Yamaha XV 950

Yamaha XV 950

Redazione - @InMoto_it

01.09.2013 ( Aggiornata il 01.09.2013 17:24 )

Bicilindrico raffreddato ad aria e telaio a doppia culla in acciaio: così la Casa di Iwata si lancia all’attacco di un segmento finora solo sfiorato. Immagine  “americana” e sostanza giapponese sono i capisaldi della nuova XV 950 che guarda al futuro e ammicca al passato   È un cuore quello, imbrigliato in un intreccio di tubi e sovrastato da una goccia d’acciaio, il serbatoio, e attorniato da un piccolo strapuntino dove accomodarsi sopra. Il manubrio, largo e lontano, invita a stendersi avanti. Ma non per andare più forte, solo per sentire meglio nella pancia lo stantuffare dei due pistoni proprio lì sotto. E sentire le maniche della giacca svolazzare e il soffio caldo del cilindro sotto la pancia e sulle gambe. L’XV 950 è essenzialità, essenza. Acciaio. Un disegno semplice e riuscito, diverso e uguale a molte altre. Sì, quando le linee si giocano su un motore, un serbatoio e un fanale è proprio difficile fare qualcosa di più di così. Che qualche analogia con le americane ci sia, è innegabile. Ma la Casa di Iwata ci ha messo l’anima per farla. E anche qualche anno. Presa la mira, non potevano certo sbagliare il colpo. Così eccoci qui, a Venice Beach, California, ad assaggiare la moto del nuovo corso. Piaccia o non piaccia dobbiamo comunque ringraziare la Casa giapponese per aver avuto il coraggio di investire sui gusti occidentali, senza rintanarsi nel mondo delle crescite a doppia cifra dei mercati del far-east. Senza paura dei pregiudizi e di mettersi contro chi ha vissuto secoli a produrre, migliorare, vendere questo genere di moto. Agli appassionati che resistono alla tentazione di mandare a quel paese tutto e tutti, petrolieri e assicuratori in primis, le due ruote piacciono così: semplici, godibili, personalizzabili e durature. Ovvio che una grande Casa come Yamaha doveva lanciarsi, per ora grazie ad un modello declinato in due versioni e tre prezzi: 8.390 Euro per la XV 950 standard, 500 Euro in più per l’ABS o 9.190 Euro per la R, diversa per cromatismi e per dotazione e con l’ABS di serie. Da fermo Yamaha ha elaborato con gusto il tema della semplicità creando una moto esteticamente piacevole e curata nei dettagli riuscendo a mantenere un prezzo di acquisto concorrenziale e poco impegnativo. Bellissimo il bicilindrico a V, ovviamente raffreddato ad aria, e incantevole il serbatoio a goccia, in acciaio. I dettagli intorno non fanno che evidenziare questi due caratteristici elementi. Il telaio a doppia culla ha un andamento molto semplice e lineare e pecca solo per qualche saldatura un po’ troppo porosa; forcella e forcellone sono invece costruiti e rifiniti con molta cura. Bello il singolo proiettore anteriore e il colpo d’occhio sul manubrio dove la strumentazione, con un singolo elemento centrale montato a sbalzo, è protagonista. La sella sagomata segue l’andamento del parafango posteriore, anch’esso in acciaio, impreziosito da semplici e curatissimi elementi circolari impiegati per l’impianto di illuminazione. I particolari meno riusciti sono davvero pochi: alcune saldature porose, come detto, e i blocchetti elettrici, banali. Il resto è perfettamente intonato allo stile e alla qualità cui la Casa giapponese ci ha abituato. Bello il coperchio del filtro dell’aria e l’alloggiamento del serbatoio della pompa freno posteriore, piacevoli i cerchi a 6 razze sdoppiate e i dischi freno con profilo wave. Anche nei dettagli meno evidenti è lampante una cura costruttiva superiore alla media. Esempi si trovano facilmente sulla testata del cilindro posteriore, circondata da un sottile tubo di acciaio che limita le possibilità di contatto e le conseguenti bruciature, o nel bel tappo del serbatoio, chiuso da serratura, e nella sottile striscia di gomma posizionata proprio sotto quest’ultimo che diminuisce lo sbalzo ed evita di lasciarci attaccate le... spiacevoli inconvenienti in caso di incidenti. Difficile, a questo prezzo e con questa qualità, pretendere qualcosa in più. La versione R, arricchisce il tutto con colorazioni a doppio tono ancora più evocative e una bella coppia di ammortizzatori