Emozioni in pista, la ricetta di Jarno Zaffelli

Emozioni in pista, la ricetta di Jarno Zaffelli

Quella del progettista di circuiti è una professione complessa e affascinante cheche incide direttamente sulla spettacolarità delle gare e sul divertimento tra i cordoli. Ne abbiamo parlato col patron di Studio Dromo

02.09.2021 10:32

Disegnare circuiti da zero; oppure intervenire su tracciati già esistenti per tirarne fuori l’anima più racing e passionale. Se pensate che ideare e ammodernare piste sia soprattutto una questione di potenti software, intuito e creatività, in effetti avete in parte ragione. Ma solo in parte. Grazie a Jarno Zaffelli, patron di Studio Dromo e progettista di circuiti tra i più importanti al mondo, abbiamo avuto la possibilità di immergerci tra le trame di una professione complessa e affascinante dai risvolti insospettabili; persino filosofici, antropologici e artistici. Soprattutto quando si va alla ricerca dell’eccellenza assoluta.

ELABORARE UNA PISTA COME si FA CON... I MOTORI

L’attività di progettazione, da un lato, punta a realizzare realtà ex novo; dall’altro a interviene su circuiti già esistenti. In quest’ultimo caso è un po’ come se fossimo, nel mondo motoristico, degli elaboratori di alto livello. Come chi prende un mezzo, magari già bello e performante, e lo tira al massimo per renderlo ancora più speciale. Ecco, noi facciamo questo con le piste”. 

Una  similitudine, quella con chi elabora special - per definizione, mezzi unici, dal forte impatto emozionale - che rende piuttosto bene l’idea di un’attività in cui si riescono a ottenere risultati eccezionali andando a intervenire su una vasta gamma di fattori. Compresi alcuni che, di primo acchito, sembrerebbero marginali. Jarno ci fa subito un esempio concreto.

Prendi il Paul Ricard su cui siamo intervenuti di recente. Alcune testate giornalistiche hanno sottolineato come, finalmente, vi si corrano gare degne di questo nome. E questo, nonostante non sia cambiato il layout, e il tipo di asfalto non sia poi così diverso dal precedente. In realtà, sono stati effettuati un gran numero di affinamenti, che normalmente, e a torto, non sono neanche presi in considerazione. C’è chi si limita a risfaltare, e chi invece cerca di andare più a fondo. Capire com’è la pista. Che cosa si può migliorare. Per esempio, in questo punto la frenata non mi piace tantissimo; oppure, qua l’acqua non va via nella maniera giusta. Ecco, accompagnata da tutta una serie di valutazioni e affinamenti, anche una semplice riasfaltatura può fare la differenza, e rendere le gare più avvincenti. Proprio come uno scultore che tira fuori l’anima da un semplice pezzo di pietra. In genere, si dà sempre la colpa alle auto, se le corse sono noiose. Invece parte del problema è da imputare anche ai circuiti”. 

LE PISTE DI OGGI? IN MOLTI CASI BELLE, MA SENZA ANIMA

Un’affermazione, quest'ultima, su cui non sempre si riflette abbastanza. Molte piste, poi, sono state progettate sulla base di riferimenti motoristici oramai preistorici. Auto e moto sportive, soprattutto in tempi recenti, si sono evolute tantissimo in termini di potenzialità meccaniche e prestazionali. Sono cambiati i regolamenti. Eppure, proprio su questi ultimi punti, Jarno ci vuole mettere subito in guardia.  

Non siamo mai stati della filosofia di inseguire i regolamenti o le performance dei mezzi. Perché ho sempre detto, da quando ho cominciato questo lavoro, che un circuito, se è bello, è bello. Punto. Se vogliamo dirla tutta, nel tempo, proprio con questa idea di fare gli autodromi sempre più aderenti ai regolamenti, piuttosto che badare all’emozionalità, ci siamo ritrovati con tante piste che in realtà non consegnavano gare. Perché - e le ho sempre definite così - sono delle belle senz’anima. Piste costruite e progettate perfettamente, come progetteresti un’autostrada. Ma che alla fine non permettono di dividere l’uomo dal ragazzo. Di fare la differenza tra piloti. Tra mezzi diversi. Tra ingegneri. Che invece è proprio quello che bisogna cercare quando si disegna un circuito". 

Tra le righe inizia a delinearsi uno degli aspetti di maggiore criticità per il progettista. Perché, se da un lato è lo stesso Zaffelli a farsi portabandiera della spettacolarità prima di tutto, il conflitto/confronto con regolamenti e vincoli, soprattutto per quanto riguarda il tema della sicurezza, prima o poi, in un modo o nell’altro, entra sempre in gioco. Ma intanto, è lui stesso a fornirci una prima soluzione, che in pratica ribalta i termini della questione. A dimostrazione di quanto ingegno, intuito, ma anche preparazione e autorevolezza, siano fondamentali per fare la differenza in questo contesto. 

