Adrian Morton non è un nome qualunque nell’ambiente motociclistico. “Matita” ispirata, dall’estro geniale, è lui ad aver immaginato e disegnato tutte le MV Agusta di ultima generazione. E - cosa che non tanti sanno - è stato sempre lui, quasi 10 anni fa (nel periodo in cui stava passando dalla Benelli alla MV Agusta), l’artefice del primo bozzetto della Vyrus Alyen. Sì, esattamente lei, l’esclusivissima moto dell’atelier di Ascanio Rodorigo che ha scatenato infinite discussioni tra gli appassionati, sin da quando, ai primi di Aprile, è stata svelata al pubblico. E allora, chi meglio di Adrian per una bella chiacchierata “a ruota libera”, in cui scoprire perché (secondo lui) tutti coloro che non capiscono il fascino di questo oggetto si sbagliano? Un click su play e… buona visione! (Diego D’Andrea)

La discussa Vyrus Alyen: ne abbiamo parlato col designer che l'ha ideata

Continua la quarantena, ma noi non smettiamo di correre in moto. Facciamo un punto a ruote ferme sulle novità viste quest'anno sul fronte delle naked sportive. In attesa di provarle poi tutte insieme, quando si potrà, nella nostra comparativa

Le maxi naked 2020: il punto della situazione

Nell&rsquo;attesa che questo brutto periodo finisca, Alessandro Della Torre, founder di &ldquo;Le strade italiane pi&ugrave; belle da percorrere in moto&rdquo;, ci elenca 5 percorsi da affrontare in moto. Di quelli che non possono mancare nella lista dei desideri di un motociclista.

Coronavirus: 5 percorsi da fare in moto a fine quarantena VIDEO

E&#39; una delle moto pi&ugrave; attese ed intriganti del 2020. La nuovissima Ducati Streetfighter V4 si prepara a debuttare sul mercato, con le prime consegne che partiranno dalla fine di marzo. Una moto dalla doppia anima: aggressiva, quasi diabolica, dalle prestazioni elevate e probabilmente gratificanti in pista, ma allo stesso tempo comoda da usare su strada, dove promette badilate di divertimento.&nbsp;  FACCIA DA JOKER  Abbiamo intervistato Jeremy Faraud, il designer della naked sportiva bolognese che ci ha parlato della genesi, di come hanno preso vita le forme della Streetfighter V4. Un design alla &quot;Joker&quot; per usare la definizione dello stesso Faraud. La figura dalla doppia anima: &quot;diabolica e divertente&quot;, come il famoso personaggio DC Comics.&nbsp;    Dopo aver scoperto la tecnica, ora cerchiamo di capirne di pi&ugrave; sul design. Cliccate &quot;Play&quot; e buona visione!  Ducati Streetfighter V4:&nbsp;&quot;Panigale senza carene? E&#39; qualcosa di pi&ugrave; complesso&quot; 

Jeremy Faraud ci spiega i segreti, le idee, gli spunti che hanno poi portato alla definizione delle linee e delle forme della nuova Streetfighter V4. Moto &quot;cattiva&quot; e fatta per divertirsi

Ducati Streetfighter V4:&quot;Divertente e incazzata, come il Joker&quot; VIDEO

Jeremy Faraud il designer della naked sportiva con motore V4 ci spiega i segreti, le idee, gli spunti che hanno poi portato alla definizione delle linee e delle forme della nuova Streetfighter V4

Ducati Streetfighter V4:"Divertente e incazzata, come il Joker"

Abbiamo intervistato Christian Gasparri, capo progetto della nuova V4 bolognese, per capirne di pi&ugrave; sui segreti della maxi naked pi&ugrave; potente al mondo

Ducati Streetfighter V4: "Non è una Panigale senza carene"

La moto pi&ugrave; attesa dell&rsquo;anno? Non &egrave; azzardato dire che sia la nuova Honda CBR1000RR-R. Una serie di lettere difficile da dimenticare - soprattutto per chi &egrave; affetto da R moscia - e che promettono di rappresentare la moto definitiva per la guida tra i cordoli. Piloti, giornalisti e appassionati, tutti sono in trepidante attesa di scoprire come si comporter&agrave;. Noi stessi, qui in redazione, stiamo scommettendo sui risultati che otterr&agrave; nella World Superbike. Le aspettative sono alle stelle. Abbiamo avuto occasione di fare una chiacchierata con chi, la nuova CBR, l&rsquo;ha prima pensata, poi progettata e infine sviluppata: Yuzuru Ishikawa, Project Leader Honda da molto tempo. Una persona estremamente competente e altera (e di ben poche parole, da buon giapponese).     Signor Ishikawa, partiamo dal motore. Che cosa &egrave; rimato del vecchio 4 cilindri?  Nulla -&nbsp;togliendoci ogni dubbio&nbsp;- l&rsquo;abbiamo progettato interamente da zero. Tutto &egrave; stato ridisegnato: termica, pistoni, bielle, distribuzione&hellip;del vecchio 4 cilindri non &egrave; rimasto nemmeno un bullone.  &Egrave; pensato per essere utilizzato anche su altre tipologie di moto oppure rester&agrave; esclusiva della Fireblade?  La sua configurazione e le sue misure caratteristiche lo rendono adatto a un utilizzo estremamente sportivo. Non lo vedrete su nessun&rsquo;altra moto.    La nuova Fireblade nasce grazie alla stretta collaborazione con HRC, proprio come avvenne per la RC51 (VTR1000 SP). Cosa &egrave; cambiato da allora, filosoficamente??  La VTR era una moto di massa, progettata innanzitutto per girare in strada. Da quella moto poi ricavammo la RC51, per vincere nel Campionato Superbike. La moto da corsa quindi derivava dalla moto da strada. Con la nuova CBR invece &egrave; avvenuto esattamente il contrario. Abbiamo preso la RC213V della MotoGP e da questa abbiamo attinto tecnologia e componenti per realizzare una moto da strada. Il flusso di lavoro &egrave; stato esattamente contrario a quanto avvenuto con la RC51.&nbsp;    In Superbike qualcuno suggerisce di portare la cilindrata dei motori da 1.000 a 1.100. Cosa ne pensa? Questo motore potrebbe crescere di cilindrata?  Questo motore &egrave; stato progettato con l&rsquo;unico scopo di essere il miglior 4 cilindri di 1.000 cc: non &egrave; possibile portarlo a 1.100. Semplicemente &egrave; troppo tirato; andrebbe riprogettato da zero.  Questa &egrave; la prima Honda di serie a montare le appendici aerodinamiche. Potrebbero essere utili anche su altre tipologie di moto? Quali e perch&eacute;?  Abbiamo progettato le appendici aerodinamiche con due obiettivi: il primo era ridurre la tendenza all&rsquo;impennata della moto da pista. Un vantaggio molto importante nelle gare, perch&eacute; aumenta considerevolmente l&rsquo;accelerazione. In secondo luogo, le abbiamo sviluppate per portarle anche su altri modelli. Il carico aggiuntivo regala infatti pi&ugrave; feeling con l&rsquo;avantreno. Una naked, per esempio, potrebbe essere molto avvantaggiata dall&rsquo;utilizzo delle ali. Sicuramente saranno appendici pi&ugrave; piccole di quelle utilizzate sulla CBR, ma avranno comunque la loro utilit&agrave;.  L&#39;urlo della CBR 1000 RR-R: la Honda Fireblade mostra i muscoli VIDEO  &nbsp; 

Parla il Project Leader della nuova Fireblade che presto proveremo a Losail: &quot;Del precedente modello non &egrave; rimasto nemmeno un bullone&quot;

Honda, Yuzuru Ishikawa: &ldquo;La CBR1000 RR-R? Una MotoGP su strada&quot;