con serbatoio separato che danno il giusto tocco di grinta a un posteriore che non sfigura affatto sulle spiagge di Malibu e Venice Beach... yamaha-xv950 In sellaLe piccole dimensioni del piano di seduta diventano un problema già dopo alcuni chilometri a bordo, quando si vorrebbe riposizionare un po’ il fondoschiena per evitare che i contraccolpi delle sospensioni vadano a battere sempre nel solito punto. Ma la sella è piccola e il manubrio, pur largo, è un po’ lontano: non si scappa. Meglio allora puntare i piedi sulle pedane e sculettare un po’ in faccia a chi ci segue, e rilassarsi così. Ma non fraintendeteci, la XV 950 non è scomoda: con i piedi avanti e le braccia larghe si potrebbe fare il giro del mondo. Lo spazio per muoversi è però poco e la sella è distante non più di una decina di centimetri dal cilindro posteriore, con ovvie conseguenze in caso di lunga sosta ai semafori, specialmente in estate. Ha una forma triangolare e segue la rotondità del parafango posteriore e l’imbottitura, morbida ma sottile, non aiuta a filtrare il lavoro della coppia di ammortizzatori che con 70 mm di escursione non possono certo far miracoli. Le pedane sono molto avanzate ma i piedi ci si appoggiano senza problemi e senza alcuna fatica e solo il filtro dell’aria, sul lato destro del motore, entra facilmente in contatto con il ginocchio. Poco male: il fastidio è presto dimenticato con gioie ben più consistenti, come l’andare. Primo giorno La prima tappa di questa nostra trasferta ci porta a visitare la sede californiana dell’atelier di “Deus Ex Machina”, brand ormai noto anche in Italia per le sue special, spesso su base Yamaha. Pochi chilometri in mezzo a un traffico sostanzioso ma ordinato e qualche semaforo ci aiutano ad individuare i primi punti di forza, e di debolezza, della nuova XV 950. Sella bassa da terra e peso ben bilanciato aiutano a muoversi leggeri fra le auto. Il manubrio è sì un po’ lontano, ma la snellezza d’insieme e l’ampio braccio di leva offerta aiutano non poco quando si tratta di dribblare le auto incolonnate ai semafori. Bene i comandi: la frizione è morbida e modulabile e la frenata non è da meno: le leve tozze non impediscono di entrare subito in confidenza con le reazioni della moto, mai inaspettate. Il nostro esemplare non è dotato di ABS quindi bisogna fare un po’ di attenzione avvicinandoci ai semafori dove l’asfalto è spesso scivoloso e unto. Il bicilindrico pulsa educato e la sua presenza è suggerita più dalle ventate di calore che salgono verso lo stomaco che dalle poche e piacevoli vibrazioni che trasmette alle manopole e alle pedane. La vicinanza della nostra prima tappa non ci permette di scoprire molto di più su questa moto, ma entriamo rumoreggianti e fieri nel parcheggio di “Deus” fra affascinanti e curatissime special (vedi box qui sotto). Tempo di lustrarsi un po’ gli occhi sulla proposta su base XJR 1300 e di ungersi un po’ le mani con un succulento taco ed è già l’ora di ripartire alla volta dell’officina di Roland Sands, ex pilota, preparatore, designer e autorità indiscussa nell’allestimento di incredibili special. Puntiamo quindi il fanale verso il centro di Los Angeles e imbocchiamo una Highway trafficata che lambendo i confini urbani ci porterà dritti dritti in questa Mecca del motociclismo “Made in USA”. Rimpiangere l’asfalto ruvido e drenante delle nostre autostrade è un attimo: il fondo scivoloso ed imperfetto di quelle americane non offre la sicurezza cui siamo abituati e spesso ci troviamo a remare sui profondi tagli longitudinali che mettono in crisi la ciclistica della nostra moto. Anche le buche si susseguono con un ritmo inaspettato e la coppia di ammortizzatori non riesce ad assorbirne che una piccola parte. Qualche sontuoso calcio nel fondoschiena, se si viaggia qui, è da mettere in conto. Il paesaggio è maestoso e lo scivolare leggero dei nostri 52 cavalli riempie gli attimi altrimenti noiosi dell’autostrada. Il caldo inizia ad arrostirci il viso e le gambe, ma in qualche manciata di chilometri siamo a bussare alla porta dell’officina di Sands, sudati e con un sorriso ebete stampigliato sul volto. Una persona normale non avrebbe mai aperto