolata era decisamente in anticipo sui tempi e donava al GL le fattezze di una piccola moto da corsa, diverse lunghezze più avanti rispetto a quella che era la produzione sportiva dell’epoca. L’arcano è presto svelato se si indaga su chi era l’artefice di questo apprezzato modello. La paternità del progetto è, infatti, attribuita a Lino Tonti, che all’epoca collaborava con il reparto corse della Bianchi contribuendo ai successi dell’eccellente marchio lombardo in campo agonistico. Bianchi-2-002NO Capolavoro di pulizia Il telaio a doppia culla chiusa era un vero capolavoro di pulizia e di funzionalità. La riprova della bontà del prodotto sta nel fatto che lo stesso, modificato solo nella parte degli attacchi motore, fu utilizzato in seguito, dapprima dalla Mi-Val per il suo Competizione del 1966 e poi anche dalla Aspes per il suo Sprint Special del 1970, entrambi motorizzati Minarelli P4. Rispetto alla concorrenza, che utilizzava telai con un grosso trave centrale, la configurazione di questo telaio prevedeva l’utilizzo di due tubi superiori che in prossimità del cannotto si incrociavano con quelli della culla discendente, a loro volta coadiuvati da due ulteriori traversini che si univano alla parte inferiore del cannotto (come sul celebrato “letto di piume” della Norton Manx). Oltre a questo il telaio disponeva già di pedane arretrate, dettaglio che nel 1964 – anno in cui il Falco GL fu messo a listino – era appannaggio delle macchine da competizione. Utilitario Purtroppo su un telaio tanto evoluto la Bianchi si è accontentata di montare lo stesso motore presente sul modello utilitario, senza prevedere (nemmeno in seguito) un motore a quattro marce, che sicuramente avrebbe dato maggior lustro a questo modello a suo modo “storico”. Di buono però ci fu che l’avviamento a pedali venne trasformato in avviamento a pedivella, azionabile verso l’anteriore, e il cambio a 3 marce con comando al manubrio mutuato in comando a pedale, sebbene azionato sempre mediante cavi. La ciclistica prevedeva sospensioni con molle a vista, sia all’anteriore che al posteriore, cerchi di 18” con pneumatici di 2.00 e mozzi in lamiera stampata: da 90 mm al posteriore e da ben 120 mm sulla ruota davanti. Anche l’estetica era affascinante. L’affusolato serbatoio diventerà un punto di riferimento per i futuri cinquantini sportivi: la Italjet lo monterà identico sul suo Scout, e anche la linea dei più famosi Malanca Testarossa o Mondial Record si rifaranno a questa traccia. I parafanghi erano snelli e il corto sellino munito di rostro finale. Il fanale, come si usava all’epoca, era tondo, ma c’erano già i semimanubri.

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