Yamaha Tricity: l’alternativa all’auto

Yamaha Tricity: l’alternativa all’auto
Ha la cilindrata giusta per essere guidato con la patente dell’auto, consuma poco ed è stabile. La nostra prova del 3 ruote

Redazione - @InMoto_it

24.06.2011 ( Aggiornata il 24.07.2014 11:29 )

Se una grande casa come Yamaha decide di investire in un nuovo segmento vuol dire che si aspetta in tempi brevi di fare numeri di vendita decisamente elevati. Chissà quindi che il Tricity non sia destinato a fare uscire i “tre ruote” dalla piccola nicchia di mercato in cui sono relegati e farli diventare best seller. In fondo l’idea che c’è alla base è quantomeno condivisibile: la mobilità urbana prende sempre più le distanze dall’automobile, il traffico aumenta, gli spazi si restringono e il tempo è sempre più tiranno. Sono tanti gli automobilisti che fanno un pensiero ad un veicolo più fruibile, ma sono trattenuti da alcune remore, prima fra tutte la paura degli incidenti o il timore di non essere più in grado di imparare o reimparare ad andare in moto. Tricity nasce proprio per convincere gli indecisi: leggero per non mettere in imbarazzo anche le corporature più esili, con la cilindrata giusta per essere guidato con la patente dell’auto e per consumare poco, e poi è stabile, tanto più stabile rispetto ad un semplice scooter, così sicuro da pensare di poterlo affidare anche alla moglie timorosa o al figlio scavezzacollo. Vuole essere insomma l’alternativa vera e credibile alla seconda auto di famiglia, costa molto meno di una quattro ruote e con il suo bel bauletto e gli altri accessori per “climi freddi” si presta ad essere usato tutto l’anno. Disponibile da agosto, si propone con un prezzo estremamente interessante: 3.490 euro che di fatto lo mette in concorrenza diretta con gli scooter a due ruote di pari cilindrata, piuttosto che con i pochi e ben più costosi tre ruote attualmente in commercio.

Quadrilatero deformabile

Il leggerissimo Tricity dispone di un sistema di controllo rollio di chiara ispirazione Piaggio: un quadrilatero deformabile che collega i montanti ruota con il manubrio, la particolare accortezza adottata risiede nella scelta della posizione reciproca dei punti di snodo. I due montanti laterali difatti durante l’oscillazione non rimangono paralleli, ma divergono leggermente in modo da mantenere il più costante possibile la misura della carreggiata a tutto vantaggio della stabilità e della precisione di guida. Sebbene ogni ruota disponga di un sistema indipendente di sospensione, addirittura con due ammortizzatori ognuna, va sottolineato come gran parte del comfort di marcia sia merito del quadrilatero deformabile. Nel momento in cui una ruota incontra un ostacolo, sia esso una buca o un marciapiede, il sistema permette alla ruota stessa di muoversi verticalmente per copiare la sconnessione restituendo al telaio una sollecitazione minima e facendo lavorare solo marginalmente la sospensione vera e propria. Insomma se si riesce ad affrontare l’ostacolo di sbieco si ha la garanzia di massimo comfort, risposta più simile ad un comune scooter invece quando la stessa asperità è affrontata dall’intero asse anteriore, in questo caso infatti sono gli ammortizzatori ad essere chiamati in causa. Francesco Gulinelli Potete leggere la prova completa sul numero di In Moto in edicola dal 10 agosto.
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