Per provare l'ebbrezza dell’avventura, segui l’istinto... 

Per provare l'ebbrezza dell’avventura, segui l’istinto... 

Poggiare le ruote in fuoristrada è un’emozione unica che tutti i possessori di maxi-enduro dovrebbero provare senza rassegnarsi a viaggiare solo su asfalto. Vi spieghiamo perché attraverso una bella esperienza poco lontano dalla Capitale...

13.05.2019 07:30

Tutti la usiamo continuamente ma pochi ne conoscono l’origine esatta. La parola “avventura” deriva dal latino “ad-ventura”, letteralmente: ciò che accadrà. Un tuffo verso l’incerto, desiderio di scoperta, un vero e proprio brivido nella personale grammatica motociclistica, che coincide spesso con tracciati polverosi e terreni imprevedibili; e con l’istinto di puntare le ruote fuori rotta, attraverso itinerari coinvolgenti e, soprattutto, non necessariamente asfaltati. Questo lo stimolo, la voglia che spinge tanti appassionati a scegliere mezzi come le crossover o le maxienduro.

MOTO CAPACI DI SODDISFARE APPIENO LA VOGLIA DI ESPLORARE, che troppo spesso, però, finiscono con l’essere utilizzate al di sotto delle loro possibilità, magari relegate in città, o al massimo sfruttate come comuni modelli votati all’asfalto. In alcuni casi, vengono scelte per moda, e fine della storia. Ma capita anche che taluni si lascino scoraggiare dalla difficoltà di trovare percorsi adatti, magari non troppo complicati per modelli non specialistici ma allo stesso tempo, sufficienti a far percepire chiaro il brivido dell’avventura.

SUBIACO, 70 KM DA ROMA. Parte da qui una delle esperienze “adventouring” più appaganti che si possano immaginare (ma soprattutto, alla portata di motociclisti di ogni esperienza). Un percorso a cavallo tra Lazio e Abruzzo che esalta il divertimento di guida su asfalto e in off-road, soprattutto se affrontato in sella a una moderna on-off con ruota anteriore di 19’’, o da 21’’. Appena fuori dal centro abitato, la celebre strada dei Monasteri verso Jenne infilza a spirale la valle. Questo territorio, puntellato da eremi benedettini e luoghi dimenticati dal tempo, è da sempre meta di pellegrinaggio per fedeli e sfegatati motociclisti a caccia di curve. Sacro e profano. Rombi e preghiere. Tutto mescolato lungo un nastro d’asfalto tormentato, che si aggroviglia nel canyon profondo, scavato dal fiume Aniene. Roma è a poco più di un’ora di strada, ma ci si sente come catapultati in una dimensione remota, ancestrale.

QUI SI PIEGA DURO! E l’avantreno, anche con una ruota che va oltre i classici 17”, non è un problema. La posizione di guida col busto dritto e il manubrio largo aiuta non poco. Il senso dell’avventura si avverte forte quando la montagna ti inghiotte, in piena piega, risucchiato improvvisamente da un tunnel. Jenne, Vallepietra, curve, arrampicate, vortici di asfalto. Si sale di quota, fino a raggiungere i 1.443 metri del Santuario della S.S. Trinità. Il confine con l’Abruzzo è a un passo, così come quello tra strada normale e sterrata. Di qui in avanti si procederà in off-road. Prima, però, meglio sfilarsi il casco e godersi l’aria frizzante, l’odore dei fiori selvatici... e i profumi che arrivano dai chioschi di prodotti locali: personalità decisa e genuinità tipica delle lavorazioni artigianali. Anche questa è avventura.

SI PROSEGUE in direzione Cappadocia. Pochi metri e l’asfalto perde consistenza. Inizia la terra battuta. In piedi sulle pedane si switcha in modalità “off”. Qualcosa nella testa cambia, come anche la dinamica del mezzo e il relativo approccio alla moto. Si carica la sospensione posteriore per andare alla ricerca del grip, spostando leggermente il corpo all’indietro. Lo sguardo è fisso in avanti, a 10-15 metri dalla ruota anteriore. Si stacca l’elettronica, oppure la si riduce se troppo invasiva; o ancora meglio, ci si affida ai sofisticati sistemi in uso sui modelli più recenti, che adeguano tutto – ABS, traction control e mappe motore – per massimizzare la resa del mezzo anche in fuoristrada. Che poi, qui non conta la prestazione. Conta solo il piacere personale. E quello, ognuno di noi lo trova a modo suo, con la sua andatura.

UNA SVOLTA, un passaggio tra gli alberi, e si rimane a bocca aperta, senza fiato, davanti all’ampia vallata, cosparsa di rocce grigie e fiori variopinti. Una traccia sterrata la segna in tutta la sua lunghezza. Ovunque, cavalli liberi al pascolo e bovini mollemente adagiati sul prato. Un luogo prezioso, ameno, eppure incredibilmente deserto, libero da ogni forma di caos. Impossibile descrivere la sensazione che si prova nel ritrovarsi a guidare in un posto del genere, con i cavalli che galoppano liberi al tuo fianco. Come finire in un documentario del National Geographic, in un qualche luogo sperduto del mondo.

IL CONFINE TRA LE DUE REGIONI CORRE FRASTAGLIATO IN QUOTA, tra cambi di pendenza e passaggi eccitanti, su cui si guida costantemente inseguiti dalla nube di polvere alzata dalla moto. Impossibile resistere al gusto di far derapare il posteriore; ma anche a quello di regalarsi una sosta, spegnere il motore e gustare l’atmosfera e la soddisfazione di trovarsi in un ambiente così, che su due ruote puoi raggiungere facilmente, solo con un mezzo che te lo consente.

POCHI CHILOMETRI E TORNA L’ASFALTO. Camporotondo è un piccolo agglomerato di case, qualche hotel, nulla più. Davanti alle ruote, una vorticosa discesa verso la valle del Fucino e la splendida Tagliacozzo, gioiello della Marsica, con la sua piazzetta, le stradine lastricate, il duomo e i tanti monumenti che contribuiscono al suo fascino. E nel casco, un solo e unico desiderio: tornare indietro e ricominciare daccapo!

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