Matita ispirata, pluripremiato maestro di design, sono sue alcune delle creazioni pi&ugrave; importanti degli ultimi anni nel settore automotive. Ma Walter De Silva &egrave; anche un creativo eclettico, una mente libera, la cui visione &egrave; capace di spaziare in molte direzioni e in diversi ambiti, compreso quello motociclistico. Con lui abbiamo parlato di nuove tecnologie, di passione, del periodo in cui si &egrave; occupato di Ducati e del futuro dei motori.  Una lunga esperienza come responsabile dello stile per il Gruppo Volkswagen in cui gravita il marchio Ducati. Come considera lo stato di salute del settore motociclistico oggi?  &ldquo;Il settore motociclistico, nell&rsquo;attuale enorme trasformazione della mobilit&agrave;, lo vedo in grande espansione. Negli ultimi anni, dal muoversi in maniera tradizionale, stiamo passando velocemente ad altri sistemi di mobilit&agrave;. Un fenomeno in cui le due ruote, mezzi agili con i quali ci si sposta in tutta sicurezza, non possono che avere una grande espansione, soprattutto grazie all&rsquo;arrivo di nuove tecnologie&rdquo;.  &nbsp;  Pensa che il futuro avr&agrave; uno sviluppo &ldquo;green&rdquo; sempre maggiore?  &ldquo;Non possiamo pi&ugrave; chiudere gli occhi o farci facili illusioni. Credo che come avviene per le biciclette, anche per le due ruote il motore elettrico prender&agrave; gradatamente piede. Perch&eacute; dico gradatamente? Perch&eacute; bisogner&agrave;, tutti insieme,&nbsp;sia a livello tecnologico, che politico, accompagnare quest&rsquo;evoluzione, facendo attenzione anche ai diversi problemi che comporta. Ad esempio, quelli legati al riciclaggio delle batterie, o di conversione&rdquo;  &nbsp;  Parlando del periodo in cui si &egrave; occupato della Ducati, c&#39;&egrave; stato qualche progetto che ha trovato particolarmente interessante?  &ldquo;Sicuramente. Intanto quando arrivai in Ducati, l&#39;apporto che diedi fu soprattutto di incrementare la ricerca nel design e nello stile, che era abbastanza contenuta. Attraverso il Gruppo VW, abbiamo portato delle possibilit&agrave; enormi, tanto &egrave; vero che abbiamo studiato proposte di design nei centri di Postdam, di Monaco, in California. Un potenziale che prima non avevano.   Su questo potenziale, io mi sono inserito mentre si sviluppava la nuova Diavel e soprattutto la Scrambler, che mi toccava il cuore perch&eacute; era la moto dei miei tempi. Il Corsarino, il Corsaro, erano le moto che noi giovani amavamo a 18 anni&rdquo;.  &nbsp;  A proposito della Diavel, in fatto di linee &egrave; stato un progetto piuttosto coraggioso...  &ldquo;Certo! Il Diavel nasce da grandi discorsi che abbiamo fatto con gli Stati Uniti. il mio apporto &egrave; stato passionale, da una parte, e dall&#39;altra professionale. In termini di processo, e anche di mio personale gusto estetico, mi confrontavo con il team Ducati, considerando la loro forte radice motociclistica. I designer Ducati, per come li ho conosciuti, sono tutti ragazzi appassionati, che usano molto la moto, dai responsabili agli stagisti.   Quindi, facendone uso, hanno la giusta interpretazione, non soltanto della linea, ma anche del design del dettaglio, del particolare, dell&#39;ergonomia. Chi lavora in Ducati, il sabato e la domenica lo passa in sella, poi, vai gi&ugrave; col gomito, vai gi&ugrave; in sbandata, arriva ammaccato il luned&igrave;. Mi ricordo che gli chiedevo: questa volta chi si &egrave; ammaccato?&rdquo;.  &nbsp;  Tanta passione da parte di chi le fa, quindi, incide effettivamente sul prodotto?  &ldquo;Loro si sentono la nazionale Rossa su due ruote. Con questo ho detto tutto. Rosso Ducati, rosso corsa, rosso scuderia... per loro &egrave; cos&igrave;. Da Domenicali a Ferraresi. Si sentono assolutamente dei performance-man.   A parlargli di scooter ti fanno il sorrisino. &Egrave; difficile entrare in Ducati e cominciare a parlare di certe cose. Per&ograve; piano piano penso che ci arriveranno, e lo faranno con questa idea di &ldquo;team rosso&rdquo;, che si sente comunque responsabile di un messaggio importante in Italia e nel mondo&rdquo;.  &nbsp;  Moto elettriche. Qual &egrave; la strada giusta per far digerire al pubblico qualcosa che non riconosce come un mezzo tradizionale?  &ldquo;Io punterei su un linguaggio stilistico completamente diverso. Dichiarerei, proprio attraverso il disegno: l&#39;ergonomia &egrave; l&#39;ergonomia, cio&egrave;, un uomo &egrave; un uomo, una donna &egrave; una donna, per&ograve; proporrei un gioco diverso, un po&rsquo; come fece D&rsquo;Ascanio con la Vespa. Le moto tradizionali, invece, che rimarranno vive per lo pi&ugrave; nella sfera dell&rsquo;hobbistica e della passione, manterranno un approccio in linea con la loro storia, rifacendosi magari al mondo delle competizioni. Come nell&#39;auto: se io mi compro una hypercar, la voglio con motore a scoppio. Ho una passione indelebile per l&#39;auto di alta performance con motore a scoppio e non ho voglia di cambiare idea, non mi interessa. Non possiamo pensare che tutti considerino l&#39;automobile, o la moto, solo un mezzo per andare da A a B. Non &egrave; cos&igrave;&rdquo;.  &nbsp;  Quindi, immagina una netta separazione tra mobilit&agrave; utile e mobilit&agrave; per passione?  &ldquo;Non dobbiamo mai dimenticare da dove veniamo, per capire dove andremo. Il muoversi rapidamente, la velocit&agrave;, furono una grande conquista del secolo scorso. La democratizzazione che ha dato la mobilit&agrave;, ha permesso alla gente di muoversi e vedere le cose. &Egrave; un fatto culturale e in questo fatto culturale rientrano anche i matti come me, che&nbsp; sono appassionati del motore a scoppio, sono appassionati della macchina prestazionale, della moto prestazionale, e anche della bicicletta, purch&eacute; sia prestazionale&rdquo;. 

Maestro di design, creatore di mezzi iconici, &egrave; un appassionato del motore a scoppio &lsquo;purch&eacute; sia prestazionale&rsquo;

Intervista a Walter De Silva: la passione, la Ducati e il futuro dei motori

Una storia quasi da film, quella della Bimota, storica azienda riminese nata nel secolo scorso dalla caparbia volont&agrave; dei suoi fondatori di creare qualcosa di unico nel panorama motociclistico. Una vicenda che, tra alti e bassi, giunge ai giorni nostri con un inatteso colpo di scena: l&rsquo;acquisto da parte di Kawasaki, con un piano di rilancio che potrebbe riservare piacevoli sorprese per un marchio da tempo in affanno. Ne &egrave; convinto al 100% uno dei suoi storici fondatori, Giuseppe Morri, che abbiamo incontrato per un&rsquo;intervista in cui abbiamo parlato degli esordi, provando anche a gettare lo sguardo &ldquo;oltre la siepe&rdquo;.    Bianchi, Morri, Tamburini: ci racconta com&rsquo;&egrave; iniziata questa incredibile avventura?  &quot;Bianchi lo conoscevo perch&eacute; &egrave; mio cugino, facevamo entrambi lo stesso mestiere, gli idraulici in un cantiere. L&igrave; abbiamo conosciuto Tamburini e abbiamo capito subito che era bravissimo, aveva un modo di lavorare entusiasmante. Siamo diventati amici e dopo un po&rsquo; abbiamo deciso di metterci in societ&agrave;, era il 1966. L&rsquo;azienda andava bene. In quegli anni la Riviera era in fermento, per cui ci allargammo in fretta. Bologna, Ancona, poi le commesse per il Ministero della Marina, e tante altre realt&agrave; importanti. Tamburini era quello che si occupava dei grandi lavori. Io facevo gli affari, ero conosciuto nell&rsquo;ambiente perch&eacute; ci mettevo la faccia. Bianchi era un po&rsquo; stritolato tra due persone con un carattere forte.&nbsp;  Forse per questo a un certo punto &egrave; andato via, senza neanche avvertire. Intanto Tamburini aveva gi&agrave; cominciato a pasticciare con le moto. Questo era stato un elemento di discussione forte con Bianchi, perch&eacute; lui era convinto che perdesse solo tempo. Aveva elaborato una Guzzi, poi una MV. Poi compr&ograve; una Honda, ci and&ograve; a Misano e fece un volo incredibile alla curva della Quercia. Andai in ospedale a trovarlo e ricordo che a un certo punto gli dissi: &ldquo;Massimo, se continui cos&igrave; io vado avanti da solo. Tu vai in moto e ti spezzi tutto&rdquo;. Poi, durante l&rsquo;inverno, trascorremmo delle serate insieme, io e lui, a mettere a posto un magazzino. E mi convinse! Provammo a usare il motore della sua vecchia Honda per fare una moto. &ldquo;Male che vada facciamo pubblicit&agrave; all&rsquo;azienda&rdquo; mi disse, &ldquo;oppure hai visto mai che facciamo un&rsquo;altra attivit&agrave; parallela?&rdquo;. Cos&igrave; nacque la IB1, ci andammo a Imola e le prendemmo di santa ragione; allora ci promettemmo che non avremmo mai mollato finch&eacute; una nostra moto non fosse partita in prima fila in un mondiale. Senza sapere che quella sarebbe diventata una droga, da cui non saremmo usciti pi&ugrave;&quot;.  Quella della prima Bimota &egrave; stata un&rsquo;avventura incredibile. Cosa ha rappresentato per lei, e cosa ha rappresentato per il mondo moto?&nbsp;  &quot;Per me, in un certo senso, &egrave; stata una scelta drammatica. Quando all&rsquo;inizio del 1976 decidemmo di vendere la vecchia attivit&agrave; e di dedicarci completamente alle moto, fu come giocarci tutte le fiches su un unico numero. Sono stati anni durissimi. Li abbiamo superati con difficolt&agrave;, anche perch&eacute; ci fu uno sfortunato episodio nel rapporto fra noi e Suzuki Italia, che ci aveva ordinato 200 moto. Furono bloccate tutte. Il materiale era praticamente pronto, ma i motori non furono fatti sbarcare a Livorno, perch&eacute; l&rsquo;allora Ministro del commercio estero ricontingent&ograve; le quote sui giapponesi, bloccando i ricambi, e i motori tornarono tutti in Giappone. Riuscimmo a fatica a convincere la Suzuki a darci 50 motori smontati da motociclette complete, per realizzare almeno 50 moto, ma fu un rischio pazzesco quello l&igrave;. Poi ci fu l&rsquo;investimento enorme sulla nuova fabbrica.&nbsp;  A quel tempo noi non avevamo altre risorse se non il lavoro. Investire 800 milioni, una cifra non indifferente in quegli anni, fu da non dormirci la notte. All&rsquo;epoca avevo gi&agrave; tre figli. Tamburini ne aveva due. La mia vita &egrave; sempre stata cos&igrave;, non ho mai avuto paura di rischiare, ma quello che facevo mi doveva convincere e darmi delle soddisfazioni, sia dal punto di vista professionale che economico. Dal punto di vista professionale ero sicuro, su Tamburini non avevo dubbi. Su quello economico un po&rsquo; meno&quot;.&nbsp;  Dal binomio Kawasaki/Bimota pu&ograve; nascere un progetto racing?&nbsp;  &quot;Non lo so, ma ad oggi direi di no. La tecnologia nelle moto da competizione &egrave; talmente avanzata che Bimota dovrebbe diventare enorme per stare dietro alle corse. Inoltre la moto che hanno presentato, la Tesi H2, non fa pensare a questo. Credo che la strada attuale sia una struttura che intende fare prodotti avanzati in piccola serie&quot;.  Bimota: la Tesi H2 si prepara al debutto su strada  Vi abbiamo incuriosito? Volete sapere cos&#39;altro ci ha svelato Giuseppe Morri sulla sua vita e sulla Tesi H2? Sul nuovo numero di In Moto in edicola, o in versione digitale qui trovate l&#39;intervista completa. 

