Tutti conscono la nuova Moto Guzzi V 85 TT, che proprio di recente abbiamo provato nel nuovo allestimento Travel, ma forse non sono molti a conoscere da dove comincia la storia della&nbsp;Classic Enduro lariana, pi&ugrave; precisamente da quale moto sono partiti i designer del Gruppo Piaggio. Una moto a cui la V 85 TT rende omaggio. E l&#39;omaggio lo vogliamo rendere anche noi di In Moto in questa intervista all&#39;uomo che ha portato alla Parigi-Dakar una Moto Guzzi: Claudio Torri e la sua V65 TT.    Giovane architetto bergamasco con la passione per le moto, Andrea aveva bisogno di &ldquo;adrenalina&rdquo;. Per questo motivo, si mise in testa di partecipare ad alcuni dei raid su terra e sabbia pi&ugrave; difficili del mondo: prima l&rsquo;Atlas, poi il Rally dei Faraoni e, nel 1984, la Paris-Dakar, in sella a una KTM. Emozioni grandi, ma mai quanto quella di correre in Africa con una moto italiana.  DA MANDELLO DEL LARIO A DAKAR  Era questo il sogno del giovane pilota il quale, provenendo da una famiglia di guzzisti incalliti, si present&ograve; nel 1984 alla sede lombarda di Mandello del Lario, chiedendo al ragionier Donghi una V65 TT con cui partecipare alla Dakar. Sulle prime, l&rsquo;allora AD della Casa dell&rsquo;Aquila non gli credette (a quell&rsquo;epoca solo un &ldquo;pazzo&rdquo; avrebbe corso in Africa con la Moto Guzzi invece che con BMW, Honda, KTM o Yamaha) ma quando Torri si fece serio, cap&igrave; che stava per partire un&rsquo;avventura da ricordare: il 32enne architetto si autofinanzi&ograve;, pagando moto e iscrizione alla gara, e dopo aver montato pochi pezzi aftermarket o costruiti artigianalmente (tra questi, il serbatoio realizzato dalla Acerbis), part&igrave; senza meccanico al seguito, provvedendo direttamente lui alla manutenzione del mezzo alla fine di ogni tappa.  Con la V65 dalla inconfondibile colorazione giallo-bianca (a cui la Moto Guzzi ha voluto rendere omaggio presentando nel 2018 la nuova V85 TT con una verniciatura simile), Torri complet&ograve; le prime tappe ma vide sfumare il sogno di arrivare a Dakar a causa di una batteria che and&ograve; a pezzi dopo aver superato Adagez, costringendolo al ritiro. Quella, per&ograve;, fu solo la prima delle quattro Dakar affrontate in sella ad una Moto Guzzi, dimostrando un amore incondizionato per il Marchio dell&rsquo;Aquila.    L&rsquo;abbiamo raggiunto telefonicamente in Eritrea, dove si &egrave; trasferito da anni, per rivivere con lui l&rsquo;avventura attraverso particolari e aneddoti. E per chiedergli cosa ne pensa del nuovo modello dedicato proprio a quella &ldquo;folle&rdquo; esperienza.  &nbsp;  &nbsp;  Ci racconta cosa l&rsquo;ha spinta a correre la Paris-Dakar del 1985 con la V65 TT?  &quot;Dopo aver partecipato a due Rally dell&rsquo;Atlas in Marocco, due Rally dei Faraoni in Egitto e a una Parigi-Dakar sempre in sella a una KTM, ed essendo rimasto solo (il mio amico &ldquo;Ciro&rdquo; De Petri era passato alla Honda), decisi di cambiare, provando a personalizzare io stesso una moto. In base all&rsquo;esperienza che avevo accumulato, volevo correre con una&nbsp;moto italiana e questa non poteva che essere una Moto Guzzi. Per il mio modo di guidare, avevo capito che la scelta migliore era passare ad una bicilindrica: con una monocilindrica ero costretto a tenere sempre il gas aperto per non perdere velocit&agrave;, mentre con la bicilindrica, grazie soprattutto a una migliore coppia, potevo rallentare per poi riprendere velocit&agrave; pi&ugrave; facilmente. La scelta del modello &egrave; stata obbligata: ho preso quello che offriva il mercato, in considerazione anche del pochissimo tempo a disposizione per prepararla e presentarmi alla partenza. Ah, vorrei evidenziare il fatto che nelle mie esperienze ho avuto incidenti terribili, mentre, quando sono stato in sella alla Guzzi, solo normali cadute&quot;.    Quali erano i punti di forza di questa moto?  &quot;La leggerezza. Era la meno pesante delle bicilindriche. E, per risparmiare ancora pi&ugrave; peso, montammo il cambio Nato che ci permetteva di aver la messa in moto a pedale, evitando il motorino d&rsquo;avviamento. La V65 partiva sempre alla prima pedalata ed era una libidine per uno come me, che veniva dall&rsquo;esperienza del mono Rotax 560. Inoltre, la Guzzi consumava poco e questo ci permetteva di imbarcare meno benzina e viaggiare pi&ugrave; leggeri o di non doverci fermare a fare rifornimento durante le prove speciali. La disposizione a V del motore consentiva un buon raffreddamento e un baricentro abbastanza basso. A livello meccanico, aveva una buona accessibilit&agrave; e una facile manutenzione&quot;.  