Northwest America Crossing: il viaggio - Prima parte

Northwest America Crossing: il viaggio - Prima parte

Il racconto di Francesco e Serena, protagonisti di un viaggio on the road in sella alla loro moto Africa Twin CRF1000. Ecco il primo estratto del loro incredibile 'diario di viaggio' attraverso gli stupendi paesaggi selvatici di Canada e USA

Francesco Ciccarello

14.08.2019 16:07

Ore 4:45: suona la sveglia. Oggi è il giorno che sogniamo da quasi un anno, da quando abbiamo deciso di voler fare questo viaggio. Salutiamo la nostra città, Pontedera, che ancora dorme, mentre non nascondiamo l’emozione per l’inizio di qualcosa che abbiamo sognato e voluto in modo così forte.

MONOTONIA DELL'INDISPENSABILE VOLO - Tre ore di strada sotto una pioggia battente sono un buon test per le nostre nuove divise che reggono bene acqua e umidità. Facile trovare l’uscita che ci porta a Cargo City dell’aeroporto di Fiumicino; la pioggia non ci molla mentre cerchiamo l’agenzia che ci dovrà consegnare il certificato di spedizione di merce pericolosa né quando entriamo nella zona di carico dello spedizioniere.

Gli eventi del weekend: La Thuile, Castel di Tora, Canterano e Monteleone d’Orvieto

Tolto il cupolino, staccata la batteria, girati gli specchietti la nostra moto Africa Twin CRF1000 è pronta per essere lasciata; la rivedremo al di là dell’oceano tra un paio di giorni. Insieme a lei viaggeranno anche i caschi e tutte le borse, mentre con noi rimaranno le attrezzature fotografiche, il laptop e le poche cose utili per le prime due notti.

La prima la passeremo a Fiumicino, la seconda vicino a Montreal, dopo un’interminabile volo durante il quale confermeremo l’idea che questo mezzo di trasporto sia l’antitesi del viaggiare. Con l’aereo infatti ci si ritrova da A a B passando per i ‘non luoghi’ aeroporti, tra pasti di plastica e film visti ad intermittenza tra una dormita e l’altra.

Northwest America Crossing: le foto del primo giorno

Northwest America Crossing: le foto del primo giorno

Le prime suggestive immagini del viaggio di Francesca e Serena, che in sella alla loro moto sono partiti per un incredibile e affascinante viaggio on the road in mezzo ai paesaggi selvatici di Canada e Stati Uniti

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Arriviamo a Dorval, periferia residenziale di Montreal. Alle tre e mezzo locali il nostro cervello si rifiuta di dormire e, tra una pensata e l’altra, Serena sbianca perché si ricorda di aver lasciato la mia PATENTE INTERNAZIONALE a casa. Arrabbiarsi servirebbe a ben poco; iniziamo a cercare informazioni su internet e pare che in Canada e in buona parte degli stati che attraverseremo negli USA sia riconosciuta la patente italiana.

TURISTI A VANCOUVER - Vancouver ci accoglie sotto la pioggia, che sembra perseguitarci da un continente all’altro. L'Africa Twin CRF1000 è appena atterrata ma dobbiamo attendere circa un’ora prima che la scarichino. La vediamo arrivare su una pedana di ferro spostata da un muletto. E’ così impacchettata che la riconosciamo solo dagli adesivi sulle borse.

L’emozione è fortissima: tutto questo non è un sogno, ma la realtà! Iniziamo a rimontare le parti che avevamo smontato a Roma, quando ci rendiamo conto che nel trasporto è caduto il bullone che permette di fissare il polo positivo alla batteria. Difficile a crederci ma Mark, il carrellista che ce l’ha portata, ritrova il dado sulla stessa pedana della spedizione. Saltiamo di gioia: possiamo davvero partire.