Un appassionante viaggio dalle origini del Marchio Bimota fino al recente matrimonio con la Kawasaki, attraverso le parole di uno dei suoi storici fondatori, Giuseppe Morri. Per cercare di scoprire cosa ci aspetta nei prossimi anni

Una vita da Bimota: l&rsquo;intervista a Giuseppe Morri

        Se si sfogliano gli almanacchi a caccia di moto vincenti, si scopre che spesso c&rsquo;&egrave; il suo zampino. Olandese, classe 1947, Jan Witteveen &egrave; stato un pilota appassionato ma, soprattutto, un ingegnere e un progettista di successo, che ha vissuto una delle esperienze professionali tra le pi&ugrave; prolifiche ed entusiasmanti nel mondo delle due ruote. Jan, parliamo di motociclismo in senso ampio. In che stato lo trovi oggi? "Visto dal punto di vista racing, devo dire la verit&agrave;, non mi piace pi&ugrave; tantissimo, perch&eacute; lo sviluppo tecnico della moto non ha pi&ugrave; l&rsquo;importanza di una volta. I regolamenti, soprattutto in MotoGP,&nbsp; sono cos&igrave; restrittivi che tecnicamente non si pu&ograve; pi&ugrave; fare la differenza. Oggi si preferisce lasciare spazio alla comunicazione e al pilota, in nome dello spettacolo.&nbsp; Un vero peccato. Questo per quanto riguarda il racing, per la produzione, invece, in questo momento dobbiamo recuperare, dopo un periodo di relativa immobilit&agrave; delle case produttrici dovuto alla crisi economica, e purtroppo le restrizioni delle norme anti-inquinamento non aiutano". Vedi, quindi, una forte pressione sul problema ambientale? "S&igrave;, perch&eacute; oggi come oggi, ogni nuovo modello presentato deve soddisfare tante aspettative in fatto di performance, leggerezza, contenuti tecnici. Ma le regole sull'inquinamento e sul rumore sono sempre pi&ugrave; stringenti e questo determina un aumento dei costi. Quindi a lungo andare bisogner&agrave; trovare delle alternative, forse il motore endotermico avr&agrave; una fine non tanto lontana. Anche se non credo che possa capitare troppo presto, perch&eacute; secondo me il motore endotermico, sulle moto pi&ugrave; che sulle auto, ha ancora molto da dare e da dire in termini di sviluppo. Basti pensare alle fasature variabili e a tutti i sistemi che permettono di ridurre i consumi e ottimizzare resa, prestazioni ed emissioni". Sull&rsquo;elettrico che opinione hai? Lo intendi pi&ugrave; come un&rsquo;operazione di facciata, utile a dimostrare impegno verso tematiche ambientaliste, o pensi che sia effettivamente la tecnologia del futuro? "Io credo all'elettrico solo per uso urbano, per i pendolari che con una batteria piena fanno avanti e indietro in un range di 20/30 km. Va bene per la citt&agrave;, dove pu&ograve; essere una possibilit&agrave; per migliorare la qualit&agrave; dell'aria, che supera i livelli accettabili. Oltre non lo vedo. Penso che l'elettrico sia una soluzione forzata anche politicamente. Le emissioni a zero non ci sono, finch&eacute; non abbiamo l'energia prodotta veramente a emissioni zero, a impatto ambientale zero. Per non parlare dei problemi legati alle batterie, alla loro produzione, al loro riciclaggio. Poi c&rsquo;&egrave; il problema della rete di distribuzione elettrica, che non trovo sufficiente, soprattutto se in futuro dovessimo attaccare tutti la moto o l&rsquo;auto alla spina per ricaricare le batterie. Sarebbe un problema, ci vorrebbe un altro tipo di infrastruttura, con cavi decisamente pi&ugrave; grandi per trasportare molta pi&ugrave; energia. Per cambiare la rete occorrerebbero almeno 10/20 anni, ammesso che si partisse subito". Allora, forse, sarebbe meglio pensare ad altro? "Si, secondo me occorrono altre soluzioni. Attualmente ci sono progetti interessanti per accumulare, e sfruttare, l'energia solare. Un&rsquo;altra strada da tenere d&rsquo;occhio &egrave; quella di Honda con l&rsquo;idrogeno, non usato puro ma a &ldquo;combustione&rdquo;, perch&eacute; cos&igrave; &egrave; pi&ugrave; controllabile ed efficiente. L&rsquo;idrogeno, tra l&rsquo;altro, &egrave; gi&agrave; in uso in citt&agrave; come Bolzano, dove alimenta sia i pullman che il parco macchine del comune". Torniamo al presente. Tu hai seguito lo sviluppo di moto da gara eccezionali, veri gioielli della tecnica. Secondo te, in particolare nella produzione di serie, &egrave; pi&ugrave; difficile, oggi, progettare mezzi capaci di emozionare alla guida? "Oggi, purtroppo, &egrave; difficile creare una moto che un pilota sportivo possa davvero godersi tutti i giorni, con soddisfazione. Bisogna per forza andare in pista. In giro, il sabato o la domenica, si vedono ormai pochissime moto sportive. Troppo traffico, troppi pericoli, troppe multe per limiti di velocit&agrave;. Poi, come dicevamo, a causa delle normative sull&rsquo;inquinamento e sulle emissioni sonore, i motori vengono molto castrati. Per non parlare del fatto che, tecnicamente, l&rsquo;attenzione delle case si &egrave; molto spostata sulla sicurezza. Ci sono troppi incidenti". Operazioni di downsizing come quelle di Aprilia, col nuovo motore 660 a 2 cilindri che equipaggia una sportiva, potrebbero aiutare? "Forse potrebbero. Quasi tutte le marche hanno in listino una moto sportiva estrema. La Ducati, la BMW, L&rsquo;aprilia, le giapponesi. Kawasaki addirittura col turbo. Ogni Casa ha fatto una moto prestazionalmente elevatissima perch&eacute;, anche se non vende, rappresenta una bandiera per il marchio. Quella dei motori pi&ugrave; piccoli, magari anche sovralimentati con sistemi capaci di incrementare i bassi regimi, e con meno cilindri, &egrave; invece una strada che si pu&ograve; e si deve seguire. Inoltre hai meno perdite di attrito, meno pompaggio, il consumo scende e diminuisce l'impatto ambientale. Secondo me, diminuire l&rsquo;impatto ambientale &egrave; fondamentale, se vogliamo garantire la massima sopravvivenza al motore endotermico".       