Generalmente si tende a dire: prima viene la sicurezza, poi tutto il resto. Noi abbiamo rovesciato il paradigma, inventando un nostro software proprietario, che ad esempio calcola automaticamente le vie di fuga in base ai rilievi effettuati. In questo modo ci possiamo concentrare solamente nel rendere un tracciato il più difficile e avvincente possibile. 
La libertà del progettista, in questo, deve essere massima. Le piste non si disegnano in base a un regolamento. In passato, alcuni colleghi si sono uniformati a delle linee guida come se fossero dei regolamenti. Ragionando così, l’attuale circuito di Zandvoort, ad esempio, non sarebbe mai stata possibile. Per ottenere ciò che volevamo, siamo dovuti andare oltre tutte le linee guida che avevamo dalla FIA in termini di pendenze laterali, di raggi di curvatura, di transizioni, di dimensioni delle vie di fuga. Alla fine, siamo riusciti a convincerli che si poteva avere una gara di Formula1 all’interno di un circuito realizzato con criteri diversi da quelli con cui erano state progettate altre piste”. 

Tanto è bastato! Anche in seguito a esperienze come questa, infatti, in tempi recenti si è iniziato a ripensare la precedente filosofia imperante, che gravitava rigidamente intorno ai regolamenti. Ma qual è, nel dettaglio, il processo di progettazione? Addentrandosi nel workflow “tipo”, la prima fase è sempre quella della raccolta dei dati. Se si tratta di ammodernare una struttura preesistente, si inizia con una raccolta di interviste - ai piloti, o a chi ci lavora - per cercare di capire cosa funziona e cosa no. Dove si può intervenire per migliorare. Nel caso di un progetto ex novo, parallelamente ai necessari rilievi, si effettuano ampie ed eterogenee analisi, che prendono in considerazione la location, la storia del luogo, la tradizione locale in ambito motorsport, cosa piace di più. 

Se vado negli Stati Uniti, e faccio un rettilineo di 400 metri, ha senso; in Italia no. Deve essere di almeno di 1,2 chilometri, perché da noi si cercano i 300 all’ora. Sembra banale, ma le prime considerazioni sono sempre di tipo ambientale e socio-culturale. Dopo aver raccolto i dati, si passa a processarli per arrivare a un concept della pista. In questa fase, importantissima è l’attività di simulazione: sia software, per la sicurezza e per valutare le performance dei mezzi; sia con i piloti nel simulatore, per verificare la bontà delle idee, ed eventualmente apportare modifiche. 
Lo step successivo è invece con le federazioni - le varie Aci, FIA, Federmoto - per avere dei pareri e cercare di arrivare a un punto (o trovare un compromesso, quando necessario) in termini di regolamenti e linee guida. Solo a questo punto inizia la progettazione vera e propria, insieme alla richiesta di autorizzazioni di vario genere per poter avviare la cantierizzazione. In questa fase è fondamentale saper guidare il cliente nella scelta dei contractors, quindi aziende che possano garantire uno standard dei lavori ottimale. Noi abbiamo dei metodi di controllo della qualità molto severi: riusciamo a dire, ad esempio, a fine giornata, senza neanche provarlo, se un asfalto ha le qualità necessarie, secondo le nostre specifiche, oppure no. Verificare che le opere vengano eseguite esattamente come le avevamo in mente, così come simulate nelle fasi precedenti, è di primaria importanza. La prova del nove, a lavori finiti, ce l’hai quando la sensazione è: ok, questo l’avevo già visto… ovviamente nel simulatore”.

NON SERVE SAPERE ANDARE FORTE IN MOTO MA COME FARE ANDARE FORTE GLI ALTRI

Men At Work: il progettista di circuiti LA GALLERY

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Una professione complessa e affascinante che incide direttamente sulla spettacolarità delle gare e sul divertimento tra i cordoli

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Un processo realizzativo articolato e complesso. E in tutta evidenza, anche molto costoso. Non ci stupiamo, quindi, quando Jarno, parlando di costi di impresa, ci rivela che solo in ricerca e sviluppo si investono, ogni anno, centinaia di migliaia di euro. Ciononostante, non sono pochi quelli convinti che basti magari un buon software, creatività e voglia di fare per lanciarsi in questo affascinante settore. 

Non si può pensare di fare questo mestiere, in proprio, partendo da zero. Io ho impiegato vent’anni a mettere in piedi una struttura come la mia. Non è che se ho Autocad (ndA, un potente software di progettazione) posso mettermi a disegnare un circuito, solo perché in passato ha fatto una strada. Nel nostro settore confluiscono tante branche, ambiti e competenze: civili, militari, spaziali; colleghiamo la topografia alla geologia, all’ingegneria civile, alla meccanica, allo studio dei materiali; persino alla filosofia, alla percezione, e all’ottica. Talmente tanti di quegli aspetti, che la formazione dura anni, e in pratica non finisce mai”.

Pensando a chi disegna piste, a proposito di competenze e formazione, viene spontaneo chiedersi quanto conti un background da motociclista, da automobilista sportivo, o possedere competenze in ambito motorsport. Secondo Zaffelli, meno di quanto si possa credere.

Certo, ci vuole passione. Ma noi non sappiamo andare forte in macchina; non sappiamo andare forte in moto; però sappiamo esattamente come fare andare forte gli altri. Ed è questo ciò che conta”.

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