Entriamo in città attraversando il Grandville Bridge e superiamo il False Creek, l’insenatura che contribuisce a rendere questa città così particolare. Abbiamo due giorni per esplorare la città e riorganizzare le nostre menti prima di percorrere la rotta verso il grande Nord. Vancouver è strettamente legata all’Asia e la dimostrazione la abbiamo quando passeggiando per il centro ci ritroviamo di fronte all’arco che segna l’inizio di Chinatown. Non è raro sentir parlare di questa città come la Hong Kong d’America per via dei tanti abitanti dell’ex colonia britannica che sono emigrati qui dopo l’annessione con la Cina.

Per chi scrive, però, la vera bellezza della città è racchiusa nelle visioni che si hanno dall’incredibile oasi dello Stanley Park sullo skyline di South Vancouver. Il parco è un’isola interamente ricoperta dalla foresta pluviale in cui si possono osservare persino i coyote. In questa rigogliosa natura gli abitanti amano correre, pattinare, sfrecciare con biciclette super tecnologiche, giocare a Baseball o semplicemente sdraiarsi su un prato a fare picnic e la sensazione è di trovarsi a decine di km dal traffico, comunque ben regolato, della città. 

Il giorno seguente lo dedichiamo alla ricerca delle ultime attrezzature da campeggio che ci serviranno durante il viaggio. Cerchiamo inoltre la concessionaria Honda ‘Carter Motosport’ che dovrà ricevere le gomme ANLAS e le parti di ricambio che Herman Coleman di Foolbore part ci invierà a prezzo speciale grazie al contatto che Davide di Anals Italy è riuscito a trovare.

La giornata è calda e la curiosità ci spinge fino a English Bay. Sembra incredibile, è come essere su uno dei nostri litorali. Bastano 22° per far riversare migliaia di persone su queste strisce di sabbia davanti alle fredde acque del Pacifico. La sera lo Skytrain ci porta nuovamente a Downtown dove ammiriamo la bellezza della piazza che ospitava la sede della fiamma olimpica dei giochi invernali del 2010 illuminata magistralmente e che ha per sfondo i grattaceli di West End. Salutiamo Vancouver pensando al viaggio on the road che ci aspetta da domani.

SEA TO SKY HIGHWAY - Imbocchiamo la Highway 1 fino all’incrocio con la 99, una delle strade più famose della British Columbia. La “Sea to the sky” Highway porta in soli 120km dalle sponde dell’oceano pacifico a Whistler, località in cui si sono svolti i giochi invernali del 2010. Si tratta di una vera e propria autostrada a 4 corsie che ha tutte le caratteristiche del percorso da sogno di ogni motociclista. Fatto curioso: da queste parti le Highway sono frequentate da decine di indomiti ciclisti che sfidano le impervie pendenze per allontanarsi dalla città. Cartelli ricordano di condividere la strada con loro e ci viene da ridere, per non piangere, pensando a cosa accade ogni volta che a casa nostra ci alleniamo in bicicletta.

Un ragazzo con una Ducati ST3 riconosce la nostra targa italiana e ci avvicina incuriosito. Io gli faccio subito i complimenti per la sua moto e lui vuol sapere tutto del nostro viaggio. Ci salutiamo scambiandoci i contatti mentre altre decine di motociclisti vanno e vengono per fare benzina, mangiare qualcosa e scambiare quattro chiacchiere. Inutile dire che tanti di loro hanno Harley-Davidson dei più  diversi modelli ed anni di produzione.

HIGHWAY 16 YELLOW HEAD - La mattina seguente, complice il caldo del pomeriggio precedente, decidiamo di partire con abbigliamento piuttosto leggero sotto le nostre divise. Pagheremo caro questo errore patendo freddo per buona parte dei primi 250km lungo la HW 97, strada che non ci invoglia a soste fotografiche e che scorre velocemente fino a Prince George dove deviamo verso ovest sulla HW 16 “Yellow Head”. Montiamo la tenda accanto al fiume Bulkey che ci ha accompagnato scorrendo accanto alla Highway per buona parte della giornata. Intere famiglie circondano un’enorme barbecue condividendo una cena regale.

