Yamaha V-Max

Yamaha V-Max
Uno dei modelli più affascinanti della storia della produzione motociclistica è anche uno dei più irrazionali. Ma pure uno dei più “sinceri” nella sua impostazione inequivocabile

Redazione - @InMoto_it

01.06.2013 ( Aggiornata il 01.06.2013 11:32 )

Muscolo, maschio, mischia, muschio… parole a caso, indice di follia, come folle fu la Yamaha V-Max nel 1985. Rompeva gli schemi per ogni tipo di segmento allora ben definito: sportive, custom, cruiser, turistiche, la V-Max non rientrava in nessuno di questi ma aveva di ognuno qualche traccia nel profondo dell’anima. Le prestazioni sicuramente da sportiva, anzi super, lo stile generale da custom, l’impostazione da cruiser e, per quanto riguarda le moto da turismo, il motore, quattro cilindri a V di 1198 cm3 derivava pari pari dalla grande turistica Venture, benché rivisto e potenziato. A ben guardare anche le folli parole iniziali si legavano bene alla grossa giapponese: i muscoli erano quelli che si diceva servissero per gestire a dovere la moto, soprattutto da ferma, visti i 265 kg. E comunque nell’immaginario collettivo la moto era ben vista con a bordo un pilota di una certa stazza: maschio perché la moto non era certo per femminucce, nel peso, come già detto, nelle dimensioni, nelle caratteristiche di guida, di potenza e di erogazione; mischia perché davvero richiamava una fase di gioco tipica del football americano, mercato quest’ultimo per il quale la V-Max è stata pensata, e muschio per il richiamo a un dopobarba con il quale un uomo non avrebbe mai dovuto chiedere; proprio come il proprietario della moto, non avrebbe desiderato nulla di più e nulla di meglio. a questo proposito la V-Max era una moto, come qualche altra di grande personalità del resto, che si amava o si odiava, mai indifferente e di sicuro il tempo passato non le ha lasciato segni addosso, come un novello Dorian Gray; per quanto può interessare ai lettori, l’autore dell’articolo non si è fatto coinvolgere dalla muscolosa moto, e deve ammettere che non ci si avvicina troppo, per prudenza; ma dopo questo breve e fugace incontro, chissà… Una grossa moto, forse, difficile, forse pesante, forse troppo potente, mal frenata e con doti dinamiche non eccelse; forse, ma forse anche no e comunque quelli bravi davvero in moto ci fanno tutto e bene, quelli meno bravi un po’ meno e così via, a scendere. In realtà la V-Max era una grossa e potente moto giapponese anni ’80, di quelle tipe un po’ strane ma sana e gradevole; soprattutto non era una moto da prendere sottogamba e riguardo alle presunte doti fisiche necessarie per l’uso, citiamo una famosa frase di Franco Uncini, campione del mondo classe 500: «La moto la devo guidare, mica spezzarla in due»... E così seguendo questa idea, sacrosanta, mettendosi a cavallo della V-Max si nota la seduta bassa e la discreta comodità dell’insieme sella-manubrio-pedane, queste ultime però scomode e fastidiose nelle manovre da fermo sulla moto. Il motore è svelto all’avviamento sia a freddo che a caldo e dopo qualche secondo di borbottii e starnuti, forse dovuti ai comunque precisi ed affidabili carburatori a depressione, si nota la totale assenza di vibrazioni e si apprezza il cupo ronfare del V4. Prima marcia dentro e via: la moto parte leggera e docile, solo una lieve tendenza del davanti a cadere in curva, ben controllabile con una piccola apertura del gas in percorrenza, accelerazione e ripresa al di sopra di ogni sospetto e una frenata che riesce a rassicurare il pilota che si avvicina alla V-Max con un filo di necessario rispetto; quello che le dimensioni, la potenza e l’età consigliano ad un motociclista prudente. Non è evidentemente moto da gare in salita ma si riesce comunque ad avere un bel piacere alla guida di questa moto nata per i lungomare americani ma che ben si comporta anche nella vecchia Europa. Nella “guida all’acquisto” su In Moto n. 6/2012 si faceva riferimento ad una serie di mode che la Yamaha lanciò nel mondo della motocicletta; ecco, la V-Max è il manifesto di questa tendenza: non esiste una concorrente di questa moto e mai è esistita e pur avendo qualche anno sul groppone (ormai è anche iscrivibile tranquillamente ai vari registri storici), sfidiamo chiunque a trovare un motociclista che nei vari ritrovi pieni di novità, la bolli come vecchia e superata e non le butti uno sguardo ancor oggi ammirato. Stessa sorte all’attuale modello, se possibile ancora più tonico e aggressivo, e dalle qualità di guida, per altro, migliori di un bel po’. Ma veniamo alla moto più in particolare: presentata alla fine del 1985, fu progettata da ingegneri giapponesi ma creata nell’idea e nella sostanza da Ed Burke, uomo Yamaha negli States che ben conosceva gusti e tendenze di quel mercato, allora il più importante del mondo. Lo fece riallacciandosi alla cultura motoristica più radicata negli USA, quella delle hot rod e delle muscle car. In un’epoca di promesse e idee sul futuro e sulla mobilità in generale, quando si parlava di moto post-atomiche, in attesa di apocalissi prossime venture, quando i film più visti e di successo parlavano di 1997, Fuga da New York ed Interceptor, la V-Max sembrava davvero la moto ideale per il personaggio interpretato dall’attore Mel Gibson, Mad Max, e c’era pure un’evidente assonanza nel nome. Una moto del genere non poteva che avere successo. E comunque parliamo di un prodotto fatto davvero come si deve: finiture alla giapponese e quindi assolutamente perfette, con l’aggiunta dell’opulenza americana; un motore, per il mercato americano, con 145 cavalli, che all’epoca erano un’enormità; un aspetto gratificante e coinvolgente sotto ogni punto di vista, una personalità assoluta e una dotazione tecnica di tutto rispetto, di certo non inferiore a nessuna moto a lei contemporanea. La prima serie, cerchi a razze e fianchetti lisci, fabbricata fino al 1989, è quella che oggi, ben più rara, stuzzica maggiormente l’interesse dei collezionisti, ma le serie successive hanno comunque ben poco da invidiare all’originale e del resto si differenziano in pochissimi particolari. Il più evidente sta nei cerchi lenticolari, più futuristici ma meno belli e personali. La moto è rimasta comunque in regolare produzione ben oltre le soglie del nuovo millennio, per la gioia dei numerosissimi e fedelissimi fan sparsi in tutto il mondo, in particolare in Francia dove ne esiste un vero e proprio culto. La moto si presta facilmente ad elaborazioni più o meno profonde ma oggi merita grande rispetto e quelle radicali, a parer nostro, sarebbero da evitare. La V-Max resta comunque una moto moderna e come tale affidabile e senza punti deboli, a maggior ragione se mantenuta originale. Ha una discreta disponibilità di ricambi. Senza dubbio per tanti motociclisti è un bell’acquisto. epoca1

  • Link copiato

Commenti

InMoto in abbonamento