Bultaco El Montadero

Bultaco El Montadero
Derivata della più performante El Bandido da cross, fu realizzata per il mercato statunitense. La linea è quella che rende inconfondibile le Bultaco e le sue apprezzate 2 tempi

Redazione - @InMoto_it

01.05.2012 ( Aggiornata il 01.05.2012 15:18 )

La Bultaco produsse la El Bandido, moto da cross, specificamente per il mercato americano. Ma se i successi che ebbe con le moto da trial non tardarono ad arrivare, la versione cross non ebbe un grosso successo a causa dell’eccessivo peso della Bandido. Per ridurre le scorte invendute, quelli della Bultaco pensarono bene di “assemblare” una versione enduro/scrambler della El Bandido. Ecco creata la El Montadero, moto depotenziata rispetto alla versione cross, con targa e fanale. La produzione di questo mezzo era destinata esclusivamente al mercato statunitense, ma una piccola spedizione di dieci unità fu venduta in Spagna. La nostra moto è una versione americana, fondo di magazzino, arrivata in Italia a km zero, o meglio a miglia zero, e provata per circa sette miglia dal rivenditore Claudio Venezian di MasterCross. Il motore della El Montadero è un monocilindrico a due tempi raffreddato ad aria, di 362,8 cm3 con quattro marce e soli 34,9 CV. Certo non faceva della potenza la sua caratteristica fondamentale! Esteticamente la moto è un gran bel vedere, le linee sono dolci, i colori sobri e ha il tocco Bultaco inconfondibile nei parafanghi anteriore e posteriore. I colori principali sono il bianco e il nero, la linea rossa delinea e divide magistralmente le parti nere dalle bianche. Nel serbatoio, in entrambi i lati, c’è il logo rotondo Bultaco con impresso il simbolo del pollice sollevato mentre nella parte bassa, contornata di giallo, la scritta nera Cemoto. Per finire, tutto in lettere minuscole e dal carattere sudamericano, campeggia la scritta “el montadero”. Brevi cenni di storia per conoscere l’origine del logo dell’azienda catalana. Il nome Bultaco venne deciso unendo le prime quattro lettere del cognome del fondatore dell’azienda di Barcellona, Francisco Bultò, con le ultime tre lettere del suo soprannome, “Paco”. Cemoto, che non è l’azienda bresciana che fabbrica materiale tecnico per il fuoristrada, ma un acronimo di Compania Espanola de Motores ed è il primo nome che diedero all’azienda catalana. Il pollice alzato, disegno che spicca nel centro del logo, venne creato dopo che il patron Bultò, che presenziava e assisteva il motociclista britannico David Whitworth, dava il segnale, appunto con il pollice alzato,  alla sua squadra dai box per significare che tutto andava bene. 12068h0b La Bultaco, nella sua gamma di prodotti, costruì moto di ogni genere, stradali e per il fuoristrada. La prima moto fabbricata fu una 125 stradale, la Tralla 101, ma la moto che ebbe maggior successo fu la Sherpa T e cioè una moto da trial. L’idea era quella di costruire una moto leggera, poiché ai tempi dominavano le più pesanti 4 tempi e quasi tutte inglesi, e l’idea “rivoluzionaria” fu quella di usare un motore 2T più leggero. Francisco Bultò, alcuni ingegneri e l’asso irlandese Sammy Miller furono i capostipiti di un periodo d’oro per la Bultaco che dalla fine degli anni Sessanta e per tutti gli anni Settanta dominarono il panorama mondiale del trial. Due ultime curiosità, la prima è che Sete Gibernau, ex pilota della MotoGP, è il nipote di Francisco Bultò. La seconda narra che “Paco” Bultò chiese di essere sepolto con addosso la sua t-shirt marchiata ovviamente Bultaco e con i baffi perfettamente cerati. 12068h0e

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