Abbiamo fatto due chiacchiere con uno dei tecnici pi&ugrave; noti del mondo moto, a proposito di futuro, di elettrico, di propulsioni alternative e di tanto altro: 'Quella dei motori pi&ugrave; piccoli, magari anche sovralimentati con sistemi capaci di incrementare i bassi regimi, &egrave; invece una strada che si pu&ograve; e si deve seguire'

Il futuro delle moto secondo Jan Witteveen: l'intervista

&ldquo;Oggi montiamo esclusivamente barriere idonee ai motociclisti. Tutti gli attuali guardrail dell&rsquo;ANAS hanno infatti il DSM, il Dispositivo SalvaMotociclisti, integrato&rdquo;. Per noi appassionati di moto &egrave; questa la frase pi&ugrave; importante pronunciata dall&rsquo;Ing. Nicola Dinnella, il responsabile del Settore Barriere di Sicurezza dell&rsquo;ANAS, che abbiamo incontrato in occasione di Motodays. Ed &egrave; sicuramente un enorme passo avanti rispetto a un passato recente, quando le amministrazioni responsabili delle strade si preoccupavano assai poco della sicurezza dei motociclisti.    CERTO SIAMO UN PO&#39; ALL&#39;ANNO ZERO,&nbsp;visto che i chilometri di barriere DSM installati a oggi sono pochi in relazione all&rsquo;estensione della rete stradale ANAS, ma &egrave; un ottimo inizio. &ldquo;Al momento abbiamo installato circa 250 km di barriere, per&ograve; quest&rsquo;anno ne prevediamo gi&agrave; pi&ugrave; di 400. Il programma, condiviso con il Ministero delle Infrastrutture, ci consentir&agrave; nel giro di pochi anni di arrivare a un&rsquo;estensione significativa. Nel 2021 contiamo di averne almeno 3mila km. Certo, non tantissimo rispetto ai nostri circa 33mila km di strade, ma &egrave; un grandissimo punto di partenza per preservare i motociclisti durante le loro passeggiate in moto&rdquo;.  SICURAMENTE SI, visto che dai dati ufficiali su tali strade gli incidenti dei mezzi a due ruote sono addirittura raddoppiati, passando dal 2 al 4% del totale, facendo segnare per&ograve; una riduzione della mortalit&agrave; del 18%. Qual &egrave; la peculiarit&agrave; dei vostri guard rail?  &ldquo;Abbiamo scelto una barriera di tipo continuo, cosa che evita durante l&rsquo;eventuale urto del motociclista che questo possa impattare contro i paletti. E abbiamo strutturato questo profilo continuo dentro la barriera. Tutti i test che abbiamo fatto, tutte le simulazioni, hanno tenuto conto di questa condizione di partenza. Non abbiamo mai pensato a una barriera commerciale a nastri e a paletti da aggiungere dopo, piuttosto abbiamo preferito concentrarci su un dispositivo che fosse parte integrante della barriera&rdquo;.  Con lo spartitraffico H4ST DSM di fresca omologazione e presentato a Motodays, sono ora 8 i modelli di guard rail utilizzabili dall&rsquo;ANAS. I precedenti sono tutti nelle tipologie &ldquo;Bordo laterale&rdquo; e &ldquo;Bordo ponte&rdquo;, suddivisi nelle classi H2, H3 e H4, in funzione della loro robustezza e della tipologia di strada sulla quale possono essere installati. &ldquo;A seconda del tipo di strada e di traffico c&rsquo;&egrave; un tipo di barriera. Dal punto di vista geometrico e costruttivo sono snelle: ci serviva una barriera sottile, per poterla installare facilmente anche dove c&rsquo;&egrave; poco spazio. Ma abbiamo pensato pure al design, per darle un profilo piacevole. Perch&eacute; quando siamo alla guida guardiamo a destra e a sinistra, e apprezziamo i paesaggi che ci circondano&rdquo;. &ldquo;Ora la nostra gamma di barriere &egrave; completa &ndash; dice l&rsquo;Ing. Dinnella -. Quello che mancava &egrave; lo spartitraffico ultimato qualche settimana fa. E questo permette di risolvere delle situazioni ricorrenti, quali le installazioni in spazi ridotti. Spesso sulle strade esistenti siamo costretti a intervenire con azioni di messa in sicurezza. Ma per installare barriere capita frequentemente che dobbiamo fare interventi di adeguamento sulla piattaforma stradale, per recuperare lo spazio necessario per il funzionamento. Questa barriera ci consente di fare lavori pi&ugrave; snelli e veloci, rendendo pi&ugrave; facile la messa in sicurezza della rete viaria&rdquo;.  Come &egrave; regolamentata l&rsquo;omologazione di queste infrastrutture stradali idonee per motociclisti? &ldquo;Attualmente esiste solamente una norma spagnola - la UNE 135900 - che l&rsquo;Italia si sta accingendo a recepire, in una bozza di decreto che sta circolando in questo periodo. Perch&eacute; al momento esiste solo una direttiva europea, la UNI-EN 1317-8, che riguarda l&rsquo;omologazione. L&rsquo;Italia sta facendo riferimento a quella spagnola, per definire qual &egrave; lo spazio normativo di riferimento per i motociclisti. Per la certificazione necessaria ci affidiamo al CSI di Milano, un organismo riconosciuto a livello europeo, presso il quale effettuiamo i crash test necessari&rdquo;.    Costano pi&ugrave; del normale le barriere salvamotociclisti? &ldquo;Sicuramente hanno un costo superiore, non foss&rsquo;altro perch&eacute; c&rsquo;&egrave; pi&ugrave; materiale. Ma la spesa si ammortizza, se si pensa ai costi sociali che diversamente potremmo avere indotti dalle eventuali persone ferite o, peggio ancora, morte. Parliamo di decine e decine di migliaia di euro di differenza, se si considera che un morto costa pi&ugrave; di 1 milione e 600mila euro, mentre un ferito va dai 20 agli 80mila euro. Siamo un&rsquo;azienda statale, che risponde al ministro dell&rsquo;economia e a quello dei trasporti, abbiamo una logica di sicurezza complessiva, nella cui economia va anche il costo sociale&rdquo;.  Quanto tempo ci vuole per sviluppare una barriera? E con che logica si pianificano le sostituzioni? &ldquo;Se l&rsquo;idea c&rsquo;&egrave;, in circa 6 mesi si arriva dal progetto ai risultati dei crash test. Per la pianificazione delle manutenzioni abbiamo dei piani di monitoraggio molto intensi. Con questi cerchiamo di capire qual &egrave; lo stato della barriera, quali sono state le certificazioni precedenti e qual &egrave; la priorit&agrave; d&rsquo;intervento del tratto che stiamo analizzando. La nostra Azienda ha un contratto di programma con il Ministero che alla base degli interventi prevede uno studio funzionale delle infrastrutture che offre un quadro completo dello stato dell&rsquo;opera e un piano programmatico di interventi in base a precise priorit&agrave;&rdquo;.  LEGGETE LA NOSTRA INCHIESTA SUL NUMERO DI APRILE 2019 DI I NMOTO -&nbsp;L&rsquo;ANAS, che gestisce oltre 30mila km di rete viaria nazionale, &egrave; un&rsquo;isola felice in un panorama di amministrazioni regionali e provinciali che faticano a gestire le strade in loro concessione. Ovunque in Italia le strade sono percorsi di guerra, con costi sociali altissimi per gli incidenti causati dall&rsquo;incuria di chi dovrebbe fare manutenzione di asfalti, guard rail e segnaletica. Come venire fuori da questa situazione? Quali gli investimenti necessari? E con quali ritorni? Di questo e altro abbiamo parlato sul numero di Aprile 2019 di InMoto, in edicola dal 15 marzo.  Segui il profilo Instagram ufficiale di InMoto 

Nicola Dinnella, che all&rsquo;ANAS si occupa di barriere, ci parla di guardrail, della loro progettazione, delle politiche di tutela della sicurezza passiva degli amanti delle due ruote e della nuova linea di barriere con dispositivo salvamotociclisti

Solo guardrail salvamotociclisti per le strade statali

Solo guardrail salvamotociclisti per le strade statali - FOTO

E&#39; uno dei cantautori italiani pi&ugrave; famosi ma sono in pochi a conoscere la sua passione per la moto. Abbiamo intervistato Max Gazz&egrave;&nbsp;in occasione dei Motodays romani, dove, allo stand di InMoto e Motosprint, ha svelato la sua nuova special, realizzata dal preparatore Brus Industry. E nell&#39;occasione ci ha raccontato com&#39;&egrave; nato questo amore e cosa cerca in una moto: senso di libert&agrave;, esclusivit&agrave; del progetto ma... soprattutto piacere di guida. Buona visione.