ad un insieme tanto eterogeneo di stranieri accaldati e rumorosi. Ma Roland vive con e per le moto e non fa una piega: siamo pronti a perderci fra le sue visionarie interpretazioni. Affianco a una XV 950 opportunamente spogliata e pronta ad essere lavorata (seguendo un bozzetto chiaramente ispirato alle moto da dirt-track, che siamo riusciti a fotografare) svettano le due special esibite da Yamaha ai recenti saloni: il TMax spogliato e la VMax trasformata in una cattivissima cafè racer. Il tempo di lustrarsi gli occhi e siamo di nuovo sulla strada, per oggi ancora dritta. _1237648 Secondo giorno La strada che da Venice Beach punta Malibu corre parallela all’Oceano e a spiagge quasi infinite, popolate di surfisti. Qualche semaforo, di tanto in tanto, rompe la monotonia di una perfezione quasi disarmante. Brezza fresca, asciutta, asfalto perfetto e opulenza tutt’intorno. Lasciamo che il bicilindrico canti la sua canzone centellinando il gas su una quinta marcia che ci fa scivolare soffici sulle 50 miglia orarie imposte come limite massimo. Le manopole ci riportano filtrato lo stantuffare della coppia di cilindri e così fanno anche le pedane e la sella: vibrazioni positive, non ingombranti, non fastidiose, non stancanti. La XV 950 prende le distanze dal modello da cui deriva (la XVS 950 Midnight Star) e compie un significativo passo in avanti. I tecnici e i designer sono infatti riusciti a donare un nuovo appeal a una moto poco apprezzata, almeno nel nostro Paese: le modifiche hanno interessato quasi tutta la struttura, motore, scarico, iniezione, ciclistica, aspetto e hanno portato notevoli benefici alla guida e al piacere della stessa. I 52 cavalli bastano e avanzano per togliersi qualche soddisfazione: merito della coppia, ben distribuita su tutti i giri disponibili e di una ciclistica che è innanzitutto facile e svelta. Dopo una quarantina di chilometri lasciamo infatti la costa per lanciarci sulle colline che circondano Los Angeles. Il vento che soffia insistente a pochi metri dall’oceano lascia posto ad una calura che mozza il fiato e non risparmia nemmeno la vegetazione, secca e bassa e solo saltuariamente intervallata da zone d’ombra. Fra le curve la XV 950 è a suo agio: scende in curva rapida, segue la traiettoria suggerita dal pilota e non si scompone. Anche qui l’asfalto non è sempre perfetto ma la ciclistica digerisce e assorbe quasi tutto: il manubrio largo aiuta a governare una forcella che è morbida il giusto e i pneumatici si sobbarcano senza alcun tentennamento gli eventuali cedimenti della coppia di ammortizzatori. Le pedane lasciano poco spazio alla fantasia e in un attimo sono a grattare l’asfalto. Pace. Pochi cavalli, certo. Ma qui non c’è alcun cronometro e ci godiamo il frullare allegro del bicilindrico che sopporta e risponde a dovere anche qualche tirata di orecchie. Ad affascinare è però la grande elasticità che permette di mantenere i rapporti più alti senza alcuna fatica; merito anche della trasmissione finale a cinghia, precisa e silenziosa, che non sembra soffrire affatto i nostri maltrattamenti e risponde come deve, anche quando i due pistoni a V iniziano a strattonare più forte. Emozioni sonore Chi è abituato a usare moto di questo tipo troverà il cambio perfettamente in linea con le aspettative, per tutti gli altri sarà rumoroso e lento. Il passaggio di rapporto va aiutato con un bel colpo di gas: tutto diventa più morbido e facile. E spassoso, se vi emoziona il bel canto. Fra le curve abbiamo potuto provare la versione R e le differenze sono limitate a pochi dettagli: gli ammortizzatori posteriori con serbatoio separato rispondono con più precisione alle sbavature dell’asfalto e i contraccolpi sono meglio filtrati. La strada che riporta verso la città prosegue tortuosa e ripida dopo una salita piuttosto dolce. L’impianto frenante, potente, non sembra però soffrire né il peso né il caldo. Puntiamo ancora una volta il fanale verso Malibu e in un attimo siamo nuovamente sulla costa. Una brezza fresca torna a soffiarci in volto e niente sulla moto offre resistenza. Ma con questa moto non poteva essere che così.

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