Una moto che ha sentito &ldquo;sua&rdquo; fin dai primi metri...  &quot;Salii per la prima volta sulla moto in occasione del prologo di Cergy-Pontoise, vicino Parigi, perch&eacute; prima non avevo avuto il tempo di provarla e rimasi sorpreso dal suo comportamento, nonostante fosse quasi di serie. Su piste con fondo duro era veloce anche se aveva qualche limite di ciclistica, mentre i cavalli limitati si facevano sentire su quelle di sabbia. Fino al giorno di riposo ad Agadez riscontrammo solo piccoli contrattempi, nessun problema di motore n&eacute; di cambio. Senza l&rsquo;inconveniente alla batteria, penso che la moto sarebbe arrivata senza problemi a Dakar&quot;.  E quali erano, invece, i difetti?  &quot;Esistevano solo due grandi limiti: il telaio che sarebbe dovuto essere di tipo fuoristradistico per le grandi sollecitazioni a cui era sottoposto e la trasmissione posteriore a cardano che limitava l&rsquo;escursione della sospensione posteriore. Poi sappiamo tutti che i piloti non si accontentano mai, soprattutto in una gara dura come la Dakar: avrei voluto anche pi&ugrave; potenza, pi&ugrave; coppia e un cambio con una spaziatura diversa con la prima, la seconda e la terza marcia lunghe e la quarta e la quinta pi&ugrave; ravvicinate...&quot;.    &nbsp;  &nbsp;  &nbsp;  Qual &egrave; la cosa pi&ugrave; curiosa che le &egrave; capitata gareggiando alla Dakar con questa moto?  &quot;Senza dubbio l&rsquo;interesse che la moto suscit&ograve; durante le verifiche tecniche a Parigi: dopo i mezzi ufficiali, la mia Guzzi non passava di certo inosservata ed era quella pi&ugrave; fotografata. Confesso che me la tiravo anche un po&rsquo;, perch&eacute; venivano&nbsp;a vederla e a studiarla anche i giapponesi...&quot;.  E qual &egrave; invece il ricordo pi&ugrave; bello?  &quot;Il ricordo pi&ugrave; bello &egrave; stato il privilegio che ho avuto di correre queste gare con la Moto Guzzi e con l&rsquo;aquila di Mandello del Lario sul casco. E poi un aneddoto, che mi ha dato l&rsquo;occasione di mettere pubblicamente alla berlina un direttore sportivo italiano di una Casa giapponese. Durante la gara, questa persona diceva spesso che ero la vergogna dell&rsquo;Italia e che l&rsquo;aquila era diventata un pollo. Quando l&rsquo;ho sentito, gli ho risposto: &#39;Le aquile possono volare basse come i polli ma i polli non voleranno mai in alto come le aquile&#39;, meritandomi i complimenti e le pacche sulle spalle delle persone presenti&quot;.    Perch&eacute; aveva scelto il giallo e che effetto le ha fatto vedere i colori della sua moto sulla nuova V85 TT?  &quot;La moto era stata verniciata con i colori dell&rsquo;Acerbis Plastica per ringraziare Franco Acerbis. Grazie alla nostra amicizia, realizz&ograve; per me l&rsquo;unico serbatoio da 50 litri in lamiera mai prodotto in vita sua. Del resto, non avevamo il tempo materiale per fare modello e stampo e trasformarlo poi in plastica. Con il mio socio e collega, l&rsquo;architetto Giacomo Ghilardini, avevamo cercato di personalizzare al meglio la moto con quello che avevamo a disposizione. L&rsquo;omaggio della Moto Guzzi mi ha fatto piacere, ma credo che debba andare a ricordo di Giacomo, recentemente scomparso. Lui ha contribuito in seguito alla realizzazione della Guzzi &ldquo;Tropicana&rdquo; per l&rsquo;edizione 1988 della corsa africana&quot;.  Cosa pensa di questo nuovo modello prodotto dalla Guzzi?  &quot;Rispondo utilizzando i tanti commenti che ho sentito nel mio breve viaggio in Italia: &#39;Era ora!&#39;. Sono contento che la Moto Guzzi abbia realizzato, senza stravolgere la sua storia, un modello al passo con i tempi. Per essere bella &egrave; bella ma non ho avuto ancora il piacere di provarla, ho letto solo la scheda tecnica e qualche recensione molto positiva. Spero quindi che il Gruppo Piaggio continui in questa ottica e riporti la Moto Guzzi in alto, l&agrave; dove osano le aquile&quot;.   

<p>La colorazione della Moto Guzzi V85 TT &egrave; un omaggio alla V65 portata alla Dakar del 1985 da un architetto bergamasco protagonista di un&rsquo;avventura tutta italiana</p> 

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Claudio Torri, l'uomo con l'aquila nell'anima: "La V85 TT? Bella, era ora!"