Intervista: Max Gazzè e la passione per le moto - VIDEO

Una gamma diversificata di prodotti sempre pi&ugrave; attenti alle necessit&agrave; di chi in moto ama macinare strada e sogna costantemente nuovi orizzonti. A Roma Motodays, Givi ha esposto al suo stand tutte le ultime novit&agrave; di prodotto. Un&rsquo;interessante chiacchierata con&nbsp;Antonio Rizzini, dealer support del marchio, ci ha permesso di conoscerle meglio e non &egrave; mancata qualche succosa anticipazione.  Givi &egrave; al Motodays con tutte le novit&agrave; 2018. Chi passa allo stand cosa non deve assolutamente perdersi?  &quot;A differenza degli anni passati Givi si sta spostando sul settore delle borse soffici e, per questo, la novit&agrave; principale che vogliamo mostrare ai nostri clienti &egrave; la vastissima gamma di prodotti di questo genere. Abbiamo addirittura 5 linee per andare incontro alle necessit&agrave; di qualsiasi genere di motociclista. Se anni fa l&rsquo;intento era quello di creare un prodotto universale, adesso cerchiamo di offrire&nbsp;proposte&nbsp;che siano sempre pi&ugrave; specifiche.   Tra le nuove borse soffici c&rsquo;&egrave; un prodotto che spicca in particolare?   Ognuno ha le sue qualit&agrave; e la sua specifica identit&agrave; ma di sicuro la Gravel T, che stiamo sviluppando ormai da un paio di anni con diverse implementazioni, &egrave; una delle pi&ugrave; interessanti. Quest&rsquo;anno, poi, a EICMA abbiamo presentato la GRT709 Canyon, un ibrido tra una borsa soffice ed un baluletto rigido, quindi una borsa molto polivalente, impermeabile, resistente e ad altissimi contenuti tecnologici: piastra e contro-piastra che si fissano direttamente al telaio delle valigie rigide assicurano stabilit&agrave; ed un attacco sicuro&quot;.  State studiando qualcosa di simile alla Canyon anche per i bauletti posteriori o in questo caso si preferisce rimanere sul classico rigido?   &quot;Ci stiamo lavorando. A dire il vero c&rsquo;&egrave; una sorta di ritorno alle origini, al motociclista che non utilizza i bauletti rigidi ma sacche morbide - nel nostro caso resistenti, impermeabili e tecnologiche come un rigido -&nbsp;da attaccare alla moto e via. La tendenza adesso &egrave; un po&rsquo; quella di passare dal bauletto di alluminio alla borsa soffice. Quindi s&igrave;, confermo, questa &egrave; una anticipazione di cui ancora non si sa niente ma posso dire che stiamo lavorando in questo senso anche per quanto riguarda i bauletti posteriori&quot;.  Le sacche o borse 100% impermeabili sono sempre pi&ugrave; richieste dal mercato&hellip;  &quot;Si, infatti, tra i nostri prodotti specifici abbiamo una linea interamente dedicata ai prodotti impermeabili, come la top di gamma della linea alla quale appartiene la Gravel T. Poi abbiamo altre 2 tipologie di borse impermeabili appartenenti alla linea Easy e alla linea Ultima, cos&igrave; possiamo offrire al cliente borse impermeabili di diversa fascia e di diversi contenuti tecnici per accontentare una vasta gamma di utenza&quot;.  E invece per quanto riguarda la gamma caschi?   &quot;Givi &egrave; anche caschi ed &egrave; un messaggio che ormai si sta diffondendo sempre di pi&ugrave;, soprattutto in alcuni paesi d&rsquo;Europa. Stiamo lavorando per ampliare questa idea, &egrave; pi&ugrave; di 12 anni che produciamo caschi e stanno diventando sempre di pi&ugrave; una componente importante della nostra proposta di prodotti. Gi&agrave; due anni fa abbiamo fatto un salto per riuscire ad alzare il valore percepito dei nostri caschi introducendo modelli in fibra di carbonio e dall&rsquo;anno prossimo lanceremo altri modelli che daranno una spinta ulteriore in questa direzione&quot;.  Voi avete un&#39;immagine molto &quot;tech&quot;, possiamo ipotizzare per&ograve; anche qualche novit&agrave; che cavalchi la recente moda neo-vintage?  &quot;Nonostante la capacit&agrave; di spaziare su pi&ugrave; fronti, il nostro cliente tipo &egrave; comunque il mototurista, quindi i nostri prodotti cercano sempre di andare in quella direzione. In particolare, anche i nuovi arrivi in fatto di caschi saranno disegnati sul viaggiatore&quot;.   

In occasione del Salone di Roma abbiamo fatto una&nbsp;chiacchierata&nbsp;con Antonio Rizzini di Givi, che ci ha rivelato alcune succose anticipazioni a proposito delle novit&agrave; in arrivo