La mattina seguente ci sveglia la luce del sole e aperta la tenda ci rendiamo conto della meraviglia del luogo che ci ha ospitato; dietro di noi il fiume, davanti montagne a perdita d’occhio. L’aria piacevolmente frizzante ci dà energia per smontare e caricare la moto. Edward, un signore che ha osservato ammirato le operazioni, ci ferma. E’ prodigo di consigli per il nostro viaggio e ci fornisce informazioni sul comportamento da tenere nel caso in cui trovassimo alci o orsi lungo la strada.

Raggiungiamo Prince Rupert ben prima dell’imbarco del traghetto e ci organizziamo per le provviste per i due giorni di navigazione chiacchierando con gli abitanti incuriositi di vedere una moto Italiana, la nostra Africa Twin CRF1000, i primi di giugno da quelle parti.

WELCOME IN ALASKA - Di tutte la autostrade degli USA, l’Alaska Marine Highway è l’unica che si percorre in battello costeggiando la striscia di terra, chiamata Inside Passage, che dall’Alaska scende in Canada. Durante i due giorni di navigazione avvistiamo le prime aquile dalla testa bianca, alcune megattere giocare nella baia del porto, le foche saltare e l’infinita costa rimasta immutata nei millenni. La cosa che più ci colpisce è la vastità delle foreste e la bassissima densità di abitanti. Durante i 1500km di navigazione incontriamo solo 4 centri abitati: Wrangell, Pitsburg, Skagway e la capitale Jenau non connessa via terra verso altre città.

Skagway è porto turistico per le navi da crociera ed è un’introduzione folcloristica a quello che rappresenta, e ha rappresentato, l’Alaska durante la corsa all’oro. Edifici in stile Far West sono rimasti in piedi o ricostruiti, ma al posto dei vecchi empori o dei saloon da sparatoria, ci sono ogni sorta di gadget per turisti. Basta allontanarsi poco dalle strade vicino allo scalo per trovare qualcosa di autentico con le case di legno circondate da piccoli giardini e bambini che, vestiti in modo estivo malgrado i 15 gradi, girovagano felici con le loro biciclette. Davanti ad ogni casa una bandiera americana per ricordarci che ci troviamo nel 49-esimo stato della confederazione.

Noi percorriamo la mattina seguente questa incredibile strada che sale dal golfo dell’Alaska fino ai circa 1000 metri del passo. Sembra di essere a 3000 metri per la neve copiosa che ancora occupa le vette e il freddo pungente. D’obbligo la foto al cartello che indica il confine tra Canada e Alaska, ma forse più interessanti sono i cartelli che descrivono le condizioni disumane in cui cercatori di fortuna e operai costruttori della ferrovia vivevano all’inizio del ‘900. 

Ad ogni incrocio tra due o più Highway sorgono cittadine che oltre al proprio nome portano l’appellativo di “junction”; la prima che incontriamo è Haines Junction che sorge ai piedi della catena montuosa del Kluane National Park. Qui, più che in ogni altro luogo che attraversiamo, si può capire perché lo Yukon è definito “largen than life”. Solo in questo parco ci sono decine di ghiacciai che ancora non sono stati nominati e non basterebbe una vita intera per riuscire ad esplorarli.

Giunti a Destruction Bay, ci rendiamo conto che non esiste un vero e proprio centro abitato, ma un unico motel che ci consentirebbe di montare la tenda per 15 dollari nelle piazzole bordo strada riservate ai caravan. Non ci piace questa soluzione, e torniamo indietro verso il piccolo campeggio situato sulle sponde del lago. Siamo in una zona in cui il transito degli orsi è costante, quindi ci è consentito campeggiare in tenda solo all’interno di un recito elettrificato e riponendo tutto il cibo dentro box ermetici.

Sono le 11 di sera e la luce è ancora alta; sembra un sogno addormentarci lungo le placide rive di questo specchio d’acqua. Chissà se stanotte passeranno a trovarci gli amici orsi.

Foto a cura di Serena Baroncini

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