Un futuro sempre pi&ugrave; &ldquo;morbido&rdquo;: Givi al Motodays 2018

Vito Cicchetti &egrave; uno dei pochissimi italiani ad avere conquistato la fiducia dei manager della Honda Motor Co. Ltd e per questo, l&rsquo;abruzzese cresciuto in America oggi non &egrave; soltanto al comando di Honda Motor Europe ma la sua opinione ha una notevole importanza anche ai piani alti, in Giappone. Cicchetti &egrave; sempre stato un manager &ldquo;anomalo&rdquo;, attaccato alla sua &ldquo;maglia&rdquo;, schietto, spesso poco politico, ma sanguigno. Insomma, la persona adatta ad analizzare quello che Honda ha mostrato al Tokyo Motor Show e a EICMA e ad analizzare il futuro del colosso del Sol Levante.  Honda sta presentando modelli in molti segmenti di mercato ma sta anche mostrando tecnologie innovative. Quale direzione avete preso?   &laquo;Honda sta sviluppando prodotti adatti a clienti che difficilmente saliranno in sella a una moto o a una moto di nicchia. Per intenderci, chi oggi guida un Super Cub va accompagnato verso le cilindrate maggiori. Noi abbiamo un parco clienti vastissimo, che parte dal basso e ne stiamo tenendo conto per sviluppare una gamma di prodotti adatti a questi clienti, nel mondo. Penso anche che poche altre aziende siano in grado di costruire un&rsquo;Africa Twin, una moto con cerchio di 21&rdquo;, nata per fare davvero fuoristrada nel 65% della sua vita ma adatta all&rsquo;uso su strada. L&rsquo;equilibrio dell&rsquo;Africa Twin rispecchia la nostra filosofia, basata sull&rsquo;equilibrio, che a volte mal si sposa con il &ldquo;fun&rdquo; che intendono alcuni clienti ma ben si sposa con ci&ograve; che vogliono i nostri clienti, tanti, in tutto il mondo&raquo;.  Per&ograve; le moto &ldquo;fun&rdquo; servono ad alimentare l&rsquo;immagine tecnologica dell&rsquo;azienda.   &laquo;Infatti in Giappone hanno capito che se non investiamo nel settore di nicchia, rischiamo di perdere tutti quei clienti che oggi sono felicissimi di possedere una Honda. Tutti clienti che in futuro potrebbero guardare una Ducati o una BMW, piuttosto che una Honda. L&rsquo;Europa resta un palcoscenico importante. Come dire... se vuoi vedere il film, devi entrare e pagare&raquo;.  Hai citato la Ducati, l&rsquo;azienda che sembra seguire una strada opposta alla vostra. Cosa ne pensi?   &laquo;La Ducati fa bene quello che sta facendo, perch&eacute; un&rsquo;azienda che produce 50.000, 60.000, 70.000 rappresenta una nicchia, che deve costruire moto come la Panigale V4. Hanno anche fatto qualcosa di diverso con la Scrambler, un prodotto riuscito. Alla fine, per&ograve;, ho notato che sono stati costretti a presentare una 1100 per portare avanti il progetto&raquo;.  A proposito di supersportive. Quelle di serie hanno superato i 200 CV. Ha senso?   &laquo;La ricerca della potenza massima si lega con il mondo delle corse, dove la Honda investe tantissimo, anche troppo, soprattutto in MotoGP. Molti di questi soldi potrebbero essere spesi per realizzare prodotti da vendere. Oggi, a differenza del passato, diverse MotoGP hanno raggiunto un elevato livello prestazionale ed &egrave; il pilota a fare la differenza. Per spiegare la mia tesi aggiungo... oggi il mercato delle Supersport 600 &egrave; morto, per&ograve; in passato Honda era leader di quel mercato, sia quando vincevamo i mondiali, sia quando non li vinceva. Le vendite non erano collegate alle vittorie ma al prodotto. E ancora... presentiamo un prodotto nuovo come la Fireblade e mi rendo conto che &egrave; commercialmente valido, anche se non abbiamo vinto in Superbike. Pensando al futuro il dilemma &egrave;: costruire una supersportiva equilibrata o realizzarne una, magari V4, con 222 CV dal peso di 195 kg? Io, da europeo, rispondo: facciamola esagerata, perch&eacute; &egrave; quello che vuole quel cliente. Per&ograve;, per esempio, gli inglesi usano la Fireblade su strada, tutti i giorni. In alcuni Paesi c&rsquo;&egrave; ancora la voglia di moto super potenti ma la Honda pensa che questo non sar&agrave; il futuro&raquo;.  Quale sar&agrave; il futuro?   &laquo;Le moto elettriche, che abbatteranno le barriere tecnologiche, per cui molti costruttori potranno entrare nel mercato, anche avendo meno know-how. &ldquo;L&rsquo;elettrificazione&rdquo; &egrave; stata decisa ad alto livello, dai governi e dalle Case auto. La moto, che ha meno voce in capitolo, verr&agrave; trascinata in questo sistema. Tutto ci&ograve; a mio avviso avverr&agrave; in 10, massimo 15 anni. Non molto, se ci pensi&raquo;.  La Riding Assist-e sembra volere spiegare che in moto si cade pi&ugrave; difficilmente. &Egrave; corretto?   &laquo;Nella Honda ci sono due macro livelli di R&amp;D. C&rsquo;&egrave; chi sviluppa tecnologia per la produzione di serie e chi sviluppa tecnologia... punto. Quest&rsquo;ultimo reparto &egrave; lasciato libero di creare e non si interfaccia con chi produce. La Riding Assist-e &egrave; stata presentata ma non lo sapeva neppure il mio presidente! Io non so neanche spiegare come funzioni esattamente, perch&eacute; utilizza hardware e software di Asimo, evoluti per essere applicati alla moto&raquo;.  Potrebbe diventare un prodotto di serie?   &laquo;Difficile dirlo. Io applicherei quella tecnologia su una Gold Wing, magari ibrida, non pensata per curvare pi&ugrave; veloce ma per garantire maggiore facilit&agrave; di gestione a bassa velocit&agrave;. Bisognerebbe lavorare per ridurre i pesi. Vero &egrave; che anche la Yamaha Niken pesa pi&ugrave; di una Tracer, quindi... Bisogner&agrave; capire se l&rsquo;utente sar&agrave; disposto a spendere di pi&ugrave; per acquistare qualcosa che pesa di pi&ugrave;. Io considero la tre ruote della Yamaha &egrave; un prodotto intelligente&raquo;.  Honda costruir&agrave; una moto con tre ruote?   &laquo;Il problema del tre ruote &egrave; legato ai brevetti. Il sistema della Piaggio &egrave; stato sviluppato su una base nota, nel senso che era stata proposta anche ad altre Case. La Yamaha, sulla Niken, ha sviluppato un sistema diverso. C&rsquo;&egrave; sempre meno spazio per inventare e bisogner&agrave; capire come verr&agrave; accolta la moto a tre ruote. Nel segmento scooter i tre ruote non hanno avuto una grande crescita, dopo l&rsquo;entusiasmo iniziale. Per assurdo la tecnologia delle tre ruote potrebbe funzionare di pi&ugrave; su una moto, perch&eacute; potrebbe attirare i clienti che hanno timore di cadere&raquo;.  Si dice che nella vostra R&amp;D ci sia un motore sovralimentato...   &laquo;&Egrave; vero. Abbiamo costruito un V2 sovralimentato. Io l&rsquo;ho anche provato ed &egrave; meraviglioso. Il progetto c&rsquo;&egrave; ma attualmente &egrave; parcheggiato, sia per questione di costi, molto elevati, sia per questione di filosofia, un po&rsquo; distante dal nostro modo di concepire la moto. Con l&rsquo;attuale management non credo si produrr&agrave;, per&ograve; in futuro la situazione potrebbe anche cambiare. Io penso e spero che possa diventare realt&agrave;. Non sarebbe una moto da 300 chilometri orari ma rappresenterebbe qualcosa di davvero innovativo, performante e tecnologico&raquo;. 

Una lunga intervista realizzata dai colleghi di Motosprint svela retroscena interessanti sui progetti della Casa giapponese

Honda ha un V2 sovralimentato&hellip; ma forse non lo user&agrave;!

Negli anni, sono diversi gli appassionati che si sono lasciati sedurre dall&rsquo;idea di condurre un veicolo multiruota a manubrio; uno di quelli che si guida &ldquo;piegando&rdquo;, proprio come un qualunque scooter, ma con livelli di sicurezza e stabilit&agrave; sconosciuti ai modelli tradizionali. Un trend in grande crescita come mostrano, da un lato i dati di mercato (soprattutto a livello europeo), dall&rsquo;altro l&rsquo;arrivo di novit&agrave; pronte a esportare la filosofia alla base di questi veicoli anche nel mondo delle moto vere. Tra i players pi&ugrave; importanti di questo particolare segmento, c&rsquo;&egrave; Quadro Vehicles. Durante il Motor Show di Bologna abbiamo incontrato Paolo Gagliardo, nuovo CEO dell&rsquo;azienda svizzera, a cui abbiamo avuto l&#39;occasione di rivolgere alcune domande.  I mezzi multiruota a manubrio sono un trend in ascesa. All&rsquo;ultimo EICMA si &egrave; vista persino la prima moto a 3 ruote di alta cilindrata. Un successo che in Quadro avevate previsto da tempo&hellip;  &ldquo;Quadro Vehicles &egrave; un&rsquo;azienda svizzera, nata nel 2010 con l&rsquo;obiettivo di realizzare veicoli capaci di rompere gli schemi tradizionali, proponendo un approccio totalmente inedito e innovativo alla mobilit&agrave;. Il cuore del progetto &egrave; la tecnologia HTS (Hydraulic Tilting SystemTM), un sistema di sospensioni idropneumatiche rivoluzionario che consente di far emergere - e convivere &ndash; in chi guida due emozioni intrinsecamente e diametralmente opposte: libert&agrave; e stabilit&agrave;. Stato dell&rsquo;arte delle abilit&agrave; e della visione del nostro team di ingegneri e designer &egrave; il primo veicolo basculante con quattro ruote al mondo, il Quadro4&rdquo;.  Quello d&rsquo;oltralpe, ad oggi, &egrave; il mercato di riferimento. In particolare la Francia, dove il segmento scooter/veicoli a 3 ruote &egrave; una realt&agrave; consolidata. Quali sono le attese per il mercato italiano?  &ldquo;Dopo la Francia, l&rsquo;Italia per noi rappresenta il secondo mercato come importanza. Non abbiamo &ldquo;attese&rdquo;, bens&igrave; progetti: abbiamo strutturato un piano di sviluppo per il 2018 (cos&igrave; come per gli anni a seguire) molto ambizioso. In particolare, oltre a costruire una rete pi&ugrave; capillare sul territorio, stiamo dando vita a diverse importanti partnership atte a sviluppare nuovi canali e nuove modalit&agrave; di vendita e assistenza al cliente&rdquo;.  Una vetrina come il Motor Show &egrave; un&rsquo;occasione importante per incontrare il pubblico e spiegare il prodotto?  &ldquo;Il Motor Show &egrave; per noi una sorta di debutto in societ&agrave;; abbandoniamo la &ldquo;comfort zone&rdquo; del mondo moto in cui siamo cresciuti e ci affacciamo a un mondo che sta mostrando grande curiosit&agrave; e interesse per questo prodotto che risponde a un bisogno che molti - prima di vedere il Quadro4 a Bologna per la prima volta - non avevano nemmeno ancora avvertito. &Egrave; come se avessimo schiacciato l&rsquo;interruttore della luce. Il Quadro4 &egrave; un veicolo basculante a 4 ruote che si guida con patente auto che consente di muoversi in citt&agrave; con l&rsquo;ingombro di un maxiscooter. Questo mix lo rende estremamente interessante per il pubblico del Motor Show. In fiera c&rsquo;&egrave; la possibilit&agrave; di testare il veicolo assieme a uno dei nostri piloti e le reazioni al termine del test sono tutte molto positive. Al Motor Show, inoltre, esponiamo un veicolo scarenato per mettere a nudo le sue peculiarit&agrave; e il pubblico apprezza. &Egrave; bello &ndash; e molto motivante - leggere sorpresa ed entusiasmo sui volti delle persone che incontriamo&rdquo;.  Il Quadro4, rispetto alla concorrenza che si ferma a 3, rappresenta lo step ulteriore. La tappa finale di un&rsquo;evoluzione che punta a coniugare sicurezza su ogni terreno e praticit&agrave; d&rsquo;uso quasi da scooter. Qual &egrave;, nello specifico, il tipo di utente a cui si rivolge?  &ldquo;Il ventaglio di utenti ai quali il nostro veicolo si rivolge &egrave; potenzialmente molto ampio. La sua missione, infatti, &egrave; quella di soddisfare le esigenze pi&ugrave; diverse in base a diverse necessit&agrave; e desideri. Parliamo a chi cerca una soluzione innovativa e sicura per gli spostamenti quotidiani dentro e fuori i centri urbani, per evitare il caos delle grandi citt&agrave; nelle ore di punta, accedere alle ZTL e alle corsie preferenziali e trovare parcheggio facilmente; a chi vuole un mezzo pienamente fun &amp; leisure e, non in ultimo, a chi ha bisogno di un mezzo per la propria attivit&agrave; commerciale, qualsiasi essa sia&rdquo;.  Quando provai il Quadro4 pensai che sarebbe stata divertentissima una versione avventurosa; e dopo un po&rsquo; ecco arrivare lo Steinbock, &ldquo;pronto a tutto&rdquo; anche al fuoristrada leggero. Ci saranno ulteriori sviluppi?  &ldquo;La risposta &egrave; s&igrave;. Lo Steinbock rappresenta non solo la nostra apertura alla mobilit&agrave; a 360&deg;, &egrave; anche un elemento simbolo del nostro DNA svizzero. Lo stambecco vive sulle Alpi, &egrave; stabile e agile al contempo e i suoi quattro punti di appoggio sono sempre incollati al terreno. L&rsquo;anima del nostro Quadro4. A settembre di quest&rsquo;anno l&rsquo;abbiamo messo a dura prova durante la HAT (Hard Alpi Tour - 520 km in 24 ore da Sanremo a Sestri&egrave;re) e il mezzo ha portato brillantemente a termine l&rsquo;impresa. Forti di questa esperienza, stiamo sviluppando un nuovo progetto Adventure che presenteremo in autunno. Una piccola nota per chiudere: siamo l&rsquo;unica casa produttrice di un veicolo che si guida con il casco/privo di scocca, che pu&ograve; prendersi la libert&agrave; di presentare un prodotto a fine stagione: con le gomme termiche, il Quadro4 si guida 365 giorni all&rsquo;anno!&rdquo;. 

Durante l&rsquo;evento bolognese il nuovo CEO dell&rsquo;azienda svizzera ci ha svelato le strategie future del marchio&hellip; e non solo

Motor Show, Paolo Gagliardo ci racconta il futuro di Quadro Vehicles

La visita del Santo Padre a Bologna sar&agrave; il banco di prova per un progetto pilota che prevede, per la prima volta, l&rsquo;utilizzo di due bici sanitarie a pedalata assistita in dotazione al 118. I mezzi, equipaggiati con zaino di soccorso e defibrillatore, saranno utilizzati nel centro storico. Questo progetto parte dal Gruppo Referenti Manifestazioni della Centrale Operativa 118 di Bologna, che da anni studia tutte le problematiche sanitarie che possono manifestarsi durante eventi, visite di autorit&agrave;, concerti e manifestazioni.  L&rsquo;IDEA, nello specifico, &egrave; di due infermieri, Andrea Finelli e Armando Santostefano (con la supervisione di Dell&rsquo;Arciprete Oscar, coordinatore 118) e si &egrave; incontrata con la passione e la sensibilit&agrave; di un ingegnere meccanico, Massimo Corea, amministratore delegato dell&rsquo;Ekletta, che ha immediatamente sposato la causa con una fornitura e un&rsquo;accurata gestione di due bici elettriche appositamente attrezzate.  IL TEAM DI LAVORO HA SCELTO IL MODELLO NAKED per le caratteristiche di robustezza e agilit&agrave;; qualit&agrave; che si rivelano indispensabili in ambito cittadino. Questa idea, inserita nel progetto Bologna Cardioprotetta, si pone come obiettivo quello di aumentare la possibilit&agrave; di sopravvivenza di persone colpite da gravi problemi sanitari, che richiedono un intervento rapido e immediato di un&rsquo;equipe sanitaria.  LA BICI SANITARIA A PEDALATA ASSISTITA si integra perfettamente in un ambito urbano grazie alla capacit&agrave; di arrivare ovunque in tempi brevi, oltre allo scopo sanitario essendo un mezzo a zero emissioni il valore ecologico non &egrave; da sottovalutare. Abbiamo intervistato Massimo Corea Amministratore delegato Ekletta.  Massimo, partiamo da una cosa che stuzzica la curiosit&agrave; dei motociclisti: perch&eacute; il nome Naked?   Il prodotto Naked nasce su una libera interpretazione di bici elettrica legata al mondo moto, sono stato il responsabile prodotto della linea Monster in Ducati, dove ho lavorato per sette anni e sono il creatore assieme a Daniele Casolari del modello S4R. Essendo la Monster il modello che ha di fatto creato, il segmento delle Naked abbiamo seguito la filosofia di creare un prodotto di moda, per distinguersi, infatti, l&rsquo;Ekletta Naked con un design fuori dagli schemi tradizionali stuzzica molto la curiosit&agrave; del passante come ha fatto il Monster.  A chi &egrave; dedicata questa tipologia di ebike?   La Naked &egrave; un prodotto dedicato pi&ugrave; a un utente commuter/urban che non al ciclista standard, questa bici ti deve permettere di muoverti in agilit&agrave;, velocemente in centro per lavoro, per accompagnare i figli a scuola e per lo svago in generale con feeling di guida notevole. Gli stessi spostamenti che si fanno con uno scooter o moto, si possono fare in ambito urbano con una bici elettrica con dei vantaggi a livello economico, niente bollo o assicurazione e un bassissimo costo al km grazie all&rsquo;alimentazione elettrica affiancata dalla pedalata manuale.  Il legame con il mondo moto si percepisce subito soprattutto per le caratteristiche tecniche...   Siamo i primi a utilizzare una forcella da Downhill su un prodotto da strada, 37 mm di diametro con un&rsquo;escursione da 180 mm sono anche eccessivi per un utilizzo cittadino ma offrono sensazioni di guida e sicurezza molto simili a quelli che si presentano alla guida di uno scooter o moto, e il doppio disco idraulico di grande diametro incrementa questa sensazione.  Oltre l&rsquo;esclusivit&agrave; cosa vi contraddistingue nella galassia di altri produttori di Ebike?   Siamo l&rsquo;unica azienda italiana che ti richiama ogni sei mesi a fare un tagliando, i nostri prodotti sono in vendita nei saloni di auto o di moto perch&eacute; devono avere un&rsquo;officina dove eseguire la manutenzione, che ha anche un costo contenuto, si va da 25 a 50 euro al massimo ma serve per mantenere tutto il mezzo in perfetta efficienza e in garanzia. 

Parte da Bologna un interessante progetto pilota: bici elettriche perfettamente attrezzate per il soccorso durante manifestazioni ed eventi

Bici elettriche al 118 per il primo soccorso

Leopoldo Tartarini, padre dell'Italjet ci ha lasciato. Il ricordo di un incontro Suona il telefono: &ldquo;Federico, sono Leopoldo. Volevo ringraziarti per l'articolo e rinnovarti l'invito a casa. Vorrei che la vedessi, casa mia, &egrave; un po' particolare. Ci facciamo una grigliata, invitiamo anche Lucia (Voltan, all'epoca collega a Motosprint) e ci divertiamo, vedrai.&rdquo;.  Erano tre mesi fa. Inutile dirvi che per una cosa o per l'altra questa grigliata non si &egrave; mai fatta.  Appassionato. Ecco come definirei Tartarini. Appassionato senza limiti e senza schemi. Non di moto, non solo. Appassionato alla vita. Quando mi ha raccontato del suo viaggio intorno al mondo con l'amico Giorgio Monetti l'ha fatto con una semplicit&agrave; e una dolcezza che mi hanno spiazzato. Come fosse la cosa pi&ugrave; naturale del mondo: &ldquo;Sai&rdquo;, diceva, &ldquo;quello che volevo fare era innanzitutto uscire da Bologna, poi chiss&agrave;. Ho chiesto se qualcuno voleva venire con me, e Giorgio ha detto-io!-&rdquo;.  Elegante: ecco la prima cosa che ho pensato stringendogli la mano Mi ha fatto sedere davanti ad un'enorme scrivania. Si &egrave; posizionato affianco a me e ha iniziato a raccontare la sua storia.  Tartarini bambino su &ldquo;minimoto&rdquo; inventate dal padre, Tartarini pilota ufficiale, l'incidente, i sidecar, il viaggio, l'Italemmezzeta, l'Italjet. Tartarini alla porta di Brandeburgo con l'auto e un motore MZ nel bagaglio, alla ricerca di un partner commerciale perch&eacute; &ldquo;volevo fare qualcosa di nuovo, e di mio&rdquo;.  Poi i successi della Italjet: i cinquantini che hanno fatto sognare prima la generazione di mio padre, poi la mia. Io avevo un Formula 50 e fantasticavo sul Dragster; mio padre sulla Vampire. Dietro questi sogni adolescenziali, i pi&ugrave; belli e puri, c'era quest'uomo seduto al mio fianco, appoggiato ad un'enorme scrivania.  Ah la vita. Oggi Leopoldo Tartarini ci ha lasciato. Rimpiango di averlo incontrato solo una volta. Ma che bello che &egrave; stato.  Grazie di tutto.  Vi ripropongo la parte finale dell'intervista che mi ha rilasciato. E' quella dove pi&ugrave; si capisce la persona che era.&nbsp;  Questa voglia di inventare, cambiare, &egrave; sempre stata la sua forza. Si pu&ograve; dire che hai sempre inseguito le tue idee...  Avevo voglia di innovare, non tiravo ai grandi numeri e non prevaleva mai il calcolo economico. Avevo voglia di fare, di cambiare, di mettermi in gioco. Cercavo il consenso, pi&ugrave; che il denaro. Feci tante moto, anche per gli altri. Non ce la facevo nemmeno io a stare dietro a me stesso.  Credo, anzi sono sicuro, che la tua inventiva ti sia sempre stata riconosciuta. Tartarini &egrave; un personaggio molto romantico del mondo moto  Ho sempre inseguito i miei sogni: il giro del mondo, le corse, fare moto.... Ho fatto molte cose nella mia vita...  Dimmi una cosa: pensi che potrebbe esistere un Tartarini oggi?  Per me si. Guarda anche l'ultima Grifon, quella del 2000.... secondo me &egrave; pi&ugrave; attuale adesso che quindici anni fa., quando l'ho fatta. Tutt'ora io ne ho di idee...&nbsp;  Secondo te l'evento che ha cambiato la tua vita &egrave; stato il viaggio?  Si perch&eacute; nel viaggio si pensa... Devi capire che si facevano dieci, dodici ore di guida al giorno. Non voglio fare l'Archimede Pitagorico ma non ho cercato di inventare solo nel mondo moto, anche nelle bici... anche casa mia &egrave; una cosa un po' strana, molto piacevole.  Qual'&egrave; la realizzazione di cui vai pi&ugrave; fiero?  Difficile dirlo perch&eacute; sono i momenti che hai vissuto nel farla che ti danno soddisfazione, non tanto quando va sul mercato. E' tutto l'iter prima.. andare a cercare un motore...Quando sei li che pensi cosa fare dormi tre ore per notte...  Hai mai dormito pi&ugrave; di tre ore per notte?  (Ride, si alza, mi mostra le moto).  Cos&igrave; voglio ricordarlo.&nbsp;  Ciao  Federico Garbin  

Leopoldo Tartarini ci ha lasciato oggi, all'et&agrave; di 83 anni. Era il padre dell'Italjet. Il ricordo di un incontro

Ciao Leopoldo 

Questa mattina, alle ore 11.00, sono stati presentati&nbsp;in anteprima mondiale il Ducati Team 2015 e la nuovissima Desmosedici GP15. Presso l'Auditorium Ducati a Borgo Panigale, tra l'entusiasmo generale, &egrave; finalmente "iniziata" la nuova avventura in MotoGP di Ducati.&nbsp;  All'evento, condotto dallo storico&nbsp;telecronista del Motomondiale Guido Meda, &egrave; stato presentato il Ducati Team e i suoi piloti ufficiali, i due italiani Andrea Dovizioso e Andrea Iannone. Il culmine della mattinata, poi, &egrave; stato quando la nuova Desmosedici GP15 ha fatto cadere i veli e si &egrave; mostrata per la prima volta al pubblico di tutto il mondo nella sua inedita&nbsp;livrea.  Il primo a salire sul palco e a commentare l'avvenimento&nbsp;&egrave; stato Claudio Domenicali, Amministratore Delegato di Ducati Motor Holding: &ldquo;Lo spirito che ho visto in queste ultimi mesi in Ducati Corse mi ricorda lo stesso entusiasmo con cui era partito il progetto MotoGP nel 2003. La nuova GP15, davvero rivoluzionaria in molti concetti, rappresenta al meglio l&rsquo;orgoglio e la voglia di vincere dei ragazzi di Ducati Corse, ai quali vorrei trasmettere un sincero ringraziamento. Ho seguito personalmente con passione le fasi finali di avviamento al banco, i primi collaudi, le verifiche prestazionali del nuovo motore, l'assemblaggio della moto e il primo avviamento e ho trovato una carica emotiva e una dedizione veramente straordinari. Siamo solo all&rsquo;inizio, ma sono sicuro che i risultati premieranno presto i nostri sforzi. Ducati ha appena chiuso un ottimo 2014 in cui abbiamo fatto registrare un nuovo record di vendite, consegnando ai clienti 45.100 moto, il 2% in pi&ugrave; rispetto al 2013, confermando per il quinto anno consecutivo il nostro positivo trend di crescita. Le corse fanno parte del nostro DNA da sempre, tornare al giocare un ruolo da protagonisti significherebbe completare un quadro globale di crescita. Non possiamo che guardare con fiducia al 2015, ed &egrave; per questo che faccio un caloroso in bocca al lupo ai due Andrea e a tutta la squadra.&rdquo; Un 2015 che si prospetta ricco&nbsp;di importanti progetti&nbsp;e una nuova moto su cui sono riposte&nbsp;ambiziose&nbsp;speranze.  Luigi Dall'Igna, Direttore Generale di Ducati Corse, ha parlato&nbsp;appunto della Desmosedici che debutter&agrave; nei prossimi test invernali in Malesia, dal 23 al 26 Febbraio. Una moto completamente nuova che sfrutter&agrave; i progressi notevoli fatti sulla GP14.3 e mostrer&agrave; ulteriori passi avanti per quanto riguarda sospensioni, ciclistica e motore. La sfida &egrave; quella di vincere almeno una gara, stando davanti a due colossi come Honda e Yamaha.  Una stagione i cui principali protagonisti saranno i due piloti della squadra, che dovranno impegnarsi per dare tutto il possibile e portare sul podio&nbsp;la Desmosedici GP15.  Andrea Dovizioso si dichiara positivo per l'imminente inizio del Campionato: &ldquo;Fra qualche giorno andremo in Malesia per la seconda sessione di test invernali a Sepang e non vedo l&rsquo;ora di provare la nuova GP15. Sono molto contento dei miglioramenti che siamo riusciti ad ottenere durante la scorsa stagione e quindi, con questo nuovo progetto, non posso che essere ottimista per la stagione 2015. Credo che lo spirito e la voglia di vincere che vedo oggi in Ducati siano davvero importanti per tutti noi. Dai tifosi Ducati mi aspetto tanto supporto per questa stagione: abbiamo lavorato tanto e bene in questi anni e adesso &egrave; arrivato il momento di raccogliere i frutti.&rdquo; E il nuovo acquisto? Andrea Iannone, per la prima volta nel team ufficiale Ducati, &egrave; sembrato davvero agguerrito: &ldquo;Sono molto contento di far parte del Ducati Team, perch&eacute; &egrave; sempre stato il mio sogno entrare nella squadra ufficiale. Sento gi&agrave; di far parte di questa famiglia, e ho gi&agrave; stabilito un ottimo rapporto con il mio team di tecnici e meccanici che mi ha permesso di andare subito bene con la Desmosedici GP14.3 nei recenti test di Sepang. Adesso torniamo di nuovo in pista in Malesia per i penultimi test prima dell&rsquo;inizio della stagione, e salir&ograve; per la prima volta sulla GP15, sapendo che all&rsquo;inizio ci toccher&agrave; lavorare per rendere la moto competitiva. Comunque sono fiducioso e non vedo l&rsquo;ora di scendere in pista fra alcuni giorni.&rdquo; Potrete rivedere tutta la presentazione sul sito di TIMrace.  Giulia Cassinelli    &nbsp;

Dovizioso, Iannone e la nuova Desmosedici GP15: ecco finalmente i protagonisti Ducati della prossima stagione di corse

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